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Giorno: 23 Dicembre 2014

Eleonora Polo sul podio al Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Eleonora Polo, docente del Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche di Unife e ricercatrice all’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività (ISOF) del CNR di Bologna – U.O.S. di Ferrara, si aggiudica il terzo posto al Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica, bandito dall’Associazione Italiana del Libro, con il patrocinio del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), dell’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale (AIRI) e delle Biblioteche di Roma, con il volume “C’era una volta un polimero. Storie di grandi molecole che hanno plasmato il mondo” (Apogeo Education, 2013).

I riconoscimenti sono stati assegnati lo scorso 19 dicembre presso la sede centrale romana del CNR di Piazzale Aldo Moro.

Al Premio, la cui giuria era composta da 170 personalità del panorama scientifico italiano, hanno partecipato quest’anno 525 opere, tra libri e articoli, per un totale di 677 autori italiani in gara, tra cui moltissimi ricercatori e docenti universitari. Numerosa la componente femminile, attestatasi attorno al 42% del totale. Nutrita anche la partecipazione dei giovani sotto i 35 anni: quasi il 20% dei partecipanti.

Ci racconta Polo dal suo libro: ”Dalla vulcanizzazione della gomma a opera di Charles Goodyear alla scoperta del polipropilene che fruttò il premio Nobel a Giulio Natta, fino alla realizzazione di superfibre che farebbero invidia persino a Batman, il libro è il diario di bordo di un viaggio che ripercorre nel tempo le tappe più significative della storia dei polimeri sintetici. Materiali del tutto nuovi, dalle proprietà sorprendenti, creati dall’uomo per ‘dare un aiutino’ alla natura, o addirittura per provare a reinventarla. Molecole giganti che hanno plasmato il mondo, dandogli una nuova forma e occupando (in senso a volte anche troppo letterale) ogni angolo e ogni attimo delle nostre vite. Possiamo non amarle, ma difficilmente ne possiamo fare a meno. È una storia di scoperte avvenute quasi sempre per caso, mentre si cercava qualcos’altro; una storia affascinante, divertente, tragica, insolita, mai banale. È anche la storia degli scienziati che hanno realizzato queste scoperte; persone come noi, uomini e donne curiosi, intelligenti, appassionati, testardi, avidi e, qualche volta, anche fortunati”.

Polo si occupa da anni di divulgazione scientifica, è responsabile editoriale del magazine dell’Associazione Italiana delle Macromolecole (AIM), ha partecipato fin dalla prima edizioni alla Notte dei Ricercatori e come docente anche ai cicli di Unijunior Ferrara.

Longastrino: l’ufficio postale apre nella nuova sede

da: Poste Italiane, ufficio Comunicazione Territoriale Emilia-Romagna e Marche

E’ inizia in questi giorni l’attività dell’ufficio postale di Longastrino nella nuova sede di via Giovecca n. 3/a, in grado di soddisfare ora in un ambiente più ampio, confortevole e attrezzato, tutte le richieste della clientela, sia per quanto riguarda i Servizi Postali sia per i Servizi Bancoposta.
Nella realizzazione del nuovo ufficio postale di Longastrino, caratterizzato dall’eliminazione delle barriere tra impiegati e clienti, particolare attenzione è stata riservata al problema della sicurezza con la quasi totale scomparsa del contante dal bancone attraverso il dispensatore di denaro a tempo (roller cash) disponibile per l’operatore di sportello; il monitoraggio continuo della sala al pubblico attraverso centri di controllo remoti, tramite telecamere sempre funzionanti; la visibilità dall’esterno con vetrine più ampie e trasparenti; blindature esterne di nuova concezione e porte di sicurezza.
Disponibile tutti i giorni della settimana, in funzione 24 ore su 24, l’Atm Postamat fornito di nuovi dispositivi di sicurezza passiva, tra cui il macchiatore di banconote, che impediscono la sottrazione del denaro in caso di atto vandalico o forzatura del cash dispenser. Inoltre, a maggiore tutela della clientela che utilizza lo sportello automatico, accessibile anche ai diversamente abili, è presente un sistema elettronico “antiskimming” per impedire la clonazione delle carte di credito.
Il nuovo ufficio postale di via Giovecca osserverà l’orario di apertura al pubblico 8.20 -13.35 dal lunedì al venerdì e 8.20 – 12.35 il sabato.

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Agricoltura: i Programmi di sviluppo rurale rischiano di essere approvati solo dopo il via libera al Bilancio europeo 2015, nella prossima primavera

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Preoccupazione di Rabboni. La Commissione ha trasmesso le proprie osservazioni al nuovo Psr dell’Emilia-Romagna

