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Giorno: 10 Marzo 2014

A Comacchio di nuovo tutti d’accordo sul cemento

da: Legambiente Emilia-Romagna

Su un progetto dai metodi e contenuti discutibili, il “mattone” supera gli schieramenti politici e unisce le amministrazioni di Comune, Provincia e Regione

A Comacchio è stato recentemente presentato un nuovo progetto di sviluppo turistico, che unisce le amministrazioni di Comune, Provincia e Regione e che prevede un investimento di circa 180 milioni di euro con una partnership tra pubblico e privato, di cui circa 35 milioni messi dal pubblico.

Legambiente è fortemente preoccupata per i contenuti del progetto sia dal punto di vista urbanistico che dall’entità delle nuove cementificazioni: nelle previsioni progettuali, da una prima analisi di quanto proposto, emerge infatti un carico di urbanizzazione e quindi di nuovo cemento assolutamente non compatibile con la quantità di edificazione che quel territorio e la costa regionale hanno subito in questi anni, e ben poco coerente con l’area di pregio naturalistico del Delta del Po.

L’associazione è rimasta inoltre stupita dalle modalità con cui è stato presentato il progetto, al di fuori di ogni meccanismo di partecipazione attiva di cittadini e associazioni e senza alcuna condivisione d’intenti né coinvolgimento nelle scelte dell’amministrazione. Un metodo ben lontano dai criteri di trasparenza, e di quella adeguata condivisione richiesta da un progetto così rilevante per il territorio comacchiese e della costa emiliano-romagnola. Sembrerebbe invece di scorgere la solita ed abusata abitudine di adoperare varianti importanti agli strumenti urbanistici, decidendole a tavolino con i portatori di interessi economici, e calandole poi sul territorio.

È evidente che il litorale comacchiese abbia bisogno di una riqualificazione turistica. E sicuramente l’individuazione di risorse private per la promozione del turismo e dell’economia in quest’area è un’operazione virtuosa.

Ma in un Comune come quello di Comacchio, fortemente scosso in passato sia dal punto di vista politico che giudiziario proprio a causa dei temi urbanistici, sembrerebbe opportuno che le scelte adottate per questo importante ed impattante progetto di trasformazione territoriale vengano prese nella maniera più trasparente possibile.

Nonostante i diversi partiti di appartenenza e le comuni promesse riguardanti lo stop al consumo di suolo, pare proprio che il Sindaco Fabbri, la Presidente della Provincia Zappaterra e l’Assessore regionale Melucci si trovino d’accordo quando si tratta di riversare nuovo cemento sui nostri territori.

Il Parco del Delta del Po diventa unico

da: Consorzio Visit Ferrara

Venerdì 14 marzo 2014, a Mesola (FE), la Regione Emilia-Romagna e Veneto sigleranno un accordo per il turismo integrato. Grazie al consorzio Visit Ferrara.

Ferrara si avvicina a Venezia. Emilia-Romagna e Veneto fanno squadra all’insegna del turismo integrato che nasce intorno al prezioso Delta del Po, il “dolce gigante” che crea ambienti naturali unici tra dune, specchi d’acqua dolce, lagune, residenze storiche, spiagge ed una vegetazione rigogliosa e faunistica che si apre sull’Adriatico. A Mesola (FE) al confine tra le due Regioni, venerdì 14 marzo 2014, il consorzio Visit Ferrara ha organizzato un seminario in cui la Provincia ferrarese e la Provincia di Rovigo firmeranno un protocollo d’intesa sull’unificazione del Parco del Delta del Po, che abbraccia entrambi i territori ma costituisce un’unica entità naturale e turistica. Un’operazione che giunge in tempo anche per affrontare in modo adeguato l’importantissima Expo 2015. L’appuntamento dal titolo “Delta del Po: un marketing integrato per un’eccellenza unica” si svolgerà dalle 9.30 nel Palazzo della Cultura del Comune di Mesola (via Mazzini) e coinvolgerà le istituzioni regionali dell’Emilia-Romagna e del Veneto, e tutti gli operatori turistici dell’intera area territoriale.
«Si tratta di un’iniziativa proposta da tutto il mondo territoriale privato – spiega Gianfranco Vitali, il Presidente del consorzio Visit Ferrara che unisce circa 50 soci tra operatori, imprese ed enti che vogliono puntare sul futuro del turismo nella Provincia ferrarese – in quanto esistono due enti sul Parco che disorientano il mercato turistico. Creare un’unica realtà è importante in quanto le due principali Regioni del turismo italiano, capaci insieme di attirare 100 milioni di presenze l’anno, si avvicinano per una strategia condivisa. Così la Provincia di Ferrara diventa l’epicentro delle 2 Regioni più rilevanti in Italia per il turismo. Le barriere geografiche vanno abbattute, perché oggi si parla sempre più di territorio, che nel nostro caso è il più ampio territorio Unesco della penisola, con un’alta qualità naturalistica e vicino ai principali aeroporti dello stivale».
Alla tavola rotonda, moderata da Roberto Vitali, parteciperanno Maurizio Melucci, assessore al turismo e al commercio della Regione Emilia-Romagna e Marino Finozzi, assessore al turismo e al commercio estero della Regione Veneto.
Ci sarà la testimonianza di Renzo Ghezzo, imprenditore turistico dell’area del Delta Veneto. E la partecipazione attiva della Provincia di Ferrara, Provincia di Rovigo, Camera di Commercio di Ferrara e Camera di Commercio di Rovigo, Parco Regionale del Delta del Po Emilia-Romagna, Parco Regionale Veneto del Delta del Po, GAL – Delta 2000, GAL – Polesine Delta del Po, Buy Delta del Po.

Comune di Ferrara, tutti i comunicati del 10 marzo

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

BIBLIOTECA BASSANI – Pomeriggio di narrazioni mercoledì 12 marzo alle 17 a Barco
Piccoli e grandi conflitti nei racconti per bambini dai 4 ai 10 anni
10-03-2014

Si intitola ‘Flon-Flon e Musetta’ il racconto firmato da Elzbieta che mercoledì 12 marzo alle 17 aprirà il pomeriggio di narrazioni alla biblioteca Bassani di Barco. L’appuntamento, dedicato ai bambini dai 4 ai 10 anni, proseguirà poi con ‘La guerra delle campane’ di Gianni Rodari e ‘Ina: la formica dell’alfabeto’ di Matteo Terzaghi e Marco Zurcher. Le narrazioni saranno a cura di Silvia Bortolami.

L’incontro rientra nel ciclo di narrazioni per i più piccoli in programma ogni mercoledì pomeriggio nella sala Ragazzi della biblioteca comunale di via Grosoli 42, che questo mese ha per tema ‘Grandi e piccoli conflitti’.

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VERDE PUBBLICO – Già 360 i nuovi alberi piantati nel territorio comunale
Al via le operazioni di sfalcio dell’erba e la riqualificazione di una serie di aree verdi cittadine
10-03-2014

Hanno preso il via in questi giorni, nelle aree di verde pubblico cittadino, le operazioni di sfalcio dell’erba curate da Amsefc spa, sotto la supervisione dei tecnici dell’Ufficio Verde del Comune di Ferrara.
Quest’anno gli interventi sono iniziati con un mese circa di anticipo rispetto agli anni passati, per via dell’inverno particolarmente mite e piovoso che ha causato una crescita inconsueta dell’erba. La temperatura media rilevata negli scorsi mesi di gennaio e febbraio è stata infatti di 6°C contro i 3°C gradi dello stesso periodo del 2013, con una piovosità di 220 mm contro i 160 dello scorso anno (32 mm nel 2012).
Il programma delle operazioni procederà a partire dal centro città verso il forese, compatibilmente con le condizioni delle diverse aree, alcune delle quali tuttora impraticabili a causa delle abbondanti piogge dei giorni scorsi. Sul sito del Comune di Ferrara, nella sezione Mappa Opere, sarà possibile consultare l’aggiornamento settimanale del programma degli interventi di sfalcio.
Proseguono, intanto, anche gli interventi programmati dall’Ufficio Verde del Comune per la messa a dimora di nuovi alberi nelle aree verdi pubbliche del territorio comunale. Sono già 360 quelli piantati dall’inizio dell’anno e le operazioni si concluderanno entro la fine di marzo.
Ancora in corso anche gli interventi di riqualificazione delle aree gioco e delle aree verdi scolastiche, con i lavori nel parco della scuola d’infanzia Bianca Merletti, cui seguiranno quelli nel parco della scuola d’infanzia di Pontelagoscuro e nel parco giochi di via dei Gladioli a Malborghetto.

Nei prossimi giorni, inoltre, inizieranno i lavori nell’area verde di via Gavioli – via Nazario Sauro, dove è prevista la sistemazione dell’area gioco e la realizzazione di una nuova area di sgambamento cani.

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ASSESSORATO LAVORI PUBBLICI – Sopralluogo del sindaco Tagliani e dell’ass. Modonesi. Il punto della situazione in cantiere
Alla scoperta delle tracce archeologiche in piazza Trento Trieste
10-03-2014

Si è svolto questa mattina, lunedì 10 marzo, un sopralluogonel cantiere di piazza Trento e Trieste alla scoperta delle tracce archeologiche rinvenute durante i lavori di rifacimento e riqualificazione della pavimentazione. All’incontro, aperto ai giornalisti, sono interventuti il sindaco Tiziano Tagliani, la responsabile degli scavi di Ferrara per la Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna Chiara Guarnieri, l’assessore comunale ai Lavori pubblici Aldo Modonesi, dirigenti e tecnici degli enti coinvolti.

