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Daniele Lugli, figura di spicco del panorama culturale ferrarese, confida le sue preoccupazioni sul futuro politico di questa città e della nazione intera. Per i pochi che non lo conoscessero, basti sapere che sin da giovanissimo aderì alle idee di Aldo Capitini e partecipó alla creazione, nel 1962, del Movimento Nonviolento, del quale è stato presidente tra il 1996 al 2010. È stato anche funzionario pubblico, assessore alla pubblica istruzione a Codigoro e Ferrara, docente universitario, sindacalista e difensore civico della Regione Emilia Romagna tra il 2008 e il 2013. In poche parole un uomo impegnato nel sociale ed esperto di cambiamenti nella società.

Come vedi la situazione politica generale in Italia?
È difficile marcare i confini della situazione italiana attuale, perché è fortemente collegata a una situazione internazionale. La svolta che si è manifestata nelle ultime elezioni, che in qualche modo covava da tempo, ha radici piuttosto profonde e in modi diversi, ma non contrastanti, si è verificata in America con l’elezione di Trump: esponente della destra reazionaria sostenuto dal ceto popolare, da una classe impoverita e da persone emarginate che si sentono minacciate dalla presenza dell’immigrato. Questo è un trend che abbiamo visto, non solo in Italia, in modo evidente, ma in paesi che ne sembravano esenti, per esempio la Svezia con l’affermarsi di un partito filo-nazista. A me sembra che si tratti di un processo che ha radici lontane e che non è destinato a fermarsi subito. È un trend a mio avviso preoccupante, perché riesce a far confluire le preoccupazioni e le difficoltà di ceti popolari e di una media classe impoverita e a trovare un bersaglio semplice e comodo che sostanzialmente è costituito dall’immigrazione o addirittura da una frazione di questa, cioè i richiedenti asilo. Quasi ci si è dimenticati del resto degli immigrati che ci sono, che lavorano, che trovano una collocazione, con una spiccata tendenza a concentrare l’attenzione per quello che riguarda la migrazione africana, quella subsahariana o, diciamo meglio, i ‘negri’, perché è questo l’elemento che viene portato con molta forza.

Ci sono motivi diversi dal razzismo o è solo questo il problema?
Che i motivi siano diversi dal razzismo lo penso anch’io, ci sono degli aspetti che sono stati anche colpevolmente trascurati da chi ha governato fino a ora. C’è stata un’alternanza dei governi di centro-destra e centro-sinistra, ma il tema dell’immigrazione non è stato affrontato seriamente né a livello nazionale né a livello europeo. Questa penso sia una grossa colpa dei nostri governi di non essersi imposti nelle sedi dove poteva essere affrontato tale problema.
La gente che arriva qui, viene in Italia perché è qui che sbarca, oppure in Spagna o in Grecia. In realtà, però, sta cercando di andare in centro-nord Europa, tant’è che non vuole fermarsi e imparare l’italiano perché gli interessa più tenersi ‘sveglio’ l’inglese per andarsene, quindi in realtà il nostro Stivale è un punto d’approdo. Se l’Europa è la meta, è lei che deve porsi il problema ed è lei che ha gli strumenti per affrontarlo. L’Ue non sta facendo niente di quello sta scritto nei suoi documenti, quindi oltre a contraddire la carta dei diritti europei, ha dei comportamenti che vanno contro all’Atto Unico, che parla in tutti altri termini di come ci si comporta con l’immigrato. È vero che questo ha avuto un andamento più forte e meno regolare di quello che era previsto, però ciò ha fatto saltare ogni idea e ogni modello di immigrazione.

