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Giorno: 7 Febbraio 2015

L’OPINIONE
Je ne suis pas Calderoli: la satira e l’invettiva

In molti si chiederanno perché, mentre si rivendica il diritto di satira senza restrizioni di linguaggio e di argomento, si dovrebbe invece condannare il sen. Roberto Calderoli, reo di aver pronunciato ingiurie razziste nei confronti dell’ex ministro Cecil Kienge. In fondo, diranno in molti, le vignette di Charlie Hebdo e degli altri giornali satirici sono spesso molto più pesanti e sgradevoli di quanto non lo sia stato l’esponente leghista. Esiste una differenza fra le due situazioni o si tratta invece del solito astio politico che porta a voler usare due pesi e due misure?
Detto in altri termini, occorre stabilire come si distingue la satira dall’insulto, tema del quale nei giorni del lutto dopo l’attentato di Parigi si è discusso abbastanza poco e, comunque, quasi esclusivamente con riferimento alle tematiche religiose.
La satira è sempre disinteressata, un po’ come lo è l’arte, nel senso che l’autore satirico non persegue alcun fine di carattere personale o quello di un qualche specifico gruppo organizzato: la sua è una visione, certamente schierata ed estrema della realtà, che ha però il solo obiettivo di metterne in risalto le contraddizioni. Il suo obiettivo non è mai ideologico, ma “leggero” e teso a seppellire di risate tutto quanto, a giudizio dell’autore, c’è di grottesco, ingiusto ed ipocrita nel mondo. In quest’ottica, la dissacrazione a 360 gradi è lo strumento per mantenere vivo il germe del dubbio contro ogni forma di rigidità ideologica e di conformismo sociale: non può quindi esistere per definizione alcuna “satira di partito”.
Un insulto, al contrario, ha sempre una finalità specifica: il suo obiettivo è quello di ferire le persone contro cui è rivolto, al fine di ribadire la presunta superiorità (fisica, morale, razziale, ecc.) nei loro confronti di chi lo pronuncia. Questo sia quando si rivolge ad una persona in particolare, sia quando viene lanciato contro interi gruppi sociali, etnici, razziali, religiosi, politici. Questo vale sia per le liti di strada che per i comizi elettorali o i talk show televisivi.
Può quindi succedere, paradossalmente, che una determinata frase sia classificabile come ‘satira’ o come ‘insulto’ a seconda del contesto in cui viene pronunciata ed i fini che intende perseguire. Allo stesso modo in cui una specifica scena cinematografica di nudo integrale possa essere considerata pornografia o libera espressione artistica.
Nel caso in questione, quello di Calderoli si configura al di là di ogni ragionevole dubbio come un insulto, con l’aggravante del contenuto razzista, utilizzato per umiliare un avversario politico ed al fine di rafforzare l’ostilità dei militanti del proprio partito nei suoi confronti. In termini legali si chiama “incitamento all’odio razziale”.
Non vale a mio parere in questo caso la tutela dell’art. 68 della costituzione che prevede l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, in quanto non siamo di fronte ad un giudizio politico e nemmeno ad un’espressione, come si dice, ‘colorita’, ma ad affermazioni intenzionalmente ingiuriose che nulla hanno a che fare con la dialettica parlamentare, per quanto aspra possa essere. Le scuse, peraltro assai tardive, non attenuano la gravità del fatto.
I parlamentari che in Commissione per le autorizzazioni a procedere del Senato hanno ritenuto che le affermazioni del loro collega non fossero censurabili, in quanto coperte dalla tutela costituzionale citata o in ragione di altri espedienti giuridici, sono a mio parere l’ennesima dimostrazione della distanza che ancora separa il Paese dalle sue classi dirigenti, che al solo fine di proteggersi non esitano ad utilizzare tutti gli espedienti disponibili.

Carnevale sull’acqua 2015 ai nastri di partenza

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

e previsioni per il fine settimana finalmente volgono al bel tempo e dunque la macchina organizzativa della quarta edizione del “Carnevale sull’acqua” conferma il fitto calendario di iniziative in programma per domani, domenica 8 febbraio 2015. Come di consueto, il punto di ritrovo per assistere alla grande sfilata delle barche allegoriche è la Piazzetta Trepponti, dove alle ore 14.30 dieci equipaggi, accompagnati dai bambini mascherati delle scuole d’infanzia di Comacchio, daranno vita alla sgargiante parata goliardica lungo i canali del centro storico. La cooperativa sociale Girogirotondo, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, insieme alle associazioni di volontario e di promozione sociale, ai gruppi parrocchiali e alle scuole, organizza la manifestazione di punta della programmazione invernale, ormai divenuta punto di riferimento e di grande attrattiva per famiglie, bambini, giovani e meno giovani provenienti da tantissime località, anche dall’estero. In Via Fattibello è già operativa l’area di sosta camper. Sin dal mattino ci si potrà sbizzarrire nella prova di trucchi e costumi all’interno dell’apposito stand allestito dal gruppo parrocchiale del duomo di San Cassiano e del Santo Rosario, mentre in tanti angoli del centro storico i presidi con le maschere più belle della tradizione, le bancarelle di dolciumi , i giochi di magia e i castelli di carte e i giochi tra fantasia e bolle di sapone, per non parlare di esibizioni di danza, animazione, musica, coreografie, gonfiabili, il mito del cinema muto degli anni ’20, proietteranno gli aficionados del Carnevale in un’atmosfera elettrizzante, dove la fantasia e il divertimento saranno di casa. Il programma dettagliato, i temi proposti dagli equipaggi, le informazioni sul challenge fotografico promosso in collaborazione con il gruppo Igers di Ferrara, sono disponibili su www.comacchio.it e sulla pagina https://www.facebook.com/events/1490727327843027/?fref=ts, interamente dedicata al Carnevale sull’acqua, ma anche sul profilo Facebook comunale all’indirizzo https://www.facebook.com/pages/Comune-di-Comacchio/395317850532246

Ascom Confcommercio vicino ai cittadini ed agli operatori della costa di Comacchio colpiti dal maltempo

da: ufficio stampa Ascom Ferrara

“Ascom Confcommercio vuole esprimere tutta la sua vicinanza e la sua solidarietà ai cittadini ed a tutti gli operatori del commercio, dei servizi e del turismo colpiti da questa ennesima ondata di pesante maltempo – commenta Gianfranco Vitali presidente della delegazione di Comacchio – il nostro personale come sempre in queste situazioni si metterà a disposizione per dare il supporto del caso – e Vitali prosegue – ogni volta che ci troviamo di fronte a queste situazioni determinate dal maltempo e dalle mareggiate siamo ad invocare misure e dispositivi atti a proteggere la costa dall’erosione così come chiaramente le attività commerciali e gli stabilimenti balneari dalla furia degli elementi. Appelli che sembrano cadere nel vuoto. Aggiungo che certamente in queste ore ci siamo trovati di fronte a una mareggiata di straordinaria intensità come testimoniano le situazioni pesanti che si sono verificate anche nella vicina Romagna ma con chiarezza aggiungo che ritengo sia assolutamente urgente e doveroso un approfondimento rigoroso su quanto accaduto nel porto canale di Porto Garibaldi, capirne i motivi e sopratutto cosa doveva essere messo in atto per fare vera prevenzione. Comacchio ed i suoi sette lidi hanno una chiara vocazione turistica e nessuno (cittadini, operatori del settore, imprese) può subire queste batoste. Ci si ritrova a doversi rimboccare le maniche per l’ennesima volta e a fare la conta dei danni – ingenti – subiti. In vista della prossima stagione turistica bisognerà quindi moltiplicare gli sforzi tutti insieme per potere farci trovare pronti all’appuntamento con l’estate 2015” auspica Vitali.

