Skip to main content

da: organizzatori

Il giorno 15 maggio 2015, presso la Sala Blu del Salone del Libro di Torino, la delegazione argentana -composta dagli studenti Linda Farinelli, Nirvana Pecorari e Jacopo Tellarini della classe IV A del Liceo Scientifico “Don Minzoni” di Argenta- è stata premiata dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti, dal Sottosegretario del MIUR Gabriele Toccafondi, e dal Capo di Stato Maggiore della Difesa Generale Claudio Graziano per il progetto “La storia della Grande Guerra riletta dai giovani di oggi. Mai più trincee”.
Si tratta di un progetto promosso dal Ministero della Difesa in collaborazione con il Miur per sensibilizzare i giovani sul tema della Grande Guerra.
Gli elaborati scelti per il Concorso letterario sono stati pubblicati in un opuscolo che testimonia un percorso commemorativo -teso a rinsaldare “il senso di unità di un Paese che può oggi guardare a grandi tragedie come quelle iniziate con la Grande Guerra e terminate con la liberazione del 1945”- che non va dimenticato ma compreso e giudicato con gli strumenti della conoscenza critica per poter essere cittadini di un mondo libero, plurale e pacifico.
La cerimonia, iniziata alle ore 10.30, è stata inaugurata dalle note dell’inno di Mameli a opera del coro “Il Grillo Cantante” e dalle parole del Sottosegretario che ha sottolineato come il Governo abbia deciso di usare la parola commemorazione per il Centenario e non quella- più diffusa- di celebrazione, proprio perché si vuole ricordare la Grande Guerra nel rispetto della moltitudine di persone, civili e soldati, che ha perso la vita cent’anni fa in nome della patria.
Proseguendo, il ministro Pinotti ringrazia il coro, i docenti e i ragazzi vincitori perché hanno creato le condizioni per dare vita a un’occasione importante, capace di “rianimare” la memoria storica del Paese.
La rilettura della Grande Guerra in un’ottica europea ha comportato il bisogno di riflettere sul significato di “guerra giusta”.
In merito a questa espressione, particolarmente significativo è stato l’intervento del ministro Pinotti che ha rilevato come dall’esperienza della Seconda Guerra Mondiale sia nata la Costituzione italiana, emblema di una sintesi legislativa e democratica straordinaria.
Nell’articolo 11 si dice che l’Italia ripudia la guerra ma si sottolinea anche che, in caso di sopraffazioni e violenze, esiste una legittimità interna in grado di garantire una situazione di equilibrio. Quando la diplomazia, il primo mezzo da impiegare in caso di discordie internazionali, non risolve la situazione, si interviene militarmente».
Il nostro Paese non può rimanere inerte dinnanzi, ad esempio, all’estremismo islamico, il quale uccide non per quello che si fa, bensì per ciò che si è: “infedeli.” Il ministro Pinotti continua: «Non esiste una guerra giusta, ma un uso proporzionato della forza finalizzato a riportare la pace.
I nostri militari fanno questo e lo fanno anche con grande impegno e umanità”:
Al termine degli interventi del Generale Graziano e del Sottosegretario al MIUR Toccafondi, ha avuto inizio la cerimonia. Dopo aver premiato i vincitori per la Scuola primaria e la Scuola Secondaria di Primo grado, si passati alla Scuola Secondaria di Secondo grado; sono stati allora chiamati i nomi dei tre vincitori argentani a ritirare il primo premio e la targa. E’stato chiesto loro di intervenite nel dibattito.
La delegazione ha spiegato alla platea che l’ Europa contemporanea è proiettata verso un cammino di pace. La progressiva costruzione dell’Unione europea e il suo consolidamento hanno camminato di pari passo con la volontà e i tentativi di abbandonare una “Europa dell’incertezza”.
Ma il Vecchio Continente aveva un grosso fardello da portare: l’eredità della Prima Guerra Mondiale. La Grande Guerra fu una catastrofe umana, materiale e morale: prima del 1914 l’Europa era prospera e orgogliosa del suo primato mondiale, fiduciosa nel futuro della sua civiltà e lusingata dagli effetti della “modernità trionfante”. Ma si era risvegliata alla fine del 1918 in uno scenario di devastazione: impoverita, lacerata e insanguinata da una guerra totale, l’Europa non aveva fatto altro che annullare se stessa e gettare le basi per una sua successiva e futura morte materiale e spirituale avvenuta attraverso l’instaurazione dei regimi totalitari.
