Skip to main content

Giorno: 16 Novembre 2015

L’INTERVISTA
Il segreto della satira svelato a cena con gli autori

A cena, dopo lo spettacolo Il Terzo Segreto di Satira – Live che ha aperto la stagione del Teatro di Occhiobello, attori e autori, iniziano a ricevere le notizie da Parigi.

“Vediamo chi è il il primo che chiede se ci sono italiani coinvolti”, dice Pietro Belfiore. E non si sta facendo beffa delle vittime, ma dell’italiano medio. Questo è il “segreto di satira”, ridere di tutto, ma colpendo giusto, in quella zona grigia fatta di luoghi comuni, commozione di facciata, falsa empatia, superficialità, demagogia e banalità, infinito bacino sia della politica che della comicità.

Loro sono quelli delle Primarie del 2012, del Favoloso Mondo di Pisapie, del Dalemiano: instant video di una manciata di minuti sull’attualità politica che hanno esilarato centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo e che sono valsi loro passaggi a Report, Piazza Pulita, Sky e Rai Due.

Tra un cappellaccio e l’altro, la domanda è proprio questa: come occuparsi di attualità politica senza farsene schiacciare?
“In questo aiuta essere cinque teste – spiega sempre Pietro, riferendosi agli altri autori del gruppo, Davide Rossi, Davide Bonacina, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella – ci conosciamo da sette anni, facciamo questo lavoro da cinque, siamo pure vicini di casa a Milano, quartiere Paolo Sarpi, e ogni giorno ci ritroviamo in ufficio, apriamo i giornali e quello che ci viene naturale è riderci sopra, poi se una cosa piace a noi per primi, la riproponiamo al pubblico”.

Uniti dall’amicizia e dall’amore per la comicità, hanno saputo circondarsi di attori che prima in video, ed ora anche in scena, incarnano il loro spirito. Uno fra tutti Marco Ripoldi, una lunga esperienza al fianco di Paolo Rossi e icona del TSS…
“Se è stato difficile passare dai video di Youtube al teatro? No!”, Marco è buffo anche quando dice cose serie. “E non è finita qui – dice, anche se la loro tournée è appena iniziata – noi vogliamo fare cinema! Non ridere, guarda che io ho già fatto un film che era a Venezia”, e dice davvero, anche se sembra che scherzi sempre. Il film è “Pecore in Erba” e il 17 novembre verrà presentato alla Sala Boldini di Ferrara, alla presenza del regista Alberto Caviglia. Ed è vero anche che il prossimo anno il TSS arriverà sul grande schermo, e lì per forza non sarà la stretta attualità, ma la satira di costume al centro del loro vortice dissacrante. “Per noi va bene lo stesso – ammette Pietro – perché il problema dell’Italia non è la politica, ma chi la vota”.

Nonostante i successi ottenuti fino a qui, loro non si scompongono, tipico di chi è arrivato alla notorietà dopo una bella gavetta. I TSS hanno studiato alle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano, dove si sono conosciuti e dove hanno imparato tutta la filiera dell’audiovisivo, dall’ideazione alla realizzazione. Nei loro lavori, fanno tutto loro, e fin qui, questo li ha mantenuti umili.
“Noi ancora non riusciamo a vivere con la produzione comica, per cui facciamo anche tanti lavori commerciali. Mica solo filmini dei matrimoni – confessa Pietro – ora ci chiamano anche per i Campionati Mondiali di Carglass”.

A fine cena, si mettono pure a sparecchiare, come se avessero appena finito una delle loro riunioni, che devono essere davvero un’esperienza unica.

