Skip to main content

Giorno: 26 Gennaio 2014

mente-corpo

Dalla scienza osteopatica la medicina del terzo millennio

da: Nuccio Onofrio Russo

La filosofia osteopatica nei suoi principi considera l’essere umano quale unità individuale la cui
struttura, funzione, mente e spirito sono mutuamente e reciprocamente interdipendenti.

L’osteopatia, studiando il movimento del corpo umano e delle sue singole parti, si prefigge di
arrivare a comprendere, interpretare e interagire con i meccanismi che, dinamicamente, influenzano
positivamente o negativamente gli aspetti anatomo-funzionali.
Tale conoscenza viene desunta dall’osservazione e dall’approccio manuale, supportati e confortati dalla ricerca scientifica.
Il principio olistico dell’unità corporea e dell’interazione di ogni singola parte con l’insieme
costituisce il fondamento della cultura osteopatica. Le tecniche ed il trattamento osteopatico sono interagibili, ma non sono sovrapponibili, a quelli di altre figure professionali operanti in ambito socio-sanitario, e tendono ad un sostanziale riequilibrio-funzionale, non mirato alla semplice soppressione del sintomo. Le sinergie tra osteopatia ed altre figure professionali sanitarie hanno spesso permesso di ridurre tempi e costi relativi al trattamento di affezioni e disagi che, a volte, non trovano risposte soddisfacenti da altri mezzi terapeutici. L’osteopatia viene utilizzata, in particolare, per la cura delle affezioni dolorose dell’apparato muscolo-scheletrico, ma si rivela spesso efficace, sia in termini di trattamento che di profilassi delle complicanze, in molti altri disturbi funzionali di carattere posturale, viscerale e psicosomatico la cui eziologia consenta, sia una gestione osteopatica autonoma, che la collaborazione multidisciplinare con altre figure professionali.
La disciplina osteopatica mira a concorrere per una più completa e fattiva partecipazione dell’individuo alla vita sociale in termini qualitativi e produttivi.
Le competenze specifiche acquisite mediante corsi di formazione ed aggiornamento continuo consentono inoltre, all’osteopata, di potersi collocare nell’ambito delle prestazioni e dei servizi finalizzati alla prevenzione delle inabilità o disabilità in aree di particolare interesse socio-sanitario quali quella evolutiva, della terza età e dell’handicap.
Gli osteopati hanno continuato a rispondere con scienza e coscienza alla richiesta di una popolazione attratta dalla semplicità e dall’efficacia dell’osteopatia. E’ un fenomeno sociale che si riscontra in tutti i paesi d’Europa in cui l’osteopatia si sta diffondendo. La medicina osteopatica e la medicina ufficiale hanno parlato per molto tempo un linguaggio diverso, ma ultimamente grazie al lavoro di volenterosi ricercatori e alla diffusione delle idee della fisica moderna (sistemi complessi, leggi del caos…) si sta formando un nuovo e incontaminato terreno comune…

L’approccio osteopatico è un modello logico di ragionamento basato su conoscenze anatomo-fisiologiche.
La medicina osteopatica è un sistema che si basa sull’unita del corpo, sull’autenticità della persona, sulla sua innata capacità di autoregolazione.
“Migliorare la qualità della vita umana per consentire alle persone di essere più attive di stare meglio di vivere meglio più a lungo”

Dr. Nuccio Onofrio Russo
D.O. OSTEOPATA

In Europa ‘Jolanda’ primeggiava con Grazia Deledda e Matilde Serao

MARIA MAJOCCHI PLATTIS (JOLANDA)
(a 150 anni dalla nascita)

