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Giorno: 16 Aprile 2015

Preoccupazione per il mancato inserimento della E55 nelle grandi opere prioritarie – il commento di Ascom Comacchio

da: ufficio stampa Ascom Ferrara

Preoccupazione per il mancato inserimento della E55 nelle grandi opere prioritarie. Il commento di Ascom Comacchio

“Come presidente di Ascom Confcommercio Comacchio ed operatore del settore turistico esprimo tutta la mia profonda preoccupazione per la notizia che il rammodernamento dell’asse viario E45-E55 sia stato depennato dal piano delle grandi opere governative – il presidente di Ascom Comacchio Gianfranco Vitali si esprime così e prosegue – Il turismo della nostra costa che vive un momento complesso dovrebbe poter contare su supporti ed infrastrutture concrete, adeguate, razionali atte a sostenere i flussi turistici, motore dell’economia di questo territorio che ha tanto da esprimere in termine di appeal sui mercati. nazionali ed internazionali.  La vecchia Romea è insufficiente a sostenere questi flussi e più volte se ne è lamentato in questi anni la pericolosità. Dobbiamo fare in modo con un’azione corale – che impregni Istituzioni ed Associazioni, Imprese –  che l’occasione della E55 torni ad essere concreta facendo un’azione di pressing immediata sul Governo e dunque permetta di reinserire questo progetto nel piano delle opere pubbliche più urgenti. Non c’è davvero tempo da perdere”.  

Comunicato stampa del CdA di Ferrara Fiere Congressi

da: ufficio stampa e comunicazione Ferrara Fiere Congressi

Il Consiglio di Amministrazione di Ferrara Fiere Congressi tenutosi oggi, in relazione agli approfondimenti per la partecipazione al bando di gara finalizzato all’aggiudicazione dell’organizzazione del Balloons Festival, ha deliberato di completare ulteriori verifiche per la messa in sicurezza finanziaria dell’evento, del quale verrebbero ovviamente mantenute le caratteristiche di qualità che sempre hanno contraddistinto le edizioni organizzate da Ferrara Fiere.

Le premesse risultano di una plausibilità raggiungibile aggregando forze economiche sia di gruppo che locali, in una logica che sia anche di supporto al turismo cittadino.

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Rifiuti, società pubblica per la gestione nel forlivese: la Regione avvia una valutazione

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Ambiente – Rifiuti, una società pubblica per la gestione del servizio rifiuti nel forlivese: la Giunta regionale avvia il percorso di valutazione di sostenibilità

La Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato ieri l’avvio di un percorso di valutazione del modello di gestione del servizio rifiuti attraverso società pubblica nel territorio del forlivese. Un atto che ribadisce il ruolo centrale e la piena autonomia dei Comuni all’interno di Atersir (Agenzia dei Comuni della Regione Emilia-Romagna per la regolazione dei Servizi Idrici e Gestione dei Rifiuti Urbani) nella scelta dei modelli più appropriati di gestione dei servizi pubblici locali.

Tra queste scelte la gestione con società pubblica è una di quelle possibili. Forlì ha chiesto di andare in questa direzione, e lo farà all’interno di una visione di area vasta che consente di rispettare i principi fondanti delle politiche regionali. Gli stessi obiettivi saranno raggiunti anche per quei Comuni, soprattutto del cesenate, che non hanno ritenuto la scelta “in house” in linea con le proprie esigenze e modalità operative e che potranno quindi aggregarsi al territorio ravennate per avviare un altro percorso che porterà alla definizione delle procedure di affidamento del servizio attraverso gara.

“Questo atto – ha commentato l’assessore alle Politiche ambientali, Paola Gazzolo – è l’avvio di un’operazione che puo’ conferire dinamismo al sistema, condivisa col territorio di Forlì e Cesena, potrà porsi in linea le nostre priorità: servizi ambientali efficienti ed economici, vicini alle comunità dei nostri territori. Il numero di ambiti di gestione regionale rimane invariato, adesso ci attende la prova più importante: nessuna proposta potrà avere seguito se non vi sarà la verifica delle condizioni di sostenibilità ambientale ed economica. Pertanto, non appena pronte le due proposte da parte dei territori interessati Atersir, a garanzia degli interessi di tutti i cittadini, le valuterà e adotterà le decisioni finali entro il 2015”.

Expo: A 10 Giorni dall’inizio con i Vini dell’Emilia Romagna

da: ufficio stampa Coldiretti

A dieci giorni dall’Expo, il primo brindisi di giornalisti stranieri avverrà con prodotti e vini dell’Emilia Romagna, in particolare con il vino della più piccola Doc d’Italia. L’iniziativa, denominata “Vento d’Expo”, promossa da Coldiretti regionale e provinciale di Piacenza in collaborazione con la Regione Emilia Romagna, sarà presentata in una conferenza stampa lunedì 20 aprile alle ore 12.00, a Bologna in via Rizzoli 9, presso la sede di Coldiretti.

Dieci giornalisti provenienti da Paesi europei e dagli Stati Uniti verranno accolti nei giorni 21, 22 e 23 aprile sul territorio emiliano romagnolo con un tour che li porterà a toccare cantine e alcuni castelli dell’ex ducato di Parma e Piacenza, a scoprire i giacimenti enogastronomici locali, la storia e le bellezze naturali del territorio.

Alla conferenza stampa sarà allestita una mostra di vini e di prodotti di eccellenza che saranno i protagonisti di “Vento d’Expo”, tra cui il vino della più piccola Doc d’Italia, presente proprio sul territorio Piacentino.

All’incontro interverranno l’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli, il presidente di Coldiretti Piacenza, Luigi Bisi, il presidente di Coldiretti Emila Romagna, Mauro Tonello.

Gate Porta – Giacomo Brini, Gelosia. Iniziative del weekend

da: Associazione EVART

Giacomo Brini, Gelosia. Una mostra partecipata: workshop e iniziative fotografiche alla Porta per il prossimo weekend La mostra Gelosia di Giacomo Brini ha registrato un buon successo di visitatori nel suo primo fine settimana: sono state raggiunte circa 450 presenze, che segnalano l’interesse per un progetto intrigante e originale, il quale sviluppa il tema della ‘gelosia’, giocando col doppio significato posseduto dalla parola, ovvero come sentimento e come elemento architettonico.

Anche in occasione di questa esposizione che rimarrà aperta fino al 3 maggio, sono previsti dei momenti partecipati nei qualii visitatori potranno approfondire il tema del ritratto fotografico in compagnia dell’autore, Giacomo Brini, all’interno della cornice monumentale della Porta degli Angeli. Tali iniziative indicano la direzione del progetto di gestione Gate Porta verso forme dinamiche di attività culturali.

Sabato 18 aprile sarà dedicato ai Ritratti alla Porta. Nel corso dell’intera giornata, i visitatori potranno farsi ritrarre dal fotografo all’interno della magnifica Porta degli Angeli. Mentre la giornata di domenica 19 aprile vedrà un appuntamento più ‘tecnico’ con un workshop mirato sul tema Il ritratto, il corpo e lo spazio. Alla presenza di una modella, nel contesto della Porta Degli Angeli e delle Mura, il workshop darà l’occasione e gli input per mettere in relazione il ritratto, il corpo e lo spazio, in una serie di scatti da realizzare esaltando l’unione che si può creare tra il ritratto umano ed il ritratto dei luoghi.

Info, prenotazioni e costi:

t. 320 015 2974 giacomo.brini@gmail.com evartassociazione@gmail.com

t. 0532 242 705 negli orari di apertura

Orari di apertura della mostra:

tutti i pomeriggi dalle 16.00 alle 19.00;

sabato e domenica 10.30-12.30, 16.00-19-00.

Chiuso il lunedì.

Contatti:

V. Zanirato t. 335 383 915 E. Scarpante t. 347 244 1042

#gateporta #portadegliangeli

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ERP, via libera dalla Giunta ai nuovi requisiti per l’accesso e la permanenza negli alloggi popolari

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Edilizia residenziale pubblica, via libera dalla Giunta ai nuovi requisiti per l’accesso e la permanenza negli alloggi popolari. La vicepresidente Gualmini: “Più equità e rispetto della legalità”

Più equità nell’accesso e nella permanenza. Rispetto della legalità. Maggiore turn over. Sono, in sintesi, i principi alla base della delibera approvata dalla Giunta regionale – a breve, andrà al vaglio dell’Assemblea legislativa – che aggiorna i requisiti necessari per avere diritto a una casa ERP, ovvero una casa di proprietà pubblica data in affitto (sulla base di una graduatoria) a costo contenuto ai cittadini meno abbienti. “Con questo provvedimento – sottolinea Elisabetta Gualmini, vicepresidente e assessore alle Politiche abitative della Regione Emilia-Romagna – finalmente si abbassa la soglia di reddito per la permanenza nelle case popolari. Vogliamo garantire il diritto alla casa alle fasce più deboli, utilizzare in modo equo il patrimonio residenziale pubblico e aumentare di conseguenza il turn-over e la rotazione all’interno dell’ERP, che viene inteso come misura temporanea e assistenziale per le persone più in difficoltà, e non come un diritto acquisito per sempre”.

Aspetto importante della delibera, la semplificazione. Per quanto riguarda gli indicatori del reddito familiare, viene abolito l’ISE (che si ottiene sommando i redditi e il 20% dei patrimoni, mobiliari e immobiliari, dei componenti di tutto il nucleo) e mantenuto l’ISEE (che tiene conto del reddito, del patrimonio e delle caratteristiche del nucleo, per numerosità e tipologia) come unico parametro di riferimento. Il valore – che al momento rimane invariato – per accedere all’alloggio ERP non deve superare i 17.154,3 euro di ISEE. Potrà essere rideterminato in un momento successivo, quando la Regione acquisirà le informazioni sui redditi dei cittadini provenienti dalle nuove modalità di calcolo dell’ISEE stesso. Si semplificano inoltre i requisiti anche per la permanenza, abolendo l’uso del valore ISE. Viene favorito il turn-over, modificando i requisiti economici necessari: si abbassa la distanza tra il limite di reddito per l’accesso e quello per la permanenza, con una “forbice” tra i due compresa tra il 20% e il 60%. Attualmente, invece, il limite di reddito per la permanenza è il doppio di quello per l’accesso.

“Come Regione – prosegue Gualmini – lavoriamo su tutti i piani della filiera abitativa. Oltre all’edilizia residenziale pubblica, per cui abbiamo approvato in tempi rapidi questo nuovo regolamento, c’è il bando per le giovani coppie, che sarà indetto non appena verrà approvato il bilancio regionale. A disposizione – conclude la vicepresidente – ci sono oltre 10 milioni di euro”.

 

NOTA A MARGINE
Nella nuova Tangentopoli la politica prende ordini dai potentati economici

“Non è cambiato niente. Le inchieste di oggi sono le stesse di ieri e le imprese tentano – ora come allora – di mettere le mani sugli appalti, usando ancora il meccanismo della corruzione. Mentre la politica resta al di sotto del ruolo che dovrebbe avere”. A dirlo, sconsolata, è Liana Milella, giornalista di Repubblica, che vent’anni fa, all’epoca di Tangentopoli, per Il sole 24 ore ha seguito passo a passo l’inchiesta del pool Mani pulite, di cui si è tornato a parlare non solo per le inquietanti ricorrenze della cronaca, ma anche a seguito del grande successo di pubblico della serie televisiva “1992” in onda su Sky, al cui patrocinio va ascritto l’odierno dibattito del festival del giornalismo di Perugia su politica e corruzione.

“Raccontare quel che è successo ai nostri ragazzi, che ben poco sanno di quegli avvenimenti, è un’opera di per sé meritoria”, ha commentato Goffredo Buccini del Corriere della Sera, citando fra l’altro un’eloquente scena della fiction. “Se allora – come viene fatto dire a un credibilissimo Marcello Dell’Utri – non si faceva ‘business senza politica’, adesso la cosa si è persino aggravata perché non si fa politica senza business”.
Il rapporto di forza, insomma, secondo Buccini si è capovolto. Allude evidentemente al fatto che oggi è la grande impresa a muovere i fili della politica e a condizionarne le scelte, piazzando direttamente i propri uomini nei gangli vitali dello Stato e delle istituzioni, oppure garantendosi la fedeltà di un personale politico di scarsa di levatura, che deve le proprie fortune e la propria carriera a chi ne patrocina l’ascesa elettorale.

