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Oggi non si parla d’altro: banche, azioni, obbligazioni, risparmiatori, o meglio ex risparmiatori, purtroppo!
In tanti si ricorderanno la data del 22 novembre 2015, giorno in cui il Governo ha recepito un ‘suggerimento’ di Banca d’Italia rendendo improvvisamente più poveri migliaia di Italiani.
So che questa chiave di lettura non è condivisa da tutti, so che è condivisa da tanti.
Conosco bene la vicenda Cassa di Risparmio di Ferrara. A testimonianza della mia affermazione preciso che sono stato dipendente dell’Istituto dal 1974 al 1981, sono azionista della banca, sono socio della Fondazione Carife, ho fatto parte dell’Organo di indirizzo dimettendomi nel momento in cui sono stato nominato sindaco di un’altra Cassa di Risparmio, incarico che conservo tutt’ora. Mio fratello è Presidente della Fondazione Carife. La banca nella quale sono sindaco un anno fa ha concluso una ‘due diligence’ alla Cassa di Risparmio di Ferrara.
Premesse doverose, le mie riflessioni si basano quindi spesso su conoscenze precise, su passaggi documentati e documentabili.

Maggio 2013: Carife viene commissariata dalla Banca d’Italia.
30 luglio 2015: l’assemblea straordinaria di Carife, con l’avallo della Banca d’Italia, delibera un aumento di Capitale sociale di € 300.000.000 riservato a terzi (Fondo Interbancario di Tutela dei Depostiti), riducendo il valore di ogni singola azione ad € 0,27. Conseguenza di tale delibera se attuata entro il 2015:
1) 28.000 soggetti sarebbero rimasti azionisti, con la speranza di poter vedere lievitare il valore delle proprie azioni e la banca, forse, non li avrebbe persi come Clienti;
2) I possessori di obbligazioni subordinate non avrebbero visto l’annullamento dei loro titoli, infatti il famoso ‘bail-in’ sarebbe diventato operativo dal 1 gennaio 2016;
3) La Fondazione Carife aveva trovato la disponibilità di un Fondo straniero pronto a investire una cospicua somma e la Banca d’Italia ne era a conoscenza;
4) Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi è costituito da tutte le banche private italiane, oggi in Italia non c’è nessuna Banca Pubblica.

Tutto sembrava chiaro e deciso, salvaguardati i risparmiatori, salvaguardati tanti posti di lavoro.
Poi le voci di corridoio che provengono da lontano, fuori dai nostri confini. L’Europa guarda con sospetto tale operazione, intravvedendo aiuti di Stato che non ci sono, i nostri rappresentanti politici a Bruxelles non muovono un dito e tacciono. Intanto si avvicina la fine del 2015, si avvicina l’entrata in vigore del ‘bail – in’, la paura cresce, occorre far presto, far presto per attuare la delibera del 30 luglio 2015 e salvare banca, azionisti, obbligazionisti, dipendenti e anche i clienti. Ma soprattutto salvare la reputazione e la credibilità del sistema bancario italiano. Un compito che sarebbe spettato a Banca d’Italia ed al Governo italiano. Ma così non è stato, infatti la fretta e la follia hanno portato alla sciagurata decisione del 22 novembre 2015.
Perché sciagurata dal mio personale punto di vista? Semplicemente perché è crollata la fiducia nel sistema bancario, perché i depositanti-risparmiatori hanno paura, tanta paura; e una delle forze del Belpaese era proprio la notevolissima quantità di risparmio dei privati cittadini depositati e investiti nelle banche.
Illuminante è l’audizione alla Camera dei Deputati di Carmelo Barbagallo, Direttore Generale della Banca d’Italia, rinvenibile sul sito della stessa Banca d’Italia di cui riporto uno stralcio (p. 8): “E’ a questo punto emersa la disponibilità del Fondo Interbancario di Tutela dei depositi a farsi carico di tale aspetto, assorbendo i rischi relativi ai crediti deteriorati. L’intervento del Fondo avrebbe consentito, congiuntamente alle risorse apportate da altre banche, di porre i presupposti per il superamento della crisi senza alcun sacrificio per i creditori delle quattro banche. Ciò non è stato possibile per la preclusione manifestata da uffici della Commissione Europea, da noi non condivisa, che hanno ritenuto di assimilare ad aiuti di Stato gli interventi del Fondo di tutela dei depositi”.

La situazione è sfuggita di mano. Quale ufficio e con quale documento scritto la Commissione Europea ha manifestato la propria preclusione? Semplicemente una lettera. Alle lettere solitamente si risponde, alla proposte si fanno controproposte. Così non è stato, come spesso accade quando l’Europa non condivide totalmente certe nostre scelte, l’Italia senza battere ciglio si adegua, poi ci si chiede perché abbiamo perso credibilità. Purtroppo la credibilità persa non è solo della politica, ma anche della Banca d’Italia, per anni un baluardo, una sicurezza. Non dimentichiamoci, per esempio, che Banca d’Italia aveva visto recentemente con favore l’intervento di una banca veneta per salvare Banca Etruria, si veda a tal proposito l’articolo su “Il Sole 24 Ore “ del 20 dicembre; oggi quella banca veneta non gode assolutamente di buona salute. Se l’operazione benedetta da Banca d’Italia si fosse conclusa, oggi forse sentiremmo botti superiori a quelli che sentiremo per Capodanno. Qualcuno è nel pallone, come è nel pallone il Governo che non ha minimamente riflettuto, anche sotto il profilo elettorale, sugli effetti a 360° della improvvida e affrettata decisione del 22 novembre. Ed è inutile oggi abbaiare al mastino tedesco, can che abbaia non morde, la saggezza del popolo nemmeno anche questa volta viene smentita. Anzi, il mastino tedesco ha tirato fuori gli artigli e sempre su “Il Sole 24 Ore” del 20 dicembre è interessante ed illuminante leggere l’articolo “Perché Von Bond non paga il bail – in”. Si percepisce in modo chiaro e netto che in Europa le regole non sono uguali per tutti e che sta a noi soccombere, sempre e comunque. Mio fratello, nella sua veste di Presidente della Fondazione Carife, ha scritto al nostro premier suggerendogli “schiena dritta”, ma purtroppo dobbiamo assistere alla posizione assunta dal nostro premier in Europa, la solita: dopo aver abbaiato torna quella di sempre, non dico i gradi per educazione.

La mia paura ora è l’effetto domino. Le banche sane devono salvare le banche malate, con il rischio che il tumore colpisca anche quelle oggi sane.
Una volte le guerre si facevano con i carri armati, i cannoni e i fucili, oggi si fanno con la finanza, e quando crolla in una nazione il sistema bancario crolla anche la nazione.
Per natura sono ottimista, ma oggi ho paura. Ho paura per le scelte di Banca d’Italia, che ha sicuramente perso la bussola. Ho paura per le affermazioni e le decisioni dei politici italiani, sempre meno competenti, sempre meno credibili e sempre più lontani dal mondo reale. Ho paura che ‘qualcuno’ ci abbia dichiarato guerra. Ho paura di aver azzeccato se non tutte, almeno alcune delle mie riflessioni. Ho tanta paura.

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Massimo Maiarelli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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