Peruffo su prostituzione e necessità di parlarne in Consiglio

Ho partecipato con grande interesse, giovedì, al primo dei tre incontri promosso dal Centro di Mediazione del Comune di Ferrara alla sala polivalente del grattacielo per affrontare il tema della sicurezza, nello specifico della prostituzione. I numeri forniti – oltre 2mila 200 presenze nel 2013 tra Gad e arterie tipo via Bologna, Wagner, zona industriale – ci impongono di guardare in prospettiva e di portare il tutto all’attenzione del Consiglio Comunale. Fatto salvo che i controlli delle forze dell’ordine esistono, fatto salvo l’impegno costante del Centro Donna Giustizia grazie anche ai progetti con l’Usl, fatto salvo che è un problema davvero difficile da affrontare, come hanno ammesso gli stessi relatori, bisogna trovare strumenti per contenerlo, perché debellarlo è impossibile. Sono i dati a rivelarlo: 1 un uomo su 4 va a prostitute, quindi la domanda c’è. Così come i disagi: quelli delle famiglie che hanno la prostituta sotto casa, quelli della prostituta che utilizza l’aborto come contraccettivo, quello di una Ferrara che sta sempre più degradando. E’ stato portato l’esempio di Mestre, che ha attuato il progetto Zoning, creando una sorta di area deputata così da poter gestire i problemi correlati, da quelli igienico sanitari a quelli di ordine pubblico. Ed è notizia di questi giorni che a Roma, in una area del IX Municipio da individuare, partirà ad aprile una sperimentazione per liberare il quartiere Eur, così da tenere sotto controllo il fenomeno e contrastare la tratta. Il tutto in nome del recupero sociale. A Ferrara, durante l’incontro, l’ipotesi è stata avanzata dai comitati, pensando all’area del Mercatone, fuori dal centro abitato. Un discorso di questo tipo richiederebbe una regia, con tutti i soggetti coinvolti, dalla Prefettura al Comune. E risorse. Si potrebbe senz’altro obiettare che significherebbe legittimare la prostituzione, quando nessuno di noi, credo, può ritenersi a favore. Senza contare il rischio che non avendo più il problema sotto gli occhi potremmo dimenticarcene, lasciando inalterati quelli di spaccio e furti, ossia tutto ciò che attiene alla micro criminalità, oggi più che mai all’attenzione della comunità e dei media, soprattutto per la zona Gad. Daremmo una risposta parziale all’allarme complessivo sicurezza. Il punto però è che la questione esiste in tutte le sue articolazioni. La fotografia della prostituzione ferrarese, anche grazie all’incontro di giovedì, ora l’abbiamo. Dobbiamo però dare seguito aprendo un vero e proprio confronto, mettendo sul tavolo progetto concreti, pro e contro, da valutare nel rispetto della vocazione di Ferrara, non importandoli punto e basta, ma costruendoli ad hoc sulla base delle nostre necessità e vulnerabilità. Per questo ritengo debba essere coinvolto il Consiglio. Non fermiamoci ai numeri del fenomeno. Anche perché sono gli stessi numeri di chi vi ricorre, alla prostituzione, ad insegnarci che il problema non è solo ‘fuori’ casa.

Paola Peruffo, Consigliere comunale Forza Italia

La settimana dell’Apollo Cinepark comincia sulle ali dell’immaginazione

da: ufficio stampa Apollo Cinepark

La settimana dell’Apollo Cinepark comincia sulle ali dell’immaginazione!
Lunedì 9 febbraio è infatti in programmazione “Birdman”: il film di Alejandro Gonzàlez Iñárritu, candidato a 9 Oscar, tra i quali anche quello per miglior film, sarà a disposizione per una sola sera in lingua originale con i sottotitoli in italiano.
Martedì 10 si rinnova poi l’invito al museo con “Rembrandt” nella rassegna Apollo Arte e Cultura. Alle ore 21.00 e per una sola sera, dalla National Gallery di Londra e dal Rijkmuseum di Amsterdam prende il via un viaggio alla scoperta dell’artista protagonista assoluto del secolo d’oro olandese, un viaggio tra i segreti dei volti che, come diceva Ernst H. Gombrich, solo gli occhi sagaci e attenti di Rembrandt paiono riuscire a svelare.
Uno straordinario ed imperdibile appuntamento alla scoperta del Rembrandt ricco e rivoluzionario degli ultimi anni, con la serie di autoritratti e gli eccezionali chiaro scuri de La Ronda di Notte, in un mix di storia di vita dell’artista e di dietro le quinte della mostra.

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Maltempo, dalla Regione 2,5 milioni di euro per far fronte alle prime emergenze

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Maltempo, dalla Regione 2,5 milioni di euro per far fronte alle prime emergenze. Incontro a Ravenna del presidente Bonaccini con sindaci, presidenti delle Province e delle Unioni dei Comuni colpiti da maltempo e allagamenti. Presenti gli assessori Gazzolo, Petitti e Corsini

Due milioni e mezzo per interventi urgenti per far fronte alle emergenze prioritarie dopo il maltempo che ha colpito da ieri la regione. Ricognizione in tempi stretti dei danni per avanzare la richiesta di stato di emergenza nazionale al Governo.

E’ quanto stabilito oggi nel corso dell’incontro convocato questa mattina dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini nella sede del Comune di Ravenna.

Presenti i presidenti delle Province e dei Comuni capoluogo della costa particolarmente colpiti dal maltempo e dagli allagamenti (Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini), oltre ai presidenti delle Unioni dei Comuni, agli assessori regionali alla Protezione civile Paola Gazzolo, al Bilancio Emma Petitti, al Turismo Andrea Corsini e al direttore dell’Agenzia regionale di Protezione civile Maurizio Mainetti.

“Le risorse saranno destinate ai territori colpiti da maltempo e mareggiate sulla base del quadro che i presidenti delle province ci presenteranno”, sottolinea Bonaccini. “La priorità è far fronte alle emergenze prevalentemente per la costa che è stata toccata da un evento di carattere eccezionale, con picchi d’onda e mare combinati insieme ma stiamo monitorando la situazione in tutta la regione soprattutto per verificare i danni a seguito delle nevicate dei giorni scorsi. Appena terminata la ricognizione sul territorio, che avverrà in tempi molto stretti, avremo modo di procedere anche alla richiesta di riconoscimento dello stato d’emergenza per le calamità naturali e per i relativi aiuti statali. Va aggiunto, per ora, il ringraziamento a tutti gli operatori e i volontari, agli Ento locali e alle Prefetture che hanno lavorato fin dalle prime ore e che sono ancora impegnati nella gestione dell’emergenza”.

Per quanto riguarda l’aggiornamento della situazione meteorologica, la Protezione civile conferma lo stato di attenzione fino a stasera, poi il meteo migliorerà anche se si abbasseranno temperature e saranno possibile gelate.

Gal Delta 2000: lunedì 9 a Comacchio la premiazione del concorso “Diventa classe Green” alla presenza dell’assessore regionale Patrizio Bianchi

da: ufficio stampa GAL Delta 2000

Lunedì 9 a Comacchio la premiazione del concorso “Diventa classe Green”, alla presenza dell’assessore regionale Patrizio Bianchi

E’ in programma nella mattinata di lunedì 9 febbraio, a Palazzo Bellini a Comacchio, la premiazione del Concorso “Diventa classe Green”, all’interno del progetto “Greenjobs: il futuro è green”, realizzato dal Gal Delta 2000 in collaborazione con la cooperativa Atlantide, con i fondi dell’Asse 4 Leader.