Le tante inchieste in corso rivelano appunto retroscena di questa natura, con fili doppi che tengono insieme interessi economici (leciti e illeciti) e classe politica, con sconfinamenti nel campo della malavita organizzata. In questa temperie, i politici indagati per salvaguardare se stessi s’appellano alla presunzione d’innocenza sino a definitiva condanna. Ma il redattore del Corriere al riguardo sostiene che l’uomo pubblico “ha il dovere di essere sempre al di sopra di ogni sospetto: la carriera politica non è un obbligo e chi la intraprende non solo ‘deve essere’ ma deve anche ‘apparire immacolato’.” Insomma onori sì, ma pure qualche onere per i nostri rappresentanti…

Bruno Manfellotto, per molti anni direttore dell’Espresso, ha ricordato come “fino a Craxi la corruzione e i soldi erano funzionali ad alimentare la macchina dei partiti. Poi la cosa è degenerata ulteriormente e sono emersi gli interessi personali. Rivelatrice in tal senso fu una una celebre dichiarazione di Rino Formica, quando disse che ‘il convento è povero ma i frati sono ricchi’. Fu il segnale che qualcosa stava cambiando”.
Nel Paese, aggiunge con rimpianto, “c’era una grande tensione positiva, sembrava imminente la palingenesi. Invece si è messo in moto il processo opposto e le cose da lì in poi sono persino peggiorate”.

“Un ruolo cruciale in positivo – a parere di Maria Latella, moderatrice dell’incontro – lo ebbero i giornalisti che sostennero il lavoro dei magistrati, facendosi interpreti di un sentimento diffuso fra i cittadini”. Visto dai detrattori, quella commistione fu invece l’inizio del giornalismo giustizialista.
Controverso è pure il giudizio su Antonio Di Pietro, la figura più rappresentativa del pool di giudici. “È sempre stato il simbolo di Tangentopoli, ci ha sempre messo la faccia, non si è mai tirato indietro -sostiene MIlella -. Non fu brillante nella costruzione del partito, ma a quel passo falso fu indotto da una feroce campagna di denigrazione ai suoi danni. Contro di lui si scatenò la macchina del fango alimentata da una guerra a colpi di dossier, portata avanti dai partiti del centrodestra e sostenuta con sistematicità dei giornali fiancheggiatori”.

Ma Buccini non assolve comunque Di Pietro “per un errore (il suo ingresso in politica) che contribuì a gettare una luce sbagliata su tutta l’inchiesta”. L’altro fatto devastante che ha appannato l’immagine dei magistrati e del lavoro da loro condotto, a giudizio del giornalista del Corriere “fu la fuga all’estero di Bettino Craxi. Gli italiani, che di per sé sono un popolo già poco incline alla legalità, ricevettero dal suo comportamento un messaggio terribilmente negativo”.

Dalla cronaca alla ricostruzione televisiva, anche la fiction “1992” in onda su Sky è stata oggetto di considerazione da parte dei relatori. Liana Milella ha citato al riguardo il consiglio di un avvocato al suo assistito (un imprenditore inquisito): ‘Dagli quello che vogliono’. “E’ per me emblematica del metodo compromissorio che le imprese adottarono per cercare di tirarsi fuori per inchiesta, per poi ricominciare a fare ciò che facevano prima”.

Veronica Castelli, impersonata da Miriam Leon, è invece il personaggio rappresentativo segnalato da Maria Latella: “E’ la sintesi di tante donne oggetto che, con le loro insicurezze e il loro cinismo, hanno riempito le cronache ancora negli anni 2000”.

Secondo Goffredo Buccii invece “in Leonardo Notte – il personaggio interpretato da Stefano Accorsi, che della serie è anche ideatore – si riflettono i molti volti degli italiani: lui è un manager rampante, disinvolto, proveniente dalle fila degli extraparlamentari di sinistra. La sua figura è un’anticipazione della rivoluzione ‘dell’embé’, che rappresenta la definitiva rimozione del decoroso senso di vergogna. Prima, almeno, ci si vergognava quando si era presi con le dita nella marmellata. Dopo si è cominciato a dire con improntitudine: evado le tasse? Embè! Mi prostituisco per fare carriera? Embè!”. Una filosofia d’azione che ci è ben nota.

“Non abbiamo fatto sconti a nessuno e siamo stati spietati nell’analisi dei tipi sociali e dei tic comportamentali”, ha spiegato Alessandro Fabbri uno dei creatori della serie. “Abbiamo parlato con magistrati e inquisiti per trarre informazioni. Io allora ero un ragazzo e di quegli anni ricordo il clima che si respirava in casa. C’era aria di rivoluzione, ma quel vento durò appena un triennio, fra il 1992 e il 1994, e poi si esaurì”.

“La politica era stata messa in un angolo e sembrava davvero che potesse cambiare tutto. Ma non è successo”, fa eco Liana Milella.

Non è successo forse anche perché il problema non era mettere la politica in un angolo. Ma ridare dignità alla politica e senso alla sua funzione. E mettere invece i corrotti in un angolo. In un angolo o, meglio ancora, in galera.

Partite le Giornate doi Orientamento all’impresa Cna

da: ufficio stampa Cna Ferrara

E oggi, in cinque aziende gli studenti si mettono alla prova con “Imprenditori per un giorno. E, poi, scolaresche in visita a pmi della provincia. Creare un’impresa, ne vale la pena? I giovani si confrontano con gli imprenditori alle Giornate dell’Orientamento Cna

Non sono certo rimasti a scaldare le sedie i 150 studenti degli Istituti medi superiori che, ieri mattina, primo appuntamento delle Giornate di Orientamento all’impresa promosso dalla Cna di Ferrara, hanno affollato la sede provinciale dell’Associazione, animando i sei workshop tematici con imprenditori e consulenti aziendali, focalizzati su cosa significa oggi concretamente fare impresa.  Lo hanno sottolineato positivamente gli stessi protagonisti dei gruppi di lavoro inerenti i diversi settori di attività (meccanica e automazione, impiantistica, benessere ed estetica, economia, comunicazione e Ict, moda): molte le domande dei ragazzi, vivissima l’attenzione sui tanti aspetti attraverso cui si sviluppa un’attività imprenditoriale competitiva, di qualità e capace di stare sul mercato.

Ma il punto principale ha ruotato attorno alle motivazioni che servono per avviare un’impresa e se, in un contesto di grande difficoltà come quello attuale, sia veramente questa una strada possibile. “Vogliamo prospettare ai giovani una visione, cioè l’idea che il mondo della piccola e media impresa può essere il luogo del loro futuro professionale”, ha affermato il direttore provinciale della Cna Corradino Merli, in apertura dei lavori della mattinata. “Mettiamo tutta la nostra buona volontà per essere al vostro fianco, se vorrete imboccare questo percorso – ha poi aggiunto il presidente Cna Alberto Minarelli – nella convinzione che fare impresa è una scelta impegnativa, ma possibile e che soprattutto può riservare grandi soddisfazioni”.

Intanto, questa mattina sono in programma le visite di circa 600 studenti di Istituti medi superiori a 21 imprese eccellenti della nostra provincia. In cinque tra queste attività, sarà sperimentata l’iniziativa “Un giorno da imprenditori”: una intera mattinata nella quale i ragazzi, sulla base di un progetto di lavoro concordato tra impresa e scuola, si metteranno alla prova su alcuni degli aspetti pratici del fare impresa quotidiano. Una iniziativa, a cui la Cna intende dare seguito a partire dal prossimo anno scolastico, per fare sì che il rapporto scuola – impresa assuma un connotato meno episodico e più legato ad un percorso di conoscenza e di pratiche concordate insieme, con l’obiettivo di elevare il bagaglio di acquisizioni dei giovani, migliorandone l’accesso al mondo del lavoro e delle professioni. Ecco le imprese e le scuole protagoniste di “Un giorno da imprenditori”: Cpm (macchine automatiche – Portomaggiore) – Ipsia E. I° D’Este (Ferrara); Cromia Fx  (Portomaggiore – pittura e decorazioni artistiche su stoffa, pelle e altri materiali) – Ipsia E. I° D’Este (Ferrara); Hermes Moto di Capiluppi Hermes (riparazione moto e motori imbarcazioni – Cento) – Ipsia F.lli Taddia (Cento); Suono e Immagine srl (illuminazione, audio e video per eventi, montaggio palchi e strutture – Ferrara) – Istituto L. Einaudi (Ferrara) e Liceo Statale G. Carducci; Telestense (emittente tv – Ferrara) – Liceo Statale G. Carducci (Ferrara).

Queste le altre imprese e scuole che saranno protagoniste, nella mattinata di venerdì, di “Imprese aperte”: Cen.car (Cento) – Ipsia F.lli Taddia di Cento; Centro Nuoto Copparo – Istituto Guido Monaco (Codigoro); Cna Ferrara – Istituto d’Arte Dosso Dossi (Ferrara); Delphi International (Ferrara) – Ipssar O. Vergani (Ferrara); Elcos di Tagliati M. e C. snc (Argenta) – Polo scolastico Argenta – succursale Portomaggiore; Far srl (S.Agostino) – Ipsia F.lli Taddia; Hotel Europa (Ferrara) – Liceo Statale G. Carducci; Krifi srl (Ferrara) – Liceo Statale G. Carducci; Innova (Ferrara) – Ipsia E. I° D’Este; Iosco Cablaggi srl (Argenta) – Polo scolastico Argenta – succursale Portomaggiore; La Salani (Copparo) – Ipssar O. Vergani; Modelleria Meccanica Bonora (Ferrara) –  Istituto Bachelet; Pronesis (Ferrara) – Liceo Statale G. Carducci; Residenza Caterina srl (Ferrara) – Ipsia F.lli Taddia; Seba Srl (Cento) – Ispia F.lli Taddia; Tryeco 2.0 (Ferrara) – Ipsia E. I° D’Este.

 

Il Sindaco Marco Fabbri interviene sull’annosa questione della tassa di scolo

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

L’Amministrazione Comunale prende atto con soddisfazione che la nuova Giunta Regionale con Deliberazione 210 6 marzo 2015 ad oggetto “L.R. 7/2012 – Procedure per l’approvazione dei piani di classifica da parte dei Consorzi di Bonifica”, abbia finalmente formulato un indirizzo ai Consorzi per la redazione dei piani.

“Sono passati ormai tre anni dalla legge 7 del 6 luglio 2012, che sanciva una significativa novità per i cittadini – commenta il Sindaco Marco Fabbri -, ovvero il fatto che non dovranno più pagare il contributo di bonifica gli immobili serviti dalla rete fognaria senza significative interconnessioni con la rete di bonifica, mentre dovranno pagare sia i proprietari di immobili che traggono un beneficio specifico e diretto dalle opere di bonifica sia chiunque, pur non associato, scarichi acqua nei canali consortili, anche se depurati e compatibili con l’uso irriguo. Bene il principio, ma ora attendiamo con ansia l’attuazione di tale Piano che – aggiunge il Sindaco – dovrà una volta per tutte fare chiarezza sul tributo. Si tratta di un tributo non proprio dell’Ente locale, il Comune, per il quale tuttavia veniamo chiamati in causa direttamente noi primi cittadini. Nel territorio andiamo incontro a situazioni paradossali, poichè ci sono cittadini comacchiesi che vivono a poche centinaia di metri gli uni dagli altri che pagano il tributo e altri che invece non sono tenuti al pagamento. Proprio in queste settimane – va avanti il Sindaco – sono state recapitate le istanze di pagamento e mi sono pervenute decine di segnalazioni legate a tale situazione, per le quali non siamo in grado di dare informazioni, ma che solo il piano di classifica potrà dare. Questa è un’ingiustizia che si protrae ormai da decenni, alla quale ci auguriamo che finalmente possa essere posto rimedio con poche regole, chiare e trasparenti.”
La succitata Deliberazione 210/15 di Giunta Regionale è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna n.62 del 25.03.2015 periodico (Parte Seconda).