Clicca qui per leggere la recensione dello spettacolo “Il Terzo Segreto di Satira – Live” andato in scena al Teatro di Occhiobello.

terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello
terzo-segreto-satira-occhiobello

LA RECENSIONE
Il Terzo Segreto di Satira: video e sketch per comprendere col sorriso la nostra società

Una grande apertura della stagione del Teatro di Occhiobello: sulla scena i ragazzi del Terzo Segreto di Satira, gruppo da qualche anno star di YouTube grazie ai video incentrati sulla satira politica strettamente legata all’attualità e giunto nel paese rodigino per alternare i loro lavori di maggior successo a inediti sketch live. Un’occasione imperdibile per passare una serata all’insegna del divertimento e concedersi una risata (seppur spesso amara) sulla disastrata situazione politica italiana odierna, ma non solo: nel mirino della compagnia milanese anche il “popolo di Facebook“, ovvero quelle tante persone che – come inesorabilmente stiamo osservando anche in queste ore dolorose dopo i fatti di Parigi – non perdono l’occasione per sfogarsi sui social media, inveendo verso tutto e tutti e inneggiando con odio alle peggio cose.

IMG_0123Dopo le presentazioni del direttore artistico del teatro Marco Sgarbi, immancabili ovviamente le visioni di alcuni video del gruppo passati anche per la televisione (tra Piazzapulita e Report), divenuti virali grazie alle milioni di visualizzazioni sul web: tra i tanti, la guida alle elezioni per le primarie del Partito Democratico nel 2012 con un relativo focus sull’elettore medio di ognuno dei candidati, la trasformazione della Lega Nord di Bossi alla nuova Lega di Salvini raccontata prendendo spunto dal celebre film Goodbye Lenin, la narrazione delle gesta politiche dell’onnipresente senatore Pier Ferdinando Casini, e ancora un confronto da bar per meglio comprendere le ultime vicende estive sulle politiche economiche europee e la crisi greca. L’ultima visione non poteva che essere quella de “Il Dalemiano”, vera e propria chicca della compagnia incentrata sul sabotaggio di una serata a teatro, metaforicamente associata al “sabotaggio di un premier”.
Tra la visione di un filmato e l’altro, alcuni intermezzi per spiegare le origini di ogni video e irresistibili scenette per commentarli: hanno preso vita così i simpatizzanti di Bersani, Landini e Renzi sfidandosi in una dura battaglia a colpi di galateo e comportamenti per conquistare una donna (a sbaragliare la concorrenza, nemmeno a dirlo, il “renziano”), mentre un dibattito tra amici è diventato un’occasione per ragionare su come e perché a molte persone andrebbe revocato il diritto di voto (anche se dopo il lungo confronto emerge che a poter votare rimarrebbero ovviamente solo i due amici).

IMG_0143Spazio infine, coma anticipato, alle analisi dell’italiano medio su Facebook: partendo dai post e dai video pubblicati dalla pagina ufficiale del Terzo Segreto, il gruppo ha selezionato alcuni dei commenti migliori proponendoli al pubblico. Tra immancabili minacce, insulti e chi più ne ha più ne metta (ognuno di questi accolto con immensa ironia dagli autori), quasi “consolatorio” è stato sapere che, all’interno del video sull’Europa, tra le questioni più commentate vi era l’incredulità per un conto matematico sbagliato e non le scottanti questioni tirate in ballo.
Il live del Terzo Segreto di Satira si è poi concluso con le parole di “Bella Ciao” cantate sulla base di “Come mai” degli 883 ma soprattutto tra tanti applausi. Applausi che confermano il successo di questi ragazzi, capaci di fare di un mestiere spesso delicato come la satira politica un punto di aggregazione tra giovani e meno giovani ma, soprattutto, un punto di osservazione moderno per comprendere divertendosi la politica e la società dei nostri giorni. E l’annuncio di un molto probabile approdo del Terzo Segreto al cinema nel 2016 non può che farci contenti.

Clicca qua per leggere l’intervista al Terzo Segreto di Satira.

