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“MUSICI” FERRARESI DEL PRIMO NOVECENTO
RICCARDO NIELSEN E ANGELO MERCURIALI

Riccardo Nielsen – Nato a Bologna ma ferrarese di adozione, Riccardo Nielsen (1908-1982) studiò pianoforte, violino e composizione al Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna, dove si diplomò nel 1931. Inizialmente attratto dalla corrente neoclassica, si interessò in seguito al linguaggio dodecafonico, rielaborandone i canoni con originalissima vena creativa.
Attingendo alla propria smisurata conoscenza delle opere dei compositori italiani del XVI, XVII e XVIII secolo, ne trascrisse mirabilmente larga parte, revisionando in specie pagine notevoli del teatro musicale secentesco: Dafne di Marco da Gagliano, Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, La catena d’Adone di Domenico Mazzocchi, Didone ed Ercole amanti di Francesco Cavalli, Arianna di Benedetto Marcello, La conversione di San Guglielmo d’Aquitania di Giambattista Pergolesi e inoltre brani di Frescobaldi, Croce, Gabrieli, Scarlatti, ecc.
Durante la seconda metà degli anni Quaranta, Nielsen fu sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna e, dal 1952 in poi, assunse e tenne per oltre un ventennio la direzione dell’Istituto musicale “Frescobaldi” a Ferrara, che sotto la sua guida raggiunse il grado di Conservatorio Statale. Stimato compositore di portata europea, è collocabile a pieno diritto nell’ambito più significativo della musica italiana del secondo dopoguerra.

Angelo Mercuriali – Il cantante lirico ferrarese Angelo Mercuriali (1909-1999) è stato per trent’anni direttore del teatro La Scala di Milano, durante la sua carriera si è esibito in ben 197 opere, in 26 delle quali come primo tenore, interpretando complessivamente 228 ruoli. La sua straordinaria versatilità, la grande padronanza scenica e la facilità con cui apprendeva i copioni, gli hanno consentito di impersonare con disinvoltura, nella stessa opera (e talvolta nella stessa serata), i panni di innumerevoli personaggi.
Le sue performances non si contano: Rigoletto, Traviata, Macbeth, Falstaff, Turandot, Lucia di Lammermoor (con cui esordì, nel 1932, al teatro Verdi di Ferrara), I pagliacci, Madama Butterfly, Cyrano de Bergerac e altro ancora. Ha lavorato con artisti come Beniamino Gigli, Tito Schipa e Magda Olivero. Mercuriali è sepolto nella Certosa di Ferrara.

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Riccardo Roversi

È nato a Ferrara, dove si è laureato in Lettere e vive tuttora. È critico letterario e teatrale per varie testate (anche on-line) e direttore responsabile di alcuni periodici. Ha scritto e pubblicato numerosi libri: poesia, teatro, saggistica. La sua bibliografia completa è consultabile nel sito: www.riccardoroversi.onweb.it.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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