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Giorno: 11 Gennaio 2014

Ultimo giro in giostra a “Winter Wonderland”

da: ufficio stampa Ferrara fiere ed eventi

Ultimo giro in giostra a “Winter Wonderland – Natale in Giostra”, l’evento dei record, che chiude domani (Domenica 12, ndr) la prima edizione alla Fiera di Ferrara.
Il parco divertimenti al coperto più grande d’Italia, nonchè la manifestazione fieristica italiana più lunga – 24 giorni consecutivi –, offrirà ancora una volta a bambini, ragazzi e adulti oltre quaranta attrazioni e giostre, distribuite su una superficie di ventimila metri quadrati totali: dal truccabimbo alla babydance, dalle montagne russe – per la prima volta a Ferrara – alla Nave dei Pirati dei Caraibi, dall’Autoscontro al Brucomela, dal Tagadà al Castello Incantato, dalla Piovra allo Shuttle e allo Space Star, fino alle Gabbrie Volanti, al Trenino del Far West e al Cinema 5D.

Il parco divertimenti sarà aperto dalle 11 alle 20 e nel pomeriggio è previsto l’arrivo di un personaggio dei cartoni animati a sorpresa.
Winter Wonderland, che gode del patrocinio di Comune e Provincia di Ferrara, Regione Emilia-Romagna e Camera di Commercio estense, è organizzato da Catterplanet e F.lli Bisi, in collaborazione con Ferrara Fiere Congressi.

Il biglietto d’ingresso costa 4 euro, mentre quello ridotto consente di entrare in Fiera a soli 3 euro e dà diritto a un buono di 2 euro da spendere nelle varie attrazioni presenti. Da segnalare che è anche possibile acquistare a 16 euro (8 euro per gli over 35) un biglietto che consente di salire su tutte le giostre e di partecipare a tutte le attrazioni (esclusi i giochi a premio e gli stand della ristorazione) illimitatamente.

Chi si trova in centro, a Ferrara, potrà arrivare gratuitamente a “Winter Wonderland” con il trenino turistico che, dalle 15 alle 23 (circa un passaggio all’ora), farà la spola tra Piazza Travaglio e il Quartiere fieristico (un passaggio ogni ora).

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Limerick e la decrescita infelice

DUBLINO – Happy new year Ireland. Giornate grigie che finiscono in un attimo, nuvole basse, pioggia e flooding alerts. Tempo per starsene a casa, annoiarsi su internet, al limite chiacchierare davanti alla stufa in un pub, una buona stout in mano. I banshee e il loro lamento sono solo leggende ma non si sai mai, e fuori dalla città sai che ti aspetta l’inverno irlandese. Panorami da cartolina in questa stagione cambiano faccia, diventano colline sassose e campi battuti dal vento. Il verde dell’isola di smeraldo assume toni scuri. Foschia e vegetazione che non cresce oltre il metro, as nature intended.
Giornata ideale per una gita fuori porta quindi, e la N20 che da Cork ti porta a Limerick a gennaio più che una promessa sembra una minaccia: 98km che tagliano l’Irlanda rurale, la food valley locale del burro, del latte, dei salumi e formaggi. Strada a “scorrimento veloce” che collega i grossi centri agricoli di Mallow e Charleville, in altri punti si restinge su una corsia. Sterpaglie e cottages a bordo strada. Tempo di percorrenza indefinito. Dipende dal traffico ed anche un po’ dal culo: se ti trovi davanti un trattore o un calessino stile tris condotto da un paio di ragazzini – si entra nelle midlands, le zone dei Tinkers, i gitani Irelandesi, e tutto e possibile – sit back and relax. Potresti averne per un po’.

La voce di Dolores O’Riordan, cantante dei Cranberries, è la musica ideale per accompagnarti in questo viaggio. Ode to my family il pezzo forte (ascolta). Le immagini quelle di Angela Ashes, per chi ha visto il film, tratto dal romanzo autobiografico di Frank McCourt. Entrambi di Limerick. Più o meno. Sicuramente più attuali che mai.
Perché non si arriva in un posto facile facile. Sei nelle Midlands, e qui la crisi ha colpito pesante. Ne vedi gli effetti reali. Limerick, terza citta’ della repubblica, 90.000 anime circa sulle sponde del fiume Shannon, si ritrova una percentale di disoccupazione attorno al 23%, il tasso di abbandono scolastico più alto d’Irlanda e quartieri popolari realmente degradati e no-go come la nota area di Moyross.