L’INTERVENTO
La famiglia Zaniboni risponde al sindaco di Vigarano: “Venga a casa nostra a vedere se i danni del sisma ci sono o no…”

Ho letto con stupore la replica della signora Paron per le tante inesattezze e affermazioni non rispondenti al vero e mi permetto di fare alcune considerazioni e domande:
1) La nostra richiesta non è quella di avere tassativamente contributi per la ristrutturazione bensì avere riconosciuto lo stato di danno effettivo riportato poi, eventualmente, il computo dei contributi.
2) Se vi è la certezza di mancanza di danni perché la signora Paron ad oltranza non vuole mettere in discussione la sua prima decisione di negare ogni tipo di contributo dichiarando che la casa non è “più inagibile”? Se la casa risultasse senza danni la sua presunta ragione sarebbe confermata, il problema è semmai se la casa avesse dei danni…
3) Perché non accetta di fare un incontro con l’architetto Gatti, visto che dice di non aver ricevuto la sua perizia ?
4) Perché per la signora Paron “la pratica è chiusa e la procedura seguirà il suo corso”? Lei è Vice commissario alla ricostruzione oltre che Sindaco, quindi dovrebbe essere vicino e dalla parte del cittadino e non contro di esso ad oltranza.
5) Secondo la signora Paron aver dovuto ricorrere al Tar è stata una scelta piacevole ed economica oppure una scelta obbligata?

Mi viene il timore che questo comportamento strumentale atto a confidare nella lungaggine della giustizia, miri ad arrivare ad un ritardo nell’avere riconosciuti i propri diritti magari fuori dai termini imposti dalla Regione ovvero “avrai ragione ma arriverai tardi e quindi nulla ti verrà dato” con la conseguenza di dover chiedere i danni al Comune cioè alla cittadinanza.

Signora Paron, mentre si reca da tutte le famiglie del paese a fare campagna elettorale perché non viene anche a casa nostra a vedere coi suoi occhi se ci sono danni oppure no all’abitazione ?
Si ricordi signora Paron che “orgoglio e pregiudizio” è stata una fiction televisiva e non un monito di vita.
L’aspettiamo con fervore.

Famiglia Zaniboni

La forza di reagire

da Federico Di Bisceglie

Parigi. 13 novembre. Ora di cena. Incubi. Si potrebbe riassumente in questo modo la serata che ha visto la capitale francese teatro di una era è propria azione di guerra. Non si esagera a definirla tale. Il sangue di oltre 100 persone ha macchiato la città della libertà per antonomasia. Nessuno ha il diritto di uccidere altre persone,nessuno ha il diritto di uccidere in nome di Dio. Chi lo fa bestemmia,come ha affermato il santo Padre. L’attacco del sedicente stato islamico questa volta ha colpito forte e ha provocato un’inutile strage di persone innocenti, tra le quali una nostra connazionale italiana. E chi l ha definito questo episodio come “l’11 settembre francese”, c’è chi ha pregato per Parigi, c’è chi ha manifestato il suo dissenso, il suo dolore.

A New York ormai più di 14 anni fa, il terrorismo islamico aveva colpito un simbolo, aveva colpito il cuore dell’America, per attuare la cosiddetta “strategia del terrore”, tipica dei fondamentalismi; esattamente come è successo pochi giorni fa a Parigi, a meno di un anno dall’indimenticata strage alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo.
Di considerazioni possibili da fare sull’accaduto ce ne sono tante,  ma una in particolare è opportuna: in entrambi i casi,tutti e due i popoli hanno dimostrato una grande forza d’animo e un grande senso di appartenenza al loro Paese, che dovrebbe essere di esempio a tutte le popolazioni del mondo, perché in un momento di difficoltà come quello del 13 novembre la popolazione francese non ha piegato la testa, ma è uscita a testa alta dallo stadio intonando a gran voce la Marsigliese. Esattamente come quando ad ogni anniversario della strage delle Twin Towers la popolazione America si trova riunita a gronda zero cantando Born In the Usa. Pertanto ritengo che il grande ‘insegnamento’ che si può trarre da ciò che è accaduto è quello di non piegarsi mai ad una momentanea sconfitta e cercare sempre una possibile soluzione, credendo e rispettando le autorità e difendendo l’identità nazionale. Sempre.

