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Giorno: 2 Gennaio 2014

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Razzismo, tre interrogativi attorno al caso Masotti

Attorno al caso del dottor Massimo Masotti, sollevato nei giorni scorsi da ferraraitalia, si è sviluppato un animato dibattito. Tutti i commenti sono stati pubblicati e gli interventi sono stati riportati nella loro integralità, senza alcuna omissione.
Gli interrogativi che la vicenda suscita sono essenzialmente tre.

1. Può un medico essere razzista? Ossia: sarà in grado di esercitare senza alcun pregiudizio la propria opera assistenziale?
2. La palese ostentazione di questo suo credo non è massimamente inopportuna? E non corrobora il legittimo sospetto circa la capacità di anteporre la deontologia alle proprie intime convinzioni nello svolgimento della pratica professionale?
3. Possono l’Ordine dei medici e un’associazione filantropica come i Lions essere rappresentati da chi professa tali teorie razziste?

Si tratta di interrogativi di ordine generale, non inficiati dalla considerazione che, nella fattispecie, il medico in questione è da qualche tempo in pensione; tanto più che Masotti continua, comunque, a svolgere ruoli di rappresentanza istituzionale della categoria; e che i medici sostengono che il loro non è semplicemente un lavoro, ma una missione; e pertanto il camice non si dismette mai…

[leggi l’articolo precedente]

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Parla Sateriale: “Renzi, un abile giocoliere. La politica, solo lotta per il potere”

Di norma all’intervistato si dà del lei, anche quando si ha confidenza. E’ una vecchia regola non scritta del giornalismo che serve a non creare nel lettore l’impressione di un rapporto privilegiato che lo escluda. Ma in questo caso sarebbe stata una forzatura eccessiva. Il mio interlocutore è Gaetano Sateriale, accanto al quale, giorno dopo giorno sino al 2009, ho lavorato per quasi otto anni come responsabile dell’ufficio stampa dell’amministrazione comunale, quando lui era sindaco della città. Ho quindi ritenuto più onesto presentare la conversazione come si è svolta, senza infingimenti, nella cordialità e in amicizia.

Dacché non è più sindaco, è la prima volta che Sateriale, oggi coordinatore della segretaria generale della Cgil nazionale, accetta di parlare così diffusamente di politica, sindacato e di Ferrara. Quel che ne è scaturita è una radiografia molto lucida del nostro Paese e, per conseguenza, un’immagine poco consolatoria. E’ una fotografia senza effetti speciali, un resoconto – condivisibile o meno che risulti agli occhi del lettore – di certo rigoroso e per nulla indulgente, come è nel suo dna.

Per comodità di fruizione abbiamo diviso la conversazione in due grandi blocchi tematici che pubblicheremo su ferraraitalia in altrettante puntate, oggi e domani. La prima parte del colloquio, quella che segue, è relativa ai temi nazionali della politica, del lavoro e del sindacato. Domani, nella seconda parte, si affrontano le questioni ferraresi e gli orizzonti generali di sviluppo.

Sulla tua pagina Facebook hai scritto: “Dopo tanti anni (44) sono improvvisamente rimasto senza partito da ascoltare, discutere, criticare, partecipare, condividere”. Sei cambiato tu o è cambiata la politica?
Forse entrambi. La politica è certamente cambiata in peggio: demagogia, populismo mediatico, messaggi pubblicitari ingannevoli, partiti azienda, partiti liquidi, consorterie, gruppi di famiglie… E in peggio sono cambiato anche io, sicuramente: non credo più alle frottole e non mi diverte un Paese che ci mette vent’anni a capire che dietro le parole dei leader non c’è niente, se non la battaglia per il potere. So bene che la politica è anche questo (fin dalle sue origini), ma quando è solo questo non mi interessa.