Da indiscrezioni provenienti da Bruxelles risulta che i Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 delle Regioni italiane corrono il rischio di essere approvati non prima del via libera al Bilancio comunitario 2015, previsto per la prossima primavera. “Se la notizia verrà confermata- sottolinea l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni – rischiamo di perdere un intero anno di operatività. Questo slittamento dei tempi di approvazione per motivi di contabilità europea si aggiunge al ritardo già accumulato in Italia a seguito della tardiva sottoscrizione dell’Accordo di partenariato con l’UE per l’utilizzo dei fondi europei, avvenuto alla fine di ottobre 2014. E’ indispensabile che i Governi europei propongano alla Commissione un’approvazione in via tecnica dei Psr, prima della formale approvazione del bilancio europeo”.
Intanto venerdì 19 dicembre sono pervenute alla Regione Emilia-Romagna le previste osservazioni della Commissione europea al Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020. Il Programma, che stanzia 1,2 miliardi di euro, è stato approvato dall’Assemblea legislativa lo scorso luglio. Le osservazioni, oltre 500, in linea con quelle pervenute ad altre Regioni italiane, discendono in gran parte dalla necessità di adeguare i programmi regionali approvati a luglio ai contenuti dell’Accordo nazionale di partenariato con la UE sottoscritto a fine ottobre e alle linee guida europee di attuazione dei Psr, pubblicate anch’esse in data successiva a luglio 2014. L’adeguamento più rilevante riguarda l’impegno nazionale a destinare il 4,17% delle risorse dei singoli Psr al potenziamento delle infrastrutture per la banda larga e ultralarga. Un secondo blocco di adeguamenti è relativo all’indicazione dei sistemi di verifica dei risultati attesi, sulla base di un regolamento europeo che nel luglio 2014 non era ancora disponibile. Altre osservazioni riguardano invece richieste di chiarimento e precisazioni. “Nell’arco dei prossimi 40 giorni – spiega Rabboni – la Direzione Agricoltura risponderà puntualmente. Sono tutte osservazioni accoglibili che, banda larga ed ultralarga a parte, non modificano l’impianto approvato dall’Assemblea legislativa regionale il 17 luglio scorso dopo quasi un anno di concertazione con le filiere e le rappresentanze agricole ed alimentari”.

Hera: svolgimento dei servizi ambientali nei giorni delle festività natalizie

da: ufficio stampa Hera

Hera ricorda che in concomitanza delle festività del 25 e del 26 dicembre e del 1 e 6 gennaio, nelle zone dove sono attivi i servizi di raccolta domiciliare dei rifiuti (Centro storico e Zone Artigianali Industriali), non andranno esposti sulla strada né i sacchetti dei rifiuti né le pattumelle per la raccolta dell’organico in quanto il giro di raccolta non viene svolto nei giorni festivi, come spiegato nella nota informativa consegnata alle utenze all’attivazione del servizio. Gli altri servizi ambientali saranno svolti regolarmente.

Chiusura del rettorato e delle strutture Unife per il periodo natalizio

da: uffici Comunicazione ed Eventi Unife

Riportiamo qui di seguito le chiusure delle strutture dell’Università di Ferrara durante il periodo delle Festività:

Rettorato e Uffici amministrativi e di segreteria studenti (via Savonarola n. 9/11 e via Ariosto n.35), Dipartimento di Economia e management, Dipartimento di Fisica e scienze della terra, Dipartimento di Giurisprudenza, Dipartimento di Studi umanistici, Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche: chiusura da giovedì 25 dicembre 2014 a martedì 6 gennaio 2015. Ripresa delle attività: mercoledì 7 gennaio 2015;

Dipartimento di Architettura, Dipartimento di Matematica e informatica, Segreteria del Dipartimento di Scienze mediche, Polo degli Adelardi e Polo Scientifico Tecnologico (Cattedrale), Biblioteche: chiusura da mercoledì 24 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015. Ripresa delle attività: mercoledì 7 gennaio 2015;

Sala studio Acquario e Aula informatica del Dipartimento di Giurisprudenza: chiusura dal 22 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015. Ripresa delle attività: mercoledì 7 gennaio 2015;

Palazzo Turchi di Bagno, Polo Didattico di Cona e Polo Scientifico Tecnologico (limitatamente a Blocco F e Palazzina Gialla): chiusura da martedì 23 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015. Ripresa delle attività: mercoledì 7 gennaio 2015;

Palazzo Manfredini: chiusura dal 22 dicembre 2014 al 22 febbraio 2015. Ripresa delle attività: lunedì 23 febbraio 2015;

Segreteria della Sezione di Clinica Chirurgica: non effettuerà chiusura.

Coldiretti: il pranzo della vigilia di Natale con il pesce vale 800 milioni di euro. Come sceglierlo e le novità in etichetta

da: ufficio stampa Coldiretti

Impresa Pesca Coldiretti ricorda le novità dell’etichettatura del pesce e come scegliere nel modo migliore il prodotto da portare sulle tavole delle feste.

Circa 800 milioni di euro saranno spesi per acquistare il pesce durante tutte le festività del Natale, con il giorno della vigilia che fa registrare il consumo più elevato dell’anno. E’ quanto stima ImpresaPesca Coldiretti nel sottolineare l’arrivo di novità per la tradizionale cena a base di pesce della vigilia di Natale perché scatta l’obbligo di indicare dove è stato pescato e con che attrezzo è stato catturato il pesce venduto in mercatini e supermarket, mentre per quello allevato andrà messo in etichetta il paese di origine.