Maria Majocchi Plattis in arte Jolanda (1864-1917), essendo vissuta relativamente isolata rispetto al mondo accademico/letterario del proprio tempo e «per giunta donna e addirittura autodidatta, – scrive Giancarlo Mandrioli nell’introduzione al profilo pubblicato nel 1997 da Maria Gioia Tavoni – non raggiunse in Italia il credito di valore dovutole; l’ampia fama era circoscrivibile alla letteratura minore, rosa, della belle époque. Diverso il riconoscimento riservatole in sede europea, a livello di traduzione di opere, non inferiore a quello tributato a Grazia Deledda [premio Nobel nel 1926] e a Matilde Serao».
In effetti Jolanda «si rivolgeva a un pubblico ben preciso: donne, ma in prevalenza appartenenti alla borghesia benestante e alla nobiltà; – commenta Maria Gioia Tavoni – gentil sesso, sì, ma armato di tradizione e in possesso di una buona formazione culturale nell’accezione più lata, che è la caratteristica educativa di un certo ceto sociale subito dopo la metà del secolo XIX. […] Se si percorre sia pur frettolosamente la Bibliografia approntata da Mariateresa Alberti per gli Atti del Convegno, si rileva innanzi tutto che l’editore di Jolanda fu principalmente Cappelli. Egli stampava dapprima a Rocca San Casciano. Ebbe fra le mani più di una ventina di opere della scrittrice centese, riedite nell’arco di pochi anni e anche dopo la morte dell’autrice, in un convulso susseguirsi di tirature. […] Il romanzo Le tre Marie sforò le centomila copie e le dodici edizioni; eccezionali furono altresì le otto edizioni di Suor Immacolata e non c’è comunque opera stampata dall’editore romagnolo che non superi almeno, entro il 1928, le tre edizioni».
Il romanzo più conosciuto di Maria Majocchi Plattis è Eva regina, altre sue opere sono: Il fior della ventura, Natale, Le donne nei poemi di Wagner, Sotto il paralume color di rosa, Fiori secchi, Le indimenticabili, Crisantemo rosa, La maggiorana, Le tre Marie, Suor Immacolata, Alle soglie d’eternità, Le ignote, Accanto all’amore, La perla.
Jolanda era nipote del celebre filologo centese Gaetano Majocchi, nato nel 1796 e morto appena quarantunenne. Il quale fu inoltre poeta, latinista, musicologo ed epigrafista. Tra i suoi innumerevoli testi in lingua e in latino, bisogna almeno ricordare i componimenti scritti in occasione delle nozze Carandini-Trivulzio, dove traspare sensibilmente l’influenza di Ugo Foscolo, le Postille del Tasso in Dante e la Volgarizzazione intorno all’Imitazione di Cristo (completata dopo la sua prematura scomparsa da Marcantonio Parenti). Ma il Majocchi è oggi soprattutto ricordato per avere collaborato alla stesura del famoso Vocabolario della lingua italiana voluto dall’abate Manuzzi, una sorta di rifacimento con migliorie di quello dell’Accademia della Crusca, a cui contribuì autorevolmente con un discreto numero di schede anche Giacomo Leopardi.

Tratto dal libro di Riccardo Roversi, 50 Letterati Ferraresi, Este Edition, 2013

ragazza-fisarmonica

Esther, la donna che visse due volte grazie alla musica

Suona, canta, fa concerti e ha 89 anni. Esther Béjarano è una signora tedesca di origine ebraica, abita ad Amburgo e ha vissuto la deportazione. Una reduce che, attraverso la musica, ancora oggi racconta la sua storia di artista, quella di una famiglia e di un popolo. Esther Béjarano sarà ospite mercoledì 29 gennaio alle 21 al teatro Comunale per un incontro, La ragazza con la fisarmonica, che sarà anche concerto, dialogo, film, libro. Con la partecipazione del fisarmonicista jazz Gianni Coscia e del figlio Joram Béjarano al basso, Esther canterà canzoni della resistenza, della deportazione ebraica e canti nati nei campi di concentramento. Uno spazio verrà dedicato alla presentazione del libro La ragazza con la fisarmonica (edizioni Seb27, Torino 2013) curato dalla giornalista Antonella Romeo.
Il libro è tratto da un manoscritto autobiografico che la Béjarano compose alla fine degli anni settanta, volle raccogliere i ricordi di una vita a partire dall’infanzia a cui seguì l’inizio delle persecuzioni razziali. La musica la salvò, lei suonava il piano, ma con la fisarmonica riuscì a entrare nell’orchestra femminile del campo dove la musica aveva ben poco di ludico perché accompagnava i prigionieri diretti alle camere a gas.

