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Giorno: 19 Novembre 2015

Il tesoro del demanio: a Ferrara il patrimonio pubblico immobiliare vale quasi 200 milioni

Il patrimonio immobiliare demaniale di Ferrara ha un valore importante, anche se i suoi cittadini ne sono scarsamente consapevoli. I beni del demanio sono quei beni immobili che servono a soddisfare bisogni collettivi in modo diretto e per questo sottoposti a speciali vincoli e che appartengono a enti pubblici territoriali: Stato, Regioni, Province e Comuni.
L’Agenzia del Demanio dello Stato tiene un costante censimento del proprio patrimonio, attualmente consultabile da ogni cittadino sulla piattaforma opendemanio.it.
I beni del demanio dell’Emilia Romagna hanno un valore complessivo di quasi quattro miliardi (3.867.287.925 euro), la provincia più ricca è Bologna, medaglia d’argento a Ravenna e quella di bronzo a Ferrara, che detiene il 9,11% del patrimonio regionale complessivo. In particolare la nostra città “è ricca” per quello che riguarda gli immobili del Demanio Storico Artistico – beni per i quali il ministero ha riconosciuto un particolare interesse, richiedendo garanzie di conservazione e di corretta destinazione d’uso. Ferrara ospita infatti 30 fabbricati e 4 terreni, che valgono circa 77.023.480 di euro.
Per quanto riguarda il patrimonio disponibile – ossia immobili residenziali, terreni agricoli, eredità devolute, donazioni, beni immobili vacanti, immobili devoluti per debiti d’imposta, beni in corso di trasferimento agli enti territoriali per il Federalismo demaniale – a Ferrara fanno parte di questa categoria 123 edifici e 88 terreni. Il loro valore complessivo di 11.553.734 di euro. Il patrimonio indisponibile – beni in uso strumentale alle pubblica amministrazione centrale, dotazione del Presidente della Repubblica, miniere, beni confiscati alla criminalità organizzata, beni in uso gratuito e perpetuo ad università ed enti ecclesiastici, l’edilizia residenziale pubblica non ancora trasferita agli Enti locali – quello di Ferrara conta 76 fabbricati e 18 terreni, con un valore totale di 93.150.174 di euro.
La gestione di tutto il patrimonio immobiliare presente in città – che ammonta a oltre 180 milioni di euro – è dispendioso e macchinoso poiché vede, da una parte, l’accavallarsi di diverse competenze e relativi interessi, dall’altra, l’esigenza degli enti di poterli utilizzare, manutenerli e renderli fruibili al pubblico. Inoltre, con il blocco degli investimenti per la spending review, alle amministrazioni e agli enti risulta pressoché impossibile mobilitare fondi per la rivalutazione e riutilizzazione degli immobili in questione.
Per far fronte comune alle problematiche presenti e nell’ambito dei protocolli di partenariato pubblico-privato per lo sviluppo di dotazioni territoriali e urbane, il Comune di Ferrara con i ministeri della Difesa, dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, quello dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, il Sottosegretariato dell’Interno, la presidenza della Regione Emilia-Romagna, il direttore dell’Agenzia delle Entrate ed il direttore dell’Agenzia del Demanio hanno sottoscritto il mese scorso un Accordo per l’attuazione di un programma di valorizzazione sostenibile delle aree e degli immobili pubblici di eccellenza della città di Ferrara. Che cos’è e come funziona ce lo ha spiegato l’assessore all’Urbanistica del Comune di Ferrara, Roberta Fusari.
“L’Accordo del quale parliamo vede l’impegno e collaborazione di tutte le amministrazioni firmatarie per realizzare con efficienza e in tempi brevi un articolato programma di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico di Ferrara. A tale proposito si è allargato lo sguardo rispetto al Progetto Urbanistico di Valorizzazione di Ferrara, che ritorna in questo periodo sulla stampa ma che esiste dal 2008, includendo nell’accordo altri soggetti che sono interessati ad una riqualificazione o riutilizzazione dei propri immobili in un quadro di ottimizzazione e razionalizzazione.”
Al centro dell’intesa vi sono diversi immobili, ognuno con una sua storia, peculiarità e – a quanto pare – un futuro… utile.