Cosa significa questo disamoramento per te personalmente? Come vivi questa condizione?
Posso fare una battuta? Comincio ad avere con la politica lo stesso rapporto che ho con il calcio: mi piace guardarla e commentarla e tifare quando è di qualità, altrimenti meglio leggere un libro o vedere un buon film. E da qualche anno la politica non è più di qualità: né nella maggioranza, né all’opposizione. Non sono mai stato e non diventerò un qualunquista, ma non vedo attorno a me un luogo in cui abbia senso impegnarsi e nemmeno un partito che ti chieda un qualche impegno, per la verità. Anzi, se cerchi i dirigenti, l’impressione è che gli dai un po’ fastidio… Per fortuna continuo a occuparmi di problemi sociali concreti e a lavorare in un’organizzazione che con tutti i limiti è ben radicata nel mondo reale.

Davvero? Eppure la gente non distingue più tanto tra partiti, sindacati e istituzioni…
Quando vado in giro a fare iniziative dico sempre, specie ai giovani dirigenti che a volte sembrano spaesati: “Tranquilli che la Cgil ha le spalle robuste, siamo l’organizzazione più radicata nel paese assieme ai Carabinieri e alla Chiesa cattolica”. Luciano Lama diceva meglio: “I governi passano, la Cgil resta”. Questo non vuol dire che possiamo stare fermi, anzi… Anche noi dobbiamo innovarci perché dopo la crisi niente sarà più com’era prima. Ed è qui che dobbiamo stare attenti: a non imitare i partiti, a mantenerci autonomi e concreti di fronte ai cambiamenti. Per fortuna un sindacato mediatico non ha senso. Ma sono abbastanza tranquillo su questo punto, malgrado i ritardi e gli errori.

Quali ritardi ed errori? Puoi fare qualche esempio?
Il più clamoroso esempio è il rapporto con i precari, che sono poi le giovani generazioni di lavoratori. Siccome i nuovi lavori non ci piacevano abbiamo pensato di combatterli per legge, invece che proteggerli e migliorarli contrattualmente. In questo modo abbiamo perso rapporti con migliaia di giovani lavoratori che sono senza tutela e non vedono il sindacato come qualcosa che gli appartiene. Ma noi non siamo diventati un soggetto virtuale: alla fine facciamo trattative e firmiamo (o non firmiamo) accordi. Non inseguiamo il potere per il potere. Basta pensare alla differenza tra i gruppi dirigenti in periferia. Magari i nostri litigano fra loro, con le strutture regionali, con il nazionale in qualche caso, ma non si schierano con questo o con quello a prescindere, cercando di puntare sul cavallo vincente. La Cgil il congresso lo fa ancora su documenti programmatici discussi in migliaia di assemblee: non votiamo uno o un altro segretario a prescindere. Siamo all’antica, se vuoi…

L’autocritica si limita a un errore nei confronti dei giovani precari?
C’è anche uno speculare sul lavoro pubblico. Ci siamo giustamente difesi dagli attacchi sgangherati di Brunetta ma non abbiamo ancora accettato di discutere e di essere protagonisti della riorganizzazione efficiente della Pubblica amministrazione. Al contrario di quanto abbiamo saputo fare nell’industria degli anni ’80 e ’90 in cui siamo passati dalla difesa dei posti di lavoro tal-quali a un progetto di riorganizzazione con al centro la qualità e il superamento del taylorismo che svalorizzava il lavoro. Nella Pubblica amministrazione il sindacato non propone il nuovo e difende il vecchio. Ma quel vecchio è ormai visto da tutti (imprese e cittadini) come indifendibile e insopportabile.

