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Giorno: 7 Dicembre 2014

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SETTIMO GIORNO
Politica alla frutta, case sfitte e senzatetto: c’è qualcosa che non va

D’accordo, sono collerico, intransigente, estremista, pessimista, o, come dicevano alcuni compagni (quando esistevano ancora) “catastrofista e avventurista”. Ero, insomma, un rivoluzionario inaccettabile all’interno dei partiti moderati e borghesi del nostro Paese, nessuno escluso. Ricordo un congresso del Pci a Roma quando era cominciata la lunga marcia dei miglioristi impegnati a togliere di mezzo i massimalisti-settari-giacobini e rivedo, là nella platea del teatro che ospitava l’assemblea, rivedo Umberto Terracini, vecchio amico con il quale avevamo fatto alcuni importati processi, l’ultimo quello della risiera di San Sabba a Trieste, era là il povero Umberto, nessuno era al suo fianco, né dietro né davanti in una sala gremita a dimostrare la solitudine di chi è capace di pensare: gli andai vicino e lo abbracciai. Come va, Umberto, gli chiesi e lui girò la testa di fianco a sinistra e poi a destra e rispose, ecco, vedi come sto, mi hanno lasciato solo i compagni: Umberto era l’uomo che aveva scritto la nostra Costituzione, la più liberale, aperta e moderna al mondo.
Fatto questo doveroso autodafè, oggi posso aggiungere che purtroppo avevo ragione e, sinceramente, essere cassandre è un mestiere non molto gratificante. Ma tant’è, proviamo a fare questo compitino settimanale senza piangersi troppo addosso.
LA FRUTTA – Siamo alla frutta, forse al caffè, l’Italia è in ginocchio, ma non ci sono le forze per rimetterlo in piedi, il nostro è un paese affondato nelle deiezioni di schiere di disonesti, tutti d’accordo nel derubare e derubarsi a vicenda e non si creda che sia possibile circoscrivere la cacca a Roma, purtroppo il guano è dovunque, anche nelle nostre virtuose province. Il famoso modello emiliano-romagnolo? Pfui! Finito, anche qui la poltrona è il simbolo e la meta di ragazzotti a cui la politica serve per fare una misera ieri dal giornalaio una signora mia amica, basta – ha detto – bisogna dare in mano il paese a un solo uomo, abbiamo già avuto Mussolini, ho risposto,, è lo stesso, ha ribadito. Ecco il fascismo che è avanzato prepotente, ho pensato, ma non si può più fare una sola marcia su Roma, troppe marce in tutte le direzioni. Ci vorrebbe una vera rivoluzione, ma chi la fa? La Lega? Ma va. La faranno gli ex sindaci, bocciati come amministratori ma promossi, chissà in base a che cosa, a sagaci managers.
LE ABITAZIONI – Nelle nostre città ci sono centinaia di migliaia di abitazioni vuote, molte mai occupate e centinaia di migliaia invendute, eppure strilliamo che bisogna riprendere a costruire per dare fiato al mercato immobiliare. I senzatetto? Ci penseranno la cariche della polizia ad allontanarli. Mi pare che ci sia qualcosa che non funziona.
LA EKPHRASI – Estrapolo la parola da un veloce depliant trovato al bar come invito turistico per la grande mostra sul Bastianino che si apre ai Diamanti. Ora tutti sanno che cosa significa “ekpfrasi”, parola coniata negli anni Trenta dal grande studioso d’arte Roberto Longhi, è un vocabolo entrato prepotentemente anche nel nostro lessico, familiare e popolare, la signora Giuseppina l’ha sempre sulle labbra, anche quando si rivolge al nipotino “ciò, Radames vam a tor un’ekphrasi.” E quanta ne debbo prendere, nonna?, “mezz chilo, va là”. Ma è il simpatico depliantino a spiegarci l’arcano: “i lampi sono quelli che agitano una scena creativa post rinascimentale e controriforiformata che si è infoscata”. Finalmente chiaro. Speriamo che il turista non s’incavoli.

Domani 8 dicembre apre la pista di ghiaccio

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

I gestori della pista di ghiaccio allestita nell’arena di Palazzo Bellini, nonostante le difficoltà riscontrate per le temperature al di sopra della media stagionale, hanno appena comunicato che la pista di ghiaccio allestita nell’arena di Palazzo Bellini sarà inaugurata domani, lunedì 8 dicembre 2014 alle ore 17.