C’è anche una sorta di ipocrisia da parte della Ue? Penso a Macron che da una parte bacchetta l’Italia e dall’altra non fa approdare l’Aquarius.
Non c’è nessun dubbio anche su questo. Anche chi fa un discorso apparentemente di apertura, in realtà poi, dato che i voti li prendi nel tuo Paese, rassicura sempre sul fatto che lui non è in grado di accogliere altri migranti.
Da questo punto di vista credo che anche l’Italia abbia le sue colpe, ha avuto il tempo per affrontare questo tema e non trovarsi a improvvisare, anche perché aveva l’esperienza degli altri Paesi, non ha saputo tirare fuori il meglio delle pratiche degli altri e non ha saputo tracciare una linea propria. Non voglio dire con ciò che sia facile, perché abbiamo visto Paesi che hanno a che fare con questo tema da più tempo, come l’Inghilterra o la Francia, non essere grandissimi esempi. Oppure l’America, un paese che è costituito tutto sull’immigrazione, che pensa di fare un muro con il Messico, e il consiglio geniale che ha dato Trump alla Spagna è di ”fare un bel muro nel Sahara cosi avrete risolto il problema”.

Come giudichi l’operato del governo italiano?
Devo dire che il livello è bassissimo. Trovo che sia bassissimo il livello del nostro governo, come bassissima è l’opposizione, che teoricamente dovrebbe esserci. Si è riusciti a mettere insieme il peggio, cioè un improvvisazione e un indignazione populista incarnata dai 5Stelle con un riflesso, non dico neanche fascista, forse un po’ peggio. Siamo a un livello per il quale è possibile il razzismo più bieco vestito da sicurezza per gli italiani, mentre viene seriamente messa in pericolo proprio da queste politiche. Quindi da questo punto di vista non ho una grande fiducia nel quadro generale. Credo che sia stata sottovalutata questa situazione, e questo vale anche per Ferrara, la cui condizione è una conseguenza del quadro nazionale secondo me.

A proposito di Ferrara, questa situazione potrebbe avere colpevoli a livello amministrativo, magari anche solo mancanze da parte del Comune?
Onestamente non mi sento di dire che sono state commesse delle omissioni così gravi che spieghino l’andamento ferrarese, sennò avremmo Ferrara messa così e altri posti messi diversamente, invece credo che ci sia un trend generale e alcuni aspetti che forse hanno colpito di più Ferrara. Penso alla crisi della Carife, che era un simbolo della città. Quindi c’è una sfiducia che ha colpito a vari livelli e una sottovalutazione di processi che andavano avanti.

Questa ‘sottovalutazione’ ha creato il ‘fenomeno Gad’?
Una volta non si diceva ‘Gad’ ma ‘grattacielo’, perché fisicamente si intendeva una parte ristretta della città. Gad indica addirittura tre quartieri, è esagerato, poiché sono tre quartieri che non hanno né gli stessi problemi né lo stesso modo di vivere la quotidianità. C’è comunque stata una sottovalutazione di sofferenze della popolazione residente di classe media, come per esempio una persona che ha comprato un appartamento in quella zona e che sa che se lo rivendesse prenderebbe la metà dei soldi che ha investito. Se gli si dice che la colpa di questo degrado è di chi arriva qui in Italia come immigrato, è naturale che sia contento se gli propongono di toglierli tutti. Senza pensare al perché siano venuti, a chi ci ha guadagnato, come mai siano concentrati lì, quali speculazioni ci siano. Poi c’è, invece, la fascia di quelle persone che magari sono lì che aspettano un appartamento da anni e gli passa davanti nelle graduatorie una signora tunisina con quattro figli, quindi concorre con loro per un bene scarso, è una guerra tra poveri. Tutto questo investe anche fasce della popolazione che non erano abituate a ritenersi povere e che quindi sono alla ricerca di un colpevole. Naturalmente è più faticoso cercarlo nella finanza senza alcuna regola, in un’economia che detta i compiti alla politica, per cui la politica deve essere la migliore esecutrice di compiti dettati da altri. In fondo il torto del centro-sinistra è stato dire ”io sono più bravo del centro-destra a fare quello che mi dicono i mercati”. È passata l’idea di un neo-liberismo, così lo chiamano, in cui è il mercato che deve avere l’ultima parola.