Il primo intervento riguarda in particolare palazzo Furiani e la caserma Bevilacqua, nelle quali attualmente sono allocate la Polizia stradale e la Questura: queste verranno trasferite in altra sede e – a quanto anticipato dalla Fusari – la struttura della Caserma potrebbe diventare un albergo d’arte, mettendolo a sistema con il panorama museale di Ferrara.
Altro intervento riguarderà una porzione dell’Aeroporto di Ferrara, che ricade in quei beni non più utili ai fini istituzionali del Ministero della Difesa dello Stato. L’area verrà permutata con una porzione dell’ex Mof, che sarà utilizzato come parcheggio, mentre per quanto riguarda l’aeroporto non è ancora stato reso noto il futuro utilizzo.
Altro punto di intervento sarà la caserma Caneva – ex Convento Sant’Antonio in Polesine, per le quali è prevista una rifunzionalizzazione per finalità culturali e di accoglienza e – sempre stando a quanto spiegato dall’assessore- andrà alle Suore del Convento.
Il piano prevede poi la riapertura al pubblico della Cella del Tasso e l’Auditorium del Conservatorio di Musica “G. Frescobaldi”, di proprietà demaniale. Per quest’ultimo anni fa era stato stanziato un finanziamento per bonificarlo dall’amianto: questa procedura è stata conclusa ma non vi erano i fondi per renderlo usufruibile alla città. Il Miur, quindi, si è impegnato a candidare la struttura nel futuro bando per l’edilizia pubblica esplicitamente dedicata ai conservatori.
Rientra nell’accordo anche il teatro Verdi, per il quale è previsto il completamento e l’utilizzo per finalità culturali e sociali in conformità alle nuove e mutate esigenze della città. 15 anni fa la struttura era stata oggetto di un finanziamento dal ministero per farne un teatro dell’Opera. Oggi si intende continuare a ristrutturarlo ma non per quello scopo: la Regione si è quindi impegnata a svincolare la destinazione d’uso della struttura in modo da far rientrare il progetto nel Pon Fers regionale. “Come potete notare, nessun soggetto si è impegnato a comprare o vendere, né a fornire finanziamenti in maniera diretta per la riqualificazione o riutilizzazione di questi immobili. – ha ribadito l’assessore – ma c’è l’impegno perché si individuino le migliori strategie per raggiungere gli obiettivi definiti.”
Per fare questo è stato quindi formato un tavolo permanente, coordinato dal Comune di Ferrara, che si è dato un anno di tempo per concludere le questioni amministrative e burocratiche, “ricercando le soluzioni tecniche e amministrative adeguate al raggiungimento degli obiettivi strategici comunemente definiti in maniera rapida ed efficiente, costruendo sinergie e ricercando soluzioni di sistema innovative per la efficiente gestione e dismissione dei patrimoni immobiliari pubblici, valutare la fattibilità degli strumenti amministrativi ed economico-finanziari messi in campo per le iniziative di valorizzazione e rifunzionalizzazione”, come si legge nel testo definitivo dell’accordo.
L’intesa favorirà certamente l’accesso ai bandi europei e la possibilità di attingere risorse indispensabili per la gli interventi di ristrutturazione. L’auspicio è che il frutto di tanto fervore vada a vantaggio della comunità e non risulti un semplice appannaggio utile solamente a far lievitare i bilanci degli enti direttamente coinvolti.
Fra gli immobili inclusi nell’accordo anche il poligono di tiro a segno, di proprietà del ministero della Difesa. “Questo immobile si trova in un contesto completamente estraneo alla sua funzione: la Difesa non si è impegnata a dismetterlo lasciando libera l’area immediatamente ma si è impegnata a cercare una sede più opportuna per spostarsi: mentre in alcuni casi, vedi l’ex convento di San Benedetto e il palazzo ex casa del fascio, l’accordo è un’ accelerazione verso la risoluzione di una situazione problematica, nel caso del poligono è un punto di partenza. Ma l’importante è partire.”
A livello economico questa “danza” di immobili e utilizzi non comporterà un impegno da parte delle casse del Comune, né da parte degli altri soggetti firmatari: ecco perché l’accordo è stato definito sostenibile. “Il Comune di Ferrara si dovrà occupare dei cambi d’uso degli immobili interessati e cederà in concessione e affitto i suoi beni ai soggetti interessati, che dovranno al Comune di Ferrara il 15% della quota economica pattuita con gli eventuali gestori.”