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IL FATTO
Parentesi Brevi
e storie Semplici

Era già tutto previsto. Il feeling fra la Spal e il suo allenatore Oscar Brevi non è mai scattato. Incomprensioni e tensioni sono iniziate già dall’estate e si sono trascinate durante i cinque mesi di permanenza a Ferrara del mister milanese. Un carattere chiuso, schivo, poco incline alla socialità, un atteggiamento apparentemente distaccato la domenica quando dalla panca osserva la squadra senza mai concedere alla platea la sensazione di trascinare i giocatori con i suoi moniti o le sue indicazioni, una scarsa attitudine alle relazioni pubbliche: tutto questo ha impedito che fra il tecnico e l’ambiente spallino scoccasse la scintilla. C’è stato un momento di euforia quando la Spal – apparentemente archiviate le iniziali difficoltà – ha inanellato una significativa serie di risultati utili, sino a issarsi al vertice della graduatoria. Ma nell’ultimo mese e mezzo la squadra è andata a precipizio sino a farsi risucchiare dalle ultime. Così come da tanti pronosticato e da molti auspicato Brevi è stato esonerato: come usualmente avviene è l’allenatore a pagare il conto per tutti.

Oscar Brevi è da poche ore un ex, una figurina della Spal che arricchisce le troppe pagine amare degli anni Duemila. Nel secolo nuovo la Spal non ha ancora vinto nulla: ha ottenuto una promozione per ripescaggio in C1 nel 2008, è poi precipitata in serie D causa la mancata iscrizione del 2012, si è ritrovata in Seconda divisione (ex C2) lo scorso anno grazie alla fusione con la Giacomense e ha conservato a giugno la permanenza nella Lega Pro unica con un faticato ottavo posto, l’ultimo utile per non risprofondare fra i dilettanti. Ora, come a ogni cambio di timoniere, si aprirà un nuova ciclo e con esso rifiorirà la speranza. Speriamo si accompagni finalmente a orizzonti di gloria.

Il brano intonato: Riccardo Cocciante, Era già tutto previsto

AGGIORNAMENTO DELLE 19
E’ Leonardo Semplici, 47 anni, già tecnico di Figline Valdarno e Fiorentina Primavera, il nuovo allenatore della Spal

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IL FATTO
Un ‘think tank’. E il ritorno di tribuna politica con Soffritti, Sateriale e Tagliani