Il mercato regola oramai la vita di tutti i giorni.
Questo vuol dire buttare via tutto quello che si è fatto come Democrazia: la Costituzione, la Carta dell’Onu, la Carta dei Diritti dell’Uomo, la Carta dei Diritti dell’Unione Europea. E’ il diritto che dovrebbe regolare la nostra vita. È difficile prendersela con i fondi finanziari che decidono gli spostamenti del capitale che si muove con un click, oppure con quelli che in questa crisi si sono arricchiti in modo smodato. Le disuguaglianze sono assolutamente cresciute e le persone invece di guardare alla disuguaglianza, guardano a chi si insidia nel posto che gli è più vicino. Non si pongono il problema dell’uguaglianza, che prima era un progetto, come per esempio la scuola che è libera per tutti, la sanità, l’assistenza. Quando il pubblico diventa un’estensione del privato, perdi la dimensione di comunità. In questo senso è la sinistra che ci perde, e per sinistra si intende quella alla quale si ascrive l’idea che l’uguaglianza è importante, anche se non dovrebbe essere un problema solo della sinistra. Noi abbiamo una Costituzione che dice delle cose, e questa gente che giura fedeltà alla Costituzione fa l’esatto contrario. Non fa una cosa ‘leggermente diversa’ ma marcia decisamente contro e quindi in questo senso la situazione è preoccupante.

E a livello locale?
A livello locale, invece, secondo me non c’è stata abbastanza attenzione nel perseguire delle cose sulle quali si costituisce il nostro orgoglio, come la scuola. Vedo che a partire dai nidi, dalle materne e le elementari, è una delle istituzioni che bene o male sta accogliendo meglio i ‘nuovi’ cittadini. Con tanta fatica, perché i progetti non si improvvisano, però è un luogo dove esiste una convivenza, dove semmai c’è da ‘intrecciare’ meglio i genitori, che sono normalmente più restii dei loro bambini, per non parlare dei nonni, che evidentemente fanno molta fatica a vedere un mutamento. Diverso è per i ragazzi che stanno assieme, che hanno uno scambio: trovano punti in comune. Quindi la scuola sta facendo abbastanza il suo dovere nella nostra realtà, e so che il Comune la sostiene aldilà di quelli che sono i suoi compiti specifici, però fa molta fatica a farlo. E in questa fatica che fa, a volte, l’aspetto dell’uguaglianza viene meno di fronte al fatto che comunque deve funzionare.

L’anno prossimo, però, le elezioni, più che sulla scuola, si giocheranno sulla questione Gad.
Più che sul Gad si giocheranno sull’emergenza immigrati, e chi dimostra di avere la voce più dura per risolvere il problema vincerà. Il comune di Ferrara è molto ampio, per cui ci sono posti che non hanno avuto presenze di immigrazione, però il problema viene sentito come se fosse lì. Questo vuol dire che è riuscita a passare un’immagine, e un immaginario, che ha il suo peso. Sono sicuro che questo è un tema vero e io non ho ricette, se non dire che per troppo tempo si è trascurata una vicenda quando questa era ancora gestibile.

Fino a qualche anno fa, quindi, non c’era un problema legato ai migranti?
Ricordo che dei rifugiati a Ferrara non si parlava se non una volta all’anno perché c’era il giorno del rifugiato. Il problema era piccolo, ma le caratteristiche c’erano già. Mi ricordo che chiedevo come fare con queste persone, le quali non potevano lavorare e non avevano una risposta sull’accettazione di asilo in breve tempo; non è pensabile che la gente resti a ‘mezza cottura’ in questo modo. Si avevano risposte del tutto inconcludenti, mentre era evidente che le prime azioni da fare erano chiedere ai giovani che arrivavano: “vuoi stare qui? Allora impari la nostra lingua, ti diamo un lavoro anche se non è quello che volevi, altrimenti vai da un altra parte”. Non posso pensare che se sono in pochi si può mantenere una situazione che quando diviene troppo grande, diventa ingestibile. Poi si amministrano i rifugiati in modi diversi e del tutto casuali, per esempio se sei nel Cas ci pensa il Prefetto, se sei nello Sprar vuol dire che sono i Comuni che ci pensano. Quindi c’è una difficoltà di lettura, sia per chi gestisce il problema sia per chi arriva. C’è da dire che preferisco questo invece che la gente presa e bastonata come in Libia, però mi rendo conto che non può essere una cosa che andrà avanti in questo modo. Quindi quello che penso è che andrebbero valorizzate tutte quelle occasioni nelle quali i giovani che arrivano si trovano con i giovani che son già qui a fare progetti insieme.

