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Giorno: 13 Ottobre 2015

Teatro Comunale De Micheli, posticipato a mercoledì 21 ottobre il corso “Dem Spazio Creativo”

da: ufficio Comunicazione Comune di Copparo

Il Teatro Comunale De Micheli informa che il primo incontro del corso “Dem Spazio Creativo”, previsto per il 14 ottobre, è rinviato a mercoledì 21 ottobre.
È ancora possibile iscriversi al corso creato e diretto da Davide Pedriali, un progetto di avvicinamento alla conoscenza dei linguaggi teatrali rivolto a giovani di età compresa fra i quattordici e i diciassette anni. In particolare, si tratta di un percorso di formazione nel quale sperimentare il cambiamento e l’interazione con l’altro da sé all’interno di uno spazio protetto e dedicato, il teatro. La prima edizione del corso ha come finalità la scoperta del proprio corpo come mezzo espressivo. Gli allievi sperimenteranno attraverso la recitazione le proprie paure, i limiti e il potenziale inespresso, supportati da consolidate tecniche teatrali e Docente ospite 2015, Stefania Capaccioli.
Primo incontro “Dem Spazio Creativo” mercoledì 21 ottobre 2015, ore 17.00, Teatro Comunale De Micheli.
Iscrizioni: biglietteria teatro De Micheli, piazza del Popolo 11/A, Copparo, tel. 0532 864580.
Informazioni: Davide Pedriali 338 9906713.

Giovedì 15 ottobre, secondo appuntamento del Ciclo di Conversazioni sul Lutto: “Il suicidio in famiglia”

da: Ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Nuovo appuntamento giovedì 15 ottobre alle ore 20.30 presso il Dipartimento di Studi Umanistici della Università di Ferrara, (via Paradiso, 12), della quarta edizione del Ciclo di Conversazioni sul Lutto.
“Il suicidio in famiglia: il sostegno ai sopravvissuti”. Sarà questo il tema delicato e complesso della serata, che sarà trattato dal Dott. Antonio Loperfido, psicologo-psicoterapeuta presso il Dipartimento di Salute Mentale di Pordenone.
“Il mio interesse verso il fenomeno del suicidio risale al 1981 – commenta Loperfido – quando il Centro di Salute Mentale, presso il quale lavoro, decise di condurre una ricerca sui suicidi avvenuti nel pordenonese tra il 1970 e il 1980. Per svolgere l’indagine di carattere statistico-epidemiologico mi recai di casa in casa. In questo modo ebbi l’opportunità di conoscere ottanta condizioni di vita, di solitudine, lutti non elaborati, tante domande lasciate in sospeso, rimorsi e sensi di colpa, sentimenti di rabbia e di vergogna” (Loperfido, in press).
“Il fenomeno – afferma l’esperto – è in notevole aumento. Nel mondo ogni tre secondi una persona tenta di uccidersi e ogni quaranta secondi riesce nel suo intento (Suicide prevention in WHO Sites: Mental Health, World Health Organization, 2006). Negli ultimi anni il numero dei suicidi ha purtroppo subito un notevole aumento con un coinvolgimento di tutte le fasce di età, sesso e cultura. Uno studio pubblicato dall’Oms nel settembre 2014 ha stimato che in tutto il mondo, ogni anno, almeno 800.000 persone si tolgono la vita e di questi suicidi più della metà avviene nei paesi a basso e medio reddito. Se si prende in considerazione la situazione del tasso di mortalità suicidaria in Italia, si nota che anche nel nostro Paese, negli ultimi anni, si è avuto un peggioramento. Nel 2006 e 2007, inizio della crisi economica, si sono registrati circa 3600 suicidi; nel 2014 si è avuto un incremento di circa il 12% con 4000 suicidi ogni anno, in particolare tra i maschi di età compresa dai 25 ai 64 anni, coincidente proprio con l’età lavorativa”.
“Il fenomeno del suicidio e del sostegno psicologico rivolto ai sopravvissuti – commenta Paola Bastianoni, docente di Psicologia Dinamica dell’Università di Ferrara e direttrice scientifica del progetto – è un tema estremamente presente, anche se negato e spesso nascosto, nella società ed all’interno delle nostre relazioni quotidiane. Diventa, a questo punto, fondamentale poter condividere questi aspetti per conoscere non solo gli elementi di ordine numerico e statistico, ma per comprendere le dinamiche intime e profonde che coinvolgono le famiglie”.
Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Dalla cartella al trolley, ma lo studente resta ambulante