Hera: inaugurato un nuovo impianto fognario a Boara

da: ufficio stampa Hera

Grazie all’investimento, di circa 750.000 euro, è stato possibile realizzare un moderna struttura, tecnologicamente all’avanguardia, che porterà molti benefici ai residenti e all’ambiente

Inaugurato oggi, alla presenza dell’Assessore ai Lavori Pubblici Aldo Modonesi, Direttore Acqua di Hera Franco Fogacci e del Responsabile

Fognatura e Depurazione di Hera Francesco Ruggeri, è stato inaugurato uno fra i più moderni impianti esistenti, basato sull’innovativo “funzionamento in depressione”. La nuova realizzazione, portata a termine da Hera in attuazione del piano di investimenti definito da Comune di Ferrara e Atersir, si colloca al servizio di una frazione importante per numero di abitanti e per prospettive di espansione. L’opera nel suo complesso serve una popolazione equivalente di circa 1.000 unità, il quadruplo rispetto a quella servita dal vecchio impianto di Via Virgili. Inoltre l’impianto è stato dimensionato in previsione degli sviluppi urbanistici che potranno interessare la frazione di Boara nei prossimi anni.

 

Un progetto tecnologicamente all’avanguardia

Il nuovo sistema è fra i più moderni esistenti. È basato sull’innovativo ‘funzionamento in depressione’: un sistema di condotte e pozzetti che, tramite la produzione del vuoto e il funzionamento di apposite valvole di regolazione, è in grado di aspirare i reflui raccolti dalle condotte. Questo ingegnoso impianto rappresenta una delle prime applicazioni a livello nazionale e offre un servizio più efficiente, con maggiori garanzie igienico-sanitarie. Inoltre ha consentito di posare condotte con diametri ridotti con lavori di posa e successivi interventi meno invasivi e con minori disagi per l’utenza. Tutto l’impianto è tele controllato, cosa che permetterà manutenzioni più rapide ed efficaci da parte dei tecnici di Hera. Va rilevata anche una maggior efficienza energetica, poiché tutti gli apparati saranno a prevalente funzionamento meccanico.

 

Il funzionamento del nuovo sistema fognario

Il progetto predisposto da Hera ha previsto la realizzazione di una camera di raccolta composta da due serbatoi in linea che oltre a mantenere il vuoto all’interno del sistema, raccoglierà i liquami. Sono stati realizzati anche una centrale del vuoto, cuore del sistema, e un collettore a depressione che porta il liquame alla centrale del vuoto. Infine sono stati posati 3,5 Km di nuove condottein depressione, a pressione e in gravità, per collegare l’impianto alla rete fognaria che porta al depuratore cittadino.

 

Gli obiettivi del progetto

La scelta progettuale di adottare un sistema fognario in depressione consente di intercettare l’esistente fognatura dal centro abitato e dall’area di recente espansione, a sud della frazione, creando un sistema unico e centralizzato che aumenta l’efficienza del controllo e contribuisce a migliorare le condizioni ambientali. Un altro obiettivo è stato quello di creare una unica rete di raccolta liquami, a servizio di tutta la frazione, elastica e durevole, che consentirà di collegare, in un prossimo futuro, un numero assai maggiore di utenze rispetto a quello attuale.

 

Il massimo grado di depurazione

L’entrata in funzione del nuovo impianto porterà potenziamento e miglioramento notevoli del servizio alle utenze e consentirà di superare ampiamente gli obblighi normativi sulle acque depurate. L’impianto risponderà all’esigenza, molto sentita sul territorio, di tutelare al meglio la salubrità delle acque superficiali che attraversano la zona. Il progetto di Hera porterà molti benefici ai residenti. Tutti i reflui, grazie a un impianto completamente isolato dall’ambiente esterno, saranno convogliati da Boara alla rete fognaria di Ferrara, fino al depuratore cittadino di via Gramicia, mentre l’impianto di via Virgili sarà dismesso.

 

Rai2: Thomas Cheval di Ferrara supera le knockout di The Voice of Italy

da: Rai2

Thomas Cheval è tra le prime 10 voci che accedono ai Live di The Voice of Italy

Thomas vive a Ferrara e frequenta il 4° anno del liceo linguistico. Il padre è francese.
Dopo il liceo vorrebbe studiare psicologia, ma il suo sogno più grande è quello di vivere di musica.
Suona il pianoforte da quando aveva 5 anni e canta da un anno e mezzo. Scrive testi e musica.
Si esibisce con 4 gruppi differenti: con uno fa rock da 3 anni; in un altro suona pianoforte; in un altro ancora è corista e con il quarto canta e suona le tastiere.

 

“Giornata della Trasparenza” – Giardino della Cremazione

da: ufficio comunicazione Comune di Copparo

Domenica 19 Aprile dalle ore 10 alle ore 12 presso l’Impianto di Cremazione in via Certosa 13 si terrà la “Giornata della Trasparenza”, organizzata dal Comune di Copparo e da Gecim (Servizi Cimiteriali)

Durante la mattinata sarà sarà possibile visitare i locali della struttura, fare il punto sull’andamento dell’impianto e delle recenti opere di riqualificazione di tutta l’area cimiteriale. Per l’occasione saranno presenti l’amministratore unico di Patrimonio e Gecim Cristiano Bulgarelli, il Sindaco Nicola Rossi e il personale tecnico della società.

«Il Giardino della Cremazione è attivo già da alcuni mesi – afferma Cristiano Bulgarelli – Dopo poco tempo dall’avvio dell’impianto abbiamo pubblicato i dati delle emissioni online e presso la sede della società. Siamo convinti sia in ogni caso importante proseguire sulla strada dell’informazione, vista la rilevanza del servizio, potendo così raccogliere osservazioni e fornire ulteriori eventuali chiarimenti che ci saranno richiesti».

Al via il primo weekend all’insegna di GialloFerrara

da: ufficio stampa “Gruppo del Tasso”

Elisabetta Cametti, la lady del thriller italiano, inaugura il palinsesto ‘off’

Sul thriller d’autore saranno puntati i riflettori del primo weekend GialloFerrara off, che come una valanga, o meglio, una folata frizzante di vento primaverile risveglierà le menti cittadine. SABATO pomeriggio, alle 17.30Elisabetta Cametti presenterà il suo secondo romanzo, K – Nel mare del tempo (Giunti, 2014), ospite della libreria Feltrinelli, in via Garibaldi 30. A consacrare la manager dell’editoria nel ruolo di scrittrice, è stato il successo del suo esordio narrativo, K – I Guardiani della storia (Giunti, 2013), che in poche settimane ha scalato la classifica dei libri più venduti in Italia, e attualmente in uscita in altri Paesi. Il secondo attesissimo episodio della saga “K” vede ancora protagonista Katherine Sinclaire, combattiva e risoluta. L’evento sarà moderato da Marcello Bardini de “Il Gazzettino”: «Le storie di Cametti – ha argomentato il giornalista – sono affrontate con originalità, degne della letteratura anglosassone del genere, che però non viene (fortunatamente) scimmiottata. I personaggi coinvolgono e costringono il lettore a correre con loro. I luoghi, sia italiani che stranieri, riescono anche a portare in un altrove senza confini, dove tutto è possibile. Un libro scritto con passione e letto con piacere». Tanto centrale quanto notevole è l’attendibilità culturale, scientifica e artistica su cui si basa l’intero racconto. Molte sono le considerazioni a livello di “industria del libro” (che “tradiscono” l’esperienza dell’autrice), soprattutto sulle collane e i cartoon dedicati ai più piccoli, come per l’editoria in ambito storico-culturale. «Tra l’altro – ha incalzato Bardini – offre numerosi spunti di riflessione (violenza sulle donne, sugli animali, la stessa caccia…): interessi palpabili (e assolutamente condivisibili) che l’autrice approfondisce quotidianamente. Sempre di sfuggita, per non appesantire, sfiora i grandi temi “etici”, in primis il suicidio, sui quali esprimersi richiede un certo coraggio. E i dialoghi! Davvero coinvolgenti e ricchi di fughe ironiche».

DOMENICA, invece, il bar Chance (piazza Squarzanti, 23) metterà in scena il divertente gioco a quiz“Cervellone”. La serata, che inizierà alle 18.30, prevede un ricco apericena a buffet e premi di ogni genere per ogni manche di gioco. Il brivido e i calici di vino accompagneranno i più temerari attraverso i quesiti preparati ad hoc dall’instancabile staff del festival, per cominciare la settimana con un sorriso ricaricato. A tutti i partecipanti, inoltre, sarà distribuito in omaggio un gadget nuovo di zecca dell’edizione 2015 di GialloFerrara. Si consiglia la prenotazione ai numeri 333 5782380 / 3487696300.

 

Associazione mai da soli: sabato 18 aprile riunione per il gran galà di Primavera

da: ufficio stampa Agire Sociale CSV Ferrara

L’Associazione “Mai Da soli” si riunisce sabato 18 aprile per il “Gran Galà di primavera” che si terrà alle ore 20.30 presso l’Hotel Ristorante Villa Regina. L’iniziativa si propone come momento di incontro e di convivialità per trascorrere insieme una bella serata e conoscere le attività del gruppo. L’Associazione “Mai Da Soli”, nata a Ferrara nel 2013, dà voce e sostegno alle persone separate e divorziate. Le attività messe in campo dal gruppo di volontariato sono molteplici. Si parte innanzitutto dall’accoglienza e dall’ascolto con il supporto di cinque avvocati che fanno consulenza, di cui due a patrocinio gratuito per chi ha un reddito inferiore a 12.000 euro, e tre psicologi di cui uno psicoterapeuta. I volontari che effettuano i colloqui sono formati sulla relazione d’aiuto e su vari aspetti legali.

 

Coldiretti, la giunta nazionale della confederazione ha visitato la SBTF a Jolanda

da: ufficio stampa Coldiretti

Il presidente Moncalvo e l’intera Giunta di Coldiretti alla scoperta delterritorio e dei sapori ferraresi, con tappa a Jolanda, nella sede di SBTF, la storica azienda agricola che dopo il riassetto della proprietà sta puntando su innovazione e filiere “made in Italy”.

 

In vista di Expo Milano il Presidente nazionale Roberto Moncalvo, il segretario generale Vincenzo Gesmundo ed i membri della Giunta nazionale dell’organizzazione, da diverse settimane stanno “toccando con mano” i volti, le storie, le aziende agricole che rappresentano il vero made in Italy e giorno per giorno costruiscono unpezzo del modello di sviluppo Coldiretti, in particolare delle eccellenze dell’agroalimentare e dell’ambiente.

In questo contesto nel pomeriggio di mercoledì 15 aprile il tour delle eccellenze ha fatto visita anche alla nostra provincia, incontrando i vertici della nuova proprietà della Società Bonifiche Terreni Ferraresi, nella sede aziendale di Jolanda di Savoia.

Dopo il riassetto azionario che ha visto la cessione dal fondo pensioni di Banca d’Italia dell’unica azienda agricola quotata alla borsa valori, infatti SBTF, con l’amministratore delegato Federico Vecchioni, ha condiviso il progetto Coldiretti, varando una serie di investimenti destinati a portare un significativo mutamento all’azienda ed alle sue potenzialità sul mercato.

Come hanno potuto verificare direttamente i vertici nazionali di Coldiretti, accompagnati dalpresidente di Coldiretti Emilia-Romagna, il ferrarese Mauro Tonello, dal direttore regionale Marco Allaria Olivieri, oltre che dal presidente di Coldiretti Ferrara Sergio Gulinelli, saranno molti i riassetti strategici che proietteranno SBTF in un contesto diverso rispetto all’attuale, sfruttando al meglio le proprie caratteristiche che ne fanno l’azienda agricola italiana di maggiore estensione, e tra le prime in Europa, con un blocco forte che fa perno proprio su Jolanda, con un corpo aziendale unico di oltre 3.700 ettari (ai quali si aggiungono le aziende di Mirabello ed Arezzo, per un totale di circa 5.500 ettari).