Come il ‘FEsta In Pace’?
Si, anche se è troppo superficiale. Ci sono stato, mi fa piacere e sono contento che si faccia. Penso che dovrebbero esserci delle cooperative fatte assieme dai giovani immigrati e dai giovani ferraresi, perché sono entrambi senza lavoro. Per esempio il servizio civile, che si è proclamato ‘universale’ anche se con meno fondi, è il modo in cui i giovani fanno un’esperienza assieme di un anno di lavoro serio.

Molti vorrebbero risolvere questa situazione, ma sembra non ci sia soluzione.
Qui si tratta di azioni che si promettono ma non si fanno, e non è nemmeno colpa del comune di Ferrara, che al massimo può darti la Costituzione quando compi 18 anni, perché deve passare lo Ius Soli, altrimenti non diventi cittadino neanche se sei nato e hai studiato qui. Questa è una cosa semplicemente infame. È un modo di legiferare di carattere razzista, si stabiliscono delle gerarchie per cui ci sono dei ‘cittadini’ e dei ‘non cittadini’ che stanno sullo stesso territorio. È una cosa che noi italiani non eravamo abituati ad avere dai tempi del fascismo; ottanta anni dopo le leggi razziali siamo a questo punto. È un aspetto gravissimo, perché entra poi nel senso comune delle persone. Per cui una persona dice “rimpatrio 100 persone”, poi non rimpatria per niente, ma fa lo stesso perché intanto l’ha detto, e anche se i ‘cattivi’ e i ‘buonisti’ non li hanno fatti rimpatriare, ‘lui’ quello ‘buono’ li voleva portare via. Oppure quando si dice “portali a casa tua” a me viene voglia di rispondere “continui a dire prima gli italiani? Dici che un quarto degli italiani è tra povertà assoluta e povertà relativa e sono in seria difficoltà? Perché, allora, non te li porti a casa tua?” Perché devo portarmi a casa mia gli immigrati? Porta a casa tua gli italiani prima. Queste modalità hanno il torto di degradare il livello dei discorsi e questo è avvenuto anche nella nostra città.

Chi sono i colpevoli di questo degrado del confronto?
A livello locale non mi sento di dare colpe, abbiamo un sindaco che è una persona perbene, competente, che fa il sindaco perché crede che sia bene fare il sindaco. Certo, ci sono una serie di scelte politiche con cui non sono d’accordo.
Noi abbiamo le elezioni, e secondo me è importante per chi andrà a votare avere in mente che sta votando per il suo Comune, ma che negli stessi giorni voterà anche per l’Europa. E lì si tratta di capire se di fronte ai problemi complessi che ci sono, la risposta scelta sarà avere un Europa più forte e più unita o invece andare verso la disgregazione. Io non ho dubbi sulla prima scelta, poi possono farmi tutte le critiche del mondo nei confronti dell’Europa. L’Unione europea, con tutti i suoi difetti, è stata la ‘causa’ che ha tenuto lontana la guerra dal nostro continente. Questo vuol dire che con tutti i suoi limiti, rappresenta un luogo dove i diritti, seppur risicati, ancora ci sono, sono riconosciuti. Ecco perché, per me, bisognerebbe capire che cosa è in ballo in queste elezioni. A Ferrara, secondo me, è il fatto di non essere governati da incompetenti con tendenze criminali, è il rischio che c’è. Bisogna capire che a Ferrara va preservata una condizione di convivenza e di decenza che, tutto sommato, è invidiabile nel complesso, poiché se uno guarda non mi sembra sia una città invivibile. E bisogna capire che in Europa, quando i problemi sono complessi, bisogna dare delle risposte complesse. Certo, possono soddisfare la gente dicendo “ci penso io”, ma non c’è niente di facile. C’è stata l’arroganza da parte del centro-sinistra di pensare che ci fossero colpi che risolvessero i problemi, per esempio il 40% alle europee o il cambiare la Costituzione. Non si fa così se si vuole cambiare davvero. Nella semplificazione non possono che vincere delle tesi reazionarie.