Nel mondo anglosassone esistono ormai da più di 100 anni, ma l’espressione è stata coniata negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale per denominare le sezioni speciali del Dipartimento della Difesa formate da scienziati, ufficiali ed esperti allo scopo di ragionare sull’andamento del conflitto e sulle prospettive di lungo periodo: da qui il gioco di parole ‘think’ (pensiero) ‘tank’(serbatoio ma anche carro armato). Nel panorama politico americano questi organismi assicurano dati, informazioni, consigli e previsioni ai decisori pubblici, analizzano la situazione, ma rimangono un passo indietro rispetto allo scontro politico quotidiano, ragionano in termini di strategie, scenari e produzione di ricerca e idee. Ma se i think tank statunitensi hanno la funzione di centri di ricerca, dibattito e riflessione sulle politiche pubbliche, economiche, industriali, in Italia – dove sono una realtà relativamente recente – sembra essersi oramai affermato il modello del think tank personale: una sorta di nuovo consigliere del Principe, da ItalianiEuropei a FareFuturo, da Folder di Antonio Di Pietro a Mezzogiorno Europa, nato per volontà dell’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
“Pluralismo e dissenso”, il think tank ferrarese presentato in conferenza stampa dallo storico esponente dei Radicali cittadini Mario Zamorani e dal giovane Paolo Niccolò Giubelli, si rifà a modelli del calibro dell’Istituto Bruno Leoni e sembra perciò voler tornare al modello anglosassone: uno strumento informale di elaborazione e discussione, un gruppo di persone che vogliono approfondire temi e proporre soluzioni, essere di stimolo agli amministratori cittadini sulle politiche locali, “creare un’agenda politica”, come ha affermato Zamorani. Il nome nasce dalla volontà di creare uno spazio politicamente trasversale in cui poter parlare “in maniera pluralistica” e in cui dare voce al dissenso “poco accettato nelle formazioni politiche odierne”. Per ora ci sono un sito internet (pluralismoedissenso.altervista.org) e un gruppo di circa dodici aderenti, fra i quali: Sergio Caselli, Ilaria Baraldi, Leonardo Fiorentini, Romeo Savini, Corrado Padovani, Giorgio Rambaldi e Pasquale Longobucco. Inoltre ci sono già in cantiere le prime iniziative pubbliche, a partire da un ciclo di incontri come “tentativo di lettura degli ultimi 31 anni di storia ferrarese”, continua Zamorani, 31 come la somma degli anni di governo dei tre sindaci invitati: i 16 anni di Roberto Soffritti, i 10 di Gaetano Sateriale e i 5 del primo mandato di Tiziano Tagliani. La modalità scelta è quella delle “prime tribune politiche televisive in bianco e nero” con il politico sottoposto al “fuoco di fila” di diversi giornalisti, in questo caso dei principali quotidiani locali, le cui domande non saranno su un tema specifico predefinito, ma avranno lo scopo di far emergere “gli elementi caratterizzanti positivi e negativi” di ciascuna amministrazione e, alla fine, “come è cambiata Ferrara in questi anni”. Il primo a sottoporsi a questo fuoco incrociato, il 12 dicembre alle 17 nella Sala dell’Arengo in Municipio, sarà Roberto Soffritti, in gennaio toccherà poi a Sateriale, infine dovrebbe rispondere Tagliani, che però non ha ancora dato conferme ufficiali. Tutti gli incontri saranno aperti al pubblico, verranno ripresi e poi resi disponibili sul sito del think tank.

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La precaria arte dell’equilibrio

L’avvocato Guido Guerrieri, quello autoironico e brillante dei romanzi precedenti di Gianrico Carofiglio e protagonista de “La regola dell’equilibrio” (Einaudi, 2014), si è incupito. Potrebbe essere malato, per un giorno crede di esserlo, e quel giorno cambierà tutti quelli che verranno dopo perchè non si può riportare indietro la lancetta, fosse anche solo di ventiquattr’ore. Fragilità e precarietà, pensieri per quello che e per quello che non, se le analisi non fossero state sbagliate.
Ci sono momenti in cui Guido fatica a mettere ordine dentro di sè, gli si ripropone il passato fatto di luoghi non più suoi e ora abitati da altri, un senso di estaraneità lo manda lontano, lontano anche da Sara, la sua ex moglie che è diventata moglie di qualcun altro. Eppure si erano amati, avevano riso assieme, anche sofferto, com’è possibile che il tempo annichilisca i legami che ci erano sembrati solidi e veri quando li stavamo vivendo.
Guido accetta di difendere un giudice accusato di corruzione, non è facile trovare equilibrio fra etica, deontologia e ricerca della verità. L’equilibrata interpretazione dei fatti che Guido crede di avere seguito, salta e saltano molti altri meccanismi in equilibrio fino a quel momento. La realtà non si adatta più a quell’immagine di se stesso, non c’è corrispondenza, la realtà che Guido scopre è insopportabile, troppo pesante. La regola dell’equilibrio morale “consiste nel non mentire a noi stessi sul significato e sulle ragioni di quello che facciamo e di quello che non facciamo. Consiste nel non cercare giustificazioni, nel non manipolare il racconto che facciamo di noi a noi stessi e agli altri”. Tutto questo Guido lo sa quando si trova davanti a una scelta professionale e morale difficile, un dilemma acuto, ha bisogno, allora, di rifugiarsi nelle sue nicchie, la libreria notturna “Osteria del caffellatte” e il sacco da boxe con cui il dialogo è più che altro un cazzotto verso se stesso. Il tempo, come Guido arriva a capire, non è la conta lineare dei giorni, ma sono alcuni fatti che accadono e ci permettono di quantificarlo dandogli un significato, questa è la vera unità di misura, la vera conta che ti fa vedere quello che avevi dato per scontato.
Annapaola, un’investigatrice privata che lo aiuta nelle indagini, è quanto di più lontano ci possa essere da una donna ferma e rassicurante, è un punto in perenne movimento, è ambigua e maledettamente attraente. Guido se ne potrebbe innamorare, c’è complicità tra di loro e, a un certo punto, tutto sarà finalmente più chiaro, quasi in equilibrio.

