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Le cose non vengono per caso. Nello stesso giorno, mentre al Senato va in scena l’ultimo atto dell’ex governo del cambiamento, si chiude la lunga odissea della Open Arms con lo sbarco immediato degli ultimi novanta migranti. Naturalmente l’emergenza continua e c’è da chiedersi che ne sarà dei 356 imbarcati sulla Ocean Wiking e della feroce politica dei “porti chiusi” e della “sacra difesa dei confini” che ha rappresentato il fulcro della fortunata propaganda malpancista del dimissionario Ministro degli Interni. Qualcuno a sinistra ha una credibile politica alternativa per riaprire le porte alla immigrazione legale e impostare un serio confronto con gli altri stati europei? Io non riesco ancora a vederlo.
Mentre il mazzo di carte torna nelle mani del presidente Mattarella – e tutti si appellano alla sua sapienza e prudenza istituzionale – il commento unanime sui media è che questa volta Matteo Salvini abbia toppato, sbagliando clamorosamente i tempi e i toni e cacciandosi alla fine in un vicolo cieco. La prova ultima sarebbe il ritiro da parte della Lega della mozione di sfiducia presentata pochi giorni prima e l’estremo tentativo di una ricucitura con l’alleato pentastellato. “Fuori tempo massimo”, hanno risposto in coro gli esponenti del Movimento 5 stelle.
E’ quindi finita la grande ascesa di Salvini? Si romperà quell’incantesimo che ha permesso alla Lega di vincere una dopo l’altra le elezioni (europee, regionali, municipali) e di arrivare a sfiorare il 40% nei sondaggi? Basta guardare le piazze piene di folle acclamanti che in tutta la penisola accolgono il grande capo leghista per rendersi conto che Matteo Salvini non solo resterà in campo ma continuerà ad essere il protagonista indiscusso attorno a cui ruoterà la scena politica italiana. A maggior ragione se in autunno si tornerà a votare.
A meno che Mattarella… Non sono un esperto e nemmeno un indovino, ma l’unica alternativa alle elezioni anticipate sembra davvero poco praticabile. Diventa difficile pensare che da questa crisi al buio possa sortire un governo con un programma credibile e condiviso, capace di portare a termine la legislatura. Il governo giallo-rosso, la strana alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, pur sponsorizzata da Renzi e da Prodi, si presenta come un esercizio di acrobazia politica. Una soluzione ancora più complicata e pasticciata del passato governo giallo-verde
C’è in realtà un’unica vera ragione – che tutti sanno ma che nessuno dice, né il Pd né i 5 Stelle – che favorisce, almeno in teoria, la somma giallo-rossa e la formazione di un nuovo governo. Non è certo la vicina scadenza di una Finanziaria lacrime e sangue e il probabile e paventato aumento dell’Iva: perché, al di là dell’allarme generale, nessun partito ha una ricetta per uscire dal buco nero dei nostri conti in rosso. E non è nemmeno la conclamata volontà grillina di portare a termine l’iter per il taglio del numero dei parlamentari. L’unica cosa che oggi accomuna Pd e 5 Stelle è la paura delle elezioni anticipate; una paura matta (quasi una certezza) che la destra, e la Lega in particolare, capitalizzi il consenso degli ultimi mesi e faccia il pieno di voti.
Naturalmente Pd e 5 Stelle si dichiarano prontissimi al confronto elettorale. Giurano di non badare a interessi di bottega e di avere a cuore solo il bene del Paese. Ma queste sono cose che si devono dire, ritornelli che lasciano il tempo che trovano. La vera posta in gioco, la vera grande preoccupazione è impedire a Matteo Salvini di stravincere le elezioni anticipate e diventare Presidente del Consiglio.
Il tempi della crisi sono strettissimi e Mattarella ha giustamente una gran fretta. Se anche dovesse partire una trattativa tra Pd e 5 Stelle, non avranno a disposizione due mesi come quelli che servirono per scrivere il famigerato contratto tra Salvini e Di Maio. Se alla fine vincesse la grande paura (di perdere le elezioni anticipate) e si arrivasse comunque a un accordo giallo-rosso, c’è da scommettere che il nuovo governo sarà diviso e litigioso come o più di quello che lo ha preceduto. Con una prospettiva di vita molto breve.
Matteo Salvini è stato il coautore e il principale protagonista dello sciagurato governo giallo-verde, ma questa volta ha ragione. Piuttosto che un altro pasticcio, meglio le elezioni subito. Piuttosto che arrendersi alla paura, meglio affrontarsi in campo aperto.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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