ELOGIO DEL PRESENTE
La passione per la ragione

Consideriamo la ragione la facoltà di pensare, la capacità di discernere il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male: per questo il termine assume spesso connotazioni morali. Diciamo comportarsi secondo ragione, persuadere gli altri con la forza della ragione, perdere il lume della ragione. Usiamo la locuzione arrivare all’età della ragione, riferendoci all’evoluzione degli individui verso la capacità di utilizzare una forma di pensiero logicamente fondato.
La ragione sembra, quindi, una capacità propria e naturale dell’individuo nell’età adulta. In realtà sappiamo quanto la nostra razionalità sia fragile in molte circostanze: siamo preda di illusioni e di trappole della mente, il modo in cui le informazioni ci vengono presentate ne influenza l’interpretazione, spesso non sappiamo valutare che cosa è meglio per noi, soprattutto quando si tratta di stimare condizioni future. Insomma la razionalità è meno solida di come ci piacerebbe credere. La nostra ragione è preda di illusioni e di errori: trappole cognitive le definiscono gli psicologi, in altre parole – come avrebbero detto i nostri nonni – spesso “prendiamo lucciole per lanterne”.
Uno sguardo ai comportamenti sociali, del resto, sembra delineare un tempo ben poco orientato alla ragione. Pratica smarrita nella comunicazione pubblica – in cui imperversa il linguaggio delle emozioni su ogni esigenza di fondare analisi sui dati di realtà – anche nella vita privata la ragione “non sta tanto bene”.
Torniamo quindi a parlare di ragione. Lo faremo il 23 novembre alle 17, alla Biblioteca Ariostea, nel ciclo che l’Istituto Gramsci e l’Istituto di Storia Contemporanea dedicano agli insegnanti. Anticipo qualche tema che cercherò di proporre alla discussione.
La ragione è una pratica, una cassetta di attrezzi per la vita personale e sociale. Non ha senso contrapporre emozione a ragione: non esiste una ragione che non sia alimentata dai sentimenti, dalle passioni che nutriamo verso i più disparati ambiti della vita. Non potrebbe esistere una procedura senza uno scopo, ma nessuno scopo può essere raggiunto se siamo preda solo di emozioni.
A partire da questa premessa, si comprende l’approccio con cui si può educare alla ragione. È necessario dare un fondamento “razionale” alle passioni. Non basta dichiararle, bisogna renderle realizzabili, per questo occorre mettere in atto strategie, acquisire competenze, conoscere le procedure. La ragione ci consente di rendere realizzabili le nostre passioni, farle diventare progetti di identità.
In un libro intitolato “Flow: The Psychology of Optimal Experience” (uscito nel 1990) lo psicologo Mihály Csikszentmihalyi affermava che nulla dà più felicità che essere immersi in un’attività che amiamo. Personalmente considero la scrittura un esempio pertinente. E aggiungeva che le condizioni associate ad un tale stato di felicità si fondano su alcune premesse: avere obiettivi chiari, concentrarci su ciò che stiamo facendo, avere motivazioni solide e un coinvolgimento profondo, sentirci padroni di ciò che facciamo, possedere le competenze adeguate, poter misurare i risultati del lavoro. Mi sembra che vi siano molti spunti per educare a coltivare passioni fondate sulla ragione.

Maura Franchi è laureata in Sociologia e in Scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei consumi presso il Dipartimento di Economia. Studia le scelte di consumo e i mutamenti sociali indotti dalla rete nello spazio pubblico e nella vita quotidiana.
maura.franchi@gmail.com

LA NOTA
Nel nome della Metafisica il secondo Rinascimento estense da Cosmè Tura a de Chirico