Per il pesce, andrà specificato il metodo di produzione (“pescato”, “pescato in acque dolci”, “allevato…”), il tipo di attrezzo oggetto della cattura e la zona di cattura o di produzione (Mar Adriatico, Mar Ionio, Sardegna, anche attraverso un disegno o una mappa), per effetto congiunto delle norme relative all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013) e di quelle sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (Reg. UE 1169/2011). Novità – rileva Coldiretti Impresapesca – anche per quanto riguarda le informazioni sul pesce congelato, con l’obbligo di indicata la data di congelamento. Nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”. I prodotti che possono sembrare costituiti da un unico pezzo di pesce – spiega Coldiretti Impresapesca – ma che in realtà sono frutto dell’unione di diverse parti attuata grazie ad altri ingredienti (tra cui additivi ed enzimi alimentari oppure mediante sistemi diversi), dovranno recare l’indicazione “pesce ricomposto”.

Le maggiori incombenze per i pescatori – continua impresa pesca Coldiretti – si traducono in maggiori garanzie di identità del pescato o allevato nazionale che consente ai consumatori di fare scelte di acquisto piu’ consapevoli in grado di riconoscere e premiare il pesce tricolore in una situazione in cui si registra una positiva tendenza dei consumi interni con un aumento dello 0,8 per cento degli acquisti familiari in controtendenza al calo generale degli alimentari nei primi nove mesi dell’anno.

Per non cadere nelle trappole del mercato e garantirsi comunque una tavola di qualità Made in italy la Coldiretti propone due menu low cost e interamente tricolori per quattro persone. Il primo, a base di pesce pescato sulle nostre coste, vedecome antipasto alici marinate e lumache di mare (6 euro) e sauté di cozze evongole (5 euro). Per primo, spaghetti o tagliatelle con polpa di granchio fresco (10 euro), mentre il piatto forte è rappresentato dalla zuppa o brodetto di pesce (9 euro) fatto di triglie, calamari, moli, tracine, seppie, canocchie e gallinelle. Ma è possibile anche portare in tavola un menu italiano al cento per cento scegliendo il pesce proveniente dagli allevamenti di acquacoltura: come antipasto anguilla marinata (7 euro) e carpaccio di trota (3 euro), per primo pennette con sugo di trota salmonata (8 euro) e per secondo orata o spigola al forno con pomodorini e patate (12 euro). Entrambi i menu – sottolinea Coldiretti – prevedono una spesa complessiva di 30 euro.

Se si vuole acquistare prodotto pescato del Mediterraneo bisogna però prima verificare sul bancone l’etichetta. E per garantirsi la qualità il pesce fresco – ricorda la Coldiretti – deve avere inoltre una carne dalla consistenza soda ed elastica, le branchie di colore rosso o rosato e umide e gli occhi non secchi o opachi, mentre l’odore non deve essere forte e sgradevole. Infine meglio non scegliere i pesci già mutilati della testa e delle pinne mentre – continua la Coldiretti – per molluschi e mitili, è essenziale che il guscio sia chiuso. Il settoredella pesca vede impegnate – precisa ImpresaPesca Coldiretti – circa 13mila imbarcazioni mentre la top-ten delle produzioni è guidata dalle alici, seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie,pesce spada e sugarelli. La classifica delle produzioni per volume di fatturato vede invece primeggiare il nasello, davanti ad alici, seppie, gamberi bianchi, scampi, pesce spada, gamberi rossi, vongole, pannocchie e sogliole. Eppure tre piatti di pesce su quattro che si consumano in Italia sono stranieri, ma nessuno lo sa, soprattutto per quanto riguarda quello servito al ristorantedove Impresapesca Coldiretti chiede venga introdotta anche l’indicazione della provenienza nei menu.

I SEGRETI PER SCEGLIERE IL PESCE FRESCO
• Acquistarlo, laddove possibile, direttamente dal produttore che garantisce la freschezza del pescato.
• Verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere la zona di pesca
• Verificare che la carne abbia una consistenza soda ed elastica, che le branchie abbiano un colore rosso o rosato e siano umide e gli occhi non siano secchi o opachi, mentre l’odore non deve essere forte e sgradevole.
• Per molluschi e mitili, è essenziale che il guscio sia chiuso.
• Meglio non scegliere i pesci già mutilati della testa e delle pinne.

Fonte: ImpresaPesca Coldiretti

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CALENDARIO DELL’AVVENTO
Il mistero della sparizione del Bambin Gesù

Quando da casa manca un oggetto, di solito gli sguardi corrono severi ai bambini che quella casa la abitano. In “Una lacrima color turchese” di Mauro Corona, invece, a mancare è proprio un bambino. Non un bambino qualunque, ma il Bambino Gesù, che scompare da tutti i presepi di tutte le case. E i sapienti, i padroni della conoscenza, si lanciano in ipotesi per carpire una soluzione a questo mistero; ma per farlo si concentrano su un falso problema – la ricerca di un caprio espiatorio, escamotage che storicamente ha sempre funzionato allo scopo di bastonare chi non aveva colpe -, tralasciando la domanda più importante e incapaci di pensare, anche solo lontanamente, di esserne i diretti responsabili.

“Quando s’avvicina il Natale, precisamente verso il primo dicembre, ci disponiamo tutti alla bontà. O meglio, a essere più buoni, perché buoni siamo convinti di esserlo già.”

