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Giorno: 13 Luglio 2014

vescovo Negri

“No agli assolutismi”, in risposta all’arcivescovo Negri

da: Massimiliano De Giovanni, Presidente Arcigay Ferrara

Sono Massimiliano De Giovanni, Presidente di Arcigay Ferrara. Con la presente intendo replicare alle parole dell’arcivescovo Negri apparse oggi sulla stampa ferrarese.

Non sono stupito dalle parole dell’arcivescovo Negri, perché sta impartendo – come è tenuto a fare – un insegnamento conforme alla dottrina della Chiesa in materia di omosessualità.
Tuttavia non vi sono e non possono esservi diritti scaturenti dalla tutela del sentimento religioso individuale non assimilabili a quelli altrimenti tutelati nell’ambito di una società che assicura il massimo delle libertà possibili.
Come l’arcivescovo di Ferrara sottolinea, non dovrebbe essere consentito a nessuno di assumere il compito di discriminare tra forme culturali, sociali e religiose. Tantomeno alla Chiesa.

Credo da sempre nelle libertà individuali, a cominciare da quella del bisogno e del pensiero, e non posso che rispettare anche la libertà religiosa individuale.
In Italia, però, troppe persone si nascondono dietro una croce per non ammettere di essere profondamente e ciecamente intolleranti, perché è proprio la più vile sottocultura omofobica a essere propagandata con sicumera dall’integralismo cattolico.
Se lo Stato lascia la Chiesa libera di dissentire dai cambiamenti sociali e scientifici, altrettanto la Chiesa dovrebbe impedire che una credenza, una fede, un principio di coscienza divenga legge di Stato, per lo più laico.
Un precetto non può e non deve essere un imperativo politico.

Non ho mai considerato la religione cattolica la mia cultura. La religione può essere uno dei tratti caratterizzanti di una cultura, ma in nessun modo può costituire la cultura stessa in termini assolutistici.
Alla Chiesa è già concesso di imporre i crocifissi nelle scuole, di attuare campagne di disinformazione sull’uso del preservativo, di barattare voti in cambio di leggi proibizioniste sul fine vita e sulla procreazione medicalmente assistita, di avere rappresentanti in Parlamento che equiparano provocatoriamente gay e pedofili, considerando un bacio omosessuale alla stregua dell’urina fatta per strada.
Non accetteremo nuove ingerenze e strumentalizzazioni, né ulteriori bavagli, perché la strategia di delegittimazione delle istanze per i diritti civili dei gay da parte degli integralisti religiosi è oggi più che mai intollerabile.
Lo striscione “Ferrara condanna l’omofobia e la transfobia” non lede nessuna libertà individuale. Semmai manifesta il legittimo pensiero delle istituzioni ferraresi, racchiudendo un semplice e sacrosanto principio di inclusività e rispetto.
D’altra parte, lo stesso annuncio cristiano è un messaggio di liberazione che dovrebbe riguardare le creature di Dio, a prescindere dalla razza, dal genere, dalla condizione o dall’orientamento sessuale.

È per questo che chiediamo alla Chiesa di non supportare la criminalizzazione degli omosessuali in Italia: un Dio amorevole non condanna due persone che si amano solo perché appartenenti allo stesso sesso per nascita.
Negri non disattenda dunque il suo mandato e si occupi piuttosto di curare le anime dei propri fedeli, senza dimenticare che le vittime delle dittature del XX secolo – come di ogni altra dittatura del resto, laica o religiosa – sono stati spesso proprio i gay.