Molteplici gli obiettivi dell’iniziativa, che si è sviluppata nel corso della prima parte dell’anno scolastico: diffondere la conoscenza sulle opportunità professionali relative ai green jobs, dando impulso a una nuova e più ottimistica visione del futuro da parte dei ragazzi; diffondere e valorizzare le buone pratiche di Green Economy; far conoscere le implicazioni ambientali collegate alle diverse professioni Green; promuovere la valorizzazione delle risorse ambientali e la loro tutela.
Il tutto grazie a percorsi di educazione ambientale che hanno affrontato il tema della Green Economy e dei Green Jobs, a cui hanno partecipato numerose classi delle scuole secondarie di secondo grado (ex scuole superiori) dei Comuni dell’area Leader del Delta emiliano-romagnolo, tra le province di Ferrara e Ravenna.

Al termine dei percorsi di educazione ambientale, sono pervenuti al Gal 23 elaborati da parte delle classi partecipanti; l’apposita commissione ha selezionato i 6 finalisti tra i quali, il giorno della premiazione, verranno premiati i vincitori assoluti.

Il programma della giornata vede alle 10 i saluti del sindaco di Comacchio, Marco Fabbr; quindi Lorenzo Marchesini, presidente del Gal Delta 2000, parlerà dei Green Job come opportunità di crescita nel Delta del Po. La presentazione del progetto è affidata ad Andrea Quadrifoglio, presidente della coop. Atlantide; a seguire Massimo Medri, presidente del Parco del Delta del Po, farà il quadro delle opportunità e prospettive dei Green Job nel Parco del Delta. Le conclusioni sono affidate a Patrizio Bianchi, assessore alla Scuola della Regione Emilia-Romagna: dopo il suo intervento, alle 11.30, l’esposizione delle opere delle sei classi finaliste e la premiazione dei vincitori.

Premiazioni Campioni Nazionali delle bandiere

da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

Questi ragazzi sono straordinari, come i più grandi atleti sanno regalare emozioni, lacrime e sorrisi pagandoli con ore e ore di allenamento, dedizione, sacrifici personali e familiari ed è per questo che stasera li vogliamo festeggiare ed è per loro che abbiamo voluto fortemente portare la tenzone Aurea qui a Ferrara”. Con queste parole Alessandro Fortini, presidente dell’Ente Palio, ha parlato delle decine di atleti che oggi pomeriggio si sono affollati nella Sala del Consiglio Comunale di Ferrara assieme alle loro famiglie, ai loro allenatori e sostenitori per ricevere le onorificenze dal parte del Comune di Ferrara per le vittorie conseguite nelle manifestazioni nazionali di Bandiere nel corso del 2014.
A fare da padrone di casa Girolamo Calò, Presidente del Consiglio Comunale di Ferrara, che ha salutato i presenti ringraziandoli per tutto il loro entusiasmo, augurando buon lavoro ai più giovani e raccomandandosi ai più grandi con un netto “continuate così!”
A fargli eco è intervenuto poi Aldo Modonesi, assessore al Palio del Comune di Ferrara, che ha espresso la soddisfazione per quello che il mondo della bandiere significa per Ferrara: “Tutti voi – ha detto agli atleti presenti – campioni piccoli e meno piccoli, in giro per le piazze d’Italia portate in alto non solo i colori delle vostre Contrade ma il nome della vostra città. Per questo – ha aggiunto Modonesi – questo di oggi pomeriggio è un modo semplice quanto significativo per ringraziare voi e tutti quanti vi seguono e vi sostengono.”.
Ma Modonesi non è riuscito a trattenere poi la novità del giorno: “Mancano meno di 100 giorni alle gare di maggio, stiamo entrando nel vivo degli allenamenti e dopo maggio avremmo tutti l’impegno dei Nazionali Assoluti, l’appuntamento di Rione Santa Maria in Vado che curerà una delle fasi di qualificazione ai campionati e siccome non c’è due senza tre ci siamo fatti prendere la mano e ….” . A raccogliere l’assist dell’Assessore è intervenuto quindi il presidente dell’Ente Palio Fortini che, dopo aver doverosamente ringraziato tutti ha annunciato che L’Ente Palio e il Comune di Ferrara hanno deciso di avanzare la candidatura della città anche per i Campionati Nazionali Under di bandiere, che si potrebbero quindi svolgere in città fra il 27 e il 29 giugno prossimi.
Prima di passare alla consegna delle targhe di riconoscimento è stato tributato un sincero e caloroso applauso al ricordo di Matteo Chiodi, musico di Borgo San Giovanni prematuramente scomparso la scorsa estate che ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti quanti lo hanno conosciuto.

§ Singolo Tradizionale 1^ Fascia: BORGO SAN GIOVANNI Edoardo Sacchi
§ Coppia Tradizionale 1^ Fascia: RIONE SANTA MARIA IN VADO Aaron Sango Lengue – Cesare Minciotti
§ Piccola Squadra 1^ Fascia: BORGO SAN GIACOMO Matteo Aguiari – Mattia Bocchi – Luca Marzola – Giulio Pasquali – Luca Pasquali – Matteo Romani
§ Grande Squadra 1^ Fascia: BORGO SAN GIACOMO Matteo Aguiari – Mattia Bocchi – Lorenzo Giberti – Luca Marzola – Giulio Pasquali – Luca Pasquali – Davide Poli – Matteo Romani
§ Coppia Tradizionale 2^ Fascia: RIONE SANTO SPIRITO Simone Franceschetti – Alessandro Scapoli
§ Singolo Tradizionale 3^ Fascia: RIONE SANTA MARIA IN VADO Alessandro Tortorici Piccola
§ Squadra 3^ Fascia: BORGO SAN GIACOMO Emanuele Bigoni – Marco Piatto – Paolo Sarti – Mattia Vedovato
Campionato Nazionale Sbandieratori – Tenzone Aurea Lecce:
§ Coppia Tradizionale: BORGO SAN GIACOMO Andrea Baraldi – Giacomo Malagoli
§ Piccola Squadra: BORGO SAN GIACOMO Andrea Baraldi – Alessio Ferrari – Davide Ferrari – Giacomo Malagoli – Sebastiano Musacci – Fabio Piatto
Campionato Nazionale A2 – Lugo:
§ Singolo Tradizionale: BORGO SAN GIOVANNI Nicolò Chiodi
§ Coppia Tradizionale: BORGO SAN GIOVANNI Nicolò Chiodi – Simone Ramari
Flag Ranking
§ Singolo Tradizionale: BORGO SAN GIACOMO Andrea Baraldi
§ Coppia Tradizionale: BORGO SAN LUCA Andrea Colosi – Oronzo Marrazzo

SPECIALE FE vs FE
Panfilio, riaprire l’ultimo tratto per rendere più suggestivo l’arrivo al castello

Proviamo ad immaginare questa scena che viene riportata in “Genealogia del canale Panfilio di Ferrara” scritto storico del 1845 ad opera del colonnello Francesco Avventi.
“Per continuare cronologicamente la storia del Canale, che ci serve di argomento, conviene rammemorare le nozze seguite in Ferrara nel 1598, di Filippo III re di Spagna con Margherita d’Austria rappresentato il primo da Alberto Arciduca d’Austria, e la seconda dal Duca di Sessa. Tra i molti spettacoli, feste, ed allegrezze che si praticarono in quella circostanza, nella quale vi assisteva di presenza il Pontefice Clemente VIII, dobbiamo citare che ni 15 di novembrenfu eseguita una Regata, o Corsa di Barche nel Canale dei Giardini, che si tenevano allora ad un livello d’acqua eguale a quello del Castello. La corsa fu eseguita da trenta donne Comacchiesi, che furono chiamate a Ferrara per questo oggetto. Stavano tali donne in quattro per barchetta: tre remigando, e la quarta seduta in poppa coronata di fiori suonando il Crotalo: le Barchette erano sei distinte dai varoi colori de’ vestiti delle remiganti, e corsero a tre per volta: era la Meta al punto ove le fosse mettono capo in faccia alla Giovecca: il Pontefice ed i Principi ne furono spettatori dalla loggia annessa alla Torre dei Leoni verso tramontana. Le vincitrici furono premiate con tele di raso, e le altre con altri doni, e la festa riuscì a tutti molto gradita, tanto più che nel corso alcuna di quelle donne fingeva cadere nell’acqua e poi nuotando rimettevasi nei piccoli legni”.