La soprintendente Guarnieri ha illustrato ai presenti gli elementi salienti degli scavi e dei ritrovamenti (vedere scheda), che saranno oggetto di studi approfonditi e di una mostra in programma nel mese di aprile al Museo Archeologico di Ferrara. L’assessore Modonesi ha invece fatto il punto della situazione del cantiere relativo all’intervento complessivo di Piazza Trento e Trieste. “Negli ultimi giorni – ha affermato l’assessore Modonesi – è stato possibile recuperare le ore di lavoro perse all’inizio di marzo a causa del maltempo, prolungando la durata dei turni di lavoro anche fino alle 20. E’ già stato realizzato un terzo della pavimentazione in porfido del Listone e una nuova squadra di operai si aggiungerà a quelle attualmente impegnate per procedere con il rifacimento dei marciapiedi del lato Duomo. L’obiettivo è quello di completare la parte di piazza che va da palazzo S.Crispino a via San Romano entro la fine di marzo, mentre confermiamo la conclusione del cantiere prevista entro la fine di maggio 2014”.

INDAGINI ARCHEOLOGICHE IN PIAZZA TRENTO E TRIESTE A FERRARA-BREVE RELAZIONE SUI LAVORI IN CORSO SUL LATO SUD NEL TRATTO COMPRESO TRA VIA S. ROMANO E PORTA RENO.

I lavori per il ripristino della piazza Trento Trieste intervengono in una zona ad altissimo interesse storico; per questo motivo le operazioni di scavo sono seguite dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici . Le operazioni di rimozione del pavimento, finora realizzate per la parte orientale della piazza, hanno permesso tra le varie cose di portare in luce alcune sepolture relative alla chiesa di S.Romano.
Precedenti lavori per la posa delle reti del gas e dell’acqua avevano consentito alla Soprintendenza di verificare che nella zona compresa tra la chiesa di S.Romano e la Torre dei Ribelli la stratigrafia archeologica era ben conservata.
Per questo motivo, in accordo con l’Amministrazione Comunale, si è deciso di aprire un vero e proprio saggio di scavo immediatamente sotto alla muratura della torre, riservando indagini meno capillari, limitate dalle quote di cantiere ad un solo rilievo planimetrico, al resto dell’area, ora già parzialmente splateata.
Lo scavo ha restituito quanto rimane di una bottega delle tante botteghe che dalle fonti sappiamo occupavano in particolare i due lati del palazzo della Ragione. Con ogni probabilità l’attività fu abbandonata a seguito di un incendio: ne sono testimonianza il livello di carboni, misti a tegole e coppi, appartenenti alla copertura del tetto. L’elemento di maggiore interesse sono i materiali rinvenuti nello scavo: decine di monete, gettoni di commercio e numerosissimi spilli, ditali, laminette, un ago in osso da tombolo, tutti materiali che fanno ipotizzare che si trattasse della bottega di un sarto. Da ultimo è stata rinvenuta anche una spada ben conservata in ferro, priva di elsa, deposta su un piano di mattoni. Le strutture più antiche ora documentate, databili dai pochi frammenti ceramici rinvenuti e dalle monete, riporta ad un contesto collocabile presumibilmente nel pieno XV secolo.
La bottega rinvenuta era stata costruita addossandola alla Torre dei Ribelli di cui è stato possibile portare in luce parte del muro di fondazione settentrionale, che conservava ancora una parte dell’alzato.
L’asportazione di una canaletta in muratura, chiaramente molto più recente poichè probabilmente riferibile agli edifici di XIX secolo, ha permesso di notare alcune caratteristiche della stratigrafia sottostante, che si articola nella parte settentrionale (verso la strada), in riporti limo sabbiosi sui quali si impostano strutture e pavimentazioni la cui destinazione d’uso appare meno chiara; mentre nella fascia meridionale, sulla quale insistevano le botteghe, si intuisce un susseguirsi di livelli e di frequentazioni più serrate, dovute al persistere nel tempo di ambienti chiusi all’interno dei quali si svolgevano numerose attività.
Sul fondo della canaletta demolita è possibile vedere parte di una pavimentazione in mattoni di coltello, forse appartenente ad una delle prime pavimentazioni della piazza; la sua estensione al momento non è determinabile.
L’asportazione di una lunga fascia del marciapiede, in prossimità del cordolo, ha messo in luce anche un’ ampia porzione di pavimento in mattoni a spina di pesce, forse delimitato ad est da elementi lapidei quadrangolari, appartenente alla pavimentazione della piazza.

(A cura di Chiara Guarnieri – Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna)

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CONFERENZA STAMPA – Mercoledì 12 marzo alle 12 in via Scienze
Presentazione della “24 ore della poesia” alla biblioteca Ariostea
10-03-2014

Mercoledì 12 marzo alle 12 nel Teatro Anatomico della biblioteca Ariostea (via Scienze 17) si terrà la conferenza stampa di presentazione della “24 ore della poesia”. L’iniziativa, in programma venerdì 21 e sabato 22 marzo sempre alla biblioteca Ariostea, sarà illustrata dal vicesindaco e assessore alla Cultura Massimo Maisto, dal dirigente del Servizio comunale Biblioteche e Archivi Enrico Spinelli, dal responsabile delle Attività culturali del Servizio Biblioteche e Archivi Fausto Natali e da rappresentanti delle associazioni coinvolte.

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BIBLIOTECA ARIOSTEA – Incontro con Franchino Falsetti martedì 11 marzo alle 17
Complessità e tormento di un intellettuale moderno: Vitaliano Brancati
10-03-2014

In occasione del sessantesimo anniversario della morte dello scrittore Vitaliano Brancati, Franchino Falsetti ne ricorderà la figura e le opere in un incontro in programma martedì 11 marzo alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. L’appuntamento è aperto a tutti gli interessati.

LA SCHEDA (a cura di Franchino Falsetti)

“Complessità e tormento di un intellettuale moderno che, nella sicilianità, trovò le fonti d’ispirazione per il gusto della satira di costume e le suggestioni comiche ed ironiche dell’anticonformismo”.
E’ possibile pensare ad uno scrittore fuori dal suo contesto d’origine, dalle sue radici, dal suo orgoglio di essere parte integrante di una realtà regionale, di una città, di una borgata, del proprio ambiente nativo? A conoscere e leggere Vitaliano Brancati, la risposta è no, senza alcuna esitazione. Tutta la poetica, la sofferenza, i tormenti, le contraddizioni, la vis polemica e la naturale ironia, comicità e anticonformismo, sono un amalgama di virtù e valori che ne delineano, con inequivocabili caratterizzazioni, la personalità letteraria e le straordinarie qualità di scrittore, che non vorrà sentirsi suggestionato dalle mode del suo tempo o dalle bizzarrie dei suoi “colleghi” scrittori o critici, ma vorrà esprimere, con naturalezza, quella originale espressione che era in lui la vena e la forza di un genuino sentire ed immediato comunicare.
Catania, la città della sua formazione, il “salone” delle idee, delle sue meditazioni, dei suoi ritorni di memoria, la fiamma delle sue invenzioni, sarà l’eterno viatico, che farà dire a Sciascia, altro grande protagonista di una sicilianità, senza ombre: “Brancati è nella letteratura italiana, uno scrittore diverso”.

1a COMMISSIONE CONSILIARE – Riunione mercoledì 12 marzo alle 15.30 in sala Zanotti
Nuovi accordi di collaborazione e variazione del Bilancio di Previsione 2014
10-03-2014

La 1a Commissione consiliare – presieduta dalla consigliera Francesca Cavicchi – si riunirà mercoledì 12 marzo alle 15.30 nella sala Zanotti della residenza municipale. Diversi gli argomenti che saranno posti all’attenzione dei consiglieri. In apertura, l’assessora Chiara Sapigni illustrerà i seguenti provvedimenti: “Approvazione della convenzione tra il Comune di Ferrara, Lepida S.p.A. e Goomobile S.p.A. per estensione MAN/Infrastrutturazione area industriale Salvi” e “Approvazione dello schema di accordo di collaborazione istituzionale tra Anci Emilia Romagna e Comuni del territorio provinciale per il coordinamento del Centro Servizi per i Comuni, l’aggiornamento e la condivisione in web della cartografia”.

Successivamente l’assessore al Bilancio Luigi Marattin relazionerà sulla “Ratifica della deliberazione d’urgenza del Consiglio comunale del 18/02/14 n. 14842/14 riferita alla variazione al Bilancio di Previsione 2014 per ‘Ricostruiamo l’Aquilone / la sicurezza come bene comune’ – contributi regionali a sostegno dei processi partecipativi”.