Come se tutto ciò non bastasse il colpo di grazia alla città ha provato a darlo Dell Computer nel 2008. E ci sono quasi riusciti. Riorganizzazione e trasferimento della produzione, 1900 dipendenti a casa. Goodbye and Good luck. L’indotto locale che viene giù come un domino. Non pochi negozi del centro abbassano le saracinesche. Tutto un fiorire di cartelli for rent e for sale. Tiene botta la grande distribuzione anonima. Grandi magazzini tra angoli di città che ricordano l’America delle grande depressione. Alberghi di lusso per americani e beggars per la strada. Il settore edilizio che si ferma, con esso I progetti di rinnovo della città. Decrescita decisamente infelice.
Uno spaccato di Irlanda contemporanea, ed una città che nonostante tutto mantiene una bellezza dura, un rapporto inscindibile col fiume Shannon. Proprio su un isolotto dell’estuario nasce e si sviluppa attorno all’800 il primo nucleo urbano di origine vichinga, successivamente passato sotto controllo Inglese , dove sorge l’imponente King Johns Castle fatto costruire nel 1200 da Giovanni Senzaterra. Non a caso l’area viene chimata Englishtown. A cento metri di distanza l’altrettanto grande ed antica St. Mary Cathedral. Il diavolo e l’acqua santa fianco a fianco. Sull’altro lato del fiume Georges quay. Ristorantini e bars, tavolini all’aperto, le poche vie del centro rinnovate con negozi e attività salvatesi dal disastro economico (l’area di Irishtown). Nemmeno 10 minuti a piedi e ti ritrovi nelle zona di Newtown Pery – che assieme a Englishtown e Irishtown forma il centro cittadino – tra quello che rimane degli imponenti edifici georgiani che caratterizzavano la città ad inizio ‘800. Le strade sono quelle di Mallow street, O’Connell street, Pery street, The Crescent. Specchio di una grandezza passata, di quando il porto sullo Shannon era tra i piu importanti dell’Isola, commercio febbrile e navi che esportavano senza sosta i prodotti della food valley.

Come nel romanzo di Frank McCourt, dove la lista dei debitori della strozzina viene gettata e cancellata nelle acque dello Shannon, mi piace vedere il lato positivo di questa città. In particolare il panorama artistico vibrante e sempre in evoluzione, Limerick rimane sede dell’Irish Chamber Orchestra, dell’Irish World Music Centre, dell’Hunt Museum e Belltable Arts Centre. Nominata City of Culture per il 2014 vi è un calendario ricco di attività ed eventi (vedi). Ed accanto a spazi istituzionali non è raro vedere sottoscala di palazzi che diventano spazi espositivi per designer e giovani artisti. Voglia di sfidare la crisi e riemergere, come e dove si può. Chissà, forse senza troppe polemiche su permessi ed autorizzazioni varie.
A gennaio fa buio presto. E ora di rientrare. Un gruppo di ragazzi in tuta ti chiede una Fag (sigaretta). Meglio dargliene due con un sorriso in faccia, cosi tanto per non correre rischi. Dall’aeroporto internazionale di Shannon arriverà l’ennesima comitiva di yankees in cerca delle loro radici. Per loro percorso differente: Hilton Hotel, Bunratty Castle e ricostruzioni storiche con uomini in calzamaglia 365 giorni all’anno, gita ai laghetti di Killarney. Atmosfere alla Walt Disney. Le luci della città si accendono, riflettono nel fiume i nuovi palazzi di vetro venuti su come I funghi negli anni del boom. Guai a farsi mancare il proprio Palazzo degli Specchi, anche qui competizione tra città per vedere chi c’e l’ha più lungo. Luci che promettono una notte tipicamente Irish di birre e danze, mentre lo Shannon ti scompare alle spalle e torni a casa sulle note dei Cranberries.

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Viaggio in Irlanda. Ho sentito battere il cuore irish

Potrei dire soltanto terra, pascoli verdi, rocce, vento e mare. Sole, anche, e acqua che rispecchia alberi e cielo. Ma il viaggio non finisce qui, l’Irlanda è tutto questo e anche di più, è la semioscurità di un pub, la fila degli studenti in divisa all’uscita dalla scuola, la prateria con la luce cangiante, il sole nel fiordo, l’odore pungente e acre degli allevamenti nelle fattorie dietro la main street a Moate, è la pinta di Guinness, il salmone affumicato e il pane scuro, il whistle e il bodhran, le pietre dei recinti nell’isola di Aran, le scogliere a Cliff’s Moher…
Ho sentito battere il cuore irish nella solitudine delle valli rocciose del parco del Burren, nella pioggia a Sligo, sulle rive dello Shannon a Clonmacnoise. Un battito che proviene da fattorie isolate dove non si vedono quasi mai gli umani, che si moltiplica in milioni di pulsazioni fra la gente che affolla Dublino in una serata tiepida e rarissima, che risuona all’unisono col respiro dell’Atlantico nella baia di Galway il mattino presto.
Per me in Irlanda va più volentieri chi sa entrare in intimo contatto con la natura nella sua forma ancora non contaminata dalle follie turistiche, chi si fa conquistare dalla sua bellezza fiera e non ostentata, semplice.
Meglio se si è un po’ malinconici, di quella malinconia sottile che fa pensare, che fa vivere gli istanti, che riporta indietro nel tempo, come può accadere davanti ai resti del castello di Kinvarra. Io sono così, e il mio viaggio l’ho vissuto ascoltando il cuore irish.

baricco

GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

“Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando.” “Che sia troppo tardi, madame” (Alessandro Baricco, “Oceano mare”)