Di fronte allo sconvolgimento generale per l’assurda sparizione, nessuno pensa all’ipotesi che Gesù Bambino sia scomparso perché sono scomparsi i valori che avrebbe poi portato nel mondo.
Perché, se nessuno più si indigna per la mancanza di affetto, responsabilità o compassione, il Figlio di Dio può a ragion veduta indignarsi per tanta brava gente che fa la comunione ma che prova solo
“indifferenza verso chi non ha niente per campare”; per “giornalisti, televisioni locali e scribacchini” che invece di fare giornalismo fanno business o meglio malaffare, accanimento mediatico, molto somigliante a quello terapeutico nella indefessa ricerca di un motivo che non c’è; per “cardinali con attici nella capitale degni di nababbi”; per “pedofili, adescatori di giovinetti” che tuttavia “saltavano nelle sagrestie indignati dalla scomparsa del Bambin Gesù”, per “tutti quelli che la domenica vanno a messa, fanno segni di croce e onorano le feste comandate e non sanno cosa sono la tolleranza, la carità, la generosità, il perdono. Che sono razzisti, xenofobi e falsi.”

“Volevano il colpevole e siccome non sapevano chi fosse, gliene bastava uno qualsiasi. Da linciare.”

Una fiaba natalizia, nera, dello scalatore e scrittore trentino, che alla sua netta visione del mondo offre uno spaccato drammatico della condizione umana che si è riusciti a raggiungere, affrontando un inevitabile paragone tra un passato – vicino e lontano – che contiene in nuce un potenziale e un valore abilmente distrutti dal successivo futuro. É un Natale apparentemente normale; ma la normalità natalizia ormai non è più la pietas di Maria e Giuseppe che guardano adoranti Gesù, bensì l’albero agghindato, la finzione ben dipinta sulle facce alla ricerca del gradino più alto da cui guardare il mondo; la distanza difficilmente colmabile tra principi e prassi, tra parola promessa e fatto compiuto; è il superfluo tecnologico con cui genitori vuoti e assenti ingozzano figli che diverranno, un giorno non lontano, altrettanto vuoti e assenti.
E dove l’unica verità inviolata è la neve, ossia la natura, unica grande innocente.
Perché la necessità, quella vera, è di arrivare al cuore delle cose, ed è qui che è ancora racchiusa, nel più prezioso fiocco di neve, la speranza di ritrovare quella statuina del presepe misteriosamente sparita.

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LA RIFLESSIONE
Come a Natale sugli alberi le palle

Quinto o sesto Natale di crisi, si legge un po’ ovunque, come se invece di crisi fosse guerra. Certamente in quest’anno che sta per finire le difficoltà per molti italiani sono aumentate, ma bisogna dire che nel suo insieme e contrariamente alle profezie di tanti commentatori a fine 2013, il Paese continua a tenere. Certamente non potrà farlo in eterno, ma si tratta comunque di una notizia positiva, perché durante le crisi spesso ci si deve accontentare di gioire per ciò che non succede.
Tende invece purtroppo a crescere il pessimismo, quello di chi ha ormai perso fiducia nella propria capacità di risolvere i problemi. Al di là delle tante e ben precise responsabilità, che ciascuno dal proprio punto di vista crede di poter individuare e che comunque senz’altro esistono, mi pare che questo stato d’animo diffuso sia una conseguenza della fase che stiamo attraversando. Le società infatti tendono a reagire alle difficoltà in modi diversi a seconda di quanto gli effetti che queste provocano siano più o meno gravi e pervasivi. All’inizio e finché, appunto, il tessuto sociale rimane sostanzialmente integro tendono a prevalere reazioni di tipo individuale o al massimo circoscritte allo stretto ambito famigliare; sono comportamenti difensivi, che hanno come obiettivo quello di preservare il proprio stile di vita e lo status sociale, e che si caratterizzano per l’innalzamento delle barriere nei confronti del mondo esterno: aumentano perciò la diffidenza, la paura del diverso, l’ostilità nei confronti dell’immigrato che “ruba il lavoro”, la sfiducia generalizzata nelle istituzioni. Prevalgono il sentimento di “caccia ai colpevoli” e la convinzione che con poche e semplici mosse si possa superare l’impasse. E’ questo un perfetto brodo di coltura per movimenti politici che si ispirano alla xenofobia ed al razzismo e fanno del populismo giustizialista più sfrenato il loro principale strumento di propaganda. Anche il “ripiegamento animalista”, che individua nelle bestie gli esseri viventi in cui riporre la maggior fiducia, mi pare un sintomo caratteristico di questa fase.
Solo quando le crisi producono effetti così devastanti da annullare in gran parte le differenze sociali, fra le persone inizia a farsi strada la solidarietà ed a livello sociale e politico tendono ad affermarsi quelle forze che vi si ispirano maggiormente. Senza voler andare all’ultimo dopoguerra, credo sia emblematico quanto successo in Grecia nel breve volgere di pochi anni: dalla crescita apparentemente inarrestabile di Alba Dorata al favore sempre maggiore nei confronti di Syriza. Mentre nella fase precedente prevale un istinto di tipo conservatore, che respinge l’idea che la crisi possa avere una natura sistemica e anche quando intravede la necessità di cambiamenti li colloca sempre al di fuori del proprio ambito esistenziale, in questa l’attenzione è più rivolta alla necessità di ricostruire, possibilmente su basi diverse, e al futuro.
Riuscire a far nascere e ad alimentare questi sentimenti, senza dover per forza raggiungere lo sfacelo economico e la completa disgregazione sociale, è l’obiettivo che dovrebbe stare a cuore ad ogni persona di buona volontà, anche al di là delle specifiche ricette per uscire dalla crisi che ciascuno auspica.
Conclusione questa, mi si potrà dire, molto ecumenica e “natalizia”. Forse, tuttavia mi pare che quello che stiamo attraversando sia uno di quei momenti che chiede a tutte le persone responsabili uno sforzo che tenda ad unire più che a dividere ed a cogliere e valorizzare quanto, sia pur poco, di positivo viene avanti, senza per questo annacquare le reciproche differenze od abbassare la guardia di fronte ai pericoli che ancora incombono.
Insomma, brindare al nuovo anno con il bicchiere mezzo pieno.