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CIRCOSCRIZIONE 4 – Mercoledì 12 marzo alle 18.30 in via Naviglio 11
‘Le Circoscrizioni dopo il 2014′ all’esame del Consiglio
10-03-2014

Il Consiglio della Circoscrizione 4 si riunirà mercoledì 12 marzo alle 18,30 nella sede di via Naviglio 11. L’assemblea sarà chiamata ad esprimere un parere al termine della relazione dell’assessore al Decentramento Luciano Masieri su “Le Circoscrizioni dopo il 2014: individuazione di un rinnovato modello di partecipazione e istituzione delle nuove Delegazioni”.

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AGENDA DEL SINDACO
Appuntamenti dell’11 marzo 2014
10-03-2014

Martedì 11 marzo

ore 9 – riunione di Giunta comunale (residenza municipale)

ore 11.30 – conferenza stampa di annuncio ufficiale scelta di intitolare il Teatro Comunale di Ferrara a Claudio Abbado (sala degli Arazzi, residenza municipale)

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SALA BOLDINI – Tra il 12 marzo e il 7 maggio proiezioni a ingresso gratuito
Quattro film per ricordare la tragedia della Grande Guerra
10-03-2014

In occasione del centenario della Grande Guerra il Comitato provinciale ‘Ferrara per la Costituzione’ propone, tra il 12 marzo e il 7 maggio prossimi, alla sala Boldini, una rassegna di quattro film che ne sottolineano la tragedia e il contrasto totale con l’idea che la nostra Costituzione afferma e difende nell’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Le proiezioni, con inizio alle 16,30, saranno tutte a ingresso gratuito.

A seguire (tra le immagini scaricabili) il programma dettagliato.

(Comunicato a cura del Comitato provinciale ‘Ferrara per la Costituzione’)

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SGUARDI SU MATISSE – Conferenza giovedì 13 marzo alle 17.30 alla Sala Estense
Jolanda Nigro Covre racconta che Matisse e Picasso “divennero amici, ma furono anche nemici”
10-03-2014

(Testo a cura di Ferrara Arte)
Giovedì 13 marzo, alle 17.30, alla Sala Estense (piazza Municipale), avrà luogo la seconda conferenza del ciclo legato alla mostra ‘Matisse, la figura’ allestita a Palazzo dei Diamanti fino al 15 giugno.
L’appuntamento è con un’illustre accademica, esperta dell’arte del primo Novecento, Jolanda Nigro Covre, dell’Università di Roma La Sapienza. ‘Matisse Picasso: divennero amici, ma furono anche nemici’ è il titolo del suo intervento che racconterà l’amicizia e la rivalità tra Matisse e Picasso, i due giganti dell’arte del Novecento che sono stati interpreti della figura umana.
L’incontro fa parte del programma di conferenze intitolato ‘Sguardi su Matisse’, organizzato dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara grazie al sostegno di Eni, per offrire percorsi di approfondimento dell’opera di Matisse a partire dal tema della mostra.

(Per informazioni: 0532 244949, www.palazzodiamanti.it)

ex-caserma-pozzuolo-friuli-ferrara

Visite ai musei, Ravenna batte Ferrara 10 a 3

di Ranieri Varese

In un dibattito è facile sopraffare l’interlocutore attribuendogli cose mai dette o spostando su altri temi il discorso. Così è successo quando mi sono azzardato a chiedere attenzione verso altre ipotesi per il riutilizzo della ex caserma Pozzuolo del Friuli.
Non ho mai detto che il Comune deve acquistarla, non ho mai detto che il ‘Museo della Città’ deve essere realizzato e gestito dal Comune. Ho posto dei problemi, fra questi quello della istituzione del ‘sistema musei’ che, oggi, la legislazione riserva ad un altro ente.
Non sono un ‘provocatore’, mi rendo, spero, conto delle situazioni, anche finanziarie.
Un’area abbandonata di tre ettari nel centro della città è un problema. L’Amministrazione Comunale non può non intervenire, ma non è obbligata all’acquisto: il Comune, come sanno tutti i ferraresi, ha gli strumenti per determinarne la destinazione d’uso: è sua responsabilità decidere se pubblica o privata e in che forme. Se esiste un piano di utilizzo lo può rendere vincolante.

L’area si trova incuneata fra la Palazzina di Marfisa d’Este, Palazzo Schifanoia e Palazzo Bonacossi: una opzione possibile, direi naturale, è quella di costituire un polo museale, dedicato alle testimonianze storiche, che caratterizzi questa parte della città, come le gallerie d’arte moderna per la zona Palazzo Massari-Palazzo dei Diamanti.
Non contrappongo le mostre ai musei; ne propongo l’integrazione.

L’Annuario statistico del Comune dice che nel 2011 vi sono stati 189.414 turisti, nello stesso periodo i visitatori alle esposizioni sono stati 174.534; ai musei sono stati 301.323. Cifre modeste in ambito regionale, ma testimoniano una potenzialità non raccolta. La poca visibilità dei musei è attestata: nel 2012 quelli statali, in Emilia Romagna, hanno totalizzato 713.745 presenze, a Ferrara 58.500.
L’elenco dei musei per frequenza vede ai primi posti il Museo Arcivescovile e il Museo Nazionale di Ravenna: rispettivamente con 532.027 e 477.326 visitatori. Al 6° il Castello di Ferrara con 100.027 (nel 2011, 99.550); al 13° Palazzo Schifanoia con 53.688 (nel 2011, 47.930).
Nota è la carenza di servizi, l’incapacità di accesso ai finanziamenti regionali ( ex legge 18/2000), la difficoltà di fare rete. La mostra di Zurbaran ha avuto 65.274 visitatori, solo 561 hanno utilizzato il biglietto valido per l’accesso agevolato ai musei.

Utile il confronto con Ravenna: ha lo stesso numero di musei, una quasi identica superficie espositiva (18mila metri quadri), quasi lo stesso numero di residenti. Il numero di addetti a Ferrara è di 130, a Ravenna 102. Visitatori: a Ferrara 305.025; a Ravenna 1.139.040. Il rapporto ingressi/residenti a Ferrara è 0,89%, a Ravenna 3,25%.
Ravenna ha istituito da tempo un sistema museale, come Modena e Rimini. Consente economie di scala, servizi comuni, concorso nella progettazione, momenti di formazione, la messa in rete, piani museali: nel 2007 sono stati erogati € 255.000. A Modena partecipano gli enti locali, l’Università, la Soprintendenza e musei privati. L’adesione al sistema è canale privilegiato per i finanziamenti regionali.

I musei debbono cambiare: il mantenere per anni gli stessi allestimenti, senza aprire i depositi, senza turnare i materiali è una scelta che non premia, scoraggia il ritorno. La controprova la offre il Museo Nazionale Archeologico: nel 2013 ha visto più i visitatori ( 4% ), più incassi (21%).
La ‘città museo di se stessa’ è solo una frase.
Il ‘Museo della città’ comporta investimenti e grandi spazi: a Bologna lo hanno fatto la Fondazione Carisbo e dei privati, non è obbligatorio che sia protagonista il Comune. Esistono altre soluzioni, anche consorziate. E’ una tipologia nota e diffusa, come si dovrebbe sapere.
E’ un museo sociale, che documenta l’organizzazione della vita della città attraverso i secoli. Ne raccoglie le testimonianze, dai costumi alle insegne commerciali, dalla religiosità alla organizzazione del governo, dai sommovimenti sociali ai riti della vita e della morte, dal commercio alla organizzazione del territorio, dagli strumenti della scienza a quelli del lavoro, alla forma urbana. Può accrescere di molto la capacità attraente della città, trasformare molti visitatori in turisti, dare maggiore consapevolezza di sé ai cittadini, sopratutto ai nuovi che arrivano con percentuali annuali superiori al 10% : la loro integrazione è una necessità per tutti.
Naturalmente non è la soluzione dei problemi ma un tassello che vi può concorrere.

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Politiche giovanili, trecentomila “Youngercard” in Emilia-Romagna

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Politiche giovanili. Trecentomila “Youngercard” in Emilia-Romagna per promuovere consumi responsabili, protagonismo e fruizione di offerte culturali e sportive per i giovani tra i 14 e i 29 anni. Un sito e un camper per presentare la nuova carta. Bortolazzi: “Il nostro invito ai ragazzi, perché siano protagonisti attivi”

Bologna – Sono 110 i Comuni, 10 le Unioni e un Circondario gli Enti che hanno aderito al progetto “Youngercard”, la carta ideata dall’assessorato Progetto giovani della Regione Emilia-Romagna in collaborazione con i Comuni di Ferrara e Reggio Emilia, dedicata ai giovani tra i 14 e i 29 anni per promuovere consumi responsabili, protagonismo giovanile e fruizione di offerte culturali e sportive.

Trecentomila copie della Youngercard sono a disposizione dei ragazzi e delle ragazze che vivono, studiano o lavorano in Emilia-Romagna e saranno distribuite, a partire dalla fine del mese, da uffici comunali, Informagiovani, biblioteche e centri di aggregazione. A che cosa servono è raccontato dal sito www.youngercard.it e anche attraverso il tour di un camper: un vero e proprio centro giovanile itinerante, dotato di connessione wi fi, strumentazione tecnologica e con a bordo due operatori giovanili che, oltre a fare promozione ed animazione, daranno un aiuto nella distribuzione delle carte.