E proprio a Jolanda sono in avanzata fase di progettazione ed inizio realizzazione gli investimenti più rilevanti e significativi: il riassetto colturale (con l’introduzione di nuove colture, comprese le officinali), la realizzazione di un innovativo allevamento da ingrasso che verrà alimentato con i foraggi aziendali a garanzia di una filiera certificata per la carne bovina, un impianto di produzione energetica per il riciclo dei reflui dell’allevamento stesso, impianti di drenaggio che consentiranno recuperi di superfici utili alle colture, miglioramento dell’efficienza agronomica con una innovativa mappatura informatica dei terreni aziendali, utilizzo di macchine innovative con gestione elettronica e georeferenziazione per il risparmio dei mezzi tecnici e dell’impatto ambientale, realizzazione e recupero di elementi naturali dell’ambiente, in aderenza alle nuove politiche comunitarie, recupero integrale del patrimonio edilizio della storica “direzione”, le cui palazzine risalgono ai primi anni del novecento, ampliamento dei magazzini e degli impianti di essiccazione estoccaggio per i cereali, con linee di lavorazione aziendale del riso, realizzazione di un campus post-universitario dove i giovani studenti europei possano avere l’opportunità di osservare e studiare le tecniche agronomiche e colturali più innovative.

 

Il tutto senza rinunciare ai prodotti simbolo del territorio: riso, cereali, soia, ma anche pomodoro,cocomeri, meloni, nuove varietà di colture frutticole, puntando da un lato all’autosufficienza per l’allevamento, e dall’altro a fare massa critica per commercializzare produzioni a filiera corta certificata ponendo i propri prodotti sul mercato in modo più diretto e riconoscibile, nella consapevolezza della grande qualità che i consumatori possono apprezzare e premiare nei comportamenti d’acquisto.

 

Insomma l’applicazione della progettualità Coldiretti nella più grande azienda europea in corpo unico, a comprova della positiva svolta che il modello di sviluppo per l’agricoltura e l’alimentare made in Italy, possono significare in una visione imprenditoriale volta al futuro e che i dirigenti Coldiretti hanno potuto apprezzare e vedere in  via di applicazione a Jolanda.

Una azienda di eccellenza, che si avvia a diventare il testimonial della nuova agricolturainnovativa e delle filiere aziendali e che quindi nel racconto di Expo Milano 2015, ormai alle porte, si inserisce nella rappresentanza dei modelli produttivi che coniugano la produzione di cibo di eccellenza legato ai territori d’origine ed al rispetto e valorizzazione dell’ambiente.

Apprezzato dagli ospiti l’assaggio delle eccellenze agroalimentari ferraresi che sono state offerte in degustazione: riso agli asparagi ed alle vongole, assaggio di brodetto di anguilla con polenta, salame all’aglio di Voghiera, fragole, dolci tipici (pampepato e ciambella, mandorlini di Ponte, crostate con confetture di frutta), la “coppia ferrarese”, che oltre ad essere in esposizione per la rassegna dei prodotti “bandiera” del ferrarese, sono poi stati degustati assieme ai nostri vini DOC di eccellenza forniti dalle aziende di Coldiretti.

 

Sant’Agostino: perché le dimissioni dell’assessore Bonazzi sono politicamente dovute

da: Stefania Agarossi, Gruppo consiliare Valore e Rispetto. Comune di Sant’Agostino (Fe)

“I fatti: dalla lettura pratica di modifica di un regolamento di un piccolo asilo nido sono emerse irregolarità procedimentali, violazione di regolamento, mancata nomina della rappresentanza politica in seno al comitato consultivo del nido, una proposta di eliminazione della rappresentanza politica stessa di Opposizione.”

“Riteniamo gravissimo, soprattutto dal punto di vista politico, quanto accaduto.

Le irregolarità procedimentali che abbiamo denunciato e che hanno con giusta causa portato al ritiro della pratica dalla discussione in Consiglio Comunale, è solo la punta di un inquietante iceberg politico. Perché questa triste vicenda – di ignoranza o malafede saranno gli accertamenti in corso a stabilirlo – ha fatto emergere una grave e reiterata  violazione del Regolamento vigente di questo Asilo Nido;  la mancata nomina, in 11 mesi di mandato, da parte di questa Amministrazione delle dovute rappresentanze politiche; la realizzazione di ben due sedute di questo comitato consultivo – uno a novembre 2014 e uno a febbraio 2015 –  in palese e reiterata violazione di tale obbligo procedurale; e quella che sembra la volontà di questo assessore di eliminare una volta per tutte e indebitamente la rappresentanza politica dal comitato consultivo, senza aver prima sanato le violazioni di cui è lei stessa, per mandato politico e assessorile, è responsabile.

E così, se non ci fossimo accorti della cosa, con un bel colpo di spugna, si sarebbe legittimato un comportamento del tutto illegittimo. E per fare ciò sarebbero bastati i voti della sola Maggioranza. Una cosa inammissibile e ingiustificabile, sotto ogni punto di vista.

L’incompetenza della Bonazzi è purtroppo palese. Perché è responsabile, per mandato e assessorato, sia se era non a conoscenza del regolamento, sia se lo conosceva. E ancora di più se ha agito cosciente del regolamento e della violazione.

Aperta la seduta, in consiglio Comunale l‘assessore Bonazzi ha detto di non conoscere esattamente e irregolarità procedimentali che hanno portato al ritiro del punto. E anche il vicesindaco Tassinari non ha dato dettagli. Tuttavia a fronte della nostra richiesta ha rigettato le dimissioni. Ma lo ha fatto senza prima consultarsi con il Sindaco, che non era ancora arrivato.

Ci appelliamo quindi al sindaco Toselli, perché vogliamo conoscere il suo giudizio su questa vicenda. E lo invitiamo a riflettere. Perché a noi non pare un errore da poco da parte di un assessore della propria Giunta aver ritenuto valide le riunioni anche in assenza delle rappresentanze politiche. E ci pare altrettanto grave che la Giunta si sia dimenticata di predisporre le dovute nomine. Per non parlare del fatto che questo assessore, volente o nolente, risulta aver portato in Consiglio Comunale l’eliminazione stessa dei rappresentanti politici, il che gli avrebbe permesso di risolvere pure la situazione senza pagare dazio della propria incompetenza.

Vogliamo poi sapere se la Giunta – composta da esponenti di FI, Lega e PD –  era a conoscenza della violazione quando ha dato l’ok a eliminare la presenza delle rappresentanze politiche d’Opposizione nel comitato consultivo.  Perché qui, sia chiaro, si sta parlando di eliminare il diritto di presenza, partecipazione e azione delle Opposizioni. Un principio democratico e sacrosanto a cui nessuno dovrebbe attentare, assessore, Giunta o sindaco che sia. Come è possibile che nessuno di loro si sia accorto di nulla?

La situazione e le responsabilità devono essere chiarite. E per questo anche noi stiamo procedendo, nel rispetto di tutti, con i dovuti  accertamenti.

Sinceramente dalla Bonazzi, assessore in quota PD, ci saremmo aspettati la presentazione spontanea di dimissioni. Perché anche se in buona fede, non si è dimostrata all’altezza del compito assegnatole. E quando ciò accade bisogna avere la forza di fare un passo indietro.

Fortemente critico il nostro giudizio anche sul vicesindaco Tassinari, anche lui in quota PD, il quale ha decisamente minimizzato la grave portata politica di questo incidente. E la cosa ci stupisce. Perché quando lui era all’Opposizione, come noi ora, ha sempre difeso e rivendicato il ruolo di vigilanza e controllo dovuto  all’Opposizione e si è sempre lamentato di non essere abbastanza coinvolto e informato dalla Maggioranza.

A prescindere dalla fede politica, e dalla posizione in consiglio Comunale, se queste dimissioni non avranno luogo, si creerà un pericoloso precedente politico e sarà chiaro che Toselli, in quota FI, non è in grado di tutelare e rispettare l’importanza della regolarità dell’azione amministrativa e politica sul proprio territorio.

 

Eccellenti risultati di Unife nel nuovo Rapporto Alma Laurea sulla condizione occupazionale dei laureati

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Presentato oggi  il XVII Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani. Sono 5.062 i laureati dell’Università di Ferrara coinvolti nell’indagine, tra questi 1.717 laureati triennali e 601 laureati magistrali biennali usciti da Unife nel 2013 e intervistati dopo un anno.

Più che soddisfacenti  i risultati ottenuti da Unife che confermano la  sua elevata e qualificata didattica  che consente ai laureati tassi di occupazione superiori alle medie nazionali..

L’indagine ha coinvolto a livello nazionale quasi 490mila laureati di tutte delle 65 Università aderenti al Consorzio.

I laureati di Ferrara del 2013 alla prova del lavoro

Il tasso di occupazione dei neolaureati triennali è pari al 50%, un valore superiore alla media nazionale (41%). Tra gli occupati triennali dell’Università di Ferrara, il 39% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre il 10% coniuga la laurea magistrale con il lavoro.

Chi continua gli studi con la laurea magistrale è circa il 42% (la media nazionale è del 54%): il 31% è impegnato esclusivamente nella laurea magistrale, mentre, come si è detto, il 10% studia e lavora. Il 14%, non lavorando e non essendo iscritto alla laurea magistrale, si dichiara alla ricerca di lavoro.

Il lavoro stabile – contratti a tempo indeterminato e lavoro autonomo (lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) – coinvolge, a un anno dalla laurea, 30 laureati occupati su cento di primo livello di Ferrara (la media nazionale è del 33%). Gli occupati che non hanno un lavoro stabile rappresentano il 69,5% (prevalentemente con contrattia tempo determinato, mentre l’8% è senza contratto). Il guadagno (calcolato su chi lavora solamente) è in media di 1.020 euro mensili netti. A livello nazionale è di 1.008 euro.

L’analisi deve tenere conto della quota, tutt’altro che irrilevante, di giovani che continuano gli studi, rimandano cioè al post laurea di tipo magistrale il vero ingresso nel mondo del lavoro.

Cosa avviene, dunque, ai laureati magistrali a un anno dalla laurea?

A dodici mesi dalla conclusione degli studi, risulta occupato il 61% dei laureati, un valore superiore alla media nazionale del 56%. Il 16%dei laureati continua la formazione (a livello nazionale è il 14%). Chi cerca lavoro è il 23% dei laureati magistrali di Ferrara, meno del totale dei laureati che è il 30,5%.

A un anno dalla laurea, il lavoro è stabile per 35,5 laureati occupati su cento di Ferrara, poco più della media nazionale (34%). La precarietà riguarda il 63,5% del collettivo (prevalgono i contratti a tempo determinato; mentre i senza contratto sono il 4%). Il guadagno è superiore alla media nazionale: 1.123 euro mensili netti, contro i 1.065 del complesso dei laureati magistrali.

Tendenze del mercato del lavoro nel medio periodo: esiti occupazionali a cinque anni dal titolo

Le crescenti difficoltà occupazionali incontrate dai giovani, neo-laureati compresi, negli ultimi anni si sono inevitabilmente riversate anche sui laureati di più lunga data, anche se occorre sottolineare che, col trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, le performance occupazionali migliorano.

I laureati biennali magistrali di Ferrara del 2009, intervistati a cinque anni dal titolo, sono 587, con un tasso di risposta del 80%.

L’83% è occupato, valore lievemente superiore alla media nazionale, pari all’81%. Il 5,5% risulta ancora impegnato nella formazione (è il 6,5% a livello nazionale). Chi cerca lavoro è l’11% contro il 12% del complesso dei laureati.

La quota di occupati stabili cresce apprezzabilmente tra uno e cinque anni dal titolo, raggiungendo il 73% degli occupati (è il 70% a livello nazionale).

Le retribuzioni nominali arrivano, a cinque anni, a 1.392 euro mensili netti (sono 1.356 euro a livello nazionale).