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In costante ostaggio delle nostre paure

Dopo il più classico dei “C’era una volta”, o dentro a una storia di cronaca da quotidiano, immersi in atmosfere tetre e lugubri o colorate all’eccesso, si muovono personaggi fiabeschi e moderni della raccolta “Gli occhi della vendetta ed altri racconti” (Edizioni La Carmelina, 2014) della ferrarese Patrizia Benetti, già autrice di “Racconti neri” (Este Edition, 2012).
I suoi racconti brevi sono un invito a esplorare le paure che fanno capolino nelle situazioni più apparentemente normali, in persone apparentemente innocue, che si fanno strada in ognuna delle storie mescolandosi a ogni altro sentimento fino quasi a berselo d’un fiato, come succede per i racconti stessi.
“Accanto alla tavola apparecchiata ad arte, svettava un macabro abete. Negli esili rami erano infilzati candidi bulbi oculari.”
Che siano cupe foreste medievali o paesini bretoni, uffici o rumorosi luna park, l’attenzione è posta sull’imprevisto che irrompe nel quotidiano, nel diverso che catalizza curiosità e destabilizza equilibri stabili, seppure grotteschi e alienanti.
Colleghi traditori e ingenui re spodestati; invidiosi cavalieri e vecchi amori mai sopiti, tornati dall’altro mondo; malefiche fabbricanti di sapone e giostrai impazziti; fuggiaschi tormentati dai propri misfatti e grilli premonitori della loro cattura; paggi traditori e furbi assaggiatori di corte; ingenue streghe redivive, stordite dalle umane debolezze; e ancora, mani che vivono di vita propria compiendo vendette e terrorizzando colpevoli mai puniti; distorte famiglie in stile “Casa dei 1000 corpi”. In bilico tra fantasy e racconto gotico, senza disdegnare incursioni splatter o romantiche, ma sempre con il timore in sottofondo.
Perché è la paura – diceva Lovecraft, storico rivale di Poe – “la più antica e potente emozione umana”.

Risposte al test di cultura cinematografica n. 6

RISPOSTE AL TEST DI CULTURA CINEMATOGRAFICA

1) “Io e Annie”

2) “Harry a pezzi”

3) “Alice”

4) “Amore e guerra”

5) “Zelig”

6) “Match Point”

7) “Amore e guerra”

8) “Pallottole su Broadway”

9) “Prendi i soldi e scappa”

10) “Mariti e mogli”

11) “Manhattan”

12) “Anything else”

 

 

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L’OPINIONE
Coesione sociale e innovazione, antica ricetta di successo per il rilancio dell’Emilia