“E’ un progetto che fa sistema e mette in relazione gli Enti e i giovani dell’Emilia-Romagna”, ha sottolineato l’assessore regionale al Progetto giovani Donatella Bortolazzi, durante la presentazione del progetto in Regione, insieme all’assessore alle politiche giovanili del Comune di Fiorenzuola D’Arda, Sara Lusignani, all’assessore circondariale alle politiche giovanili del circondario imolese Anna Venturini, al presidente dell’Unione Terre d’Acqua Renato Mazzuca e a rappresentanti del Comune di Carpi. “La Youngercard avrà valore in tutto il territorio”, ha aggiunto Bortolazzi. “E’ un invito ai nostri ragazzi perché siano protagonisti attivi, da Piacenza a Rimini, dà loro opportunità e stimoli e la possibilità di partecipare a progetti di cittadinanza attiva al servizio della comunità e per la propria crescita”.

A cosa serve la Youngercard

La carta, distribuita gratuitamente, dà ai titolari una serie di agevolazioni per la fruizione di servizi culturali e sportivi (come teatri, cinema e palestre) e sconti presso numerosi esercizi commerciali (sia locali che regionali, sia in piccoli negozi e ristoranti che in catene e grande distribuzione).

La Youngercard inoltre invita i suoi possessori a diventare giovani protagonisti, ossia a investire parte del proprio tempo e del proprio impegno in progetti di volontariato organizzati in collaborazione con enti locali, associazioni, università, scuole, polisportive, circoli o cooperative sociali: si tratta di una serie di progetti di cittadinanza attiva, della durata tra le 20 e le 80 ore, che possono riguardare diversi ambiti (sociale, educativo, artistico, culturale, informatico, linguistico o ambientale). I primi progetti avviati riguardano, ad esempio, giovani volontari che insegnano l’utilizzo del pc agli anziani, corsi di lingue o attività di volontariato in corsia. Ogni ora di volontariato svolta consentirà di accumulare punti sulla propria carta e, quindi, di poter ricevere alcuni premi individuati a livello locale.

La distribuzione

Le carte già stampate sono 300.000 per tutto il territorio regionale e verranno distribuite sulla base della popolazione residente nella fascia d’età 14-29 in ciascun Comune e Unione aderenti.

Piacenza

20.000

18 Comuni

Parma

30.000

11 Comuni + 2 Unioni

Reggio Emilia

39.000

24 Comuni +2 Unioni

Modena

49.000

8 Comuni + 2 Unioni

Ferrara

21.500

15 Comuni

Bologna

65.000

18 Comuni + 2 Unioni + Circondario imolese

Forlì-Cesena

27.500

4 Comuni

Ravenna

25.000

1 Comune + 2 Unioni

Rimini

23.000

11 Comuni

Il sito

Il sito www.youngercard.it ha tutte le informazioni relative alla Youngercard, aggiornate in tempo reale dai diversi enti aderenti.

Nella pagina “Convenzioni” si possono cercare quelle attive a livello locale utilizzando due tipologie di filtri: per categoria merceologica o per provincia.

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Indagini archeologiche in piazza Trento e Trieste a Ferrara

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

Breve relazione sui lavori in corso sul lato sud nel tratto compreso tra via S.Romano e Porta Reno
(Sopralluogo del 10 marzo 2014)

I lavori per il ripristino della piazza Trento Trieste intervengono in una zona ad altissimo interesse storico; per questo motivo le operazioni di scavo sono seguite dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici . Le operazioni di rimozione del pavimento, finora realizzate per la parte orientale della piazza, hanno permesso tra le varie cose di portare in luce alcune sepolture relative alla chiesa di S.Romano.
Precedenti lavori per la posa delle reti del gas e dell’acqua avevano consentito alla Soprintendenza di verificare che nella zona compresa tra la chiesa di S.Romano e la Torre dei Ribelli la stratigrafia archeologica era ben conservata.
Per questo motivo, in accordo con l’Amministrazione Comunale, si è deciso di aprire un vero e proprio saggio di scavo immediatamente sotto alla muratura della torre, riservando indagini meno capillari, limitate dalle quote di cantiere ad un solo rilievo planimetrico, al resto dell’area, ora già parzialmente splateata.
Lo scavo ha restituito quanto rimane di una bottega delle tante botteghe che dalle fonti sappiamo occupavano in particolare i due lati del palazzo della Ragione. Con ogni probabilità l’attività fu abbandonata a seguito di un incendio: ne sono testimonianza il livello di carboni, misti a tegole e coppi, appartenenti alla copertura del tetto. L’elemento di maggiore interesse sono i materiali rinvenuti nello scavo: decine di monete, gettoni di commercio e numerosissimi spilli, ditali, laminette, un ago in osso da tombolo, tutti materiali che fanno ipotizzare che si trattasse della bottega di un sarto. Da ultimo è stata rinvenuta anche una spada ben conservata in ferro, priva di elsa, , deposta su un piano di mattoni. Le strutture più antiche ora documentate, databili dai pochi frammenti ceramici rinvenuti e dalle monete, riporta ad un contesto collocabile presumibilmente nel pieno XV secolo.
La bottega rinvenuta era stata costruita addossandola alla Torre dei Ribelli di cui è stato possibile portare in luce parte del muro di fondazione settentrionale, che conservava ancora una parte dell’alzato.
L’asportazione di una canaletta in muratura, chiaramente molto più recente poichè probabilmente riferibile agli edifici di XIX secolo, ha permesso di notare alcune caratteristiche della stratigrafia sottostante, che si articola nella parte settentrionale (verso la strada), in riporti limo sabbiosi sui quali si impostano strutture e pavimentazioni la cui destinazione d’uso appare meno chiara; mentre nella fascia meridionale, sulla quale insistevano le botteghe, si intuisce un susseguirsi di livelli e di frequentazioni più serrate, dovute al persistere nel tempo di ambienti chiusi all’interno dei quali si svolgevano numerose attività.
Sul fondo della canaletta demolita è possibile vedere parte di una pavimentazione in mattoni di coltello, forse appartenente ad una delle prime pavimentazioni della piazza; la sua estensione al momento non è determinabile.
L’asportazione di una lunga fascia del marciapiede, in prossimità del cordolo, ha messo in luce anche un’ ampia porzione di pavimento in mattoni a spina di pesce, forse delimitato ad est da elementi lapidei quadrangolari, appartenente alla pavimentazione della piazza.

Dott. Chiara Guarnieri
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

non-profit

In Emilia è boom del non-profit. Sfide e contraddizioni di un mondo in bilico fra mercato e solidarietà

di Elisa Manici e Lorenzo Mattana

Walter ha ottanta anni suonati, ma a dispetto dell’età che avanza dimostra ancora un’energia e una forza d’animo da fare invidia. Da diciasette anni è volontario dell’Auser di Bologna, una onlus nata nel 1989 per finalità assistenziali, e attualmente coordina a Pieve di Cento circa settanta iscritti. «Smetterò il più tardi possibile, perché quello che faccio mi dà tanta soddisfazione – dice con voce squillante -. Finché mi sosterranno le forze io continuerò a fare il volontario». Come l’acqua che scava nella roccia, l’azione di questi angeli del quotidiano è silenziosa, costante, paziente. E preziosissima: «La nostra forza è la presenza costante, essere a completa disposizione di tutti in qualsiasi momento – spiega con orgoglio Walter – cerchiamo di farci trovare pronti quando ce n’è bisogno». Un’attività a trecentosessanta gradi che va dalla distribuzione giornaliera dei pasti agli anziani, al trasporto per i disabili e all’assistenza agli ammalati, passando per la manutenzione delle zone verdi del paese e la gestione dei centri culturali. Quello di Walter è l’eroismo dei piccoli gesti, dove anche una semplice chiacchierata con una persona sola può diventare un atto di straordinaria generosità.«Per diverso tempo ho aiutato una signora anziana nelle piccole faccende giornaliere. Purtroppo lei era incontinente e si vergognava di questa condizione, perché aveva bisogno dei pannoloni. Un giorno l’accompagnai io a comprarli, perché questa cosa le creava veramente tantissimo disagio. Una volta acquistati, mi chiese di portarla a fare la spesa e volle regalarmi a tutti i costi un panettone. Mi ricordo che ci trattenemmo a parlare a casa sua per qualche ora e poi al momento di andarmene mi disse di aver passato la più bella giornata della sua vita. Quella stessa notte la signora morì. Quando ci penso ancora mi commuovo».

Walter e i volontari dell’Auser di Pieve di Cento non sono altro che il frammento di un mondo che in Emilia-Romagna vanta dei numeri straordinari e che negli ultimi dieci anni ha avuto una crescita imponente. Secondo i dati pubblicati a settembre dall’Istat riguardanti il 9° Censimento su “Industria e servizi, Istituzioni pubbliche e Non-profit”, il terzo settore dal 2001 al 2011 ha avuto un incremento del 27,2%, con oltre 25 mila enti e associazioni rilevate. Tra addetti, lavoratori esterni, lavoratori temporanei e semplici volontari questo settore può contare su un vero e proprio esercito di oltre 500 mila persone, impegnato in tutti gli ambiti del sociale: dall’assistenza agli anziani, allo sport e alla cultura, passando anche per ambiente e salute. Un vero e proprio gigante, una realtà talmente tanto radicata nel tessuto sociale regionale che più di un 1/8 della popolazione risulta essere a vario titolo coinvolta nel non-profit.