NOTA A MARGINE
L’Italia non è un paese per stranieri: la denuncia di un documentario sui Cie

Per lo Stato sono Centri di identificazione ed espulsione, per chi ci sta dentro sono centri di deportazione. I Cie, quei luoghi tanto simili ad un carcere, ma senza volerlo essere, sono oggetto del documentario “Limbo” di Matteo Calore e Gustav Hofer, presentato qualche giorno fa alla sala Boldini e introdotto dal professor Paolo Veronesi, docente di Diritto costituzionale dell’Università di Ferrara.

Per i Cie, ha usato una definizione ancora più tranchant il Dipartimento di giurisprudenza che ha organizzato tre giornate di approfondimento sul tema, dal titolo “La galera amministrativa degli stranieri in Italia”. Ne ha parlato Luigi Manconi firmatario assieme a Lo Giudice – entrambi senatori del Pd – di un emendamento, passato alla fine dello scorso anno, che porta la durata massima della permanenza nei Cie da 18 mesi, come aveva voluto la Lega Nord, a 3 mesi. Ne ha parlato anche una docente di Oxford che ha messo a confronto il sistema italiano con quello inglese.
Dentro ai Cie, finiscono gli stranieri che vengono trovati senza documenti. Una volta dentro, non possono uscire, ma solo incontrare i familiari e l’avvocato, ed hanno fino a tre mesi di tempo per regolarizzare la loro situazione. Se questo non accade, vengono rimpatriati nel paese di origine.
Questo fa gioire molti in nome della pulizia etnica che si vuole attuare in Italia. Per altri, è un’aberrazione legislativa, che andrebbe soppressa.

Il documentario racconta, attraverso quattro storie, quanto poco basti a stravolgere per sempre esistenze piuttosto ordinarie, comuni a tanti italiani. Alejandro è arrivato vent’anni fa dal Salvador con genitori, moglie e figli, tutti hanno sempre lavorato, finché lui a causa della crisi, è stato messo a casa, non è riuscito a trovare un lavoro in tempo utile per rinnovare il permesso di soggiorno ed è stato chiuso nel Cie, ed ora deve lasciare qui la famiglia e tornare da solo nel suo paese.
Karim è arrivato dall’Egitto che era molto piccolo, di fatto è cresciuto in Italia, parla con un forte accento milanese ed è finito nel Cie perché in un momento di sbandamento della sua vita, ha dimenticato di rinnovare il permesso.
Bouchaib è arrivato dal Marocco, ed all’inizio ha avuto vita difficile, è stato anche in carcere, poi è riuscito a rifarsi una vita, si è fidanzato con una ragazza italiana dalla quale aspetta una figlia, ma il lavoro è ancora precario, per cui niente documenti, quindi finisce anche lui dentro al Cie.
Infine Peter è arrivato dalla Nigeria, sua moglie è riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno prima di lui grazie ad un lavoro, lui intanto si occupa del figlio, per lo Stato però è un clandestino illegale per cui viene chiuso nel Cie ed allontanato dalla sua famiglia.
In Italia già è difficile essere italiani, essere stranieri è impresa spesso eroica. Non sono concesse debolezze, difficoltà, sbandamenti, perché ogni mancanza può portare alla fine del sogno di rifarsi una vita qui.

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Il Cie è un limbo sospeso nell’incertezza, nell’angoscia e nella solitudine, sia per chi sta dentro, sia per i familiari fuori. Il documentario racconta in modo straziante il tentativo di queste famiglie divise di colmare con l’affetto, l’amore e la solidarietà i vuoti disumani della legge. E per quanto doloroso sia stare lontani, se non altro chi ha famiglia può chiamare qualcuno nei momenti di sconforto, altri, arrivati qui da soli, si abbandonano alla disperazione di vedere tutto finire dopo tanti sacrifici, e tentano il suicidio.

“Questo non è solo un racconto di migrazioni – ha spiegato, dopo il film, il regista Matteo Calore – ma ci racconta cosa sta succedendo oggi alla società e alla politica italiana. Con questo documentario vogliamo sostenere la necessità di una commissione d’inchiesta per monitorare i Cie e renderli più il linea con le normative sui diritti umani. Alla fine la nostra speranza però è che vengano chiusi”.

Per questo, assieme al documentario, Zalabcasa di produzione di Limbo, e collettivo di filmmaker che si occupa di tematiche sociali – sostiene le campagne #maipiùcie per la loro soppressione e LasciateCIEntrare per vigilare sui diritti.

A Unife seminario su Cooperazione, Sviluppo, Ricerca e Sostenibilità. Organizzato dal Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Cooperazione: Sviluppo, Ricerca e Sostenibilità. Project Cycle Management e Logical Framework. E’ questo il tema del seminario che si terrà domani, venerdì 17 aprile,dalle ore 14 alle ore 16 nell’Aula D6 del Polo Chimico Bio Medico dell’Università di Ferrara, (via L. Borsari, 46), organizzato dal Centro per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale dell’Università di Ferrara.

Relatore dell’appuntamento sarà Matteo Radice, Docente e Ricercatore della Universidad Estatal Amazonica in Ecuador.

“L’importanza di questo seminario deriva dalla recente legge n.125 del 2014, che detta la ‘Disciplina generale  sulla cooperazione internazionale per lo Sviluppo’ – spiega il Prof.  Alessandro Medici, Direttore del Centro – e che include  anche le Università tra i soggetti  a cui lo Stato riconosce un ruolo istituzionale nel campo del sistema della Cooperazione internazionale”.

 

La nuova stagione porta con sé l’edizione 2015 del Catalogo dei Lidi di Comacchio

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Disponibile la nuova edizione della guida per organizzare al meglio la vacanza sul litorale

Con la stagione balneare ormai alle porte, arriva come di consueto in distribuzione la nuova edizione del catalogo turistico 2015 della costa di Comacchio: uno strumento di accoglienza per il turista, realizzato dal Comune di Comacchio in stretta collaborazione con la Provincia di Ferrara e con il Centro Unificato di Informazioni Turistiche di Ferrara. Una guida che ogni anno si rinnova nella forma e nei contenuti ponendosi come il miglior biglietto da visita per gli ospiti della nostra costa.

Dalla struttura semplice, pratica e dinamica, il catalogo offre un focus particolare sulle principali risorse turistiche del litorale: dalla presentazione dei sette Lidi, alla descrizione delle bellezze di Comacchio fino ad arrivare ai numerosi eventi in programma ed alle variegate proposte di escursione a piedi, in bicicletta o in motonave nella Valli e nel Parco del Delta del Po. Il tutto accompagnato da un ricco e dettagliato comparto informativo su ristoranti, stabilimenti balneari e strutture ricettive oltre a tutte le informazioni utili per il turista ed alle mappe del territorio.

Particolarmente aggiornata la sezione relativa al comparto museale ed archeologico, con descrizioni accurate dei principali musei del territorio, la presentazione del nuovo parco archeologico, con i recenti ritrovamenti presso la Pieve Santa Maria in Padovetere, e le pagine dedicate alla nuova segnaletica turistica in città e al biglietto cumulativo “Comacchio Museum Pass”, il ticket unico che offre la possibilità di visitare tutti i musei cittadini. Anche il comparto di immagini ha subìto un rinnovamento, grazie soprattutto alle foto di recente acquisizione di Caspar Diederick che, con la sua macchina fotografica, ha saputo cogliere al meglio le bellezze e le emozioni connaturate ai Lidi ed al Parco del Delta.

Il catalogo, stampato in 50.000 copie e tradotto in inglese, francese, tedesco, danese e olandese, verrà distribuito presso gli Uffici Informazioni del territorio, nelle strutture ricettive e nel corso di eventi e manifestazioni che si svolgeranno sul litorale. La sua versione digitale è scaricabile gratuitamente online dal portale turistico www.turismocomacchio.it, ma anche gli operatori turistici potranno, a loro volta, condividerlo sui loro siti, moltiplicandone la diffusione.

 

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Il Centro Impiego di Consandolo cambia le giornate di apertura dal 2 maggio

da: ufficio stampa Provincia di Ferrara

Dal 2 maggio 2015 la sede di Consandolo del Centro per l’Impiego del Medio resterà aperto al pubblico due giorni a settimana: il lunedì dalle 9 alle 13 e il giovedì dalle 9 alle 13 e in fascia pomeridiana dalle 14,30 alle 16,30


Per ragioni di necessità, durante i giorni di chiusura gli utenti potranno rivolgersi ai Centri per l’Impiego di Ferrara o del Basso Ferrarese (Codigoro/Portogaribaldi).
La diminuzione dei giorni di apertura, rispetto ai cinque attuali, si rende necessaria per la riduzione di personale degli uffici in corso anche a causa della riforma istituzionale che non consente alle Province di procedere a sostituzioni del personale nel frattempo cessato dal servizio.
Per ulteriori informazioni è possibile chiamare i numeri: 0532.804142, 0532.299808 o 0532.299858.

Il Vescovo Negri a San Benedetto

da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

Si è tenuto ieri presso la sede della Contrada di Rione San Benedetto fra Mons. Negri e i contradaioli. Al centro del confronto fra l’Arcivescovo, i giovani e le famiglie della Contrada bianco – azzurra il principio dell’impegno ma anche del premio, della gioia che ne deriva. “Non c’è Pasqua senza un venerdì santo – ha detto Mons Negri – ma non c’è venerdì santo senza la santa Pasqua”.

Shakespeare da ridere con Santa Maria in Vado

da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

La Contrada di Santa Maria in Vado per sabato 18 aprile in Sala Estense alle 21:15 porterà in scena “Romeo e Giulietta 3.0”, ovvero come divertirsi con la lamentevole tragedia di Romeo e Giulietta
L’opera è una rappresentazione in chiave comica e grottesca della famosa tragedia shakespeariana, lo spettacolo è organizzato e promosso dalla Contrada di Santa Maria in Vado con la partecipazione dell’associazione culturale ARTEFICIO di Bologna. Protagonisti (oltre che autori e registi) Francesco Mei, Manuel Reitano e Dario Turrini.

L’ ingresso è ad offerta libera , per informazioni si può contattare il numero 3423912949 o scrivere info.eventi.smv@gmail.com.