L’OPINIONE
Le mani sul petrolio e la profezia di Gheddafi

E ora? Confusione, paura, morte, terrore… Qualcuno di noi, europei coalizzati con gli Stati Uniti, si è mai chiesto che potrebbe essere stato un errore “pianificare” l’uccisione di Saddam e Gheddafi? Sono state dimenticate e sottovalutate le parole di Gheddafi: “Senza di me vi invaderanno, milioni di immigrati illegali, i terroristi salterebbero dalle spiagge di Tripoli verso Lampedusa e la Sicilia. Sarebbe un incubo per l’Italia e l’Europa, svegliatevi! Questi non credono al dialogo, ma pensano solo a combattere e a uccidere, uccidere, uccidere”.
A quattro anni di distanza, dalla sua morte, queste parole suonano come una sibillina profezia.

Stesso errore con Saddam Hussein, dittatore dell’Iraq, giustiziato nel 2006 e che ora, i suoi ex ufficiali, una cinquantina, sarebbero a capo del califfato. Con l’insana idea di eliminare questi due “capi” ci siamo puniti con le nostre stesse mani… La strage di Nassirya non ci aveva insegnato proprio nulla? Il messaggio che hanno voluto inviarci non è stato ben recepito?

Sappiamo benissimo che gli interessi in ballo, più che religiosi, sono di natura economica. Si tratta di controllo territoriale e strategico delle risorse petrolifere.

A questo punto sarebbe logico distruggere il sofisticato business sotterraneo dell’Isis, fermare ogni attività terroristica, ogni rifornimento di denaro e di armi a questi criminali. Andare a bombardare la capitale della Siria, come hanno appena fatto i francesi, si rischiano solamente uccisioni di civili innocenti e poco più di niente.

Si dice che siano una quarantina gli Stati che li finanziano: l’Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia e tantissimi altri: una pazzia! Si devono bombardare i pozzi petroliferi, non le città! Ma questo non lo si vuole… Abbiamo “combattuto” a prezzi umani altissimi per il petrolio e non vogliamo e non possiamo mollarlo…

In questo delicato periodo la Ue invece di perdere tempo nel “boicottare” i prodotti israeliani, con la bugia dei territori occupati, casomai “contesi”, l’avesse impiegato a combattere il terrorismo, avrebbe fatto cosa buona e giusta. Però a qualcosa è servito l’atroce attentato a Parigi, a far comprendere come vive Israele ogni giorno nel difendersi dai continui attentati e accoltellamenti. Ha detto giusto Vittorio Sgarbi:”C’è un Paese che oggi siamo noi. Si chiama Israele che deve difendersi con la forza dell’intolleranza che Israele sia lì. Allora quello che è capitato a Israele oggi tocca a noi. Tutta l’Europa è Israele, dobbiamo abituarci a vivere come loro. Sono stato a Tel Aviv, se vai al cinema ti controlla no quattro ore”.

Netanyahu, il primo ministro israeliano aveva avvisato la Francia, mesi fa, tramite i servizi segreti israeliani, che qualcosa di brutto si stava muovendo e non gli hanno creduto…

Ci sembra di aver compreso che l’Europa occidentale intende vivere nelle medesime condizioni in cui vive Israele, bene, però bisogna tener presente che in Israele quando i terroristi palestinesi compiono attentati contro la popolazione israeliana dopo poche ore o al massimo dopo qualche giorno li trovano, non se li fanno scappare…