Ma che cos’è esattamente il Terzo settore, e come spiegarne lo straordinario boom? In breve, e senza pretesa di esaustività, dato che si tratta di una realtà in continua evoluzione, è il complesso di istituzioni che non sono né Stato, né mercato, soggetti di natura privata che producono beni e servizi per la collettività, siano essi associazioni di volontariato o di promozione sociale, cooperative sociali, Ong, eccetera. Secondo Stefano Zamagni, professore ordinario di economia politica dell’Università di Bologna ed esperto di terzo settore, l’esplosione del non-profit è soprattutto la conseguenza di un mutamento del modello di mercato classico, che però la società e la politica stentano ancora a percepire:«Spesso le spiegazioni che vengono date di questo fenomeno sono superficiali – spiega Zamagni -. La verità è che siamo in presenza, in Italia, come altrove, di una trasformazione del modello di mercato capitalista. Si sta passando da un modello di capitalismo centrato tutto sulla dualità Stato-mercato, a un modello tricotomico: Stato, mercato e società civile. Questo vuol dire che i soggetti della società civile hanno una rilevanza economica che in passato non avevano, perché in precedenza il non-profit era sempre stato redistributivo e aveva soltanto finalità solidaristico-assistenziali. La novità di questi 10 -15 anni – prosegue Zamagni – è che il non-profit si sta trasformando in soggetto produttivo, cioè produce valore aggiunto. Questo è il vero fatto nuovo di cui, però, non si ha ancora la percezione». Il terzo settore, insomma, smette i panni casual del semplice volontario per indossare giacca e cravatta. Il mondo non-profit non è più solo un insieme di generosi militanti, di encomiabili artigiani della bontà, ma si sta trasformando in un soggetto costituito da persone con competenze specifiche e capacità gestionali.

«Quelle del non-profit sono vere e proprie imprese che a differenza della Fiat, ad esempio, hanno il fine di soddisfare dei bisogni. La gente, però, è rimasta ancorata a un’idea del non-profit legata al semplice volontariato e non lo vede come un vero e proprio settore produttivo. Il boom degli ultimi dieci anni significa che in giro per l’Italia le persone non ne possono più, premono per andare in questa direzione». Secondo l’economista, l’ingresso della società civile come vero e proprio protagonista nel sistema economico, risponde anche anche a due problemi: il progressivo ritirarsi del pubblico e la crescente richiesta dei così detti “beni relazionali”. «Sicuramente la riduzione dell’intervento del settore pubblico nella società ha rappresentato una componente che spiega l’aumento del non-profit – chiarisce Zamagni -. Il progressivo ritirarsi dello Stato e delle Regioni dal welfare, per ragioni di finanza pubblica, ha stimolato una maggiore vitalità del terzo settore». Un ambito, quello del non-profit, che si sta sempre di più affermando come pilastro fondamentale della società moderna, una spina dorsale solida quanto invisibile che però riesce ad assicurare dei servizi che altrimenti sarebbero destinati all’oblio. «Ci sono tipologie di beni – spiega Zamagni – che né la formula pubblica, né la formula privata si dimostrano capaci di raggiungere. La più importante di queste categorie è quella dei “beni comuni”, come i beni culturali e ambientali. Questi beni – prosegue Zamagni – non possono essere gestiti in maniera adeguata né dal pubblico, né dal privato. Perciò interviene la società civile, con soggetti come le cooperative. Ad esempio, a Melpignano in provinca di Lecce, quattro anni fa è nata la prima cooperativa di comunità, un modello che non esisteva prima. Ed oggi le cooperative di comunità in Emilia-Romagna si stanno diffondendo a macchia d’olio, soprattutto nel reggiano, nel modenese e nel parmense. Perché per gestire determinati servizi, come l’energia elettrica, la raccolta dei rifiuti o la conservazione dei beni culturali, il pubblico non può più far niente, il privato non ha un interesse economico ad occuparsene e quindi ecco spiegata la nuova formula della cooperativa di comunità. Infine – conclude Zamagni – le persone ormai non si accontentano più di guardare il lato materiale dei servizi che vengono offerti, ma considerano anche il lato cosiddetto “spirituale”. Oggi le persone chiedono anche “beni relazionali”, oltre al servizio puro e semplice. Se vado in un ospedale, vengo curato, ma se vengo maltrattato non posso ritenermi soddisfatto del servizio offerto. Questo è un segnale che ormai le persone chiedono anche relazioni. Quanto più aumenta il bisogno di relazionalità, tanto più aumentano i soggetti non-profit che per loro scelta libera realizzano e soddisfano questi bisogni».

La sfida più importante per il non-profit oggi è trovare una quadra tra la necessità di essere un soggetto che opera sul mercato, e il non tradire la sua natura primigenia, solidaristica, come in parte è già accaduto al mondo cooperativo, uno degli assi portanti dell’economia emiliano-romagnola, e che pure fa parte del Terzo Settore. Paolo Mandini, dirigente di Coop Estense, oggi in pensione, ammette senza difficoltà che «il mondo cooperativo negli ultimi 10 anni ha subito una forte influenza del mercato. La crisi economica non ha certo esaltato la socialità, la mutualità e la solidarietà. Spesso sotto il nome di cooperativa arrivano cose spurie, i valori vanno verificati sul campo. La recessione, unita alla volontà di essere competitivi, si scarica sul costo del lavoro, anche se, sicuramente, rispetto al privato c’è un modo di procedere più sensibile. Un altro tema delicato e troppo spesso evitato è quello dell’organizzazione del lavoro, in una realtà composta in gran parte da donne». Mandini si richiama alla figura di Francesco I: «Alla luce di quanto sta dicendo questo papa, anche questo mondo deve ripartire dai suoi valori di base, quelli cooperativi, che sicuramente negli ultimi anni non hanno sempre brillato. Ancora e soprattutto in Emilia Romagna ci sono delle cose che vanno recuperate, e altre da rovesciare completamente, come Unipol». Secondo Mandini «bisogna vivificare un’identità, una diversità cooperativa, che oggi non è certo quella dell’immediato dopoguerra. Le cooperative nacquero per condizionare il mercato, non certo per farsene influenzare così pesantemente». Ma la sua analisi non si ferma alle criticità: «Terzo settore e mondo cooperativo, anche quello delle coop di consumo, che ufficialmente non ne fa parte, se uniscono le loro forze possono diventare un elemento dirompente, che può dare lavoro a molti giovani. Sono, a mio avviso, le risposte più moderne che si possono dare a una società in crisi valoriale, oltre che economica». Un rammarico, per Mandini, uomo storicamente di sinistra, è che «nel Terzo settore operano per lo più realtà di ispirazione cattolica, mentre la sinistra non se ne sta occupando un granché. Qui a Ferrara, ad esempio, Don Bedin con la sua associazione Viale K fa un lavoro enorme per i migranti, trovandosi spesso contro la gente del quartiere, che non si rende conto che col suo impegno disinnesca tensioni sociali altrimenti terribili».

Anche Luca De Paoli, portavoce del Forum Terzo Settore di Bologna, riconosce senza ritrosie che ci sono difficoltà a livello valoriale: “Posto che la partecipazione l’hanno persa tutti, la nostra strada è aprire il più possibile nuove relazioni affinché si recuperi da parte di tutti lo spirito originario. Certe questioni non sono un problema di soldi, ma di scelte. Nessun imbarazzo, quindi, nel tener dentro giganti come Legacoop, ma volontà di far sì che ci sia sempre più contaminazione. E’ pur vero che nelle coop più grandi qualcosa si è perso, è un problema culturale esistente. Si mantiene ben vivo, invece, in quelle più piccole, che spesso riescono a sopravvivere grazie alla tensione ideale di chi ci lavora”.

Il Forum bolognese è composto da 33 organizzazioni e dal Centro Servizi per il Volontariato (Csv).Ha un duplice obiettivo: mettere in rete, creando strategie e politiche comuni, strutture di natura diversa, ma tutte -almeno in teoria- incentrate sul benessere della persona più che sull’interesse economico; inoltre cerca di influenzare le politiche socio-sanitarie di Regione, Provincia e Comune. Riuscendoci: in Regione contribuendo alle scelte nella programmazione sociale e sanitaria, in Provincia con la creazione di un tavolo permanente di confronto, in Comune con la partecipazione ai piani di zona. Ma i rapporti con le amministrazioni pubbliche non sono sempre e solo idilliaci, anzi. Il Forum, in collaborazione con la Provincia di Bologna, ha prodotto uno studio sul ruolo e l’evoluzione del Terzo Settore nel nostro territorio, presentato il 10 ottobre scorso, in cui, tra le varie ricerche fatte, c’è anche un confronto tra il Patto per la sussidiarietà e i programmi di mandato degli stessi Comuni che l’hanno sottoscritto, per vedere se e quanto è presente la sussidiarietà. I risultati sono sorprendenti. In negativo, nel senso che il ruolo cardine svolto dal Terzo settore nel welfare locale in molti Comuni è da un lato riconosciuto sulla carta, mentre dall’altro questa consapevolezza non si accompagna ad azioni concrete che permettano un suo sviluppo.
Il non-profit emiliano romagnolo, nella sua costante espansione, che pure non esprime ancora in pieno le sue potenzialità di sviluppo, è, insomma, chiamato in causa per assolvere a mille compiti, tutti importantissimi: risolvere le criticità ideologiche già presenti nel mondo cooperativo, sostituirsi al welfare pubblico a costo zero, dare nuova linfa ai valori della partecipazione e della solidarietà in un’era in cui il dio denaro li ha stritolati, fare rete per aumentare il capitale sociale della collettività.