Da quanto dicevi prima sulla politica, si desume un giudizio negativo sul nuovo segretario del Pd, Renzi…
L’ho incontrato una sola volta quando era presidente della Provincia di Firenze, non posso dare un giudizio comprovato. A pelle non mi piace: mi sembra un giocoliere delle parole e non abbiamo certo bisogno di un nuovo televenditore… Certo, sa muoversi con abilità e spregiudicatezza ma temo sia una dote che non poggia su una preparazione seria. Non posso generalizzare, ma quando lo sento parlare di lavoro è evidente che non sa di cosa parla. In un Paese con milioni di disoccupati Renzi pensa che si debba intervenire con una legge sul mercato del lavoro invece che creare nuovi posti qualificati e stabili con una politica economica espansiva. Dietro le parole nuove, molto continuismo…

Non ti sono parse interessanti la proposta di Civati e il percorso di Barca?
Civati non l’ho capito molto: forse ho i riflessi lenti ma quelli che saltano troppo in fretta da una parte all’altra non riesco a seguirli. Il documento di Barca mi convince, ma lui ha deciso di non candidarsi. Peccato, era l’unico che avanzava un progetto di trasformazione innovativa del partito ricollegandosi al territorio, alla militanza, alla partecipazione cognitiva. Ma è andata così. E ho deciso di non votare per ripiego, o per antipatia o per rabbia, laddove non potevo farlo per convinzione. So che molti hanno votato più per delusione del vecchio che per convinzione del nuovo. Io ho preferito non votare: non pretendo di avere ragione…

Dopo 10 anni da sindaco sei tornato in Cgil, qualcuno dice con un ruolo da ‘eminenza grigia’…
Nessuno in Cgil può fare l’eminenza grigia, per fortuna. Ci sono gli organismi dirigenti che discutono e votano. Da noi non ci sono tanti pseudo leader che si contendono le poltrone. E non c’è una guerra di potere spacciata per rinnovamento generazionale. C’è una collegialità che prevale. Io do una mano, per quel che posso, cercando di mettere la mia esperienza al servizio del gruppo dirigente di oggi. Le mie diverse esperienze, dovrei dire…

Però la dialettica tra Cgil e Fiom sembra dire il contrario: a volte con una certa asprezza. E poi Landini e Renzi talvolta si scambiano strizzatine d’occhio…
La dialettica tra Cgil e Fiom c’è sempre stata a segnare i passaggi di fase: nel ’56, nell’’80 e oggi. Se non supera il confine dell’autonomia del sindacato e non scivola in politica è una dialettica utile a migliorare la nostra organizzazione. Quanto alle strizzate d’occhio, vedremo: se Renzi mi strizzasse l’occhio mi guarderei alle spalle e sarei non poco preoccupato…

Anche il sindacato, come i partiti, sconta da anni una profonda crisi di rappresentanza. Qualcuno, e non da oggi, è arrivato a metterne in discussione non solo le logiche, ma il ruolo. A tuo parere come si supera la montagna?
I Paesi in cui il sindacato non c’è o conta poco o è subalterno alla politica sono Paesi in cui non c’è la democrazia. Quel misto di berlusconismo e liberismo che abbiamo vissuto negli ultimi 20 anni ha cercato di indebolire il ruolo dei corpi sociali intermedi e di arruolare il sindacato alla politica del leader (e mettere al bando la Cgil che non ci stava). Gli ultimi due anni sono a corrente alterna: il sindacato viene chiamato nei momenti di bisogno e in genere non ascoltato; basti pensare all’allarme sul lavoro e sugli esodati che abbiamo subito lanciato al governo Monti (e ripreso l’altra sera da Napolitano, a due anni di distanza). Il governo Letta in questo è incerto: “Convoco le parti sociali, ascolto, mi impegno, annuncio”, ma alla fine si vede poco. Quello che mi spaventa non è la messa in discussione del ruolo del sindacato, ma il fatto che nel nostro Paese non ci sia più un partito che si ispira al pensiero laburista. E che proprio il segretario del Pd, per raccogliere consensi a destra, non sappia fare di meglio che attaccare la Cgil… Avere nostalgia di Blair nel 2014 mi sembra molto sconfortante. Ma non mi voglio sottrarre alla domanda: è vero c’è una crisi di rappresentanza anche del sindacato. Non credo si possa ricomporre per legge, come qualcuno si illude di poter fare. Non ci sono scorciatoie, non ci sono mai state: bisogna tornare a rimboccarsi le maniche e trovare un punto nuovo di unificazione del mondo del lavoro, guardando soprattutto ai nuovi lavori, anche se non ci piacciono. Creare nuovo lavoro di qualità: le politiche concrete per i giovani sono più importanti del giovanilismo a parole.