‘Giorni felici’ con la strepitosa Giulia Lazzarini

STANDING OVATION: I PIU’ ACCLAMATI SPETTACOLI TEATRALI DEL XXI SECOLO
Giorni felici, di Samuel Beckett, regia di Carlo Battistoni, Teatro Comunale di Ferrara, dal 18 al 22 aprile 2001

Finale col botto per la stagione di prosa 2000/2001 del Teatro Comunale: “Giorni felici”, del maestro del teatro dell’assurdo Samuel Beckett, nell’ormai quasi mitica interpretazione di Giulia Lazzarini e con la memorabile regia di Giorgio Strehler (qui ripresa da Carlo Battistoni). In merito a quest’opera del grande drammaturgo irlandese, ebbe ad affermare nel 1963 il regista pioniere del teatro dell’assurdo Roger Blin: «Il problema principale di questo testo è evidentemente quello dell’interpretazione, di trovare un’attrice capace di recitare questa parte enorme». Circa vent’anni fa Giulia Lazzarini vinse la sua formidabile sfida con un’interpretazione magistrale.
Samuel Beckett completò la stesura di “Happy Days” nel maggio del 1961. La “prima” mondiale ebbe luogo a New York, nel settembre di quell’anno, al Cherry Lane Theatre per la regia di Alan Schneider e con l’interpretazione di Ruth White. Alla fine del 1962, Beckett concluse la traduzione del testo in francese: “Oh les beaux jours”, che fornì al regista Roger Blin, il quale lo allestì nel settembre del 1963 alla Biennale di Venezia e, subito dopo, all’Odéon di Parigi, con l’interpretazione di Madeleine Renaud. La versione italiana: “Giorni felici”, andò in scena nell’aprile del 1965 al Teatro Gobetti; la regia del dramma, presentato dal “Teatro Stabile di Torino”, venne affidata a Roger Blin e il ruolo della protagonista a Laura Adani. E nel maggio del 1982 toccò a Giorgio Strehler fornire la propria versione al “Piccolo” di Milano, come s’è detto con la strepitosa interpretazione di Giulia Lazzarini.
La trama, se così può essere definita, è implosiva. Winnie, la protagonista, interrata fino alla cintola su una montagnola erbosa nel primo atto e fino al collo nel secondo, è alla ricerca di piccole gioie, di minuscole possibilità di consolazione. D’altra parte, vicino a lei sta Willie, suo marito, distratto e apatico, che non reagisce alle sollecitazioni della moglie. Willie continua a leggere gli annunci sul giornale, poi nel secondo atto appare vestito elegantemente, con guanti e cilindro, dunque caricaturale. Winnie sa che un tempo avrebbe potuto renderlo felice, ora sa di non essere più quella di una volta, così non le resta che trascorrere i suoi giorni cercando una fittizia felicità con parole vuote e oggetti inutili. È il fallimento dell’amore: fuori di noi stessi c’è il nulla. Le parole del monologo di Winnie sono quelle con cui «si ammantano di importanza le poche cose insignificanti che riempiono la nostra giornata, con cui si nasconde a se stessi, prima ancora che agli altri, la realtà della propria condizione».

IMMAGINARIO
Giappone a Ferrara.
La foto di oggi…

Un confronto tra abitudini, luoghi e situazioni ferraresi con i corrispettivi giapponesi. E’ il l tema del diario autobiografico “Scusi, manca molto per il Giappone?” di Davide Bassi . L’autore, che è professore di Paleontologia all’Università di Ferrara e che in Oriente ha soggiornato a lungo, ne parlerà oggi nell’ambito di “Kappa festival, il Giappone a Ferrara”. Alle 16 negli Imbarcaderi del Castello estense, largo Castello 1.

OGGI – IMMAGINARIO EVENTI

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic s una foto per vedere la galleria immagini]

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Kushida: foto di Davide Bassi al Kappa Festival di Ferrara
Strada (foto di Davide Bassi al Kappa Festival di Ferrara)
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Piccolo jiso san (foto di Davide Bassi al Kappa Festival di Ferrara)