L’Emilia-Romagna è uscita dalla recessione? Qualcuno ha voluto usare questa chiave interpretativa, un po’ ottimistica, per commentare lo striminzito + 0,3% di crescita del Pil emiliano-romagnolo stimato dal Rapporto 2014 sull’economia, presentato da Unioncamere.
A parte che il dato non è ancora definitivo e potrebbe essere ritoccato al ribasso, è ancora troppo poco, dopo due anni nettamente recessivi come il 2012 (-2,5%) e il 2013 (-1,4%), per parlare, come ha fatto qualche organo di informazione, di “ripresa sulla Via Emilia”.
E’ vero che per il 2015 si prevede una crescita più sostenuta, dell’1%, ma non si può certo prestar troppa fede alle previsioni, che negli ultimi anni si sono rivelate troppe volte sbagliate, praticamente sempre. Basti dire che anche per il 2014 la previsione formulata a dicembre dell’anno scorso era di una crescita dell’1,1%, addirittura un po’ superiore a quella appena sfornata per il 2014! Ma poi le cose sono andate, appunto, in tutt’altro modo.
Aldilà dei tassi di crescita, l’impressione forte è che qualcosa di fondo si sia appannato nel sistema economico e sociale di una Regione che da sempre è caratterizzata da indicatori più vicini alla media europea che a quella italiana.
Si è discusso molto del significato da attribuire all’enorme tasso di astensione registrato alle ultime elezioni regionali. Certo, in quel risultato sono confluiti fattori diversi. Ma forse tra questi ce n’è anche uno che non è stato molto citato: una certa disillusione per quel che l’Emilia-Romagna è stata, nella sua diversità da tutte le altre Regioni d’Italia, e che forse non sarà mai più.
La fortuna di questa Regione negli ultimi decenni era dovuta ad un singolare impasto fatto, da un lato di grandi valori (coesione sociale, etica, solidarietà, accoglienza, apertura culturale) capaci di dar vita ad un efficiente sistema di welfare; dall’altro, di una straordinaria capacità di innovazione, di un’imprenditorialità diffusa e dinamica, di un lavoro particolarmente qualificato e tutelato, a garanzia di un’efficace redistribuzione del reddito.
Oggi, è lecito dubitare della sussistenza di molti di questi punti di forza. Né può consolare il fatto che altre realtà territoriali denuncino su questi terreni un arretramento anche maggiore.
Se del declino dei grandi valori ci parla ogni giorno la cronaca, di quello dell’economia ci parlano i numeri.
Gli investimenti fissi lordi, che ormai da molti anni si collocano ad un livello inferiore del 20% a quello degli anni precedenti la crisi; il tasso di occupazione, attestato 3 – 4 punti percentuali al di sotto di quello del 2008; una distanza crescente, anche nella capacità d’innovazione, tra un gruppo ristretto di imprese che esportano e tutto il resto del sistema imprenditoriale.
Per non parlare di un altro grande punto critico: quello di un territorio divenuto incredibilmente fragile, soggetto a frane e ad alluvioni; un territorio che si scopre esposto al rischio sismico; un territorio, soprattutto, che lo sviluppo degli ultimi decenni ha intensivamente sfruttato, espandendone continuamente l’area edificata e cementificata. Un territorio che da tempo avrebbe bisogno di un gigantesco investimento di risistemazione e di messa in sicurezza, per il quale però continuano a mancare le risorse.
Ci sarebbe davvero dunque bisogno di qualche idea nuova, di qualche nuovo impulso, anche in campo economico, capace di aiutare e indirizzare il cambiamento necessario, magari facendo salvi i valori costitutivi di cui sopra.
Un compito davvero difficile per il nuovo Presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e per la Giunta che in questi giorni sta nascendo.

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IL FATTO
L’informazione a salvaguardia dell’ambiente