Il canale Panfilio che collegava il Po da Pontelagoscuro fino al castello di Ferrara, non serviva dunque solo come via d’acqua per il trasporto delle merci, ma veniva anche valorizzato come elemento ludico del paesaggio. Un’accezione importante che ci fa subito pensare a Venezia, e ci racconta di tempi in cui la città era vivace e intraprendente.
A pensare a quel che c’è ora in quell’ultimo tratto dell’antico canale, quel che va dalle poste centrali al castello, quel ben triste giardinetto, con quei ben tristi palazzi e quel tetro porticato, viene davvero la voglia di prendere la pala e scavare per riportare alla luce l’antico fossato.
Al castello, per chi viene dalla stazione, manca la prospettiva che merita, manca quell’avvicinamento progressivo e maestoso, quell’ingresso trionfale, quel tappeto rosso urbanistico che invece un corso d’acqua potrebbe dare.
Non si propone di riaprire l’intero tratto del canale Panfilio, sarebbe bellissimo ma inverosimile, si dice: perché non ripristinare quel breve tratto di canale dove ora ci sono i giardinetti cosiddetti della Standa?

I detrattori subito dicono: diventerebbe una pattumiera liquida a cielo aperto, un enorme brodo di coltura per le zanzare. Ma no, perché allora lo stesso dovrebbe valere anche per l’acqua del Castello, vogliamo togliere anche quella? Non è prosciugando ogni goccia d’acqua che la nostra città diventa più salubre. L’acqua è anzi elemento vitale dell’ecosistema, ma anche dello spirito. Soprattutto per Ferrara, dove terra e acqua coesistono da sempre e ogni cosa ne evoca la presenza. E quando non c’è l’acqua attorno a noi, manca, crea un senso di vuoto.

I detrattori dicono anche che ora in quei giardini si ritrovano le badanti, i migranti dell’est, che hanno ridato vita ad un luogo che i ferraresi snobbavano. E’ vero, ma mica se ne dovrebbero andare… avrebbero anzi le suggestive rive del canale, con panchine e chioschi dove continuare a incontrarsi. E forse a loro si unirebbero tanti curiosi attratti da questa antica novità riportata alla luce. Si potrebbero liberare, come in Castello, specie di pesci che possono controllare il proliferare delle zanzare. E quello specchio d’acqua potrebbe anche servire all’università per svolgere delle ricerche, al vicino Museo di storia naturale per delle attività e delle visite. E ci si potrebbero riportare le barchette per crogiolarsi d’estate.

I detrattori dicono infine che è una spesa inutile, che è una cosa che non serve a niente in questo momento di crisi. Innanzitutto non sarebbe una spesa così ingente, perché non si tratta di edificare, ma di scavare e recuperare qualcosa che sotto c’è già, anzi potrebbero anche emergere le antiche rive.
Inoltre se debitamente sfruttato e promosso, il recupero di questo breve tratto di Canale, potrebbe generare piccole attività economiche tutto attorno, e riportare vita in una zona che ora è di puro transito, nonostante sia a ridosso del più importante edificio storico della città.
Infine farebbe bene agli occhi e allo spirito, come scrive ancora il colonnello Avventi, raccontando che nonostante negli ultimi tempi fosse stato sempre più abbandonato, il Canale regalava scorci suggestivi.

“Quantunque però degradato, ci conserva tutt’ora un vago e prospettico punto di vista all’occhio guardandovi dalla Giovecca alla Spianata, od all’inversa dai Ponti che lo attraversano alla gigantesca mole dell’Estense edifizio; ed è principalmente osservandolo dal Ponte della Rosa e dalla sponda del Canale, che fa di sé miglior mostra il sontuoso monumento; infatti tra l’infinito numero di stampe, dipinti, quadri, nei quali lo vediamo rappresentato, egli è dall’indicato punto del Canale Panfilio, che ne trassero ad ammirarlo i più abili disegnatori. Che se poi ti piaccia recarti in quella stanza del Castello stesso ove è posta la loggia, o su quell’angolo della loggia che volge a quella parte, spingendo di colà lo sguardo lungo i ponti che il canale attraversano e sull’ora in ispecie del tramonto; ne avrai una prospettiva di sorprendente aspetto”.

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SPECIALE FE vs FE
Panfilio, rischio veleni e zanzare

di Marco Contini*

Sabato sera ero a casa, in cucina, quando mia moglie – indicando una macchia sulla credenza che lì per lì ho scambiato per un baffo di Nutella – mi fa: “Guarda un po’ chi c’è”. Inforco gli occhiali e guardo meglio. E’ una zanzara. Viva e vegeta. Il 17 gennaio!
Avendo tolto la zanzariera dal letto a metà ottobre, ho fatto fatica ad apprezzare la profonda ironia di quella visita. Nemmeno tre mesi di requie, e quelle bestiacce sono di nuovo tra noi.
Bella forza, direte. C’è il riscaldamento globale, l’inverno ancora non si è visto, nel pomeriggio il termometro segna stabilmente i 15 gradi, e tu ti stupisci delle zanzare.
Niente di più falso. Non mi stupisco affatto.
Semmai, mi preoccupo. So che il mio punto di vista è particolare, e non pretenderò dunque di incarnare l’interesse generale. Ma da abitante di via Alberto Lollio, vale a dire di quello che in caso di ripristino del Canale Panfilio sarebbe il retrobottega del lungofiume, non posso negare che l’idea di essere letteralmente assediato da quei piccoli, fastidiosissimi vampiri mi garba poco.

Mi spiego. Guardando verso Nord, tra l’alveo principale del fiume Po e il centro città non c’è ostacolo alcuno. Da Pontelagoscuro e Francolino, passando per gli stagni del Parco Urbano, già ora orde di zanzare compiono indisturbate le loro sanguinose scorribande.
Provate quindi a immaginare cosa succederebbe con la riapertura del Panfilio, e con la sua automatica colonizzazione zanzarista. L’intera Addizione Erculea verrebbe completamente accerchiata, come nemmeno i Greci alle Termopili.
Quanto a Corso Ercole d’Este, che Lord Byron elesse a strada più bella d’Europa, diventerebbe l’equivalente dell’Autosole degli insetti. E Palazzo dei Diamanti, con le sue code di turisti sudati, l’equivalente dell’autogrill di Campogalliano.