Appartengo alla generazione di quelli che andavano a scuola con la cartella. Nella cartella ci stavano i materiali di lavoro, libri, quaderni, astuccio e l’immancabile merenda che costituiva un po’ quello che gli psicologi chiamerebbero l’oggetto transizionale, ciò che rende meno traumatico il distacco da casa, una sorta di cordone ombelicale non reciso, la tua coperta di Linus.
La cartella ti assegnava uno status sociale, un’identità, quella dell’alunno, quella dello scolaro. La dignità del lavoro, come quella dell’impiegato che si reca in ufficio con la sua borsa. Non c’era l’idea né della fatica né del peso della cultura dato dai numerosi tomi da portarsi appresso.
Poi arrivò la mitica cinghia Longo, quella elastica, davvero una rivoluzione. Portare i libri legati significava essere diventati finalmente grandi e che non avevamo più bisogno della cartella, così si capiva che non eravamo più alle elementari.
Ma quando poi abbiamo iniziato a passare noi dall’altra parte, dai banchi alla cattedra ecco comparire indistintamente sulla schiena di piccoli e adolescenti un oggetto che avevamo sempre e solo usato per le escursioni in montagna: lo zaino, come gli alpinisti e gli sherpa.
Uscire di casa al mattino presto con la schiena caricata di tutto l’armamentario per scalare le vette del sapere anno dopo anno: libri, quaderni, penne, matite, gomme, forbici, squadre e righe, compassi, colori ecc. e poi il sacchetto della ginnastica e poi semmai anche la valigetta del disegno. Pare che la nostra scuola e i suoi insegnanti su questo punto siano stati sempre inesorabili e inflessibili, insensibili ai rischi di contratture muscolari e di scoliosi per zaini troppo pesanti da reggere su schiene troppo giovani. In merito è intervenuto pure il Consiglio superiore della sanità a dettare norme sul peso degli zaini, indicando che non dovesse superare il 10-15% del peso corporeo del suo portatore. A fronte di zaini del peso quotidiano di 14 chili, qualche sindaco fu pure costretto con delibera comunale a ordinare il rispetto nel proprio territorio del range stabilito dal Consiglio superiore della sanità. Ciò nonostante nelle ore di ingresso e di uscita dalle scuole le strade dei nostri paesi e delle nostre città sono percorse da bimbetti e ragazzi che esibiscono sulle loro spalle ponderosi zaini di ogni marca per la gioia soprattutto dell’industria del settore.
La cosa che resta strana è che qualunque lavoratore non si porta da casa gli arnesi del lavoro, ma se li trova sul posto, non solo, spesso e volentieri ognuno ha il suo armadietto personale.
Per la scuola e i suoi studenti non è così. Ma vi pare possibile? È possibile che un problema così banale da anni non trovi soluzione? E abbiamo ancora il coraggio di parlare di “buona scuola”? Ma fatemi il piacere. Non si tratterebbe di una riforma e neppure di una rivoluzione, ma di un intervento di quelli cosiddetti ‘leggeri’.