[© www.lastefani.it]

“Bassifondi musicali”: lunedì 17 marzo presso la Sala del Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara torna il barocco

da: TekneHub-Tecnopolo dell’Università di Ferrara

Lunedì 17 marzo 2014,
Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara C.so Martiri della Libertà, 5
Ore 17:00
Bassifondi del barocco Roma dei vizi, della miseria e degli eccessi

Progetto di ricerca sulla vita e le opere degli artisti stranieri a Roma nel Seicento

A cura di Annick Lemoine, chargée de mission pour l’histoire de l’art à l’Académie de France à
Rome, e Francesca Cappelletti, Università degli Studi di Ferrara.

Negli ultimi anni molti eventi hanno presentato in maniera articolata la Roma barocca, colta e trionfante del Seicento, erede della grandezza dell’antichità e popolata di artisti che lavoravano a restituire alla corte pontificia un fasto ancora maggiore di quello della Roma imperiale. E’ talvolta emerso, ma mai come oggetto esclusivo, un altro volto della Roma seicentesca, che questo progetto si propone per la prima volta di indagare e illuminare.
Il fulcro non sarà infatti rappresentato dalla bellezza ideale e dal virtuosismo scenografico, ma dalla Roma “dal naturale”, la Roma quotidiana e a volte volgare, quella dei vizi, della miseria e degli eccessi, all’origine di una stupefacente produzione di immagini, originale e ricca di paradosssi e di invenzioni.
Pittori molto diversi fra loro come Valentin de Boulogne e Jan Miel, Sébastien Bourdon et Leonaert Bramer, Bartolomeo Manfredi et Johann Liss o anche Claude Lorrain e Diego Velàzquez cambiano nei primi decenni del secolo, a contatto con questa “splendida e misera città”, i codici visivi e il concetto stesso di bellezza. Tutti hanno utilizzato e trasformato nel loro repertorio l’universo dei bassifondi romani, la vita notturna e i suoi pericoli, il Carnevale e le sue licenze, le taverne, gli accampamenti di mendicanti, un mondo insieme comico e poetico, triviale e violento, chiassoso e melanconico.
Contrappunto visivo della letteratura picaresca e della Commedia dell’Arte, la pittura dal naturale, così diversamente declinata, non può essere ridotta alla produzione dei Bamboccianti né essere schiacciata solo sull’importantissimo fenomeno della pittura caravaggesca.
Crediamo che debba essere inquadrata in un contesto più ampio, quello di una comunità internazionale di artisti, stabilitasi in gran parte ai piedi di Villa Medici, nei quartieri di Santa Maria del Popolo, Sant’Andrea delle Fratte e San Lorenzo in Lucina.
Per alcuni si tratta della linea principale della loro produzione; per altri, di incursioni in un ambito affascinante ma praticato più raramente; ma in ogni caso l’accostamento all’universo dei sensi e dei vizi, fra realtà e finzione, provoca invenzioni formali e iconografiche completamente nuove e moderne, in piccolo nella pittura bambocciate e dando invece luogo a grandi composizioni nell’ambito dei caravaggeschi, o entrando nel cuore stesso di paesaggi all’antica come mostrano per esempio Claude Lorrain e Cornelis Poelenburg.
Molti di questi artisti si ritrovano fra i Bentvueghels, l’associazione di nordici posta sotto la protezione di Bacco, e i suoi membri, dai soprannomi evocativi della libertà e del furore sentimentale e creativo, sono fra i più turbolenti protagonisti della vita delle taverne e dei disordini notturni e autori dei propri ritratti, spesso anche di gruppo. Le loro opere e le loro testimonianze affiorano in vari punti del percorso di questa ricerca, che alterna immagini scherzose della vita quotidiana degli artisti a soggetti volgari, a celebrazioni raffinate dei piaceri dei sensi, unendo virtuosismi tecnici, connotazioni erotiche, intenzioni satiriche e moraleggianti, in opere comunque destinate a sorprendere lo spettatore per invitarlo, in conclusione, a una meditazione metafisica sull’incostanza della fortuna e la fragilità della vita umana.

Bassifondi musicali

Concerto
Valerio Losito, direttore
Balthasar Zuñiga, Tenore
Valerio Losito, Violino e Viola d’Amore Simone Vallerotonda, Tiorba e Chitarra Spagnuola
Ludovico Minasi, Violoncello

La Viola d’Amore Ferdinando Gagliano, Napoli 1775 è gentilmente concessa in uso a Valerio Losito dalla Elsa Peretti Foundation

“Bassifondi musicali” è un progetto che si basa su di un manoscritto del diciassettesimo secolo conservato presso la Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli.
Questo volume è una grande antologia di musica barocca romana, ed accanto alla musica “colta” si trovano trascritte le melodie popolari e la musica delle strade della Città Eterna: tutti quei brani patrimonio della tradizione della gente comune. Un anonimo trascrittore ci ha tramandato le note che riecheggiavano agli angoli delle vie, tra vicoli e taverne.
A questo prezioso codice s’affiancano le canzoni popolari seicentesche romane, tramandate sino ai giorni nostri:tra queste alcune melodie che, con intelligente opera di apostolato San Filippo Neri al volgere del cinquecento seppe rivestire di testi spirituali e trasformare in Laudi per l’edificazione di quello stesso popolo che le aveva concepite.
Questo evento, la cui realizzazione scientifica è stata curata dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara con il supporto della Fondazione Ferrara Arte, è stato interamente sponsorizzato dalla Fondazione Nando Peretti che si occupa di attività filantropiche a sostegno di progetti sulla promozione dei diritti umani, l’istruzione e la protezione dell’infanzia, la ricerca scientifica medica e sanitaria, la promozione di arte e cultura, la tutela dell’ambiente.
L’ingresso, consentito fino a esaurimento posti, è completamente gratuito.

“Città e arte pubblica”: un nuovo seminario dal Laboratorio di Studi Urbani di Unife

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Città e arte pubblica. E’ questo il titolo del seminario che si terrà mercoledì 12 marzo dalle ore 14.15 alle ore 18 nell’Aula A 11 del Polo Didattico degli Adelardi, (via degli Adelardi, 33), promosso dal Laboratorio di Studi Urbani (LSU) del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara.
“L’iniziativa – spiegano Giuseppe Scandurra e Alfredo Alietti, Direttori del LSU – vuole essere un’importante occasione di riflessione sulle trasformazioni degli spazi urbani, sulle rappresentazioni artistiche direttamente inserite nelle città e sull’utilizzo degli spazi cittadini come supporto di determinate espressioni artistiche. Installazioni, performing art, graffiti, stencil, sono solo alcune delle moderne pratiche urbane artistiche usate per esprimere e rappresentare i disagi sociali causati da determinate trasformazioni urbanistiche e le pratiche di riappropriazione degli spazi stessi”.
Nel corso del seminario presenterà i suoi lavori lo Street Artist di Ferrara Andrea Amaducci.

A Unife il secondo appuntamento del ciclo di Conversazioni pubbliche su temi urbani e di paesaggio

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Secondo appuntamento mercoledì 12 marzo alle ore 14,30, nell’Aula A5 del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, (Palazzo Tassoni-Estense, via Quartieri, 8), con la nuova edizione del ciclo di Conversazioni pubbliche su temi urbani e di paesaggio, organizzato nell’ambito delle attività del Laboratorio di Sintesi Finale di Urbanistica del Dipartimento di Architettura di Unife, coordinato dal Prof. Romeo Farinella.
Relatori della seconda conferenza saranno Antonio Borgogni, pedagogista dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale (Uniclam), che parlerà di “La città attiva: aspetti culturali, infrastrutturali e politici” e Simone Digennaro, ricercatore in scienze motorie dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, che tratterà sul tema “Comprendere e spiegare: ricerca qualitativa e studio della città”.