Abbiamo chiesto ad Antonella Romeo, curatrice del volume, chi è Esther Béjarano.
“E’ una signora di straordinaria forza sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, al lavoro coatto devastante di Ravensbrück e che è riuscita a rinascere. È emigrata in Palestina, ma ha trovato un’altra guerra e così, nel 1960, si è allontanata per tornare in Germania con marito e figli”.
La sua storia personale è diventata un libro, un documentario, ma è soprattutto musica con cui Esther riesce a comunicare anche ai più giovani.
“Esther è da sempre un’attivista molto impegnata a parlare di diritti e a sensibilizzare il pubblico per una cultura della pace e della libertà. La musica è stato il mezzo che l’ha aiutata a sopravvivere e l’ha accompagnata negli anni fino ad avvicinarsi alla musica rap con cui vuole raggiungere i più giovani e preservarli dalle derive razziste e xenofobe dell’estremismo di destra, diffuso non solo in Germania”.
La giornata della memoria diventa allora attualità e attualizzazione di una testimonianza che ha molto da dire anche sul presente.
“Dopo gli anni in Palestina, il ritorno in Germania fu traumatico, era la terra dei suoi persecutori e dei carnefici dei suoi genitori e di una delle sue sorelle. Fu un periodo di intenso lavoro e di isolamento dalla popolazione tedesca, abbandonò la musica per fare umili lavori da immigrata, solo negli anni ottanta tornò a cantare e iniziò il nuovo coinvolgimento di artista e testimone che Esther Béjarano non ha ancora smesso”
Il repertorio è stato, infatti, reinterpretato in una modernissima chiave rap, una contaminazione di stili che il pubblico sta apprezzando.
“Dal 2009, Esther canta soprattutto assieme al gruppo rap hip hop Microphone Mafia, composto da lei, dal figlio Joram e dai due rappers Kutlu Yurtseven e Rosario Pennino, figli di immigrati turchi e italiani. Con il suo canto, Esther parla di resistenza ebraica, lotta per la libertà dei giovani partigiani, amore per la pace dei disertori, nostalgia per la patria degli esiliati, desiderio di appartenenza degli immigrati. Ma conversando con lei, si riflette anche su religione, responsabilità delle nuove generazioni riguardo al passato, riunificazione tedesca, politica di Israele, affetti e di quel che conta davvero nella vita”.

L’incontro al Comunale del 29 gennaio, a ingresso gratuito, prevede una prima parte dedicata alla proiezione di scene tratte dal documentario Esther che suonava la fisarmonica nell’orchestra di Auschwitz della regista Elena Valsania sui concerti e le interviste di Esther, una conversazione tra l’artista e Antonella Romeo e, nel finale, un concerto con l’accompagnamento di Joram Béjarano e Gianni Coscia.
L’evento si svolge in collaborazione con Comune di Ferrara, Provincia, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, Goethe Institut, Feliz, edizioni Seb 27.

La ragazza con la fisarmonica (edizioni Seb27, Torino 2013) è un libro, a cura di Antonella Romeo, che nasce da un manoscritto autobiografico di Esther Béjarano e che, nella seconda parte, propone un testo scritto da Antonella Romeo intrecciato alle riflessioni di Esther Béjarano. Il libro è arricchito da un’introduzione dello storico Bruno Maida, dell’università degli studi di Torino e ha in allegato il documentario della regista Elena Valsania Esther che suonava la fisarmonica nell’orchestra di Auschwitz.

GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

“Sono milioni quelli che desiderano l’immortalità e poi non sanno che fare la domenica pomeriggio se piove.” (Susan Ertz)

palazzo-specchi-ferrara

IMMAGINARIO
la foto
del giorno

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città e i suoi abitanti.

Gioco di Specchi… (foto Roberto Fontanelli)

palazzo-specchi-ferrara
Il Palazzo degli Specchi di Ferrara (foto Roberto Fontanelli)