La Federazione italiana media ambientali (Fima) ha presentato la Carta dell’informazione ambientale che si andrà a definire nei prossimi mesi. “La creazione della Carta nasce dalla consapevolezza, visti i cambiamenti climatici e le situazioni critiche che essi portano con se, del ruolo dell’informazione la cui responsabilità è totale. Portare a conoscenza dei cittadini i temi della crisi ecologica è una responsabilità particolarmente gravosa: sottacere un’informazione o dare voce ad una fonte sbagliata equivale a rendersi partecipi involontari di un disastro. La trattazione di questi temi cambia il ruolo del giornalista stesso che non è solo cronista, ma attore consapevole: riportare l’accaduto, sovente significa anticipare gli stessi eventi, raccontando le dinamiche che li potranno precedere. Fornire quindi ai cittadini e ai decisori politici strumenti utili su cui pianificare e costruire il futuro delle prossime generazioni. La Carta intende garantire un’informazione adeguata dei delicati temi ambientali attuali, che non dia spazio ad errori interpretativi, a false credenze o a dicotomie inesistenti”. Faccio un grande tifo per questa iniziativa.
Purtroppo però non sempre questi documenti portano hanno esito positivo. La carta dei servizi dell’acqua, per esempio, pare non serva. Lo dicono alcuni gestori e lo pensano alcuni cittadini che non l’hanno mai letta. Purtroppo è così. Lo dice anche Federconsumatori che di recente ha presentato la sua terza ricerca nazionale sulle carte del servizio idrico. Nonostante sia presente in quasi tutti i capoluoghi di Provincia, la sua efficacia è ancora un problema (si ricorda che Aeegsi esclude aumenti tariffari in assenza di Carta dei servizi) e che raramente è frutto di un confronto con le associazioni dei consumatori, quasi fosse solo uno strumento del gestore. E’ utile in particolare ricordare che il decreto ministeriale di riferimento indica importanti indicatori standard su molti temi critici: a partire dalla risposta alle richieste scritte degli utenti e ai reclami; sul tema complesso della morosità in cui è prevista la sospensione del servizio; il tempo di preavviso di interventi programmati (almeno 24 ore prima) e molto altro.
L’analisi della Federconsumatori ha evidenziato differenze spesso esagerate tra i vari gestori. Ad esempio, sul tempo di esecuzione dell’allacciamento, si va da un tempo massimo di 126 gg ad un tempo medio di 35 gg (si ricorda che su questo indice è prevista un’indennità nel caso non venga rispettato il tempo massimo di esecuzione dell’allacciamento). Il tempo di attivazione delle forniture in media è di 9 giorni, ma si sono riscontrai anche casi di 60 gg; così come per l’allaccio alla pubblica fognatura, il tempo medio sia di 46 gg, ma va da 7 a 180 gg! Per non parlare del tempo di rettifica delle fatture, da pochi giorni a quasi sei mesi; ai tempi di risposta scritta agli utenti che in media è di 26 giorni. Per quanto riguarda le modalità con le quali i gestori comunicano agli utenti i dati sulla qualità dell’acqua, dalle risposte ricevute risulta che la modalità più diffusa è il sito web (35% dei casi), solo l’11% dei gestori pubblica le informazioni sulla bolletta. Vi sono poi grandi differenze di applicazione, ad esempio tra indicatori in giorni di calendario e giorni lavorativi (le cose cambiano molto).
In conclusione solo la metà dei gestori è dotato di certificazione della qualità. Insomma uno scenario ampio e variegato che deve essere meglio regolamentato perché le motivazioni di reclamo dei cittadini sono sempre troppe e tra queste si citano: anomalie contrattuali (errori attivazione, cessazione, voltura; anomalie standard (mancato rispetto degli standard); anomalie addebiti/errori di fatturazione (applicazione categorie, tariffe, acconti, conguagli, modalità di recapito bollette, frequenze fatturazione, pagamenti, modalità di incasso); anomalie sul consumo (reclami su letture, perdite occulte, consumo anomalo); anomalie relative all’accessibilità del servizio (difficoltà di comunicazioni telefoniche, attesa agli sportelli, comportamento del personale); anomalie nell’erogazione del servizio (qualità/quantità acqua, pressione, interruzioni/ripristini, rotture, danneggiamenti durante lavori) e anomalie del contatore (contatore difettoso, verifica/sostituzione contatore).
Per il futuro, ci attendiamo quindi, da parte dei soggetti regolatori, l’Aeegsi a livello nazionale e gli Enti di gestione d’ambito (Ega) a livello locale un maggior impegno per quanto riguarda la disciplina delle carte dei servizi e in generale la tutela degli utenti; un maggior coinvolgimento delle associazioni degli utenti (partecipazione e controllo) come previsto negli atti sopra richiamati; iniziative dirette ad informare e formare, gli utenti e le loro associazioni, sulle numerose e complesse novità che nell’ultimo periodo ha rivoluzionato la regolazione nei servizi idrici.