Nell’approdare alla bellissima mostra su de Chirico e la Metafisica si affollano nel pensiero sensazioni, intuizioni, lavori che negli anni si sono succeduti legati come sono alla mia lunga fedeltà al’opera di de Pisis. Una mostra memorabile non solo per la qualità altissima delle opere scelte e individuate come racconto complesso e di lunga durata ma per i fili sottili e intelligenti che i curatori hanno tessuto riproponendo un’immagine totalmente nuova e del periodo e dei suoi attori. Si esce dalla mostra con la convinzione che il giudizio sul secondo Rinascimento ferrarese – e non è una banalità rifarsi a quella ipotesi che già cominciava a prendere piedi negli anni Sessanta – non sia stato un episodio circoscritto solo alla storia dell’arte italiana ma abbia coinvolto nel nome, in perfetta adesione con le cose, un complesso giudizio sullo sviluppo delle arti visive nell’intero secolo breve che ora con perfetta sincronia viene esposto nelle ahimè troppo anguste sale della mostra che tuttavia non sono state capaci di umiliare la grandezza delle opere esposte e dell’intelligenza che le ha guidate.

de Chirico, L'angelo ebreo
De Chirico, L’angelo ebreo

Dall’antico e ormai consueto richiamo all’espressionismo stravolto della ‘Renaissance singulière’ su cui poggia la fortuna e la fama di quel periodo storico sotto gli Estensi alla miracolosa ripresa al principio del Novecento di una parabola che trova la sua nascita tra Tura e Cossa e si conclude con l’opera gigantesca e altrettanto lucidamente stralunata di de Chirico e dei suoi amici. Si chiamassero Carrà, Savinio, Morandi tenuti assieme dalla generosa presenza di un de Pisis ancora e unicamente letterato che solo dal 1924 in poi saprà mettere a frutto quella rappresentazione di una realtà sui generis. E si veda la strepitosa sala degli occhi il cui recupero nel tempo s’associa con un quadro fondamentale come ‘L’angelo ebreo’, tra i massimi risultati del periodo ferrarese di de Chirico. L’occhio è un evidente recupero dell’immagine dell’occhio biblico o latamente arcaico “ con valenza protosurrealista.”

De Pisis, Natura morta con gli occhi
De Pisis, Natura morta con gli occhi

E l’occhio domina con la sua misteriosa presenza ne Il saluto dell’amico lontano 1916( foto) dove fa da sfondo al pane ferraese , la coppia, e al biscotto della pasticceria ebraica del Ghetto ferrarese ma ancor più strepitoso quella specie di ‘mise en abyme’ del tema dell’occhio e del recupero del quadro dechirichiano in un’altra composizione che rappresenta quadri nei quadri come lo splendido ‘Natura morta con gli occhi’ di de Pisis del 1924.

Ancora troppo poco si è studiato quella particolarissima categoria di pittori-scrittori che hanno il loro nume tutelare nel Michelangelo colossale alle prese con il Giudizio Universale o della Pietà Rondanini e nell’estrema testimonianza della sua arte complessamente enunciata nell’opera poetica testimoniata anche dal rapporto con Vittoria Colonna. Il celebre inizio del sonetto michelangiolesco non era certo sconosciuto agli artisti nella metafisica Ferrara dove potevano anche vedere l’opera somma del Bastianino nell’abside del Duomo che interpretava nella aura nebbiosa di Ferrara la lezione del Buonarroti.

Non ha l’ottimo artista alcun concetto
c’un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all’intelletto.

Sono gli stessi artisti che s’arrestano ammirati a leggere le pagine diaristiche di Pontormo e di Cellini di cui probabilmente avevano conoscenza per riprendere a loro volta una nostalgia e tensione verso la scrittura che fatalmente rimane in seconda linea di fronte alla trionfante preminenza del colore, del disegno, della struttura che porta alla costruzione di quella macchina strepitosa dei manichini inquieti sullo sfondo ferrarese che s’ergono minacciosamente complessi nella macchina ad orologeria del ‘Grande metafisico’ o nel minaccioso dio vendicativo del Carrà autore di quel Dio ermafrodito a sua volta collegabile con l’arcaica testa del Gentiluomo briaco dello stesso autore.

de-chirico-grande-metafisico
De Chirico, Il grande metafisico
carra-idolo
Carlo Carrà, L’idolo ermafrodito