L’OPINIONE
Le problematiche di turno

Come un rombo di cannone. Non tanto si tratta della rossiniana calunnia, quanto della nuova parola che fa impazzire gli “itagliani”. Problematica. Anzi problematiche. Al suo confronto, selfie, energy, education, ashtag scompaiono di fronte a una sana parola delle nostra tradizione. E guai sostituirla con “problemi sollevati da” o altre circonlocuzioni modestamente banali. Problematiche devono essere e siano!
Vuoi mettere le problematiche sollevate dalla falsa tomba di Caravaggio, monumento supremo al genio italico? O le dotte discussioni intrise di squisiti veleni accademico-politici sulla necessità di spostare la collocazione della Pietà Rondanini da una stanza all’altra nel Castello di Milano?
O la problematica sollevata dai vini dalemiani? O quella bofonchiata dal signor Salvini riguardo ai campi Rom? E, mi si perdoni, il serissimo e fondamentale convegno medico che si terrà a Ferrara, non per l’evento in sé che richiede il massimo rispetto, ma il modo con cui è stato presentato sui giornali: “le problematiche sulla patologia del pavimento pelvico”.
E se invece di problematiche si passasse ai modesti ma sempre efficaci interventi?
Mi è parso evidentissimo che nella bellissima mostra rodigina “Il demone della modernità”, curata dall’amico Giandomenico Romanelli, la problematica della nascita della modernità sotto il segno del demonismo e della guerra sia stata risolta con un racconto fatto di quadri dove gli ormai insopportabili geni del Novecento e dell’Ottocento, con la inevitabile puntata sull’ “unico” Caravaggio, erano sostituiti da una generazione o da due artisti in prevalenza nordici – con la straordinaria presenza dell’italiano Alberto Martini – poco conosciuti, acutissimi nel rappresentare il lato oscuro della modernità: senza problematiche ma con lo sguardo dell’artista che conosce e crea la realtà dal suo punto di vista privilegiato.
Ma ormai, nel sabato luminoso, a Rovigo sembrava di essere a Ferrara, nello stesso identico momento. Tutto un tambureggiare di figuranti e sbandieratori che passavano orgogliosi tra banchi e bancherelle di cibo e di prodotti alimentari e che attraevano i passanti a suon di assaggini. Fin sulle scale del palazzo della Gran Guardia dove il nostro grande ferraresissimo antichista Claudio Cazzola teneva una conferenza sull’enigma di Omero. E mentre gli enigmi si dispiegavano – che sottofondo di rulli, di trombe, di sventolii – cortesemente si sollecitava ad abbreviare la dotta riunione perché alle diciotto parlava il signor Salvini.
L’”Itaglia” ormai sta raggiungendo il picco della incapacità, prima linguistica e conseguentemente morale ed economica, di un periodo storico che raccoglie i frutti (ormai è d’obbligo un riferimento costante all’Expo e alle sue problematiche) di una stagione sciagurata.
Ci si può consolare dalle problematiche? Beh forse un mezzo c’è ed è, al solito, quello offerto dallo sguardo implacabile dell’arte che testimonia e crea. L’altro termine abusato “evento” ormai non scalda più i cuori. Per caso ho rivisto, dopo decenni, il secondo film di Bernardo Bertolucci “La strategia del ragno” (1970) che ricordavo pochissimo. E le memorie si sono infoltite: gli anni trascorsi all’istituto tecnico V. Monti, collega di Franco Giovannelli, attore splendido nel film. E le storie dei tre amici a Bologna: Franco Giovannelli, Giorgio Bassani e Attilio Bertolucci. E l’incontro con Claudio Varese e Giuseppe Dessì… e l’ultimo racconto del libro “Una città di pianura” uscito nel 1940 di quel giovane scrittore, Bassani, che è obbligato a nascondersi per le leggi razziali sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi. E mi accorgo di essere tra gli ultimi testimoni di quella stagione ferrarese straordinaria, anche se di un’altra generazione. Poi “gira il mondo gira” e mi lascio trascinare dalla voce di Mina che canta la canzone del film. E ancora i disegni di Ligabue nei titoli del film girato tra Brescello (il paese di Don Camillo), Sabbioneta e Fidenza, e scoprire che al paese sul fiume era stato dato il nome di Tara, l’unica solida realtà a cui si attacca disperatamente Rossella nell’ultima scena di Via col vento. Poi la straordinaria presenza di Alida Valli a 14 anni di distanza da “Senso” di Luchino Visconti. Ancora meravigliosa…
Così in luogo di problematiche rivivono le testimonianze.

Narcisse l’africano: “Sono qui per imparare, ma una cosa la so: diversità è ricchezza”

“Mi chiamo Narcisse Nsame, vengo dal Camerun, vivo a Ferrara da 3 anni. Studio Scienze della comunicazione, mi appassiona molto. Prima, studiavo Giurisprudenza nel mio Paese, ma quella non era la mia strada.” L’italiano lo parla bene ormai, salvo qualche verbo coniugato male (ma li sbagliamo anche noi) e le idee sono chiarissime. Ha zigomi sporgenti e un sorriso che viene fuori quando parla della sua terra: l’Africa.
“Ma tu qua come ci sei finito?” gli domando, mentre ci dirigiamo in un’aula vuota per fare quattro chiacchiere come due amici qualunque. “L’Italia in Camerun è molto conosciuta: i due Paesi collaborano attivamente da un punto di vista istituzionale e accademico: difatti, è in atto una cooperazione internazionale tra le vostre e le nostre università. Prima di venire in Italia, lavoravo ad un progetto molto conosciuto nella mia città, Dschang (sita nella regione ovest del Camerun): attraverso Pipad (Progetto integrato per l’autosviluppo), così era denominato, sostenevamo a distanza donne e bambini colpiti dall’Aids e spesso abbandonati da mariti e padri. A sua volta, Pipad era appoggiata da un’associazione italiana, l’Anlaids Onlus di Roma: in questo modo, ho avuto l’occasione di lavorare con medici, infermieri italiani e di conseguenza di studiare l’italiano per superare gli ostacoli comunicativi tra noi e loro, poi ho continuato anche perché mi piaceva come lingua. Una volta migliorato, riuscivo ad avere più dialogo con i medici, a capire qualcosa di più sulla cultura italiana ed è da qui che è nato il desiderio di venire in Italia.”

L’Italia non è un punto di arrivo, mi spiega, anzi, è un punto di partenza. “Sono qui per conoscere e avere nuove competenze. Voglio riportare in Africa tutto ciò che sto imparando ora e nei posti in cui mi trasferirò in futuro”. Ha parole sincere per il nostro Paese, che gli piace, ma a metà. “Qui, tante cose mi soddisfano, ma tante altre non mi piacciono. Ti posso dire che la prima cosa che mi ha colpito è l’opportunità di studiare. Non c’è questa possibilità in Africa. Nonostante la crisi, il governo italiano ti offre una borsa di studio, ti spinge ad andare avanti, ti incoraggia. L’accoglienza è un altro punto a favore dell’Italia. Penso a Lampedusa, al Sud, a quello che sta capitando lì. Ci sono clandestini che hanno attraversato il mare giungendo in Italia: ho visto gli sforzi di quelle persone che si sono impegnate per dare una mano a tutti coloro che erano in difficoltà, a seppellire i morti, trattarli come esseri umani, vedere la vita tutelata. Ho la fortuna di essere in vita, ho preso la via giusta per arrivare in Italia.”

Quando parla dei punti deboli del Belpaese è altrettanto diretto, anche se parlare di razzismo non è così semplice per lui: “La parola razzismo fa male, ma se dobbiamo parlarne, non lo considero un problema sociale, bensì un qualcosa che va oltre, a cominciare dalla politica ad esempio. Sentire un ministro – non voglio fare nomi – affermare che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani, crea un motivo per radunare il popolo dietro di sé attraverso il razzismo. Il razzismo va oltre quello che vediamo. La concezione mentale che ognuno di noi ha di questo problema è basata sull’apparenza: se una persona è nera, di conseguenza è malvagia solo per il colore della pelle. Per conoscere qualcuno bisogna conoscere la persona, passare del tempo con lei per capirla invece di giudicarla e condannarla prima del tempo.” Il tono della sua voce aumenta, le vene del collo si ingrossano, comincia a gesticolare: “Se si riconosce che una persona di colore, un ragazzo nero – come sprezzantemente ci chiamano – possiede la ragione, il criterio del colore non ha rilievo. Ci sono quattro razze: bianca, nera, gialla e rossa. Il razzismo ha fatto sì che ora ce ne siano solo due: nera e bianca. Non riesco a capire perché non possiamo essere equiparati ai bianchi: forse perché non possiamo studiare? forse perché non riusciamo ad apprendere? o perché non siamo in grado di ragionare? Dobbiamo porci tutti sullo stesso livello, abbiamo anche noi una ragione”.
Non pensavo che il termine nero fosse così discriminatorio, Narcisse mi ha aperto gli occhi e mi suggerisce, “Chiamateci africani! Se io andassi in Francia, come potrei chiamare un cittadino di quel Paese? Francese! Allora se io vengo dal continente africano, perché non puoi chiamarmi africano? Sono fiero di esserlo e niente può cambiare questa mia origine, nemmeno il razzismo. Le diversità culturali sono necessarie per giungere ad un mondo etico, con più uguaglianza. Non tutti gli africani si comportano bene, questo lo so, come succede in qualsiasi altra etnia. Sono sicuro che il giorno in cui capiremo che la diversità culturale può essere un motivo di vanto, una ricchezza da sfruttare per il benessere generale dell’intera comunità, cadranno i veli della divisione, non esisteranno più frontiere tra la gente. Se nella democrazia è riconosciuto il diritto di appartenenza ad una cultura diversa dalle altre, perché non è lo stesso per il continente africano che viene sempre condannato e sottoposto a pregiudizi? Qui da voi non ho respinto la cultura italiana e non ho nascosto la mia, ma finché non ci togliamo dalla testa certe cose, non cambierà nulla.” Parla con impeto, forse anche rabbia, ma lo fa con rispetto: “siamo tutti essere umani” mi ripete.

Decido di riportare la conversazione su binari più tranquilli, gli chiedo cosa gli manca dell’Africa; l’espressione ora è più distesa, i suoi occhi lucidi cambiano direzione, sembra la veda lì, in quell’aula, la sua terra: “I miei genitori, i miei familiari, la mia gente. L’aria. Il profumo della cucina africana. Anche il fuoco a legna, soffiarci sopra per alimentarlo e cucinare in modo un po’ più spartano. Il mais, per esempio, lo facciamo girare davanti al fuoco, questo mi manca. Vorrei tornare a pescare, ritirarmi in campagna, non stare in città. Ci sono ancora foreste vergini nella mia terra, in cui ritirarsi per trovare pace. Vorrei riposarmi, riappropriarmi della mia cultura.” E’ un’escalation di emozioni, un ricordo sempre più vivo nella sua testa: “Mi manca la mia gente. Qua vivo un po’ più in solitudine. Siamo più fraterni fra di noi, in Africa. Se tornassi, potrei andare ovunque: da un amico o un familiare, un posto dove dormire lo troverei sempre. Qua percepisco distanza fra le persone, anche fra italiani e italiani. Siete vicini di banco, ma fuori dall’aula non vi salutate. Da noi non esiste. Sono ancora in contatto con miei amici delle medie e delle superiori, anche grazie ad internet, come se il tempo non fosse mai passato… se li incontrassi per strada li saluterei, ci fermeremmo e ci chiederemmo veramente “come stai?”. In un ambiente capitalista, come l’Italia, ognuno si occupa delle sue cose e basta.” Come non dargli ragione.

Mi racconta che c’è un’Africa giovane, che lotta, alza la testa per provare a scrivere un futuro migliore, ma qualsiasi cambiamento “deve avvenire con il cuore perché non bastano i finanziamenti, bisogna interessarsi per tutti, non solo per un tornaconto personale.” Torna a parlare con un tono più acceso “l’Africa, nell’insieme, lotta. A dire il vero, quando guardo l’Africa, sono sicuro di una cosa: se gli altri guardassero l’Africa con i miei stessi occhi, capirebbero che da una parte, il continente da cui provengo è all’origine di tutto quello che succede, ma dall’altra parte, noi suoi abitanti siamo impotenti. Abbiamo fatto degli sforzi enormi nel passato per rimanere uniti, come regione e continente, ma esiste un problema di mentalità, l’unico motivo di divisione tra gli africani. Una mentalità che non so dove sia nata: ognuno vede prima di tutto i suoi interessi. Prendiamo l’esempio dei cinesi, o degli arabi: sono molto solidali fra di loro. Ognuno cerca suo fratello per sviluppare le proprie attività. Sono uniti. Ma quanti africani si comportano così? Vivendo qua, facendo ricerche, i miei occhi si sono aperti, poco a poco. Se un popolo vuole cambiare, deve cominciare dalla sua mentalità: è per questo che siamo considerati i fautori della nostra situazione. Il capitalismo occidentale ha certamente influito sulla mentalità africana. Anche i governanti prendono la politica come qualcosa di personale, non per il popolo. La politica è condizionata dalle lobby, dall’estero, dai governi stranieri, dalla loro determinazione nello sfruttare le risorse naturali dei Paesi africani.”