Ma la verità, ahimé, è che le zanzare sono l’ultimo dei problemi. Perché con un buon arsenale di Autan e zampironi, e con una disinfestazione settimanale – se solo il Comune avesse i soldi per farla – potremmo comunque sopravvivere. Ho qualche dubbio, invece, che riusciremo a reggere all’impatto ambientale.
Spero mi perdonerete il repentino cambio di registro, dall’ironico al serioso.
Il fatto è che Ferrara è circondata dall’acqua. Sporca.
Il Grande Fiume, ai margini settentrionali della città, è una meraviglia. Ma all’altezza di Ferrara ha già raccolto gli scarichi di una delle più straordinarie concentrazioni mondiali di fabbriche tessili, metalmeccaniche e chimiche, senza contare le acque reflue dell’industria alimentare e degli allevamenti dei maiali. Madre Natura è potentissima, lo sappiamo, e assorbe tutto. Ma certo non si può dire che il Po veicoli le “chiare fresche e dolci acque” cantate dal Petrarca.
A sud, il Po di Volano è una cosa immonda. Un acquitrino putrescente dove i pesci morti sono più sani di quelli vivi e in cui il fango è cresciuto a tal punto da far incagliare una pizzeria.
A est ‘ghe gnent, per fortuna.
Mentre a Ovest, dove il Panfilio nasce, abbiamo il Petrolchimico.
Eh già.

Perché dietro all’idea di recuperare l’anima veneziana di Ferrara, non c’è un torrente di montagna, ma l’incrocio tra il Canale di Burana e il Canale Boicelli. Vale a dire, tra le due principali fogne industriali della nostra città.
Essendo tutti noi nati dopo il 1880, finora non ce n’eravamo accorti. Ma l’acqua che ristagna attorno al nostro meraviglioso Castello, da lì viene. Ora capite perché puzza così tanto?
Provate allora a immaginare quella stessa acqua, con dentro pescigatto malati di cancro che danno i loro ultimi colpi di pinna, che sprigiona i suoi miasmi per altri 300 metri in uno dei posti più belli di Ferrara.
Oggi quei giardinetti – bruttini, bisogna ammetterlo – li abbiamo dedicati al 20 e 29 maggio 2012, i giorni del terremoto.
Domani – per coerenza, oltre che in omaggio al nostro meraviglioso dialetto – il nuovo lungofiume dovremmo battezzarlo “Passeggiata dell’Aldamar”.
Ai ragazzi dell’Ariosto e del Roiti, e agli studenti universitari, quel nome piacerebbe un sacco. Sicuramente, con quel nome, ne farebbero un nuovo punto di ritrovo. Sarebbe contento anche il monsignor vescovo, che finalmente vedrebbe sorgere un postribolo alternativo al sagrato della sua santa cattedrale.
Ma forse Ferrara non ci guadagnerebbe. Anzi.

A meno che l’amministrazione non s’impegni a costruire un depuratore, da qualche parte tra la stazione ferroviaria e il palazzo delle Poste.
Sarebbe contenta Hera, che verrebbe chiamata a gestirlo. Brinderebbe il Consorzio Cooperative Costruttori, che vincerebbe l’appalto dei lavori di scavo. E respireremmo noi, i ferraresi.
Come dice il proverbio, “prima pagare moneta, poi vedere cammello”.
Ecco. “Prima costruire depuratore, poi scavare canale”.

* giornalista, vive a Ferrara. Attualmente è responsabile dell’edizione web di Repubblica Bologna, già al Manifesto, a Cnn Italia sede di Atlanta, Repubblica redazione centrale di Roma

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SPECIALE FE vs FE
Centro storico, via mercato, auto e taxi dal cuore monumentale della città

La diatriba in città è ormai ultradecennale. I taxi infatti hanno il permesso di sostare in piazza Savonarola da sempre, gli ambulanti del mercato del venerdì di invadere regolarmente il centro storico da più di dieci anni, centinaia tra auto e autobus scorrazzano liberamente ogni giorno in Corso Martiri.
Negli anni, a più riprese, cittadini, politici e organi di stampa [vedi] sono ritornati sul fatto che tutto ciò rappresenti uno scempio, che deturpi i monumenti e nasconda la bellezza della città estense, e che male si addica ad una città che fa dell’essere pedonale e ciclabile il suo fiore all’occhiello: Piazza Savonarola non è più dato vederla sgombera godendo della perfezione delle sue geometrie, perché i taxi insistono sull’area quotidianamente; il venerdì mattina camioncini e bancarelle invadono il Listone, Piazza Duomo e Corso Martiri occludendo la vista della cattedrale, del Castello e anche della rinnovata Piazza Trento Trieste. Tutto viene coperto, offeso e oltraggiato.
Oggi però con la legge Art Bonus abbiamo una speranza in più. Anzi, un dovere. La legge, approvata a luglio, contiene anche una norma molto importante per garantire il decoro attorno ai monumenti [vedi].
Ancor prima che il decreto Art Bonus diventasse legge, sulle pagine di ferraraitalia era stato risollevato il problema [vedi].
Armati di una legge firmata Franceschini, riproponiamo quindi con forza la liberazione del centro storico per renderlo più vivibile e attrattivo. Auspichiamo nello specifico che:

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Cartello in Piazza Castello: tutti i permessi concessi nell’area pedonale del centro storico

1) vengano revocati i permessi di circolazione alle auto (tutte le auto, anche quelle delle forze dell’ordine, dei politici, ecc.);
2) venga revocato il permesso di circolazione degli autobus, se non ecologici;
3) vengano revocate le concessioni agli ambulanti e scelto un altro luogo per riallocare il mercato, sempre in centro e senza danneggiare ambulanti e commercianti (Porta Reno, Piazza Travaglio, Montagnone);
4) vengano revocati i permessi per parcheggiare i taxi e scelto un altro luogo di sosta (Porta Reno o il tratto che fiancheggia il Castello tra Cavour e Piazza Repubblica o ancora il lato di Piazza Repubblica prospiciente la chiesa di San Giuliano).

In occasione dell’incontro, abbiamo consultato e interpellato il Presidente di Italia Nostra (sezione di Ferrara) Andrea Malacarne che si è espresso sostanzialmente in linea con queste posizioni: “Da sempre Italia Nostra auspica che vengano evitati caos, brutture e l’invasione periodica del centro storico, proponendo di trovare spazi deputati che siano meno invasivi rispetto alla vita della città. Occorre una riflessione su questi temi.”

DOCUMENTAZIONE
Regolamento comunale “Disciplina in materia di commercio su aree pubbliche” [vedi]
Categorie permessi ZTL [vedi]

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SPECIALE FE vs FE
Centro storico: la città va vissuta, non imbalsamata

Mi cimento in un compito ingrato, per dovere d’ufficio: in assenza del relatore designato devo difendere una causa contraria alle mie convinzioni. Farò per questo appello all’ars retorica. D’altronde i sofisti qualcosa ci hanno insegnato…

Dunque posso dirvi che sì, certo, la città-cartolina è una bella suggestione, piace a tutti. Ma una città è un organismo vivo, pulsante e il rischio che non dobbiamo correre è proprio quello di museificarla, di blindarci nella storia. La città è fatta di attività e di persone che la vivono. E la vita è anche bisogni concreti: scambi, servizi, funzioni, commercio. Possiamo ragionevolmente immaginare di disciplinare il traffico, ma senza eliminare le auto del centro. E attenzione, non stiamo facendo un favore ai commercianti, i bisogni sono anche quelli nostri di cittadini e consumatori. Pure chi vive in centro ha necessità dell’antennista o dell’idraulico, e l’artigiano non si può caricare tutto in spalle, ha necessità di muoversi.
Le esigenze sono varie e diverse, vanno contemperate con tolleranza.

Abbiamo sempre il rimpianto del bel tempo perduto. Nell’Ottocento non c’erano la auto, c’erano le carrozze. Ah che bello! Già ma le carrozze non viaggiavano in forza di vento, c’erano i cavalli a trainarle e il loro ‘carburante’ lo depositavano lungo via; e non è che profumasse di rose e di viole. Quindi, se mi passate la battuta, una forma di inquinamento c’era anche allora…
Diciamo più seriamente che ogni epoca ha i suoi disagi da sopportare.