Lo splendido saggio di Paolo Baldacci apre l’esaustivo catalogo della mostra con nuove valutazioni e a nuove interpretazioni elaborate dal critico per ben un trentennio. E qui, alla mostra, si può sperimentare con inoppugnabili pezze d’appoggio questo terzo momento della Metafisica dechirichiana che dopo quello iniziato a Milano e a Firenze e proseguito a Parigi con ancora il ricordo di quella Torino legata a Nietsche e ai Savoia si conclude in questa città e la riscopre cercando il surreale sotto la cornice più consueta. Manichini, dolci, guanti, occhi per constatare ciò che dolorosamente è diventato così attuale ora con l’attacco a Parigi: la “pazzia del mondo” provocata dalla guerra. “Se le Muse di Ferrara, cioè le divinità che devono trasmettere al poeta lo spirito inquietante dei luoghi, si rivelano testimonianze di tradizioni e di magie così disparate, e se de Chirico le ha rappresentate in un modo così volutamente assurdo e privo di senso, non è solo per dirci che su tutto aleggia la grande e incontrollabile pazzia del mondo ma anche per celebrare quel nodo fatale che nella Ferrara di Borso d’Este e di Ercole I aveva intrecciato le tradizioni astrologiche e alchemiche del classicismo rinascimentale” ( catalogo della mostra “De Chirico a Ferrara, Metafisica e avanguardie, p.35)

de-chirico-muse
De Chirico, Le muse inquietanti

Le Muse inquietanti consegnano dunque all’immaginario europeo l’incertezza di una vita che nella squadratura degli spazi, nella pulizia astratta delle prospettive e degli angoli retti evoca il magma ribollente di una vita che non può ne sa pensare se non ad un eterno presente quando il passato è ormai consunto e il futuro nel momento che lo si evoca diventa per un attimo e solo per quello l’”attimo estatico” dove tutto si consuma e si conclude. Non è un caso che la statua- manichino diventi non solo l’immagine del filosofo poeta ma il segno di quella immutabilità che i silenzi di Ferrara evocano. Il montaliano “male di vivere” che proprio in quegli anni il più grande poeta del Novecento indicava quale volontà di vita: “ Bene non seppi, fuori dal prodigio/ che schiude la divina Indifferenza;/ era la statua nella sonnolenza/del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.”