Cordiali saluti,

Massimiliano De Giovanni
Presidente Arcigay Ferrara

Nella notte dense colonne di fumo dal petrolchimico

A distanza sembrava un incendio scoppiato in città, con un’immensa coltre di fumo che incombeva sull’abitato. A rendere più credibile e inquietante la scena, il passaggio verso mezzanotte, di un’ambulanza e di un altro mezzo di soccorso a sirene spiegate. Poi man mano che ci si avvicinava al presunto luogo dell’incidente, la coltre grigiastra appariva progressivamente sempre un po’ più in là, lasciando intendere la sua reale origine: l’area del petrolchimico. Ed era proprio da lì che, nella notte fra sabato e domenica, alcune bocche di fumo degli impianti esalavano dense e copiose misteriose emissioni: una più evidente che rischiarava il cielo notturno di Ferrara e altre due più contenute.

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La densa colonna di fumo che nella notte si eleva sul petrolchimico di Ferrara (foto ferraraitalia)

Lo ‘spettacolo’ è stato evidente a tutti gli automobilisti in transito nella zona, ma più in generale a tutti i ferraresi che hanno alzato lo sguardo verso il cielo. Nessuna segnalazione di pericolo, però, è stata fatta dalle autorità di controllo. Come sempre in questi casi si spiegherà che si trattava di vapori acquei. E così speriamo che fosse. L’immagine però era dantesca e inquietante.

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L’intensità delle esalazioni ha destato curiosità e anche un po’ di preoccupazione (foto ferraraitalia)

Il rovescio dell’amore

È lunga e lucidissima la lista dei motivi per cui l’amore non le manca. Va bene ripassarsela ogni tanto, specie quando si inciampa ancora per errore di sopravvalutazione. Viola, la protagonista di Che ci importa del mondo (Rizzoli, 2014) di Selvaggia Lucarelli è un personaggio televisivo sopra le righe, ha un figlio di otto anni, Orlando, molto saggio e un gruppo di amiche, di quelle che sai che ci sono.
Viola non sa cucinare, eppure le ricette per essere infelice le ha sperimentate tutte, conosce i meccanismi dell’inganno e dell’autoinganno, della lusinga e della trappola che finisce per tendersi da sola. Un ex marito con cui continua a litigare, una schiera di uomini che non smettono di deludere e un ex fidanzato che, in quanto ex, rappresenta il retrogusto con cui ci si accinge ad assaporare ogni nuova cosa. E a misurarla con il metro delle cose piccole piccole a cui l’altro ci aveva abituato, anzi costretto, con il cannocchiale rovesciato che ti fa scambiare le briciole per un pasto dignitoso. Ma sempre briciole saranno. È l’illusione “dell’incastro perfetto” che non è altro che abbaglio in un vuoto in cui a riempire sei solo tu, finché, un giorno, il tempo, la volontà o magari un nuovo amore disperderanno del tutto quelle briciole e la loro amara inconsistenza.
“La mia vita è sempre stata un cubo di Rubrik: quando finisco una faccia con tutti i quadratini dello stesso colore, scombino ancora di più le altre facce e devo ricominciare tutto daccapo”. Viola non si stanca di tentare sempre un nuovo inizio, di confondersi tra i mille pezzi sparsi delle sue contraddizioni che a volte si ricompongono e a volte no, ma sempre approdano da qualche parte, verso qualche consapevolezza di sé. Viola comprende che si può cambiare, evolvere proprio grazie a quelli che non cambiano mai e che non siamo riusciti a cambiare, a smuovere, nemmeno con il nostro troppo amore.
Quando ancora Viola stila la lista degli ottimi motivi per cui l’amore non le deve mancare (perché l’amore “ha un’insopportabile faccia tosta, (…) perché l’amore ha le sue ragioni che la ragione dovrebbe portare in tribunale ai fini di processarle, una a una, per crimini contro l’umanità sensibile, (…) perché c’è una crudeltà, nell’amore, che non c’è in nessun altro sentimento”), sa bene che invece le manca e ciò che desidera è “un uomo col cuore sgombro e le braccia spalancate”.
Quest’uomo arriverà nella vita di Viola sorprendendola come capita quando si è distratti dal peggio e non si pensa che il meglio debba ancora venire.