PUNTO DI VISTA
Mi chiamo Zineb, non sono terrorista né figlia di un’umanità minore

di Zineb Naini

Lo scontro di civiltà di S. Huntington, che dal 2001 è stato rivoltato fino allo sfinimento, oggi più che mai sembra una profezia più che una semplice teoria. Gli attacchi al cuore di Parigi, avvenuti il 13 novembre, per molti sono infatti solo la riconferma che una convivenza pacifica tra più culture è fondamentalmente impossibile, soprattutto se “l’altro” è musulmano.
In realtà, come la maggior parte delle guerre, lo scontro è più quello tra gli interessi delle parti in causa, che tra i loro valori. E come ogni scontro che voglia rimanere nei libri di storia le vittime sono innocenti.
Parigi è proprio questo, come lo è Beirut dove il 12 novembre sono morte 43 persone sempre per mano dell’Isis, e come lo è Raqqa (Siria), in cui in queste ore la vendetta francese rafforza il nemico e uccide innocenti.
L’Afganistan e l’Iraq, in questo senso, non hanno insegnato molto e la Francia ha comunque bisogno del suo “12 settembre” per sfogare la rabbia di una nazione ferita. Delle conseguenze di questo sfogo ne scriveremo probabilmente tra qualche anno, e, come prevedo, non saranno parole felici.

In un discorso in cui ha espresso solidarietà con i francesi, il presidente americano Barak Obama ha affermato che “questo è un attacco non solo a Parigi, è un attacco non solo al popolo francese, ma questo è un attacco a tutta l’umanità e ai valori universali che condividiamo”.
Ovviamente l’attacco alla Francia è un attacco all’umanità, ma l’attacco ad un libanese, ad un afgano, ad un yazidi, ad un curdo, a un irakeno, a un somalo o a un palestinese non è anch’esso “un attacco all’umanità e ai valori universali che condividiamo”? Cos’è esattamente che un nord americano, un francese o un italiano condividono che al resto dell’umanità è negato condividere?

Obama e Cameron, che ha utilizzato gli stessi termini del primo, hanno optato per l’utilizzo di termini che rendono tutti i fedeli musulmani, credenti o meno, “l’altro” che si contrappone alla civilizzazione. Rendendo così impossibile per milioni di persone rimanere musulmani e contemporaneamente unirsi al lutto per le sofferenze dei francesi.

Da questi si pretende la ferma condanna e la dissociazione dagli attentatori e dai loro presunti valori. Come se dissociarsi bastasse ad allontanare da sé l’idea che oggi i musulmani siano terroristi fino a prova contraria. Parigi è una tragedia a cui ai fedeli musulmani non è dato il lusso del lutto e del cordoglio. Il pericolo è che come la generazione musulmana del 2001 è cresciuta con la “colpa di New York”, la generazione del 2015 cresca con la “colpa di Parigi”.

La mia conclusione è semplice, oltre che ovvia, almeno per me: “Mi chiamo Zineb e non sono una terrorista… né una bastarda”.

rifiuti

ECOLOGICAMENTE
Autorità per i rifiuti, il vizio italiano di non decidere

“Tutti la vogliono, ma nessuno se la piglia” Come la bella di Torriglia; così sta succedendo per l’Autorità sui rifiuti. Ne stanno parlando tutti i più importanti referenti del settore, a partire dal ministro. Ma come finirà?
Partiamo da dove siamo tutti d’accordo. Serve un sistema di regolazione forte (ai vari livelli: Stato e Regioni) coerente in tutti i suoi diversi aspetti che sia in grado di valorizzare senza equivoci sia le prerogative imprenditoriali dei gestori sia i diritti degli utenti. In particolare serve una autorità “terza” per la regolazione che svolga un ruolo di analisi (l’esistente), di controllo (vigilanza e segnalazione), ma che abbia anche un ruolo attivo (proposizione e programmazione).