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Le virtù della felicità

In questi giorni che precedono le feste natalizie e l’anno nuovo la parola ‘felice’ si spreca, esce dalle nostre labbra o resta impressa nei nostri biglietti d’auguri. Ma vi siete chiesti dove va a finire tutta la felicità che allo scadere di ogni anno auguriamo così generosamente ad amici e parenti?
Il dibattitto sulla felicità e su come la politica debba operare per accrescerla sta assumendo sempre più rilievo nel mondo, insieme all’obiettivo di uno sviluppo sostenibile da qui al 2030.
Nel luglio 2011 l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha approvato una risoluzione storica. Ha invitato i paesi membri a misurare la felicità del loro popolo e a utilizzare questo indice come guida delle politiche sociali. Nell’aprile del 2012 si è tenuta la prima riunione dell’Onu ad alto livello sulla felicità e il benessere, presieduta dal primo ministro del Bhutan, il paese che ha adottato il Gnh (Gross national happiness) anziché il Pil (ne abbiamo parlato già nella nostra rubrica) [vedi].
Allo stesso tempo è stato pubblicato il primo ‘World happiness report’, seguito qualche mese dopo dalle ‘Linee guida’ dell’Ocse sugli standard internazionali per la misurazione del benessere.
Lo scorso settembre è stato reso noto anche nel nostro Paese il Rapporto mondiale sulla felicità 2013. Aggiorna la classifica di valutazione della vita nel mondo, facendo uso innanzitutto del Gallup world poll, dal momento che continua a raccogliere regolarmente e a fornire dati comparabili per il maggior numero di paesi.
Il Rapporto premia tre Paesi solitamente ben piazzati in molti studi internazionali: la Danimarca (già prima lo scorso anno), la Norvegia e la Svizzera, seguiti al quarto posto dall’Olanda e al quinto dalla Svezia. Ma entrano nei primi dieci anche un notorio primo della classe – la Finlandia -, nonché il Canada e l’Austria. Fra i parametri considerati dagli analisti, figurano il reddito pro capite, l’aspettativa di vita, la percezione di libertà nel compiere le proprie scelte, l’assenza di corruzione, i servizi sociali, la generosità, le emozioni positive e le emozioni negative.
In Europa occidentale, sei stati hanno migliorato le loro posizioni, mentre quattro Paesi, ai quali il Rapporto dedica un’apposita tabella – Portogallo, Italia, Spagna, Grecia – “sono stati duramente colpiti dai venti di crisi ” con effetti che vanno ben al di là delle mere perdite economiche.
Il Belpaese, l’Italia, è così scivolato al 45° posto della classifica, tra Slovenia e Slovacchia, a fronte di Stati Uniti al 17°, Gran Bretagna al 22°, Francia al 25°, Germania al 26°. Nel complesso il mondo è diventato in pochino più felice nell’ultimo quinquennio – sostengono gli estensori del Rapporto – in particolare nell’America Latina e nell’Africa Subsahariana.
Il Costa Rica è il paese più felice, mentre la Tanzania il più infelice, è bene saperlo, e comunque consultare la classifica, se qualcuno avesse in cuore di cambiare nazionalità.
Nel 2008 l’Italia occupava il ventottesimo posto nella graduatoria e il nostro crollo è dei più significativi, collocandoci da questo punto di vista in fondo alla classifica dei 156 paesi presi in esame, prima solo dell’Angola, dell’Arabia Saudita, della Spagna, della Grecia e dell’Egitto.
Il rapporto evidenzia un dato, a cui spesso dedichiamo poca attenzione. È il tema della salute mentale come causa prima di infelicità. Dimostra che la salute mentale, da sola, è il più importante e determinante fattore della felicità individuale.
Circa il 10% della popolazione mondiale soffre di depressione clinica o disturbi d’ansia paralizzante.
Sono la principale causa singola di disabilità e assenteismo, con costi enormi in termini di miseria e di spreco economico. In tutto il mondo depressione e disturbi dell’ansia rappresentano fino a un quinto di tutte le disabilità.
Esistono trattamenti per il recupero, ma anche nei paesi avanzati solo un terzo di coloro che ne hanno bisogno sono curati. Questi trattamenti producono tassi di recupero pari o superiori al 50%, il che significa che i trattamenti possono avere un costo netto basso o nullo per i risparmi che generano. Il problema è che in questo ambito vi è una intollerabile violazione dei diritti della persona, perché in nessun paese il trattamento della malattia mentale è disponibile alla pari di quello per le malattie fisiche. Ciò non solo costituisce una vergognosa discriminazione, ma dimostra il carattere malsano delle nostre economie.
Scuole e luoghi di lavoro devono essere molto più attenti alla salute mentale e operare per il miglioramento della felicità delle persone, se vogliamo promuovere la salute mentale.
In generale, si osserva una relazione dinamica tra felicità e altri aspetti importanti della nostra vita, come la salute, il reddito e i comportamenti sociali. Per cui una migliore comprensione dei benefici che derivano dalla crescita della felicità delle persone può aiutare a mettere al centro delle decisioni politiche la felicità, affinandone le scelte.
Esiste una letteratura crescente sui benefici della felicità che vanno dalla salute alla longevità, dal reddito alla produzione, dalle istituzioni ai comportamenti individuali e sociali. L’esperienza del benessere individuale e collettivo incoraggia le persone a perseguire obiettivi che sono il rafforzamento delle capacità di affrontare le sfide future. Le emozioni positive migliorano il nostro sistema immunitario e cardiovascolare, fanno funzionare le nostre ghiandole e cellule endocrine. Al contrario, le emozioni negative sono dannose per questi processi.
Conta anche “l’etica delle virtù”, è il caso di ricordarcelo, poiché dal rapporto sulla felicità mondiale sembra che non siamo un paese ancora sufficientemente consapevole della metastasi della corruzione.
Nelle grandi tradizioni premoderne per quanto riguarda la felicità, il buddhismo in Oriente, l’aristotelismo in Occidente, o le grandi tradizioni religiose, la felicità non è determinata dalle condizioni materiali di un individuo (ricchezza, povertà, salute, malattia), ma dal singolo carattere morale. Aristotele parlava della virtù come chiave della eudaimonia, della felicità, appunto.
Eppure questa tradizione si è quasi persa nel mondo moderno dopo il milleottocento, quando la felicità è stata collegata con le condizioni materiali, in particolare il reddito e i consumi.
Il ritorno alla “etica della virtù” è una parte fondamentale della strategia per aumentare la felicità di una società.
Non mi resta che augurare ai miei gentili e pazienti lettori che il Natale e l’Anno nuovo ci vedano protagonisti di un mondo impegnato a costruire la felicità delle persone, dai nostri piccoli, ai nostri anziani.

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IMMAGINARIO
Interviste di Testa.
La foto di oggi…

Uno scrittore contro. Contro il linguaggio astruso e incomprensibile, contro gli anglicismi e anche amabilmente contro tutta una buona dose di tecnologia. Eppure la contrarietà di Gian Pietro Testa – inviato del “Giorno” accanto a Giorgio Bocca, cronista di punta per “Paese sera” e direttore di diverse testate – possiede sempre un garbo, l’ironia e quel disinvolto distacco che ne fanno uno degli intrattenitori più piacevoli, degli esperti meno altezzosi e dei maestri più amati da generazioni di giornalisti. Oggi presenta il suo ultimo libro, che già nel titolo manifesta tutta la sua anticonvenzionale e irriverente contrarietà: “Interviste infedeli” per i tipi di Este Edition. Alle 20, Sala estense, piazza Municipale, Ferrara.

OGGI – IMMAGINARIO LIBRI

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

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Gian Pietro Testa nel suo studio (foto di Giorgia Mazzotti)
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Gian Pietro Testa nel suo studio (foto di Giorgia Mazzotti)
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Ricordi in cornice per Gian Pietro Testa (foto di Giorgia Mazzotti)
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Lo scrittore davanti a una parete di scatti familiari (foto di Giorgia Mazzotti)