IL PUNTO
Una strage figlia dell’oltranzismo sunnita

“La terreur à Paris” ha titolato Le Monde. Non sono parole qualsiasi per i parigini, perché fanno correre il pensiero a quando dopo la rivoluzione del 1789 la furia giacobina prese il posto dei principi illuministi, facendo scorrere su e giù la lama della ghigliottina in un diluvio di sangue.
Perciò l’accostamento con il massacro avvenuto nella capitale francese nella serata di venerdì 13 novembre, fa riaffiorare nei francesi quello spettro ancora vivo nella storia nazionale.
Il bilancio delle vittime del “carnage” rivendicato dall’Isis, ed eseguito con la freddezza spietata dei professionisti della morte al grido di: “Allah è grande”, avrebbe potuto essere di proporzioni più agghiaccianti se non fosse fallito il tentativo allo Stade de France in occasione della partita Francia Germania e, comunque, potrà fermarsi solo quando l’ultimo dei feriti, specie tra quelli ancora gravissimi, potrà dirsi fuori pericolo.
Prestando orecchio ai commenti e alle analisi, sono molti gli elementi inquietanti di questo massacro.
Tra i membri del commando terrorista, tra l’altro non tutti individuati, è risultato che alcuni sono francesi e belgi. Il primo punto interrogativo, quindi, si apre come una crepa sul modello dell’integrazione da sempre culturalmente ostentato con fierezza dal paese con la più grande comunità straniera di matrice islamica in Europa.
Il secondo punto interrogativo piove sulle nostre teste come un sasso, perché si viene a sapere che anche in questo caso, dopo quello della strage nella redazione di Charlie Hebdo (il 7 gennaio 2015), pare che la centrale del terrore sia stata individuata a Bruxelles. Capitale del Belgio, città sede delle istituzioni dell’Ue e ora anche punto nevralgico della barbarie nel cuore della democrazia europea?
Si viene anche a sapere che almeno un componente del commando responsabile della strage è giunto a Parigi da dentro il flusso migratorio entrato in Europa dalle porte della Grecia. Ma ciò che è ancor più inquietante è sentire che ci sarebbe addirittura una regia che regola i flussi migratori. E questo rende un bel problema come si possa fare distinzione fra coloro che realmente hanno bisogno di aiuto e chi approfitta delle rotte della disperazione per seminare morte. E’ oggettivamente difficile gestire con precisione millimetrica il registro della pietà e del rispetto della dignità umana, nel quale pure fatica a riconoscersi l’Europa, e contemporaneamente quello della severità inflessibile, evitando di incorrere nei cosiddetti danni collaterali.
Soprattutto quando il civile Occidente ha commesso ogni errore possibile nello scacchiere mediorientale, il cui insieme oggi ha finito per produrre la sorgente pressoché ingovernabile di un’ondata umana di proporzioni epocali.
Il timore fondato è che, come avvenuto negli Usa dopo l’11 settembre 2001, anche in casa nostra si vada verso un arretramento delle libertà personali nel nome dell’urgenza numero uno della sicurezza, percepita ormai in modo diffuso dalle opinioni pubbliche, a cominciare dai fatti di cronaca più locale.
Il rischio è che possano insinuarsi considerazioni che non hanno immediata relazione con l’attuale emergenza.
L’Italia su questo fronte vanta purtroppo l’esperienza dolorosa della lunga stagione del terrorismo, che ha insanguinato il paese dagli anni ’70 fino agli ultimi (si spera) colpi mortali esplosi contro Marco Biagi (Bologna 19 marzo 2002!).
Come avrebbe detto Pier Paolo Pasolini, sappiamo chi ha sparato e messo le bombe, ma non abbiamo le prove. Non tutte almeno.
Una verità storica, infatti, afferma che da una parte e dall’altra quelle avanguardie giovanili, ubriache di idee poco studiate e insegnate da pessimi maestri, oltre che prive di senno, furono lasciate agire perché, fino a un certo punto, funzionali a disegni molto più grandi delle loro malsane e sconclusionate teorie di ordine o di rivoluzione.
Se anche su questo pezzo di terza guerra mondiale che venerdì scorso a Parigi ha fatto un decisivo passo avanti come volume di fuoco si può applicare questo schema, allora un ennesimo punto di domanda cala sulla scena.
Così come prima o poi cosa l’Islam sia, voglia essere e diventare nel mondo contemporaneo, bisogna che qualcuno se lo chieda: dentro e fuori l’Islam. Tenendo certamente per buone le parole di papa Francesco: “Le religioni sono umane e questo non è umano”.
Se si parte da qui è già un passo avanti, ma adesso bisogna gridarlo a gran voce: dentro, oltre che fuori l’Islam.
Aiuterebbe a capire, in radice e a tutte le latitudini, che chiunque compia stragi d’innocenti al grido di: “Allah è grande”, sta bestemmiando, lui sì non chi fa satira, il nome di Dio e oltraggiando un’intera religione.
L’universo islamico da troppo tempo è percorso da un conflitto egemonico fra sciiti e sunniti, nell’ambito del quale è riconducibile anche ciò che accade in Siria. Fra i secondi è ascrivibile la follia dell’Isis, che nella declinazione wahabita più estrema ha in programma di sterminare gli oltre 150 milioni di sciiti e il corrotto mondo occidentale, con una presenza dietro le quinte tutt’altro che indifferente di realtà come l’Arabia Saudita e la Turchia.
Un pericolo tale, che in tanti nelle capitali europee ormai non si domandano più se, ma quando e dove sarà il prossimo attacco.
Dopo il massacro parigino si sono moltiplicati i messaggi di solidarietà e gli inviti all’unità nazionale dei vari leader, a partire da quelli europei.
Le solite frasi di circostanza? Certo, occorrerà ben altra strategia di fronte a quella che ha tardato a essere percepita come una guerra che nel frattempo ha alzato il tiro e che per vincerla richiede unità, molto oltre gli interessi nazionali fin qui prevalenti.
Se hanno fondamento i tanti punti interrogativi della questione, l’impressione è che siamo di fronte ad un’università del crimine alla quale occorre rispondere al più presto con altrettanta scienza e preparazione.
Dunque solidarietà e unità non bastano, ma dire come ha fatto Matteo Salvini, immancabile come “Il punto” di Paolo Pagliaro, che non servono a niente se non si fanno le cose che dice la Lega, dà l’idea di una politica italiana sempre più simile a una classe di alunni senza la maestra.
Per fortuna c’è un’opinione pubblica che porta fiori davanti all’ambasciata francese a Roma e che sa ancora intimamente tirare una riga per distinguere l’umano dalla bestialità.
Se c’è questo sentimento di sentirsi tutti francesi, e quindi europei, per quanto emotivo possa essere, la politica farebbe bene a coglierlo, per non trovarsi prima o poi relegata tra le cose inutili, in un momento di inaudita gravità che avrebbe invece tanto da chiederle.