Di colpo, la rabbia si trasforma in amarezza “Non so se i popoli africani abbiano la possibilità di ricavare dalle materie prime, ecco da dove vengono i problemi. Rimpiango molto la mia Africa oggi, perché ovunque c’è guerra. Non c’è Paese in cui tu possa stare tranquillo: se non c’è la guerra, c’è la fame; se non c’è la fame, c’è la sete; se non c’è la sete, ci sono le malattie. Da dove arrivano? Com’è possibile che un Paese così ricco non riesca a svilupparsi? Quali sono le politiche che sono state attuate per un’indipendenza economica, politica, sociale? Come si fa a non essere liberi di sfruttare le proprie risorse per sollevare il tenore di vita del proprio Paese? È il mondo intero che deve farsi queste domande, non solo l’Africa. La mia terra non ha diritto di veto! Non abbiamo che occhi per piangere perché subiamo solo e siamo sottomessi a decisioni di cui non abbiamo preso parte. Cosa abbiamo fatto per meritare questo? Quante persone sono emigrate? Milioni di persone. E quali sono stati i ricavi? Tutte le risorse, dove vanno? I diamanti, il petrolio, l’oro e gli altri minerali! Abbiamo terre coltivabili e acqua potabile, perché non la sfruttiamo? In Italia ci sono macchine che possono coltivare anche in zone misere. Chi finanzia le guerre e chi vende le armi in Africa? Le malattie da dove arrivano? L’Ebola, è risorta, era stata combattuta 30 anni fa! Gli africani continuano a morire, gli occidentali tornano a casa loro e ritornano in forze.” Ha un sacco di domande per la testa, me le sputa fuori come se si stesse liberando di un male che gli rode dentro. Conclude con la speranza in un futuro migliore e un appello a chi lo leggerà: “Se qualcuno avesse in mente che gli africani non fanno niente per risollevare questa loro situazione, sappia che non ha capito niente. Ci sono africani che riflettono molto, ma mancano loro i mezzi per poter realizzare i propri progetti. Non ci sono fondi, non si riescono a concretizzare le idee. Anche io vorrei tornare, dopo aver compiuto un’esperienza professionale in giro per l’Europa. Vorrei creare un’attività per dare posti di lavoro nel sociale. Io sono sicuro di una cosa: il fatto di aver vissuto nella paura, di essere sempre dominati dall’estero ci ha fatto male, ma oggi gli sforzi confluiscono per cambiare le cose. Fortunatamente siamo ancora liberi di riflettere, di prendere in mano i nostri problemi: il cambiamento non deve partire da un altro, ma da noi stessi. Non c’è una prova per giustificare quello che sto dicendo, ma il tempo ci dirà da che parte stiamo andando. Noi abbiamo una storia da scrivere e deve essere più positiva per l’Africa”.

Sono le 18, il sole è ancora alto, me ne vado come un pugile suonato. Ho perso il match. L’Africa forse, ancora no…

Dai campi al campo per la rivincita: un calcio al pallone e uno al razzismo

Siamo in Calabria, una delle regioni più controverse della nostra cara Italia. Da una parte panorami mozzafiato, il calore della gente e buon cibo; dall’altra, l’ombra delle “n’drine” mafiose, dell’omertà e un tessuto sociale che sembra sgretolarsi giorno dopo giorno. E’ qui però, che nasce speranza.

Sono una ventina, tutti africani: senegalesi, ganesi, ivoriani e altri provenienti addirittura dal Burkina Faso. Sono calciatori, o meglio, braccianti-calciatori. Sì, perché di giorno lottano per un tozzo di pane, si spaccano la schiena nei campi di agrumi per riuscire a mangiare qualcosa e continuare la loro vita di stenti e fortune.

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Alcuni calciatori del Koa

E’ dopo il lavoro però che arriva la parte più bella della giornata: la sera. Ad allenarsi, a sfogare la rabbia, ma soprattutto la passione sul terreno di gioco. Via gli stivali da lavoro, è il momento delle scarpe coi tacchetti. Vecchie, consumate, ma quanto mai desiderate. Arrivano all’allenamento stravolti, ma fanno di tutto per essere nell’11 titolare. Il loro stadio, in senso lato, è la Piana di Gioia Tauro: arrivano da paesi come San Ferdinando, Rosarno, Palmi. Posti difficili in cui vivere, soprattutto se sei un immigrato e non hai un lavoro stabile. Si chiamanoKnights of the altar” (l’acronimo Koa è il nome della squadra di calcio, invece), i “Cavalieri dell’altare”, nome di un gruppo gospel composto da immigrati che, come il team sportivo, fa parte di “Uniti contro le frontiere”, progetto umanitario che include anche la formazione e l’alfabetizzazione.

Tutto nasce nel 2010, da un’idea di Don Roberto Meduri, sacerdote della parrocchia Sant’Antonio da Padova situata nella contrada Bosco di Rosarno: prima per quei ragazzi il pallone era solo un passatempo, un modo per ingannare il tempo quando non si lavorava. Ora è un vero e proprio impegno, giocano infatti in terza categoria. Lo scopo del progetto è quello di integrare i ragazzi africani nel tessuto sociale della zona, in attesa che trovino un impiego più soddisfacente e saldo.
L’allenatore è Domenico Mammoliti, allenatore di Gioia Tauro con diverse esperienze in panchina; il capitano invece, la guida tecnica in campo della squadra, è il 26enne senegalese Khadim Seye, che nel suo Paese ha anche collezionato qualche presenza con la nazionale Under 17 e ora è il capitano del Koa. La domenica si va a giocare in treno, poi a piedi fino al campo di gioco. Sempre più spesso però, qualche volenteroso mette a disposizione la propria macchina. Anche nell’organizzazione si è “squadra”.

Partita dopo partita, i giovani africani hanno preso consapevolezza dei propri mezzi, ormai si sentono a casa a scendere in campo con la maglia da calcio. Le divise sono gialle e nere, ricordano i colori dell’Africa, insieme al verde, il colore della Piana. Un modo per affrontare il razzismo, piaga sociale quanto mai estesa in Italia, guardarlo in faccia e sconfiggerlo attraverso l’integrazione e la speranza che si legge negli occhi di questi ragazzi. Un futuro migliore li attende, gli agrumeti e gli insulti, in quelle domeniche di calcio, sono un ricordo lontano.

Foto di Salvatore Colloridi

Tiberio Savonuzzi, l’avvocato che a 40 anni s’è scoperto pittore

Ha 45 anni, è felicemente sposato, ha due figli e alle spalle una carriera soddisfacente da avvocato. Si chiama Tiberio Savonuzzi e oggi fa il pittore: espone in varie città d’Italia, ha già vinto due premi importanti ed è appena stato contattato per esporre le sue opere alla Biennale di Tokyo per la sezione Italy art Tokyo 2015, a San Pietroburgo e ad Artefiera di Padova. In questo momento, cinque dei suoi quadri sono in mostra alla Galleria Le Dame di Londra in Albany street fino al 30 giugno e una quindicina sono esposte al Country Club di Fossa d’Albero a tempo indeterminato.

Come è nata la collaborazione con la Galleria Le Dame di Londra?

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Chiara Canal e Cristina Cellini Antonini di Le Dame Art Gallery di Londra

Ho letto un articolo su Il giornale dell’arte che presentava tutte le gallerie italiane che stanno cercando uno sbocco all’estero. L’associazione Le Dame è diretta da due italiane che si sono trasferite a Londra con l’intento di diffondere l’arte italiana emergente all’estero; le ho contattate, hanno valutato le mie opere e mi hanno proposto di esporle nella loro galleria di Londra, insieme ad altri artisti italiani e inglesi. Grazie a loro ho incontrato anche Michele Maione, presidente dell’Archivio monografico arte italiana, che mi mi ha proposto di collaborare partecipando a mostre ed eventi organizzati in vari luoghi d’Italia (attualmente sono attivi a Venezia, Milano, e anche all’Expo). La cosa che più mi ha colpito di queste persone è che non si limitano a coinvolgerti per il singolo evento, ma desiderano stabilire una continuità per sostenere l’artista emergente e seguirne la crescita.

Dall’avvocatura alla pittura, quali le ragioni di un salto così grande?

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Savonuzzi nello spazio espositivo del suo atelier

La scelta della pittura viene da una riflessione che ho fatto qualche anno fa, a quarant’anni, “nel mezzo del cammin” della mia vita. La storia della mia famiglia è stata molto travagliata, da tre generazioni cresciamo orfani di padre: mio bisnonno Ezio Savonuzzi è morto giovanissimo nel 1917 sul Piave quando mio nonno aveva appena cinque anni; mio nonno Alberto Savonuzzi è stato barbaramente ucciso insieme al altri sei partigiani dai nazifascisti, nell’eccidio del Doro del 17 novembre 1944, quando mio padre aveva cinque anni; mio padre Ezio è stato stroncato da un tumore fulminante al cervello, era il 1974 e io avevo cinque anni. Arrivato a quarant’anni mi sono accorto che ero il più vecchio delle ultime quattro generazioni, avevo già vissuto più a lungo rispetto a mio bisnonno, al nonno e al papà, mi sentivo graziato.

Cambiare attività è stato quindi il frutto di un bilancio…

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Il laboratorio

Sì, nonostante la professione da avvocato fosse bene avviata, mi sono reso conto che non era quello che volevo dalla vita, che gli anni che mi venivano ‘regalati’ andavano vissuti alla grande, e ho cominciato a pensare di dedicarmi a qualcosa che mi permettesse di esprimere me stesso. Mi è sempre piaciuto disegnare, ma ero completamente a digiuno di qualsiasi tecnica, quindi nel 2011 mi sono iscritto alla Scuola del fumetto di Padova (due mattine a settimana andavo a lezione e mi facevo sostituire alla udienze), dopo tre anni mi sono diplomato, poi ho cominciato a prendere in mano i pennelli e ho capito che la pittura era la mia strada. Ho chiuso la mia posizione di avvocato e mi sono lanciato. E’ stato un po’ un salto nel vuoto, non so ancora dove mi porterà questa attività ma ora sono felice, non mi sento arrivato e con molta umiltà miglioro ed evolvo di giorno in giorno. Sono soddisfatto perché i miei quadri piacciono, vengono esposti e acquistati. Mi sembra di aver fatto la scelta giusta.

Il tuo atelier è un bijoux, in pieno centro storico, abbastanza grande e molto luminoso, come ci sei arrivato?
E’ stato un segno, c’è qualcosa di speciale in questo luogo, c’è una connessione unica, sembra quasi che io sia stato chiamato qui in via Borgo Vado.

In che senso? Racconta…

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Scorcio della chiesa di Santa Maria in Vado dalla finestra dell’atelier

Quando non avevo ancora l’atelier e dipingevo in casa, andai per un appuntamento con la proprietaria del B&B Guest House Delizia Estense in via Scandiana, per accordarmi sull’esposizione di alcune mie opere nel suo albergo. La signora era in ritardo di qualche minuto, così ne approfittai per entrare nella chiesa di Santa Maria in Vado, e scopro casualmente che c’è una lapide di mio bisnonno Ezio Savonuzzi, sulle pareti laterali della cappella del Miracolo. Dopo due settimane, mentre ero alla ricerca di un atelier, mi consiglia di provare con la ex-bottega del biciclaio di Borgo Vado. Arrivato all’appuntamento, scopro di essere proprio di fronte alla chiesa di Santa Maria in Vado. Era perfetto per me e l’ho preso subito. E’ suddiviso in due vani, uno l’ho adibito a laboratorio, uno a spazio espositivo.

Tornando alle parentele, il celebre ingegner Carlo Savonuzzi, ingegnere del Comune di Ferrara, che eresse il Serbatoio dell’Acquedotto di Ferrara, che progettò la scuola elementare Alda Costa, il conservatorio Girolamo Frescobaldi, e riqualificò piazzetta Sant’Anna negli anni ’30, era un tuo parente?
Sì, era un fratello di mio bisnonno Ezio. A Ferrara, tutti i Savonuzzi sono imparentati. Anche Girolamo Savonuzzi, uno zio del bisnonno, che fu ucciso nel 1935 dai fascisti sulle Mura.

Cosa esprimono le tue opere?
All’inizio ero partito con una serie di manichini (che non hanno nulla a che vedere con la metafisica di De Chirico) che rimandano al tema della persona che vive in un presente globalizzato e che è vittima dell’omologazione, spersonalizzata e sfruttata dal sistema. In questo senso, l’opera più significativa è il Manichino che si taglia e sanguina, per dimostrare di essere vivo.
Poi sono passato ad un lavoro più introspettivo e ho cominciato a dipingere figure che esprimono il senso della mancanza, perché vedo sempre di più nelle persone un grosso vuoto dentro, anelano a qualcosa che sempre gli sfugge. Questi quadri esprimono la ricerca interiore che l’uomo deve fare quando sente di non essere soddisfatto e felice della propria vita. Mi sono ripromesso di raccontare sempre una storia, e mi sono scritto un promemoria per ricordarmelo ogni giorno.