Come Ulisse per il suo bene si fece legare volontariamente all’albero della nave per resistere al suo istinto, così l’Europa si dovette procurare delle catene, delle regole, dei principi, che da una parte arginassero la forza dei nazionalismi e dei particolarismi etnico-religiosi e dall’altra che garantissero la ricerca di una nuova identità unitaria.
I Paesi occidentali si credettero vaccinati da simili derive autoritarie dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Ma si ripropose il dibattito sull’Europa: la si riconosceva solo come gigante economico, perchè era troppo divisa politicamente per incidere sulle relazioni internazionali.
Per tutti si imposero sfide impegnative legate alle trasformazioni del mondo contemporaneo, al processo di integrazione europea, al ruolo che l’Europa “riprogettata” avrebbe dovuto avere sulla scena mondiale.
Sullo sfondo una lunga catena di sanguinosi conflitti nazionalistici ed etnici, come la contesa serbo-albanese del Kosovo.
Inoltre, dispute territoriali e contrasti ideologici esplosero nelle regioni periferiche della Russia (in particolare in Cecenia) dove la rivolta degli indipendentisti di matrice islamica venne brutalmente repressa; potremmo ricordare anche gli ultimi sanguinosi eventi di cronaca recente, dolorosamente noti a tutti quanti. Nell’ambito di questi contrasti, mai del tutto sopiti, emerge con grande vigore la parola “pace”: è proprio la conoscenza degli eventi del Novecento e la creazione di una nuova “eticità della integrazione” che devono imporci di costruire insieme un mondo che, senza utopia ma con sano realismo, possa diventare “il migliore dei mondi possibili”.
La cerimonia si è chiusa con l’intonazione della canzone It’s a new world a opera del coro “il Grillo Cantante” delle scuole elementari.
Ma le sorprese non sono finite qui: dopo la cerimonia d’onore, nel primo pomeriggio, ha avuto inizio la conferenza tenuta dal filosofo Maurizio Ferraris, professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Torino, alla quale i nostri tre ragazzi, insieme all’accompagnatrice Beatrice Trentini, docente sostitutiva della Prof. essa Nicoletta Guerzoni, hanno voluto partecipare. Egli ha presentato il suo nuovo libro, edito da Laterza, “Mobilitazione totale”.
L’evento ha presentato i tratti tipici dell’eloquenza di Ferraris: realismo e ironia. Di fronte a una tavolata di ragazzi che invece di parlare fra loro utilizzano il cellulare, la maggior parte di noi s’indignerebbe e potrebbe utilizzare la tipica frase “Ma come ci siamo ridotti…”.È proprio questo atteggiamento che il realismo di Ferraris ha scelto come oggetto di critica.
Usare una simile espressione implica la formulazione della congettura di un uomo che nasce puro, libero, un uomo rousseauiano che poi nella società si corrompe, diviene debole e schiavo della tecnologia. Afferma Ferraris: “Pensiamo piuttosto che l’uomo nasca già debole, nasca già in catene”. Solo partendo dalla realtà, escludendo i presupposti metafisici di un uomo ideale, è possibile riconoscere i propri limiti ed, eventualmente, superarli. Fulcro dell’opera è il rovesciamento della prospettiva kantiana: “Invece di considerare la tecnica come estensione dell’uomo; si consideri l’uomo come estensione della tecnica…Si ha torto di vedere nella tecnica qualcosa di moderno e, soprattutto di cosciente.
La tecnica, proprio come il mito, è una rivelazione in cui progressivamente si fanno avanti pezzi di un inconscio collettivo che non è stato programmato da nessuno”.
Ferraris chiude il suo intervento con parole che fanno pensare: “Forse per la prima volta nella storia del mondo l’assoluto è nelle nostre mani. Ma avere il mondo in mano è anche, automaticamente, essere in mano al mondo”.
Al termine dell’incontro, la delegazione si è diretta verso casa con un bagaglio tutto particolare: targhe, riconoscimenti, premi…e tante, tante emozioni e riflessioni da condividere.

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it