Di seguito il calendario di tutti gli appuntamenti che si terranno sempre alle 14.30 nell’Aula A5 del Dipartimento:

• Mercoledì 19 marzo
Esiste un’antropologia urbana?
Giuseppe Scandurra, antropologo dell’Università di Ferrara

• Mercoledì 26 marzo
Arte del giardino urbano e luoghi comuni. Temi e strumenti del progetto contemporaneo di spazio aperto
Anna Lambertini, architetto e paesaggista AIAPP studio Limes di Firenze

• Mercoledì 2 aprile
Politiche della casa in Italia. Riflessioni e proposte
Diego Carrara, economista e direttore ACER Ferrara

• Mercoledì 16 aprile
Architecture et forme urbaine de la ville chinoise
Liang Zhang, Architetto, artista, Centro LAA/LAVUE-CNRS/UMR di Parigi

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Tra finzione e verità “Il caso Arpur”, storia di un italiano sfigurato nel lager nazista

di Tommaso La Rocca

Ancora una storia di un deportato e di un sopravvissuto ai lager nazisti. Ma quella raccontata nel libro di Andrea Carli Il caso Arpur, appena ripubblicato (gennaio 2014) in coincidenza del cinquantesimo anniversario della sua prima edizione, è significativamente diversa. Non si tratta di un deportato ebreo nei campi di concentramento tedeschi, destinato alle camere a gas e ai forni crematori. Michele Arpur, il protagonista, è invece un soldato italiano, fatto prigioniero di guerra all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, internato nello speciale lager di Hohenstein, dove fu sottoposto a un raffinato sadico esperimento di sfigurazione fisica e psichica inedito o per lo meno poco conosciuto, se non addirittura assente nella letteratura postbellica.
Sotto l’autoritratto a colori del pittore Andrea Carli, riprodotto nella copertina del suo libro, si intravvede il ritratto in bianco e nero del viso sfigurato del protagonista della storia raccontata nelle sue pagine. Tutto fa ritenere che l’autore dell’immagine e del libro, Andrea Carli, e il protagonista della storia narrata, Michele Arpur, siano la medesima persona. Ciò che Andrea scrive di Michele non può non averlo vissuto lui stesso. E ciò che Michele vive e soffre può raccontarlo e scriverlo solo uno che ha vissuto e sofferto le medesime brutali sevizie.
Tuttavia l’autore non ci aiuta mai sino alla fine a segnare con esattezza i confini della realtà storica da quella del racconto romanzato. E noi non riusciamo a comprendere quanto sia finzione letteraria e cosa resta della nuda verità storica vissuta. Io mi sono lasciato trasportare da una lettura e da una interpretazione libere. Come lettore e recensore del libro, nella mia interpretazione, forse mi sono spinto oltre la realtà ed ho “trasfigurato” oltre il limite l’immagine del protagonista del libro. Per riportarla alla sua reale dimensione, ritengo giusto riportare qui la precisazione che mi ha fornito, dopo la lettura in anteprima della mia recensione, il dottor Pierluigi Lisco, marito di Rossella Carli nipote di Andrea: “Devo precisare che lo Zio Andrea Carli è stato un internato militare nel campo di Hohenstein subendo fame, freddo, umiliazioni e riportando anche una frattura con amputazione di parte di falange della mano destra per un incidente occorso durante i lavori forzati, ma l’esperimento nazista non ha riguardato la sua persona, anche se è tornato a casa pesando 40 chili per un’altezza di un metro e 72. Non sapremo mai se quell’esperimento nazista sia esistito realmente su qualche deportato o sia solo una metafora del romanzo. Sicuramente Carli-Arpur-Anselmi metaforicamente sono la stessa persona.”

Quando inizi a leggere “Il caso Arpur” non riesci a smettere. La storia ti avvince e rapisce, la scrittura ti afferra e ti sequestra fino a quando non sei arrivato fino in fondo. Al termine, rimani senza fiato, senza parole, con una folla di emozioni e reazioni che non riesci a diluire per giorni e giorni. Vorresti che fosse solo letteratura, romanzo, invece è storia, la cui insensatezza è tale e talmente incomprensibile da farti dubitare della verità della vicenda narrata. Ti rimane una tristezza infinita e una rabbia inestinguibile. Inaccettabile e insopportabile soffrire per sevizie crudeli e per un’ingiustizia totalmente gratuite!
A Michele Arpur i nazisti sfigurarono il volto, mutandone la fisionomia, e menomarono il fisico con un inimmaginabile diabolico sadismo, rendendolo claudicante. Alterando in questo modo i tratti fisici, pensavano di riuscire a mutarne anche la personalità, producendone la irriconoscibilità e la cancellazione della memoria di se stesso a se stesso e successivamente alle persone conosciute in precedenza, ma soprattutto innestando in questo modo nella sua psiche processi che avrebbero dovuto potare alla perdita della propria identità e alla pazzia. Piano, sebbene solo in parte, tragicamente riuscito.
Al rientro dalla prigionia (1948) non fu, infatti, riconosciuto da nessuno. Per la moglie, la madre e gli amici era impossibile o per lo meno molto difficile riconoscere Andrea sotto la sua nuova maschera facciale, nella sua curva e claudicante andatura prodottagli appositamente dall’accorciamento di alcuni centimetri del femore, e nemmeno più nella sua grafia, anch’essa risultata irrimediabilmente alterata in seguito alla singolare operazione di irrigidimento dell’indice e del dito medio. Ciò che i nazisti non riuscirono a eliminare, modificare e piegare furono la sua singolare intelligenza, che traspariva dalle pagine del suo diario, e la sua irriducibile dignità personale. Il raffinato e diabolico piano di manipolazione dei nazisti non la ebbe vinta sino in fondo. Andrea, alias Michele, non si arrese neanche di fronte alla condanna alla pazzia comminatagli dai medici dell’ospedale psichiatrico di Treviso. La sua dignità non venne meno neanche davanti al rifiuto di riconoscimento dei propri cari e degli altri. Essi, salvo eccezioni, credendolo con certezza morto, lo sospettarono addirittura di gioco ingannevole e di pazzia.
La sfida più grande per Andrea era salvare la propria integrità mentale e la propria identità. Fu spesso sul limite di perdere l’una e l’altra, come quando, nella piazzetta vicino casa a Venezia, avvertì quella stranezza di non essere nessuno o quando, come al tempo della visita al cimitero di Fullen, gli parve di sentirsi pirandellianamente se stesso e un altro di se stesso.
Questa multipla e frammentaria identità di se stesso, sembra in un preciso momento definitivamente ricomporsi. Accadde quando, attraversando come al solito la piazzetta della chiesa della Salute, inaspettatamente si sentì chiamare per nome, Arpur. Egli istintivamente si voltò, e si trovò di fronte Anselmi che aveva sempre sospettato che dietro quella mutata andatura curva e claudicante e sotto quella mutata fisionomia si nascondesse il suo vecchio amico di università, Arpur. Al gesto di risposta di Andrea, Anselmi non ebbe più dubbi: “se voi non siete Michele Arpur, perché vi siete voltato?”. Fuori della finzione letteraria, quell’Anselmi è l’altro di se stesso di Andrea. Quell’incontro e quel riconoscimento non sono altro che il riconoscimento di Andrea di se stesso e l’incontro con se stesso. E’ il momento cruciale in cui Andrea si riconosce e si riprende la propria identità. L’insonne ricerca di se stesso, della propria identità, alla fine pare approdare alla verità di se stesso.

L’impegno culturale e le opere letterarie e pittoriche prodotte dopo la liberazione dalla prigionia di guerra, fino al 1990, anno della sua morte, appaiono tutti momenti e vie di ricerca di questa identità e della verità di se stesso. La produzione letteraria e artistica è la prova dell’avvenuto pieno autoriconoscimento di Andrea, del ritrovamento della propria identità e, al tempo stesso, della consapevolezza della singolarità delle propria storia e della volontà di lasciarne le tracce. Quest’ultima dovette imporglisi certamente come una sorta di imperativo etico, se si considera che Andrea come confermano le sue nipoti, Isabella e Rossella, presso la cui famiglia egli visse per trent’anni, era molto riservato e schivo a parlare di se stesso.
Si potrebbe quasi dire che attraverso la scrittura e la pittura, il volto di Michele Arpur, sfigurato fisicamente nel Lager nazista, alla fine riappare spiritualmente trasfigurato in quello di Andrea Carli scrittore, poeta, artista. La trasfigurazione non si risolve in metamorfosi, perché non riesce a modificare, cancellare o nascondere, come in una nuova operazione estetica, i segni cicatrizzati della sofferenza sul volto sfigurato di Michele. Rivela ed evidenzia invece i segni originari ineliminabili della personalità, dell’intelligenza, del talento artistico e, soprattutto, del senso della propria dignità di Andrea. L’ispirazione del poeta, la penna dello scrittore e il pennello del pittore l’hanno avuta vinta, almeno in parte, sul diabolico bisturi del sadico medico nazista. Andrea voleva forse dire proprio questo quando in un passaggio del suo racconto annota che i nazisti, nonostante tutti i tentativi di distruggerne la fisionomia e l’identità, “dentro non erano ancora riusciti a modificarlo”.

Non so quanti casi Arpur ci siano stati durante il periodo nazista. Dalle pagine del libro non si evince neanche se ci fosse un piano di sperimentazione nazista sistematicamente e rigidamente organizzato. Agli studiosi il compito di accertarlo.
Sono convinto però che quella di Andrea Carli non è e non può essere ritenuta una vicenda soltanto individuale. Il Caso Arpur, al di là della sua singolarità, potrebbe essere assunta a rappresentazione della storia delle generazioni che hanno vissuto, in vario modo, quel tempo di guerra, prigionia e crudeltà scatenate dal nazismo. Uscite provate nelle loro identità psichiche, culturali e sociali, hanno poi fatto fatica a recuperarle.
Il libro di Andrea Carli lascia spazio, poi, a sospettare anche di disegni razzisti ancora più inquietanti di quello dell’Olocausto: ristabilire la purezza della razza ariana eliminando, dopo gli ebrei, a mano a mano, anche gli altri soggetti “impuri” attraverso sistemi di alterazione e menomazione fisica e psicologica, come quello sperimentato col “caso Arpur”, in cui Andrea si è trovato tragicamente a fungere da cavia.
Le tracce che egli ha voluto lasciare nel suo libro appaiono allora anche un messaggio a non abbassare la guardia contro le rinnovate forme razziste di negazione e di manipolazione radicale degli altri. Al tempo stesso, il libro di Andrea Carli è un’ulteriore testimonianza storica indiscutibile contro tutti i tentativi di negazionismo ricorrenti dell’Olocausto e delle pratiche di crudeltà inumane del nazismo.