In tutto questo il ‘Movimento Nonviolento’ come si colloca? Se dovessi fare un raffronto politico penserei al Partito Radicale.
Io non sono radicale, e sono stato contrario a ogni tipo di identificazione e avvicinamento al Partito Radicale. Gli riconosco alcuni meriti, come quello dei diritti civili, la battaglia sull’obiezione di coscienza, ma non ho nessun tipo di affiliazione né di vicinanza. Non mi ci sono mai riconosciuto.
Il Movimento l’ha costituito Capitini dopo la ‘Marcia della pace’ nel 1961. Io ero lì con lui nel 1962, poi Capitini è morto, nel 1968, e io sono stato per molti anni presidente, mentre adesso c’è Mauro Valpiana che è anche il direttore di ‘Azione Nonviolenta‘. È un movimento, quindi, che si tiene lontano dall’affiliazione di partiti, poi le persone fanno le scelte che fanno, come me, ma sempre da indipendente, proprio perché il Movimento è convinto che occorra qualcosa di diverso dai partiti e che ci siano delle priorità: la prima è quella di opporsi alla guerra in tutti i modi, e nessuno dei partiti ha mantenuto questa posizione, anche perché siamo molto legati all’articolo 11 della Costituzione che dice “l’Italia ripudia la guerra”. Il Movimento non violento viene da Ghandi, da Luter King, è un piccolo movimento, ma collegato a delle correnti profonde di pacifismo radicale. C’è un movimento di giustizia e di eguaglianza che nei radicali manca. Ho molta stima per Emma Bonino, Marco Pannella lo conoscevo da quando ero ragazzo, però questa sensibilità, ai problemi sociali, nei Radicali è carente, non a caso è una formazione che è nella sinistra liberale. Invece penso che oggi il dato dell’essere o non essere povero, del fatto che si va indietro invece che avanti e la diseguaglianza sociale sono i problemi assoluti. E la diseguaglianza è un problema che se non viene visto e affrontato, produrrà il risultato che si darà un calcio a chi è sotto di te per paura che prenda quello che tu hai. Mors tua, vita mea.
Il Movimento Nonviolento è preoccupato di questo. Capitini dava questa definizione: “La non-violenza è apertura, ed è apertura all’esistenza dell’altro”, anzi addirittura diceva “del vivente”, difatti non mangiava neanche la carne. Quindi l’apertura all’esistenza dell’uomo in primo luogo, ma più in generale all’esistenza, alla libertà; quindi c’è anche l’idea che l’altro ha diritto di esistere e di essere libero, e già oggi noi, di fronte a una serie di figure, diciamo che non esiste il diritto di esistere. Se dico che sei clandestino, dico che sei illegale, che sei una non-persona, quindi non hai il diritto di esistere o di esistere qui perlomeno.

Sarebbe in pericolo la libertà quindi?
La libertà c’è solo se c’è libertà per tutti, sennò vuol dire che ci sono dei servi e dei padroni. Quindi chi non pensa alla libertà dell’altro, vuole un mondo di servi e padroni. Noi siamo contrari a questa idea. Oltre alla libertà e al diritto di esistere, c’è anche il diritto allo sviluppo dell’altro, cioè il diritto di tirare fuori tutte le risorse che una persona ha. Non pensiamo allo sviluppo economico del diventare più forti e più potenti, ma ad uno sviluppo umano in cui i bisogni fondamentali vengano affrontati e forse c’è bisogno di una vita più sobria. Da questo viene l’attenzione alla natura e ai temi dell’ambiente.
Il Movimento NonViolento, per me, quindi, è fonte d’ispirazione anche nella realtà locale, cioè dire che vanno fatti quei gesti che permettono di costruire solidarietà tra le persone, non solo con delle predicazioni. Ecco perché è importante che a Ferrara ci siano delle persone che si prendono la briga di fare il tutore di minori stranieri non accompagnati, che accanto a chi di mestiere li accoglie ci sia gente che volontariamente si prenda o ragazzi in casa oppure fare l’adulto di riferimento, che per il minore straniero vuol dire avere una figura di riferimento con la quale confrontarsi, invece di essere un numero la cui tutela dipende dalle istituzioni.