Ma non è finita perché il peso dello studio e dei compiti a casa oggi ha finalmente raggiunto il suo apice nel trolley. Se voi guardate bene, bambine e bambini di oggi, ragazze e ragazzi dalle elementari alle medie, non hanno più lo zaino, ma si tirano dietro il trolley, come nelle sale delle stazioni e degli aeroporti. In epoca di classi digitali 2.0, di lavagne interattive, di iphone, ipad si va a scuola con la valigia, perché gli zaini sono divenuti inadeguati, insufficientemente capaci a contenere la moltiplicazione dei materiali scolastici di ciascuno, con portate che evidentemente superano gli standard consentiti dal Consiglio superiore della sanità.
Così dalla cartella dei miei tempi, status symbol dello scolaro, si è passati alla valigia, status symbol del viaggiatore, del migrante, dei non luoghi, della precarietà. La scuola della precarietà, per insegnanti e studenti, un’istituzione secolare, eppure così precaria! Dalla scuola si va e si viene, come da un viaggio, senza mai lasciare o dimenticare nulla dei propri effetti personali.
Ora poi che molte scuole medie hanno abdicato ad avere un proprio progetto educativo e hanno ceduto alla richiesta dei genitori per la settimana corta, orario e materie si sono concentrati su cinque giorni, dalle otto alle quattordici come i turni in fabbrica, con gli stessi compiti, se non più di prima, e con il peso dei libri, pure questo, caricato su cinque giorni anziché su sei, di qui forse la necessità della valigia, del trolley e neppure è venuta meno, nonostante i proclami di buona scuola e gli inviti alla Lizanne Foster, la prassi sanzionatoria della nota sul diario, se per caso dimentichi un qualche quaderno o libro a casa. Come chiamare tutto ciò se non ‘malascuola’?
Sarebbe questa la scuola amica, accogliente, ospitale? La scuola aperta al territorio? La scuola dei tempi distesi? La scuola dei libri digitali? A proposito che fine ha fatto l’adozione dei libri in formato digitale? Non è per caso che nel frattempo si è ceduto agli interessi dell’editoria, tipo Mondizzoli?
La realizzazione di una scuola diversa da quella tradizionale ha inizio dagli ambienti dove si apprende, dal loro uso e dalle relazioni al loro interno, capaci di comunicare non la tradizione ma i messaggi di una cultura nuova e amica. Non più le aule, non più le classi come tante catalogazioni d’esseri umani (Signori il catalogo è questo!), non più l’insegnamento trasmissivo e standardizzato, impartito dalle cattedre ai banchi, in scuole spoglie, male ammobiliate, con atri disadorni, spazi vuoti inutilizzati, luoghi per sostare, estranei alla famigliarità.
Non c’è discorso sulla scuola, non c’è protesta contro le riforme se non si parte da qui: la scuola deve essere innanzitutto ospitale. Un luogo aperto dove vivere oltre l’orario scolastico, incontrarsi, fare i compiti, riunirsi, ideare, creare, organizzare, lasciare le proprie cose, quelle che servono tutti i giorni, avere uno spazio, anche piccolo, ma proprio e personale. Se no, la scuola sarà sempre più simile a una caserma, a un carcere, a una istituzione totalizzante, con tempi e spazi contingentati, anziché un luogo amico, un luogo di benessere, un luogo di vita. L’abc di ogni scuola ha inizio qui. Questa è la prima vera riforma ‘gentile’ urgente che dovrebbe vedere mobilitati, studenti, insegnanti, genitori, amministratori locali, un modo altro d’essere per il quale i tempi sono più che maturi e che con un po’ di buona volontà da parte di tutti potrebbe iniziare già domani.

