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23 Giugno 2016

Cosa si poteva fare

Tempo di lettura: 2 minuti


da: Movimento 5 Stelle Ferrara

Mascherare uno scempio del genere dietro una banale polemica, incentrata sulla Spal e sul calcio, è tipico di una vecchia politica che, anziché prendersi cura di una città e del suo territorio, se ne impossessa e li gestisce come proprietà privata. L’opinione dei cittadini, spesso più saggi dei loro amministratori, ancora una volta, non è stata richiesta.
Altrettanto grave, è stato il comportamento del “Movimento 5 Stelle” di Ferrara, che, anziché “mettere i bastoni tra le ruote”, con la sua inefficienza ha contribuito all’abbattimento di quegli alberi.
Ieri si sarebbe potuto e si sarebbe dovuto fare di tutto, almeno per rallentare lo scempio di Corso Piave. La presenza di un consigliere comunale sin dalle 7,30 del mattino avrebbe permesso, con la sua autorità, di richiedere la documentazione relativa alla sicurezza, così da poter visionare i permessi necessari. Probabilmente, mancando i responsabili in loco, si sarebbero sospesi momentaneamente i lavori e tale sospensione si sarebbe prolungata nel caso in cui, una volta arrivati i responsabili, si fossero effettivamente riscontrate irregolarità.
Gli unici consiglieri del M5S giunti sul posto con ore di ritardo, si sono limitati a una doverosa, quanto inutile “comparsata”.
Tuttavia, si sarebbe potuti intervenire ben prima e con maggiore efficacia, se solo il consigliere del M5S Ferrara, che ha presenziato alla commissione in cui è stato discusso questo provvedimento mesi fa (come da lui stesso ammesso), si fosse degnato di comunicare tale notizia all’esterno del palazzo, piuttosto che lasciare che tale comunicazione fosse data ai cittadini dai giornali; per non parlare dello scandaloso comportamento tenuto dall’opposizione in Consiglio Comunale, opposizione rappresentata in teoria anche dal M5S Ferrara, il quale però, anzichè votare con decisione NO, ha preferito la tiepida, ma ben più comoda, astensione, mentre un altro consigliere, appartenente ad un altro schieramento, ieri mattina ci ha candidamente confessato di aver votato a favore, solo perché non a conoscenza di ciò che stava votando.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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