IMMAGINARIO
Giornata degli alberi. Un bosco in città.
La foto di oggi…

Sul limitare del bosco, si esita qualche istante col respiro sospeso per poi immergersi: il canto degli uccelli e il fruscio delle foglie ti precedono e accompagnano, suonando una musica meravigliosa…

Martedì 17 novembre alle 11.30 nella sala degli Arazzi della residenza municipale si terrà la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa “21 novembre 2015. Giornata Nazionale degli alberi – Un Bosco in Città per Claudio Abbado“. All’incontro con i giornalisti saranno presenti il sindaco Tiziano Tagliani, l’assessore ai Lavori pubblici Aldo Modonesi, la presidente del Garden Club Ferrara Giulia Vullo, il progettista del Bosco Claudio Abbado Manfredi Patitucci, l’ingegnere capo Luca Capozzi e i tecnici comunali del Servizio Verde.

Sabato 21 novembre, distribuzione gratuita di alberi e arbusti alla cittadinanza  
per l’iniziativa “Un albero per ridurre la CO2” alla Palazzina dei Bagni Ducali di Viale Alfonso I d’Este 17, dalle 9.30 alle 16.00.

Leggi l’articolo correlato “Un bosco per Abbado. Storia di un’idea” di Stefania Andreotti

Leggi le informazioni sulla Giornata degli alberi a Ferrara

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

GERMOGLI
Tempus fugit.
L’aforisma di oggi…

zen
profilo di saggio

I pensieri sorgono senza sosta,
breve è la durata di ogni vita.
Cento anni, trentaseimila giorni:
la primavera passa, la farfalla sogna.

(Daichi)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

ACCORDI
Moira or Fahey?
Il brano di oggi…

Aprendo internet apprendo che molte persone hanno già dimenticato quel gran casino successo a Parigi perché a 84 anni ci ha lasciato Moira Orfei.
Mi pare di essere stato al suo circo da piccolo.
O forse era Nando Orfei o Bill Fay o magari John Fahey, non lo so.
Avrò avuto due o tre anni.
Mi ricordo solo che ho dormito come un sasso e quando mi sono svegliato mi hanno presentato una scimmietta, uno scimpanzé per la precisione.
Forse ho il flash di un leone ma non di sicuro non mi ricordo Moira e tantomeno i suoi proverbiali elefanti.
Addio allora a Moira Orfei e lunga vita ai suoi elefanti, buongiorno a noi e a voi con John Fahey e le sue tartarughe.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

radio@radiostrike.info
www.radiostrike.org

  • 1
  • 2