Andrea Carli, Il caso Arpur, Tresogni,2014

Grande pubblico per il primo Omaggio al Duca

da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

Ferrara, 9 marzo
Un folto pubblico ha preso parte stamattina al primo degli otto Omaggi al Duca che le Contrade del Palio di Ferrara e la Corte ducale proporranno ai turisti e ai ferraresi nel corso della primavera.
Nella suggestiva scenografia del cortile del Castello Estense la Contrada di Santa Maria in Vado ha reso omaggio non al “tradizionale” duca, ma alla principessa Lucrezia Borgia, protagonista dell’edizione del Carnevale Rinascimentale conclusasi appena una settimana fa.
Ripercorrendo un passo di cronaca descritto dallo storico Bernardino Zambotti, i figuranti del rione gialloviola – assistiti dai personaggi della Corte Ducale – insceneranno il rito di commiato di alcuni ambasciatori stranieri, avvenuto al cospetto di Lucrezia e Alfonso d’Este il 9 febbraio 1502 (primo giorno di Quaresima), sette giorni dopo il trionfale ingresso a Ferrara della figlia di papa Alessandro VI, novella sposa. I dialoghi tra il vecchio Pellegrino Prisciani e il giovane Celio Calcagnini, e le danze che coinvolgeranno l’oratore francese, la duchessa d’Urbino e le dame di Lucrezia, animeranno ulteriormente la cerimonia di congedo, che vedrà impegnati anche una delegazione dei “Barberi di Fusignano”, associazione folcloristica costituitasi nei primi mesi del 2013 con lo scopo di preservare e valorizzare le tradizioni storiche della cittadina romagnola.
Danze, evoluzioni di bandiere e brano recitativi hanno quindi allietato questa mattinata di sole marzolino. Buona l’affluenza alla Visita Guidata Speciale a pagamento in Castello organizzata da Itinerando, animata dai figuranti del Palio: hanno aderito alla proposta 34 turisti provenienti da Piemonte, Veneto, Toscana e da Bologna.
Prossimo appuntamento con l’Omaggio al Duca 2014 – Castello Estense ore 11.30 sarà domenica 23 marzo con Borgo San Giorgio.

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“Vite”, un luogo che sorride e aiuta a vivere meglio

Riusciremo ad “abitare poeticamente la terra?”, si chiedeva Karel Kosík, filosofo della Primavera di Praga. Spesso sentiamo il desiderio di riappropriarci della dimensione umana e di volerci un po’ più di bene, ma generalmente predomina in noi la paura che la sorte dell’uomo sia tutta segnata dalla devastazione del mondo.

Ci sono dei luoghi però che potrebbero aiutare l’uomo a vivere meglio. Luoghi come l’agriturismo di San Patrignano “Vite” che si trova a Cerasolo sopra Rimini, e di cui vi voglio raccontare. Immersi nel verde, in un’oasi di pace, i ragazzi coltivano, producono e vendono prodotti biologici, primo fra tutti il vino (Aulente, Monte Pirolo, eccetera), ma anche farine di kamut, di segale impastate con lievito madre, formaggi fatti col latte munto in caseificio e stagionati in grotta, e carni (chianina, maiale brinato…). Le parole d’ordine sono biologico, no Ogm, presidio Slow food e chilometro zero. Il ristorante è una struttura moderna è molto accogliente. Quello però che mi preme riportare è l’ospitalità che ho trovato, e il sorriso (naturalmente biologico). Il sorriso, questo semplice gesto sempre più raro tra gli androidi impersonali che troviamo in fila alle poste o al supermercato. Il sorriso è stato il primo ingrediente che ho mangiato.

La struttura è gestita dalla comunità di San Patrignano e “Vite” significa le loro. “Vite, come la pianta che riveste le colline di San Patrignano. Vite, come le vite che rappresentano il centro della proposta educativa della comunità. Vite, che una volta erano emarginate e che qui ritrovano entusiasmo, passione e volontà di cambiare”. Hanno trovato il coraggio di ricominciare a crescere e progettare il loro futuro come cuochi, pasticceri e maître di sala, partendo dal sorriso.

Solo in un altro posto ho trovato gli stessi sorrisi, alla Città del Ragazzo di viale don Calabria. Tutti i ferraresi sanno dov’è, ma pochi conoscono la ricchezza che la abita. E’ una comunità educativa, un insieme di valori e di persone che cercano la seconda chance, aiutati dall’impegno e dalla professionalità di tutti coloro che vi operano fin dal 1973. La fede eventualmente è un utile optional.

Personalmente trovo rincuorante trovare il sorriso in questi luoghi. E sarebbe bello che in questo giornale venissero riportati spesso, magari aprendo una specifica rubrica, esempi come quelli descritti, che ci aiutino a vivere meglio. Sorridendo.

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Aggregatori di informazione, dal web la notizia su misura

Tutto diventa personale: i menù, i gadget, i vestitini e i ciucci per neonati. Di personalizzazione dei prodotti si parla già da qualche decennio. Internet ha offerto a questa tendenza di lungo periodo un supporto decisivo: basta inviare nome e foto e tutto diventa immediatamente esclusivo.
Persino le notizie diventeranno su misura. Sommersi da flussi inarrestabili di informazione che produce crescente rumore e ansia, sentiamo il bisogno di selezionare le notizie in relazione ai nostri personali interessi. Possiamo decidere le notizie che vogliamo ricevere con le app che fungono da aggregatori di notizie. L’ultima app, lanciata da Zuckenberg si chiama Paper, un’applicazione mobile per costruire un giornale digitale, che integra le notizie dei grandi media con quelle social.
L’idea delle notizie personalizzate è stata introdotta nel 2010 da Flipboard, l’app in testa alle classifiche per la lettura delle news che possono essere condivise su 12 social network. Oggi ha 85 milioni di utenti in tutto il mondo, ogni mese sono consultate 7 miliardi di pagine di notizie provenienti dai principali media del pianeta. A fine gennaio è entrata in campo Aol, un gruppo mediatico che controlla grandi siti di informazione, come l’Huffington Post. Per proporre notizie su misura, Aol ha comperato Gravity, che ha sviluppato l’Interest Graph: un algoritmo che traccia in tempo reale gli interessi degli utenti in base alle navigazioni.
Tutto ciò ridefinisce il modo in cui gli utenti accedono all’informazione e offre ulteriori canali di penetrazione commerciale. La personalizzazione rende più facile l’inserimento di pubblicità mirata nel flusso delle notizie, soprattutto per raggiungere il pubblico di giovanissimi ormai sempre connessi tramite dispositivi mobili.
Le tecnologie intercettano e fanno emergere tendenze sociali: non abbiamo più interesse per le notizie che qualcuno confeziona per noi e vogliamo ricevere solo le notizie che siamo interessati a commentare. Ricerchiamo vie per essere protagonismi, abbiamo perso fiducia nelle fonti ufficiali, mettiamo al centro delle nostre conversazioni le nostre personali passioni e vogliamo riconoscerci all’interno di particolari gruppi. Così tentiamo di ricomporre la dicotomia tra osservatori e osservati, tra fatti pubblici e giudizi personali, tra informazione e comunicazione, tra fatti e interpretazioni. Notizie personali proposte in pubblico e notizie pubbliche personalizzate; una contraddizione solo apparente che sta ad indicare come la posta in gioco sia sempre la stessa: l’identità.
È possibile un ecosistema di reti in cui vivranno specializzazioni in grado di rispondere a domanda e target diversi: in crescita social come Instagram che permettono di trasmettere attraverso scatti fotografici, emozioni istantanee e Foursquare che consente di fare incontrare fisicamente le persone, confermando l’intreccio della rete con il mondo reale. Del resto, le connessioni sono ormai mobili, come lo è la nostra vita. In Italia dei 26 milioni di persone che accedono almeno una volta al mese a Fb, 16 lo fanno da mobile.
Due altre tendenze vanno emergendo. La prima è la tendenza all’integrazione dei social: il 42% di coloro che usano Fb adotta più social. La seconda è la ricerca di conversazioni, almeno in parte, private, come indica l’impetuosa crescita di servizi come WhatsApp.


Maura Franchi è laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

maura.franchi@unipr.it

GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

“Che l’Amore è tutto / è tutto ciò che sappiamo dell’Amore” (Emily Dickinson)

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la foto
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Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città e i suoi abitanti.

Quattromilaseicento tifosi hanno applaudito la Spal seconda in classifica e celebrato nel modo migliore i 40 anni della Curva Ovest (foto di Stefania Andreotti) – clicca sull’immagine per ingrandirla

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Record di spettatori alla Spal: 4600 tifosi al Mazza, non succedeva da 5 anni (foto di Stefania Andreotti)