E poi per concludere vogliamo considerare la pericolosità? Non ci risultano incidenti fra auto e pedoni in centro storico, e a ben vedere i maggiori rischi per i passanti vengono da quegli spericolati ciclisti estensi che si sentono signori e padroni del territorio.

Quindi io ribadisco: tolleranza e auto per quel che serve. Anche a vantaggio degli anziani e delle persone disabili, perché la città è di tutti e tutti devono poterne godere.

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Grattacieli, uno sfregio da eliminare

Il grattacielo è uno sfregio estetico alla città, è evidente che la classe politica sotto la quale è stato partorito e contestato fin dagli anni ’60 da un intellettuale come Giorgio Bassani, non aveva il senso della bellezza. Del resto le cose non sono cambiate molto, basta guardare Darsena City per sentirsi in una città dove il passato colto è stato dimenticato per cedere alle tentazioni della peggior modernità.
Chi ha progettato le due torri poteva anche copiare da esperienze illuminate, il mondo ne è pieno. E poi, costruire spingendosi verso l’alto non significa per forza infilarsi in un tunnel architettonico irrecuperabile anche per i più fantasiosi e dotati professionisti. C’è chi per provocazione vorrebbe cancellare il grattacielo con un’operazione di demolizione tout court, come il presidente dell’Ordine degli architetti Diego Farina, mentre lo pensa per davvero l’82 per cento degli oltre cinquecento ferraresi che hanno risposto al sondaggio promosso dalla Nuova Ferrara. I numeri però restituiscono un problema diverso, di ordine pubblico piuttosto che estetico, legato a spaccio, microcriminalità, degrado e alla presenza di extra comunitari che delinquono e di altri che vivono una dimensione estranea alla nostra, per lo più in contrasto con le regole da noi condivise. Inutile il buonismo. Abbattere il grattacielo, dove abitano 200 famiglie, molte delle quali coprono le spese inevase di altri, non risolve e non elimina la presenza degli “indesiderati”, può solo consolare gli offesi nel proprio gusto estetico.
E allora da dove comincia la riqualificazione del Gad, il quartieraccio della stazione? Credo sia bene abbattere, ovviamente nel portafoglio, chi affitta in nero, intasca i soldi e poi si lamenta del crollo dei prezzi delle case.

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I grattacieli, un contenitore per raffinati atelier

La città è importante a seconda di chi e di come la vive. Anche il grattacielo è un contenitore che va valutato come struttura e non per il suo contenuto. Pensiamo a come viene utilizzato prima di abbandonarlo. Valorizzare i contenitori con i contenuti è un bell’esercizio architettonico, ma anche un dovere sociale. Così hanno fatto da molte parti come ad esempio a Pechino in cui hanno trasformato una fabbrica di armi a guerra in un contesto di atelier di artisti contemporanei ed è diventato un centro di riferimento per l’arte contemporanea. Allora la domanda da porci è: se nel grattacielo ci vivessero architetti, ingegneri, professionisti, lo percepiremmo allo stesso modo? Il problema è il grattacielo o chi vive nel grattacielo? Dunque la questione non è abbattere il grattacielo, ma analizzarlo nella sua problematica di emarginazione. Il grattacielo deve essere valorizzato per integrarsi nel vivere meglio dentro la nostra bella città. I grandi architetti, e in sala alcuni sono presenti, sono innanzitutto dei sociologi che pensano prima alle persone e ai loro spazi e poi progettano i contenitori in cui esse abiteranno e vivranno. Allora io credo che si debbano rivalutare tanti spazi vuoti o mal gestiti (e a Ferrara ce ne sono tanti) riportandoli ad una dimensione più umana, più sensibile al vivere che non al sopravvivere. Pensiamo allora a come rivitalizzare questi patrimoni architettonici, non a distruggerli.

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Duchesse, cancellare quel senso di abbandono

Al fine di ragionare su una possibile utilizzazione di questo spazio, indubbiamente carico di storia e di suggestioni, è importante avere bene il mente cosa fosse questo luogo. Come noto il cosiddetto “giardino delle duchesse” fu voluto da Ercole I d’Este e realizzato fra il 1473 ed il 1481, presumibilmente come piccola oasi di pace e di bellezza all’interno del palazzo ducale, di cui era parte integrante. Circondato da un loggiato che lo collegava alla corte, era strutturato come un classico giardino rinascimentale, con alberi da frutto, piante medicinali e siepi di bosso potate secondo forme geometriche, come comandava il gusto dell’epoca.
Quel che rimane di quel luogo è oggi un cortile sconnesso, parzialmente occupato da manufatti del tutto estranei realizzati nel corso dei secoli ed usato fino a pochi anni orsono come deposito a cielo aperto dalle varie attività commerciali che affacciano su piazza Municipale, che ha completamente perduto ogni sia pur vaga reminiscenza dell’originale. Soprattutto si è perso irrimediabilmente il contesto in cui il giardino era inserito, in quanto le profonde modifiche strutturali e di destinazione d’uso degli edifici circostanti, intervenute nel corso dei secoli, hanno cancellato completamente il loggiato originario, di cui rimangono solo vaghe tracce in alcuni muri perimetrali, che facevano parte integrante del palazzo ducale. Quello che ci rimane è quindi un luogo completamente snaturato di cui è impensabile ipotizzare un ripristino. Che farne dunque?
Si tratta in ogni caso di uno spazio privilegiato, centralissimo e, come detto, pur sempre carico di suggestioni. L’uso che se ne è fatto sinora, quale sede improvvisata di mercatini di ogni genere, piste per il ghiaccio e similari non gli rende giustizia e rischia di accentuare, soprattutto quando non viene utilizzato, l’idea di abbandono e di incuria.
E’ invece possibile pensare ad una sua sistemazione che, da un lato, ne migliori l’aspetto, facendone un luogo gradevole con una precisa destinazione d’uso, mentre, dall’altro, possa in qualche modo richiamarne la funzione originaria. Si potrebbe immaginare, ma è solo un esempio, un luogo di ristoro (tipo una caffetteria o qualcuna delle tante variazioni sul tema) che d’estate ospiti la sera spettacoli musicali in acustico, pubbliche letture, ecc. Nell’ambito dei lavori di miglioria, oltre alla collocazioni di adeguati elementi di arredo urbano, si potrebbe pensare di abbattere i corpi di fabbricato che ingombrano una parte consistente dell’area, recuperandone così il più possibile la forma rettangolare. Al fine di rievocarne l’antica destinazione su uno dei muri perimetrali potrebbe poi essere proiettata l’immagine ipotetica, resa al computer, del pergolato originario. Alcuni cartelli che, discretamente, ricordassero la storia del luogo assieme a quella dell’antico palazzo ducale sarebbero altrettanto apprezzabili.

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Duchesse, apologia delle assenze

“Marcel Proust voleva scrivere un romanzo sul nulla e non c’è riuscito. Dovrei riuscirci io?” – si chiede Jep Gambardella in una delle sue estemporanee riflessioni dolcevitiche con vista Colosseo, nonostante il passaggio forse più stupefacente dell’intero film sia la visione di un portone che si apre, quasi magicamente, sotto le mani pallide ma ferme di chi possiede le chiavi dei più bei palazzi di tutta Roma.