Si può essere ‘pacifisti a oltranza’?
Nei casi concreti è sempre difficile capire, si dice “quando c’era Hitler si doveva pregare o bisognava combattere”, e via dicendo. La risposta è: la stragrande maggioranza degli italiani erano diventati fascisti, quindi potevano fare a meno di esserlo. Non è che venuto un marziano a far diventare fascisti gli italiani, c’è stata una conversione. Oggi la gente che il giorno prima votava Pd, ora vota Lega. Ti faccio un esempio: quando è morto Federico Aldrovandi è stato fatto un corso di formazione dove c’erano la polizia, i carabinieri, gli assistenti sociali, i volontariato che vanno in giro. Perché si è fatto? Per dire che c’è un bisogno da parte degli operatori di conoscere come opera quello a fianco, perché c’è bisogno di collaborazione. Se penso che un giovane è fuori di testa, non penso di curarlo a colpi di manganello, ma chiamo il pronto soccorso psichiatrico. Ho la consapevolezza di quello che posso fare io e di quello che posso fare in più sapendo che sono collegato ad altri. Questo modo vuol dire avere degli operatori che hanno questa responsabilità, non come quelli che battono le mani a chi ha massacrato Aldrovandi, o chi ha l’idea che la polizia possa agire attraverso la tortura.
Dentro a un atteggiamento di destra c’è anche una svalutazione completa del ruolo delle persone, delle loro qualità.

Cos’è, per te, la ‘Marcia della Pace’?
La prima marcia della pace c’è stata nel 1961 e l’ha fatta Capitini ed è stata la marcia per la fratellanza tra i popoli. Penso che la Perugia-Assisi sia particolarmente importante nella situazione attuale perché spero che rappresenti in qualche modo la risposta non solamente individuale, ma corale alle parole che vengono dette, come l’idea che bisogna costituire muri tra noi e gli altri e se possibile buttarli fuori. I bisogna capire che, con tanta difficoltà, la strada è un’altra. Se uno pensa di fermare le immigrazioni e le emigrazioni attraverso la violenza, vuol dire che sta programmando filo spinato e campi, e non ce la farà, però in compenso farà patire molto, perché nessuno può fermare questa onda. Vanno via più giovani italiani di quanti ne entrino. Abbiamo visto in passato con quanta facilità siano state accolte le leggi razziali a Ferrara, che aveva un podestà ebreo. Non hanno fatto nessuna impressione. Pochissimi si sono dati da fare, perché ciascuno ci ha visto un pezzo di interesse. .

La legge sull’immigrazione del governo Lega-5Stelle rischia di peggiorare la situazione?
Si, ci sarà un sistema con meno controlli.
Quando ho fatto per 5 anni il difensore civico della Regione, cioè quello che tutela i cittadini nei confronti delle amministrazioni, sono stato al centro di identificazione e di espulsione a Bologna, ed è una cosa assolutamente demenziale. Persone messe là dentro con l’esercito fuori, con i centri sociali che ogni tanto andavano a fare confusione. Ognuno ‘recitava’ la sua parte. Quelli facevano gli ‘sbirri’, noi facevamo i ‘rivoluzionari’, e quelli là dentro si arrangiavano. A volte dicevano “dobbiamo metterne dentro altri 30, mettine fuori 30”, ma quali? Li mettevano fuori punto e basta. Questo è il modo di funzionare di un centro. Avremo sempre più situazioni fatte così, e sappiamo cosa vuol dire, cioè avere pezzi di territorio e di persone che sono fuori dalla legge comune.