Fin qui tutto bene; però è ormai diffusa la consapevolezza che il sistema dei servizi pubblici locali evidenzi posizioni contrastanti, nonostante sia al centro dell’attenzione da molti anni sul piano delle riforme possibili e sul suo ruolo. Manca una condivisione di politica industriale, di sviluppo sociale ed economico dei territori.
Ripartiamo dai concetti di base. Deve crescere la condivisione del servizio pubblico locale in una logica di trasparenza e di sviluppo della qualità. L’evoluzione del sistema in questi anni è stato costruito grazie alla intensa attività delle imprese di servizi pubblici ambientali che hanno sviluppato strategie aziendali e innovativa politica industriale, ma è mancato un quadro di regolazione e di vigilanza che ne potesse guidare gli sviluppi. Crescono invece elementi di conflitto tra interessi contrapposti in cui a finalità sociali e di miglioramento della qualità della vita si intersecano e talvolta si contrappongono esigenze economiche di tipo societario. Molti territori e molte regioni si trovano in una situazione gravissima di gestione dei rifiuti.

Il bisogno di “governance” cresce. Il passaggio nei servizi pubblici dalla situazione talvolta monopolistica alla liberalizzazione e alla competizione implica dunque che fra il produttore di servizi e l’utente si inserisca la figura del Regolatore. Il percorso riformatore nei settori di pubblica utilità ha sviluppato processi innovativi attraverso l’introduzione delle Authorities come organismi regolatori Per l’acqua direi che la scommessa è stata vinta. L’Aeeg ha saputo realizzare e coordinare, dopo i primi anni di avvio, il settore con grande credibilità e autorevolezza.

Sarebbe una risposta forte: insieme acqua e rifiuti. Sia nel caso dei rifiuti che in quello dell’acqua si tratta infatti di comparti in cui è prevalente l’esigenza di soddisfare bisogni individuali, ma su cui pesano importanti esigenze ambientali collettive; si tratta in particolare di esigenze connesse all’utilizzo sostenibile delle risorse naturali e dunque più in generale di una politica ambientale. Le forti implicazioni territoriali di questi due settori sono evidenti così come fondamentale è l’esigenza di ricercare soddisfacenti soluzioni locali. Si tratta di una importante scelta di fondo che faccia prevalere la componente ambientale rispetto a quella del mercato dei servizi pubblici.

Però ci sono molte preoccupazioni e ritardi che producono danni crescenti. Piuttosto che aspettare forse è meglio pensare a creare una Autorità sui rifiuti nuova e indipendente. Può sembrare una provocazione, ma è sentita la necessità di affrontare questo comparto con maggiore attenzione rispetto all’impatto sull’ambiente e con modalità di gestione più attente all’efficienza produttiva e all’organizzazione industriale. Da una parte è riconosciuta una reale arretratezza del settore e dall’altro lato però complessivamente si deve considerare come il settore sia economicamente interessante e soprattutto socialmente indispensabile.

La gravità del problema rifiuti cresce in modo estremamente pericoloso. Si raccontano grandi successi, mentre si contano pesanti criticità. Per la migliore efficacia del ruolo e delle funzioni occorre dunque assicurare una crescente capacità di vigilanza su questioni che incidono direttamente sui cittadini. Da troppo tempo ad esempio abbiamo perso la conoscenza dei costi e dei prezzi; le tariffe sono diventate uno strumento di tassazione e non di analisi economica dei servizi. Bisogna allora maturare con maggiore forza la consapevolezza collettiva che occorre potenziare le politiche per il consumatore e gli strumenti di regolazione che lo riguardano; il tema della qualità dei servizi di interesse generale è quindi di crescente importanza perché tocca le esigenze concrete dei cittadini/consumatori sulla loro qualità della vita.

Il ruolo ormai collettivamente riconosciuto fondamentale della cultura sostenibile ambientale assieme alla crescente rilevanza della percezione di qualità nei servizi pubblici richiedono un coinvolgimento di tutti i protagonisti del sistema intesi come parte di soluzione e soprattutto propone una forte interazione trasversale di società, economia e ambiente.
Nel quadro di economie aperte occorre avere una forte capacità di innovazione delle istituzioni e degli strumenti di governo del territori; definizione di progetti di sviluppo, ricerca di soluzioni ai problemi di coordinamento (di politiche, di strumenti e di risorse ) e di compartecipazione (di soggetti pubblici e privati ) a livello territoriale.
L’obiettivo è di migliorare l’efficienza economica e la qualità dei servizi ambientali, insieme.