No, non paragonabili in alcun modo, gli splendidi giardini delle dimore principesche romane, classiche e perfette, e quelli decadenti, sfasciati, abbandonati delle Duchesse di Ferrara, originariamente Giardino del Duca.
E no, non minimamente pensabile l’angolo di Natura nella città congestionata, o il bosco sull’autostrada che Italo Calvino suggeriva al malinconico e ingenuo Marcovaldo.
‘Giardino’, una porzione di superficie limitata e racchiusa, ripescando la radice indogermanica (dalla parola gart, ‘circondare’). Due porte che lo aprono su via Garibaldi e su Piazzetta Castello, dense di passi che si susseguono veloci e indifferenti oggi come ieri. Fuori da quelle due porte il mondo di oggi; dentro, silenzioso, lugubre, immobile, fermo immagine di tronchi e foglie e palazzi dai muri scrostati, intatti in un passato rovinato, non certo rovinoso. Quello di una vita fa, impossibile a ripetersi ma ancora presente, quando il proprietario di quei passi butta l’occhio dentro e può colpirlo quell’istinto di un esasperato Romanticismo carico di languore e sonnolenza.

Istinto non giustificabile razionalmente, da chi come me completamente digiuno di architettura, numeri e ristrutturazioni; se non con la parte destra del cervello, quella dedita all’arte, all’immaginazione, alla poesia.
Se tuttavia di “schifo” si vuol parlare, allora parliamo del brutto e scusiamolo, nei suoi recessi più innominabili. Umberto Eco convince entusiasticamente e storicamente nella sua “Storia della bruttezza”, Iginio Ugo Tarchetti rende Giorgio innamorato folle della ripugnante Fosca, dalla quale l’aitante militare riesce a staccarsi solo con la morte di lei. Buttati a testa bassa nel subcosciente, nella contemplazione statica di quell’angolo voluto nell’ambito delle trasformazioni edilizie promosse da Ercole I d’Este che fecero assumere al Palazzo Ducale l’assetto planimetrico attuale.
E, se è vero che le cose devono cambiare per poter restare le stesse, come scriveva Tomasi di Lampedusa, allora che la parola ‘ripristino’ entri nel Giardino delle Duchesse; purché ci entri a piccoli passi, così come a piccoli passi la nobiltà lascia il passo alla borghesia del neonato Regno d’Italia. Come la bambina del “Giardino segreto” di Francis Burnett che, con infinita e amorevole cura, riporta fiori e natura in un desolato spazio scevro d’amore.

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Ricordi attorno ad un albero di mele

Nelle Sacre scritture si racconta che al centro del Paradiso terrestre ci fossero due alberi, quello della vita e quello della conoscenza. Sappiamo com’è andata a finire la storia, Eva non seppe resistere alle lusinghe del serpente e decise di addentare il frutto proibito, peccando così di presunzione e condannando l’umanità ad una vita libera, ma decisamente dolorosa. L’iconografia ci mostra questo frutto come una mela, un frutto ben noto nell’antichità e che troviamo protagonista di altri miti e leggende. Il furto delle mele d’oro del giardino delle Esperidi, era l’obiettivo di una delle imprese di Ercole che riuscì nell’intento con una serie di astuzie e, sempre con una mela, Paride, giovane e aitante, doveva fare un dono alla dea più bella. Gli dei dell’Olimpo sapevano benissimo che una scelta del genere avrebbe scatenato un disastro e convinsero Paride, umano e imprudente, a procedere al posto loro. Il giovane scelse Afrodite, le altre bellissime non la presero bene e Troia finì in cenere. Frutto protagonista di storie antichissime, anche in tempi più recenti non ci mancano le mele famose e da Biancaneve alla Apple, l’elenco è lungo.
Se diamo una sbirciata in un qualsiasi motore di ricerca e cominciamo a cercare immagini di opere d’arte che rappresentino questo albero, escludendo quelle con Eva e il serpente, ne troviamo moltissime, molto spesso opere di impressionisti o comunque di pittori di paesaggi ‘en plein air’ che nella armonia di questa pianta avevano un soggetto perfetto per rappresentare la bellezza piena di ogni stagione.
Proprio cercando immagini di alberi nelle arti figurative, ho trovato questa scena ambientata in un giardino. Non conoscevo questo pittore americano, Robert Julian Onderdonk, nato in Texas nel 1882. Onderdonk visse una breve vita e produsse una serie di paesaggi della sua terra, che lo resero famoso come il primo vero pittore texano, ma non è molto conosciuto dalle nostre parti.
Questo paesaggio così domestico e famigliare mi ha colpito, non tanto per la fattura dell’opera, quanto per i ricordi che mi ha riportato alla mente. In queste ragazzine intente a giocare sotto un albero, ho visto mia mamma e mia zia da bambine. Ovviamente non posso averle viste, ma da sempre mi hanno raccontato degli alberi che mio nonno piantava in campagna, non solo quelli del frutteto, ma quelli che lasciava crescere in tutta la loro bellezza negli spazi vicino al fienile. Quando ero piccola, la casa e il giardino erano stati modificati, ma il frutteto lo coltivava ancora mio nonno con i suoi sistemi, e ricordo benissimo la sensazione di imponenza che mi trasmettevano. Ancora non si usava piantarli in file serrate, potati all’estremo per avere la maggior produzione possibile, quindi su questi alberi c’erano spazio per arrampicarsi, appigli e gradini naturali per salire, anche per una fifona come me. Non c’erano serpenti tentatori o personaggi mitologici ad affrontare imprese, ma c’erano le storie che inventavo io e che disegnavo con i pitturini quando tornavo a casa, in città. Insomma mio nonno non aveva fatto studi di pedagogia, ma ha fornito alla sua famiglia dei fantastici giocattoli, dimostrando in anticipo quanto fosse vera quella frase, di cui non ricordo la paternità, che ogni bambino dovrebbe avere un albero per giocare.
Un albero è per tutti, regala la sua bellezza senza limitazioni o impedimenti, basta guardarlo, annusarlo, toccarlo, per provare sensazioni antiche di armonia con il mondo, e quando un albero è accogliente come un melo, non è nemmeno necessario avere l’agilità di una scimmia per tentare la scalata. Un bell’albero è il migliore ‘arredo verde’; ne basta uno, in mezzo ad un prato per avere già fatto un giardino. Ed è così primitivo ed essenziale, da non avere bisogno di altro arredo per diventare semplicemente, paradisiaco.

Robert Julian Onderdonk (1882-1922), ‘Il vecchio albero di mele’ (Old Apple Tree)

IL RITRATTO
Luci della città

da MOSCA – Una grande palla illuminata, luci sfavillanti nel rigido cielo invernale di Mosca. Sullo sfondo l’imponente Cremlino avvolge la scena in un’aura di mistero e di magia. Qui tutto luccica, oggi che gli odori, i sapori e i colori del Natale sono ormai lontani per tutti, in Europa, qui ancora ne rimangono molte tracce. Sarà perché fa ancora freddo, sarà perché c’è neve ovunque, ma pare proprio che qui non lo si voglia far andare via.
Misha pensa proprio questo, con i suoi sei anni appena compiuti, con la voglia di andare sullo slittino in ogni momento della giornata, con i pattini in spalla sempre pronti per i laghetti ghiacciati che si trovano in città. E’ sabato, tardo pomeriggio, domani andrà, con papà, alla pista del Gorky Park, ma ora vuole solo entrare in quella palla luccicante, ne vorrebbe una simile per il suo albero di Natale dell’anno prossimo. Fa freddo, ma lui non lo sente, come molti russi, abituati, non percepisce quel gelo che invece irrigidisce le mie gambe e i miei pensieri. Soffro. Ho freddo, tremendamente freddo. Spero di resistere. Fra parentesi. Misha sgambetta, sorride con le guance rosse rubiconde, entra nella palla e guarda tutti i suoi ricami. Sembra un merletto, le luci gli illuminano il viso straripante di felicità. Una gioia che solo un bimbo amato, assecondato e coccolato può avere. Sul suo cappellino bianco si proiettano le orme di quei pizzi allegramente intermittenti, i suoi guantini colorati cadono a terra, vuole accarezzare quelle lucine. Ludmilla, la sua bella, giovane ed elegante mamma, gli parla sottovoce, gli sussurra qualcosa alle orecchie. Dolcemente, piano piano, delicatamente. Naso all’insù, occhi grandi, spalancati per la sorpresa, Misha sorride, trasognato, è meraviglioso, anche se gli mancano i dentini davanti. Prende la mamma per mano, le accarezza i biondi capelli e le da un grosso bacio sulla guancia. Perché loro due, soli, stanno lì, a guardare le stelle. Perché il nonno Igor se ne è andato lontano qualche settimana fa e mamma gli ha appena detto che in quella palla ci sono tutte le luci delle stelle che stanno ora vicino a lui. Misha ora è davvero contento, sapendo che il nonno è in ottima compagnia.