RIFLETTENDO
Una bella notizia (finalmente) per il Mediterraneo

E mentre scoppia l’inferno contro i pacifisti di Ankara, cadono le bombe a grappolo russe in Siria, si distruggono le meravigliose rovine di Palmira, si attaccano convogli in Iraq, l’Iran testa missili a lunga gittata e qualcuno si perde pure a parlare di Marino, una bella notizia, fioca ma intensa e forte, occupa poche righe dei giornali. Troppo poche.

È quella di un Paese che reagisce alla violenza, quella del premio Nobel per la Pace 2015 assegnato al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino “per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista in Tunisia dopo la rivoluzione dei Gelsomini del 2011” (qui, il 1 marzo 2011, il regime del generale Zine El Abidine Ben Ali era collassato sull’onda delle grandi manifestazioni di piazza). Nel 2014, avevamo già sentito parlare di candidatura al Nobel per la Pace alla tunisina Lina Ben Mhenni [vedi], la blogger-attivista, tra i pochi a non nascondersi dietro uno pseudonimo, che aveva raccontato con coraggio gli eventi più cruenti della rivoluzione in Tunisia nel 2011. Ma poi, nulla di fatto. Oggi il paese che si affaccia sul Mediterraneo torna alla ribalta non solo, e non più, per il dolce clima delle sue belle spiagge o dei musei affollati sconvolti dagli attentati che non perdonano, ma per altro, per qualcosa di bello, qualcosa di buono, una speranza di rinascita.

Le cosiddette “Primavere arabe” non sembrano avere avuto un grande successo, ma nella luminosa e laboriosa Tunisia il loro destino sembra aver incontrato qualche porta aperta in più. Nato nel 2013, “quando il processo di democratizzazione era sul punto di crollare sotto il peso di assassini politici e disordini”, continua la motivazione del gruppo di Oslo, “il Quartetto è riuscito a creare un processo politico pacifico in un momento in cui la Tunisia era sull’orlo della guerra civile. E così ha messo il Paese nelle condizioni di stabilire una costituzione e un sistema di governo che garantisca i diritti fondamentali a tutto il popolo tunisino indipendentemente dal genere, dal credo politico o dalla fede”. Cosa che purtroppo, non tutti i paesi vicino sono riusciti a fare, se si pensi, ad esempio, alla Libia. Ma non solo. Il premio è stato assegnato al Quartetto in quanto tale e non alle singole organizzazioni rappresentanti della società civili, che comunque vanno menzionate: il sindacato Ugtt (Union générale tunisienne du travail), la confederazione degli industriali Utica (Union tunisienne de l’industrie, du commerce et de l’artisanat), la lega dei diritti umani Ltdh (Ligue tunisienne des droits de l’homme) e l’Ordine nazionale degli avvocati.
Il “dialogo nazionale” tra gli islamisti del partito Ennahda (il “Movimento della Rinascita” ovvero Movimento al-Nahda), allora al potere in Tunisia, e l’opposizione era iniziato ufficialmente il 25 ottobre 2013 (dopo la grave crisi politica seguita agli assassini di due figure importanti della sinistra laica, Chokri Belaïd il 6 febbraio e Mohamed Brahmi il 25 luglio 2013) e puntava a formare un governo indipendente oltre che ad adottare la futura Costituzione. Il che era avvenuto puntualmente a fine gennaio 2014. Questo compromesso raggiunto con fatica era stato accompagnato dalle dimissioni del primo ministro Ali Larayedh, del partito Ennahda, che dirigeva il paese dopo la sua vittoria elettorale dell’ottobre 2011 e la sua sostituzione con un tecnocrate, l’ingegnere Mehdi Jomaâ, il 29 gennaio 2014.

Tutti i maggiori analisti concordano nel sostenere che il lavoro attento e prezioso del quartetto ha permesso alla Tunisia di smorzare il conflitto tra islamisti e anti-islamisti che minacciava di far sprofondare il paese nel caos. Un processo di ricerca di soluzioni consensuali che ha infine portato, il 31 dicembre 2014, all’elezione del presidente Beji Caid Essebsi, politico e avvocato tunisino, capo del principale partito anti-islamista, Nidaa Tounès. Essebsi, sulla pagina facebook della presidenza, si è felicitato del riconoscimento, sottolineando l’importanza del modello tunisino nel mostrare la via d’uscita alle altre crisi regionali. Il presidente della Lega tunisina per i diritti umani, Abdessattar Ben Moussa, ha detto alla radio che questo premio “prova come il dialogo sia l’unica via per risolvere una crisi, e non le armi”. Il vero messaggio, per noi, è che la democrazia non si importa (o si esporta) ma si costruisce insieme, fianco a fianco, con un dialogo e un ascolto continui oltre che con attività costruttive e intelligenti di diplomazia parlamentare. E che, come una splendida fenice, risorge dalle sue ceneri e dal dolore. Una speranza, per il Mediterraneo, che l’himar’ (l’ odio), si trasformi in ‘hiwar’ (dialogo).