1.SEGUE

Leggi la seconda parte

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In arrivo montagne di soldi con i fondi europei

Una montagna di euro con i Fondi strutturali europei sono la novità del decreto mille proroghe di fine anno 2013 del governo Letta. Ora, per non perderli, cioè ritornarli a Bruxelles e riassegnarli ad altri Paesi, bisogna ben allocarli, in tempi rapidi, individuando sentieri percorribili e canali di spesa sostenibile, non solo come risorse per impieghi correnti, ma anche per investimenti e interventi di sostegno, sia alle povertà che alle piccole imprese per il lavoro.

Ecco le cifre stanziate e gli obiettivi previsti: 1,2 miliardi di euro a fondo di garanzia per le piccole/medie imprese; 1 miliardo di euro per nuova imprenditoria giovanile; 700 milioni di euro più altri 794 come bonus per chi assume under 30 e disoccupati; 300 milioni di euro più altri 510 come social card e a sostegno di famiglie in condizioni di grave povertà; 3,0 miliardi di euro per economie e progetti locali (programma seimila campanili; piano per le città; valorizzazione beni storici/culturali/ambientali).
Ricapitolando: i fondi Ue sono 6,2 miliardi di euro + altri 1,3 nazionali, già stanziati nella legge di stabilità, per un totale di 7,5 miliardi di euro, veramente una montagna di soldi, a cui si aggiungono altri dieci milioni a breve, come annunciato in queste ore.

Si riporta la recente notizia e le cifre non solo per la rilevanza del fatto di governo ma per capire dove vanno, come vanno e quali progetti, strumenti e misure attivare per incanalare, anche nella nostra regione e, in particolare, nella nostra provincia questo bendiddio di cui non sia ha memoria, se non negli anni ’80 per il ferrarese.

Sarebbe bello sapere cosa ci riservano le autonomie locali sull’argomento, quanti progetti cantierabili, quali in essere nei primi stralci, quanti bisogni degli ultimi e dei “penultimi” sono individuati nel ferrarese, chi li individua e come, quanti dei seimila campanili ricadono in Emilia Romagna e nei comuni del ferrarese, quale ruolo svolgerà, nei restanti sei mesi, la nostra Provincia per gli ultimi adempimenti e, concludendo, come pescare in questa montagna di soldi.

Se, poi, pensiamo ai Fondi dell’UE nel periodo 2014-2020 per una somma di oltre 70 miliardi di euro per il nostro Paese, più i 100 miliardi abbondanti della Cassa depositi e presiti, oltre a quelli aggiuntivi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni italiani, accompagnati da quelli dei privati (i fondi coprono solo una parte dei costi delle progettualità), la citata montagna sarà una catena alpina per i prossimi sette anni per il nostro “Bel Paese”.

Abbiamo, infine, raccolto notizie su alcune nuove progettualità nascoste in alcuni cassetti del Castello, in parte rese pubbliche, anche a stralci, spesso a pezzi scoordinati, anche in un convegno a Berra, anche in sedi politiche e di partiti. Ma tutto è fermo, perché prevalgono resistenze, ancora chiusure e visioni del ’900, anche alcune invidie e ricollocazioni municipali e collegati incroci (ma i renziani dove sono, anche quelli ante litteram?!?).
La preoccupazione è che sarà complicato “schiodare” la visione murata del nostro territorio e se, anche qui, apriamo alcuni cassetti, forse non sarà una male, ma un obbligo, anche morale, cui adempiamo volentieri.

1.SEGUE