Manichino che si taglia e sanguina
Manichino che si taglia e sanguina
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Che tipo di colori e materiali utilizzi?
Un po’ di tutto, dagli acrilici al gesso, dall’acquarello alla vernice. Negli ultimi lavori sto usando una vernice quasi bituminosa e della colla, perché voglio che i volti emergano dalla tela, anzi dal muro perché ho ricoperto la tela di gesso e colla. Vorrei arrivare a fare quasi dei piccoli graffiti o piccole sculture… vedremo cosa salterà fuori.

Quanti quadri hai dipinto in quest’ultimo anno e quali sono stati premiati?
Se parliamo di quadri finiti, completi di cornice, una sessantina, poi ho fatto decine di studi e schizzi. Sono stato premiato al concorso nazionale di pittura La margherita d’Argento di Cesena a febbraio 2015 e alla Mostra estemporanea di Cerea a settembre 2014.

Progetti in vista?

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Alcuni dei quadri esposti

A maggio il mio atelier sarà uno dei luoghi che ospiteranno le opere e le performance di una 60ina di artisti ferraresi che si attiveranno per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza contro le donne, nell’ambito dell’iniziativa intitolata “Mozzafiato 2. Storie di ordinaria violenza”. L’iniziativa si svolgerà in vari luoghi, in modo itinerante: nel mio atelier di Borgo Vado, nel laboratorio della scultrice Flavia Franceschini in via Carmelino, nello studio della pittrice Sima Shafti di via Paglia, alla Foto factory di via Comacchio e alla Galleria del Carbone che ha promosso e organizzato l’evento in collaborazione con il Movimento Nonviolento, Centro donna giustizia, Centro di ascolto uomini maltrattanti. Gli artisti saranno per così dire ‘accoppiati’, un pittore e uno scultore, un ballerino e un poeta, io sono gemellato con il fotografo Osanna Campanella. L’inaugurazione dell’evento avrà luogo sabato 16 maggio alla Galleria del Carbone alle ore 18.

La mostra “Mozzafiato 2. Storie di ordinaria violenza” è già stata presentata a Jolanda di Savoia con le opere di una ventina di artisti (28 febbraio – 27 marzo), dal 18 aprile è in corso alla Casa dell’Ariosto di Stellata di Bondeno e dal 16 maggio si trasferisce a Ferrara nei luoghi già citati, coinvolgendo una sessantina di artisti che utilizzano diverse modalità espressive. La mostra itinerante è stata pensata per mettere in rete le località del territorio e gli artisti della città e della provincia di Ferrara.

Le Dame Art Gallery
Archivio monografico arte italiana

Music awards, Ferrara stella italiana del jazz. Il direttore racconta il club

Ferrara stella del jazz. Sì, il Torrione di San Giovanni con il suo calendario di concerti buca la fascinosa nebbia che l’avvolge nel suo avamposto sulle mura estensi e finisce per brillare – forte e chiaro – nel panorama nazionale. “Ferrara incoronata capitale del jazz; e le grandi città stanno a guardare”, titola niente meno che l’Huffington Post, il quotidiano online che ripropone le principali novità provenienti dalle testate nazionali e locali. Il riconoscimento al jazz club cittadino arriva da “Jazz It”, la rivista di settore che ogni anno assegna i “Jazz It Awards” in base al voto dei lettori. E’ un po’ l’Oscar di questo genere musicale con i voti che quest’anno superano i 13mila. Come la statuetta fa per quello che riguarda il cinema, anche questo riconoscimento è modulato su vari aspetti: sala e locale, direttore artistico, musicisti e artisti.

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Torrione nella nebbia (foto Eleonora Sole Travagli)
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I Jazz It Awards per la programmazione 2014

E Ferrara, con il suo jazz club, si porta a casa una tripletta di premi. Si aggiudica quello del migliore jazz club italiano con ben 1.113 voti, che lo mettono in testa a concorrenti del calibro dei romani 28 DiVino Jazz e Alexanderplatz con uno stacco di quasi trecento voti già rispetto al secondo classificato. Si aggiudica il primato per il direttore artistico, nella persona di Francesco Bettini, che riesce a inerpicarsi fin sulla vetta sopra a nomi come quello di Paolo Fresu per il “Time in jazz”, Carlo Pagnotta che dirige addirittura “Umbria jazz”, Mario Ciampà del “Roma jazz festival” e Sergio Gimigliano di “Peperoncino jazz festival”. E si aggiudica il top alle tastiere con Alfonso Santimone, musicista nato a Ferrara, al pianoforte anche l’altra settimana a dare il suo contributo alla “splendida foresta di suoni” di Camera Lirica e pronto a chiudere la programmazione giovedì 30 aprile in occasione della Giornata internazionale Unesco del jazz con il concerto serale intitolato “Song Improvisations”.

Il Jazz club Ferrara fa man bassa di riconoscimenti con un calendario di serate musicali programmate anno dopo anno con costanza, cura, continuità, alternanza di nomi big e giovani di talento, suoni classici e innovazione. Il Jazz It Award premia il club cittadino per il quarto anno consecutivo. La novità di questa edizione è il podio assegnato a Francesco Bettini come direttore artistico, che in silenziosa iperattività lavora da tempo, sorridente e cinetico, discreto e immancabilmente presente. A lui, dunque, il compito di raccontare un po’ il segreto di tanto successo.

Francesco Bettini, iI Jazz club ferrarese è attivo da quanti anni? Come e da chi nasce l’idea di fare qui a Ferrara questo tipo di manifestazione?
“La storia del Jazz club Ferrara affonda le radici nella metà degli anni ’70 fino all’apertura del Torrione, poco più di quindici anni fa. La direzione artistica era di Alessandro Mistri che da entusiasta e competente appassionato, ha permesso alla città di essere sempre vivace sul piano della proposta jazzistica. Alessandro e i molti soci, che negli anni lo hanno affiancato, hanno prodotto festival e rassegne di prima eccellenza portando a Ferrara e Comacchio i più grandi nomi della storia del jazz. Il Torrione, grazie alle caratteristiche ibride – a metà strada tra un teatro di piccole dimensioni e un locale – ha imposto che l’attività associativa divenisse continuativa ed era pertanto necessario uno sforzo e un impiego di risorse superiore al passato. Così io mi resi disponibile come volontario ad aiutare Alessandro nello svolgere compiti più che altro logistici. Mi sono ritrovato a coprire praticamente tutti i ruoli della filiera, dapprima come fonico e segretario, poi addirittura come ufficio stampa, fino ad affiancarmi alla direzione artistica. Per i primi anni ho lavorato a quattro mani con Alessandro Mistri acquisendo sempre maggiore esperienza, fino a quando, progressivamente, ho finito per svolgere questo compito in autonomia, direi almeno da cinque anni”.

Classe 1975, una laurea in Conservazione dei beni culturali. Ma quale percorso e formazione fa diventare un direttore artistico da Jazz Award, Francesco?
“Nell’arco degli ultimi quindici anni ho fatto veramente tutte le esperienze connaturate alla produzione del jazz in Italia: dal segretario all’ufficio stampa, dal road manager al fonico, dal booking al direttore e consulente artistico. Tutto ciò mi ha permesso di sviluppare una visione a 360 gradi. Questo mi consente di avere a che fare con i musicisti e i colleghi di settore dialogandoci non solo dalla mia prospettiva, ma anche dalla loro. Quando diventi parte integrante di un sistema è naturale che la rete delle amicizie e delle collaborazioni si estenda con una sorta di crescita geometrica. Credo e spero di essere riuscito professionalmente e umanamente a interagire proficuamente su un terreno comune con tutti i singoli soggetti”.

Quali sono le linee guida che segue, Bettini, nel mettere insieme il cartellone? Gusto, istinto, strategia, mix calibrato di elementi diversi?
“Tendo a diversificare il più possibile, raramente agisco d’istinto e mi impegno a non influenzare eccessivamente con il mio gusto personale il quadro complessivo delle proposte. Ma, soprattutto, cerco di privilegiare la qualità e la sincerità della musica, che promuoviamo al di là delle barriere di genere”.

I grandi nomi sono diventati anche un po’ presenze amiche o il rapporto tra calendario e artisti passa soprattutto attraverso manager e prestigio acquisito?
“Non ho solamente condiviso i concerti e il lavoro con moltissimi musicisti italiani, europei e statunitensi. Talvolta giornate intere, tournée di più settimane, persino vacanze. Ho sempre voluto che i rapporti non si limitassero all’ambito professionale. Cerco di instaurare un sano e sacrosanto desiderio di divertirsi assieme. Ciò non significa che il rapporto con i management non sia fondamentale, spesso anche in condizioni di confidenza assoluta con i musicisti è giusto e necessario che sia il manager l’interlocutore migliore per definire gli aspetti correlati al business”.

Come commenta questo riconoscimento così gratificante per un direttore artistico, ma anche per il club?
“Trattandosi di una votazione libera dei lettori, pertanto operata soprattutto da appassionati e musicisti e solo in minima parte da critici, è possibile che la preferenza sia da addebitarsi prevalentemente a caratteristiche legate alla simpatia e alla condivisione della nostra attività e dei fini della stessa, piuttosto che all’aspetto più prettamente connesso con la competenza e le scelte artistiche. Credo inoltre che, pur essendo rivolto al sottoscritto, sia in realtà una preferenza determinata dal lavoro collettivo delle associazioni che si avvalgono della mia professionalità e che, oltretutto, si tratti di una somma delle capacità espresse sia dall’associazione culturale Jazz club Ferrara sia dal Bologna jazz festival”.

Ferrara in vetta anche rispetto a città come Roma, Torino, Palermo. Non male…
“Un dato sicuramente rilevante è che JazzIt ha un prevalente romano-centrico e nonostante ciò la scelta dei lettori si è orientata su attività che si svolgono in provincia, segno che la capacità di attrarre interesse e consenso è possibile anche in realtà più ‘periferiche’ e che si possa avere visibilità su scala nazionale se i contenuti che si esprimono sono di eccellenza.
Non dimentichiamoci che fare l’operatore culturale in piccoli centri è sicuramente un’operazione più snella, risultando più semplice creare sinergie con altri soggetti e interfacciandosi con meno filtri e maggiore facilità di comunicazione diretta anche con le istituzioni”.

Quanto sono importanti le istituzioni in tutto ciò?
“L’Emilia-Romagna e la città di Ferrara sono da sempre attente alle politiche culturali e, nella stragrande maggioranza dei casi, gli interlocutori che si sono avvicendati ai vertici delle istituzioni hanno dimostrato di comprendere il valore delle nostre proposte e si sono impegnati a sostenerle con grande entusiasmo. I contributi erogati dagli enti coprono il 25% del budget necessario per il raggiungimento del pareggio di bilancio. Quindi il quadro finanziario si regge in piedi prevalentemente grazie all’autofinanziamento. Sebbene oggi attrarre investitori privati sia difficilissimo, siamo sempre riusciti – fidelizzando il nostro pubblico e in sostanza educandolo a un ascolto vario e diversificato – a tenere alto e fortemente differenziato il livello delle proposte artistiche e a proporre concerti e seminari che molto raramente strizzano l’occhio all’aspetto commerciabile dando priorità all’originalità e all’attualità dei progetti”.

Il futuro, ora, come si prospetta?
“Speriamo di poter continuare in questa direzione che sembra premiare il nostro lavoro, la nostra competenza, la nostra passione e soprattutto, in senso più ampio: la musica!”.

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Francesco Bettini, direttore artistico del Jazz club Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Francesco Bettini, direttore artistico del Jazz club Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Francesco Bettini, direttore artistico del Jazz club Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Il programma nelle mani di Eleonora Sole Travagli, addetta stampa (foto Giorgia Mazzotti)
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Il Jazz club Ferrara, interno del Torrione di San Giovanni (foto Giorgia Mazzotti)
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