Si rischia la ghettizzazione e una conseguente radicalizzazione?
Un ragazzo che fa la trafila qua e vede che è respinto in ogni modo, il minimo che può fare è dire “io sono capace, ve la faccio pagare”. Noi stiamo allevando tutto questo in questa mancanza di integrazione. Poi ci sarà chi è contento, chi venderà più armi ecc.. Noi abbiamo questa vergogna, ne scrissi anche che in Italia ci sono troppe poche sparatorie, in America sì che sono avanti! Ci sono “solo” 400 morti all’anno, rispetto all’800 dove i morti erano quattromila, eppure si sente dire sempre “adesso non c’è più sicurezza”, non è vero niente. Però non serve a niente dirlo, come per esempio chi dice del Gad, ma non c’è stato neanche cinque minuti.

Però un problema di delinquenza in Gad, soprattutto in zona ‘Giardino’ esiste.
Certo. Se io sono lì vedo. Se si fosse fatto un ragionamento per tempo si sarebbe potuto intervenire.
Il Comune si è inventato il ‘Centro di mediazione‘ che alcune attività le ha anche fatte, però secondo me sono arrivati tardi. Ogni volta non si è attenti a dove stanno i problemi e chi è che ha in mano le chiavi per risolverli. E dove stanno i problemi ci si è messo tanto tempo per capirlo. Per esempio: Grattacielo, qui ci sono tutte le nazionalità, ma non ci sono cinesi. Dodici anni fa, invece, nella prima statistica risultavano primi i cinesi. Il problema è cosa vedi e cosa non vedi. Poi anche questa storia della percezione, in molti casi è vera, perché se ti porto i dati sul tema sicurezza vedi che non è come sembra.

Molti dicono che a essere calate siano le denunce più che i reati.
È vero, ma questo riguarda lo scippo, i piccoli furti. Ormai chi denuncia più una bicicletta? Io ho perso il conto di quante me ne hanno portate via, ormai giro a piedi.
Quindi bisogna guardare dentro le cose, ma prendere per buone le percezioni. Io faccio sempre questo esempio quando dicono ‘percepito’ e ‘realtà’: è come col terremoto, c’è la Scala Richter, che ti dice la magnitudo, e poi c’è la Scala Mercalli che è basata sui danni subiti. Tu ‘percepisci’ solo la seconda.
Se io ho paura, quindi, è un fatto reale, non è percezione. I nostri amici del Centro di mediazione hanno provato a lavorare su questa situazione al Grattacielo, hanno fatto un’inchiesta sulle paure della gente che abita lì, sia rivolta agli immigrati che ai cittadini.
Hanno avuto difficoltà perché quel po’ di organizzazione che c’era nel quartiere ha detto “no, noi non siamo interessati a diffondere, perché tanto lo sappiamo che lo usate per altri fini”, c’era cioè l’idea che non fosse una ricerca scientifica. Invece era una cosa intelligente e seria perché partiva dall’idea: “viviamo nella stessa condizione, confrontiamoci su questo: di cosa abbiamo paura?” Era un’occasione di scambio e invece hanno toccato una percentuale di intervistati molto bassa perché molti dei residenti hanno detto “no a quelli lì non rispondiamo perché dopo loro danno quelle interviste alla Sapigni, a Tagliani ecc..”

Come vedi il futuro di Ferrara e dell’Italia intera?
Onestamente confido che non ci sia un risultato disastroso alle elezioni europee. Nel senso che ho in mente un quadro globale in cui quello che avviene qui è legato al resto, come dire che viene freddo perché arriva il vento dal Nord, quindi posso anche cercare di accendere il riscaldamento, ma il freddo arriva lo stesso. A Ferrara io sarei molto contento se si tirasse fuori l’energia per darsi una risposta decente a una situazione davvero pericolosa, che avesse una capacità di non settarismo, ho l’impressione che ci siano proposte di aggregazione.

La destra quando è alle strette dice che il ricambio è simbolo di democrazia…
Io sono favorevole al ricambio, preferirei che ci fossero partiti che assomigliassero al disegno istituzionale, dove uno è più socialista e l’altro liberale. Un’alternanza tra chi ha cercato di arroccarsi su posizioni di potere anche in modo arrogante, legato alla peggiore tradizione democristiana e comunista, e chi ha forme che ricordano lo squadrismo, mi sembra non sia un gran ricambio.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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