Giorgio Cattani: la video visual come poesia tecnologica

“I video artisti sono Poeti” di Giorgio Cattani, a suo tempo dichiarato sulla rivista La Piazza, svela una significante password poco chiara, forse, nella spesso non facile percezione delle nuove arti
elettroniche, video visual in particolare. In Cattani infatti la matrice creativa poetronica è
positivamente ridondante, cuore di scienza doc.

Anni Duemila allo stato nascente: qual è stato a Ferrara il segno di mutamento culturale più
significativo a partire dagli anni ’70 e ’80 del secolo scorso? Non è difficile rispondere: a livello di sperimentazione artistica, con risultati e risonanza planetaria, la video generazione dei vari Giorgio Cattani, Maurizio Camerani, Fabrizio Plessi, Gianni Toti, ecc. tra video art pura e poetronica o poestica tecnologica (con la E da Tekne, Arte…). Questa avanguardia, attraverso l’équipe di Lola Bonora e del maestro Farina, e altri (e dello stesso giovane critico d’arte – all’epoca – Gilberto Pellizzola), tra l’oggi leggendaria Sala polivalente, il Centro video arte e il Palazzo dei Diamanti – memorabile la pionieristica mostra su Andy Warhol – la stessa rassegna video specifica U -Tape (da C. Stringari a Nam June Paik, ecc.), ha innestato il futuro a Ferrara, villaggio elettronico. Come diceva il solito McLuhan… gli artisti anticipano il futuro, non soltanto nuovi scenari estetici, ma nuove realtà sociali. E l’attuale era della telematica o della realtà virtuale o dell’automazione è chiaramente interdipendente con la sperimentazione d’avanguardia e video – e affini – che proprio a Ferrara, grazie all’équipe succitata, ha avuto una delle sue capitali internazionali.
Giorgio Cattani, ferrarese, in particolare è decollato a livello internazionale, sull’onda in tal caso
positiva di certa transavanguardia, tra sperimentazione visuale, installazioni – stupenda quella del
Pac a Ferrara ancora negli anni ’90 – e art video, intrise di singolare poetica contemporanea: eventi prestigiosi tra le principali gallerie nazionali e internazionali. (Bio). E anche nelle produzioni più strettamente visual-pittoriche, sempre certo Stile post video… Protagonista, inoltre, nuovamente a Ferrara, come special guest, nella rassegna video The Scientist, a cura di Vitaliano Teti e Ferrara Video&Arte negli anni più recenti.

Per info esaurienti si rimanda al sito del TecnoArtista [vedi], di seguito solo alcune news:
A. Caleidoscopio del contemporaneo Lugano – novembre 2014 gennaio 2015
B. Omaggio a Giuseppe Verdi , Ferrara – novembre -dicembre 2013
C. Giorgio Cattani – Spazi di mondo, Creazzo – Vicenza – settembre 2013
D. Angeli Contemporanei. Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell’aurora?…(Isaia 14:12-14), Ferrara – gennaio 2013
E. Giorgio Cattani – Di là da dove, Padova – novembre 2012
F. Attraverso (2013, Spazio Frau e Hotel Annunziata, Ferrara, novembre 2013)
G. Gea Art (settembre 2012)
H. Arte contemporanea disegno per ultima copertina ” Mi trovo qui “, presentazione a settembre 2012
I Tacquino di viaggio Lombadia-Emilia-Marche-Puglia di Giorgio Cattani
L. Di là da dove, “Pitture sul jazz” composte da Giorgio Cattani (anno 2012)
Curata da Eleonora Sole Travagli.
M. Altra arte (anno 2012), Venezia – Associazione Culturale CieloVentoMare
Mostra a cura di Giorgio Cattani: gli artisti Martina Celi, Eleonora Corti, Luca Zarattini
“Un viaggio nel profondo del mare con il profumo del vento e il colore del cielo”.
N. MAESTRI DI BRERA per l’Unità d’Italia, Milano, marzo 2012

* da Roby Guerra, “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, Este Editon-La Carmelina ebook 2012 [vedi]

IMMAGINARIO
Su di noi.
La foto di oggi…

Qualcuno in città dice di averla già vista passare, ma è proprio oggi, nel tardo pomeriggio, che dovremmo riuscire ad osservare il transito su di noi della ISS, la Stazione Spaziale Internazionale a bordo della quale si trova l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti.

“Ad occhio nudo – informa Vito Lecci di Sidereus, il parco astronomico del Salento – apparirà simile ad una stella, con la differenza che si muoverà con una certa velocità”.

A bordo c’è anche una sperimentazione concepita a Ferrara di cui abbiamo parlato qui.

OGGI – IMMAGINARIO SCIENZA

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic sulla foto per ingrandirla]

la traiettoria della Stazione Spaziale Internazionale (grafica Sidereus)

ACCORDI
La crisi porta progresso.
Il brano di oggi…

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

LILI REFRAIN – Polyphylla Fullo On Rocking Chair

Come scrisse Albert Einstein, la crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché porta progressi. La necessità di dover superare delle sfide porta ogni essere umano a mettere in gioco la parte più ingegnosa che possiede; si concentra sul raggiungimento dell’obiettivo e sulla soluzione che gli permetterà di emergere dalle difficoltà, e di non sprofondare nella pigrizia di non voler lottare per superar la crisi. Così le persone, prendendo spunto dagli animali, potrebbero anche abbandonare la posizione più comoda per sé e con la quale non si riconoscono, riconoscere l’istinto che li porta a vivere nella maniera più serena per loro, e perseguire quello che naturalmente desiderano.

Pensiero nato da una riflessione sulla definizione che Einstein dà al concetto di “crisi”, rievocata dalle parole di Lili Refrain. Durante la performance live che ha avuto luogo la sera del 5 Febbraio presso la sede del CPS La Resistenza a Ferrara, la cantautrice musicista ha spiegato la peculiarità del Polyphylla Fullo: “ Meglio conosciuto con il nome maggiolino dei pini, il coleottero della famiglia Scarabaeidae, a differenza dei suoi simili, che vivono sottoterra e si nutrono solo degli escrementi di altri animali, vive in alto sui pini di cui si ciba. Anche se in questa maniera è più appetibile agli occhi dei suoi predatori, lui ha scelto di vivere combattendo ogni giorno a costo di non nutrirsi di escrementi”.

foto di Paola Marinelli
l’album di Lili Refrain

Selezione e commento di Cristiana Neglia, autrice del programma “Vernice” in onda il sabato dalle 12 alle14, ogni due settimane (attualmente sospeso). Il programma vuole essere una vetrina per la musica underground, prodotta in maniera autonoma e diffusa attraverso mezzi di comunicazione non sempre convenzionali.

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

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