  • Alcune tappe importanti del Quartetto:

– 25 luglio 2013: Il Quartet (Ugtt, Utica, Onat, Ltdh), denuncia l’assassinio di Mohamed Brahmi e decide di sospendere il dialogo nazionale iniziato a maggio 2013;
– 30 luglio 2013: L’Ugtt propone lo di scioglimento del governo in carica e la scelta di una personalità indipendente incaricata di fornate un governo tecnico entro 7 giorni;
– 6 agosto 2013: Il Presidente dell’Assemblea nazionale costituente (Anc) Mustapha Ben Jaafar sospende i lavori della stessa fino all’apertura di un dialogo fra tutti gli attori;
– 22 agosto 2013: il Movimento Ennahdha accetta l’iniziativa dell’Ugt ossia lo scioglimento del governo di Ali Larayedh, la sua sostituzione con un governo di “competenze nazionali” e il mantenimento dell’Anc fino al 23 ottobre;
– 31 agosto 2013: i partiti all’opposizione sottopongono varie proposte al Quartetto;
– 4 settembre 2013: il Quartetto annuncia il fallimento dei negoziati con il Fronte di salvezza nazionale;
– 10 settembre 2013: il Quartetto presenta un piano (“feuille de route”) per il lancio della sua iniziativa che parte dalle dimissioni del governo e dalla ripresa dei lavori dell’Anc;
– 20 settembre 2013: Ennahdha aderisce all’iniziativa del Quartetto e comunica la sua disponibilità a iniziare il dialogo nazionale senza condizioni;
– 21 settembre 2013: il segretario generale de l’Ugtt ritiene che la risposta di Ennahdha sia rimasta ambigua sule dimissioni del governo nei tempi indicati;
– 26 settembre 2013: marce pacifiche in tutto il paese a sostegno del Quartetto;
– 28 settembre 2013: il Quartet annuncia l’adesione di Ennahdha alla sua iniziativa;
– 3 ottobre 2013: L’Ugtt annuncia l’inizio, sabato 5 ottobre 2013, del dialogo nazionale, al Palazzo dei Congressi di Tunisi.

 

IMMAGINARIO
La Lipu festeggia i 30 anni parlando di natura.
La foto del giorno…

In occasione dei trent’anni della sezione ferrarese, la Lipu (Lega italiana protezione uccelli) ha organizzato alla Sala Estense una serie di conferenze scientifiche di stampo divulgativo che verranno accompagnate da un’esposizione di disegni di Marco Rubini.

Date e sede degli incontri: 13, 20, 27 ottobre; 3 e 10 novembre 2015, Sala Estense – Piazza del Municipio.

GERMOGLI
Fermiamo la vita.
La foto di oggi…

Con questo slogan i turchi si uniscono alle famiglie delle vittime della strage di Ankara, decine le manifestazioni organizzate in tutto il Paese nella giornata di ieri e di oggi.

Partecipiamo anche noi, l’Europa non può stare a guardare…

Schweitzer
Albert Schweitzer in una foto del 1914 di Eugene Smith

Qualsiasi persona a cui è stato risparmiato il dolore personale deve sentirsi chiamata per aiutare a diminuire quello degli altri.
(Albert Schweitzer)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

ACCORDI
Musica nuova.
Il brano di oggi…

Il nuovo sound maghrebino, espressione di una cultura emergente che non rinnega le radici ma guarda avanti e si apre al mondo

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

Souad Massi, Le bien et le mal

 

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