La stessa evoluzione normativa e la definizione delle regole sono in palese ritardo, nonostante stia enormemente crescendo il livello di percezione dei cittadini della importanza dell’ambiente. Se tuttavia si supera questa posizione critica, anche se largamente diffusa, si può comunque rilevare che è in atto un processo di miglioramento o comunque di trasformazione.

Fate presto. La “non decisione” è sempre la peggiore decisione.

NOTA A MARGINE
E gli studenti in autogestione riscoprono il valore degli studi classici

di Federico Di Bisceglie

A che cosa serve al giorno d’oggi accostarsi agli studi classici? A che scopo si studiano il latino è il greco, pur sapendo che sono lingue “morte”? La risposta possibile è una sola. Conoscere. All’interno del concetto di conoscere in realtà sono racchiuse una serie di problematiche legate non solo al tipo di percorso che una persona decide di intraprendere, ma anche rispetto al modo in cui esse vengono affrontate. L’unica ricetta per conoscere e comprendere quindi fino in fondo il senso del percorso di studi classici, è spiegato da un’altra materia, legata strettamente al mondo greco, e che proprio in Grecia vede la sua origine e il periodo di massimo splendore: la filosofia.
Partendo dal significato della parola stessa,la professoressa Rosanna Ansani, al liceo Ariosto, in occasione dell’autogestione studentesca, ha spiegato qual è il vero motivo per il quale gli studi classici non devono e non dovranno, per lo meno all’interno del nostro Paese, scomparire. Filosofia significa, amore per il sapere, filosofia vuol dire sapere di non sapere, come il padre della filosofia stessa sostiene, filosofia vuol dire conoscere se stessi, i propri limiti, i propri pregi, le proprie mancanze e le proprie sicurezze.
È incredibile -dice Rosanna Ansani- come lo studio della filosofia e delle materie classiche negli ultimi tempi siano calati e scaduti, soprattutto a causa di questa tendenza all’utilitarismo e a questo tecnicismo diffuso che la società stessa ci impone è che quindi ci costringe ad affrontare percorsi che non rispecchiano le nostre capacità, ma che serviranno ad acquisire delle competenze “utili”. L’essere filosofi, l’interrogarsi sulle questioni da sempre irrisolte che caratterizzano l’uomo non sono inquadrabili in una materia, bensì costituiscono un modo di essere.
D’altronde Socrate, per difendere questa idea, e per diffondere la filosofia nella Grecia del tempo, fu condannato a morte. Quindi se filosofia implica greco, se greco implica latino, queste discipline non devono per nulla al mondo cessare di essere studiate, perché insieme costituiscono, o per lo meno, dovrebbero costituire, l’essenza stessa della cultura individuale, in maniera particolare in un Paese come il nostro, che è pregno di monumenti, sculture, vasi, iscrizioni, in lingua greca e in lingua latina, le quali ci hanno permesso durante il corso dei vari studi, di risalire alle tradizioni, ai costumi e alla cultura di popoli oltremodo avanzati, che di fatto sono da considerarsi i nostri padri.

All’Altrove omaggio ad Alda Merini e Pier Paolo Pasolini

In programma per oggi pomeriggio 19 novembre, alle ore 17, presso lo Spazio d’Arte l’Altrove di Francesca Mariotti, in via De’Romei 38 a Ferrara, letture poetiche ed in prosa curate da Ruben Garbellini, omaggio letterario ad Alda Merini e Pier Paolo Pasolini, due grandi del nostro tempo, personalità di spicco nella cultura italiana.

Voglia di accomunarli, perché, pur tanto diversi. Erano nati a marzo entrambi, uno nel 1922, l’altra nel 1931 e tutti e due son morti tra l’1 e il 2 di novembre, a distanza di 34 anni l’uno dall’altra. I 40 ed i 6 anni che, rispettivamente, ci separano dalla loro scomparsa nulla han scalfito della loro modernità e saggezza ed è proprio tramite letture ed argomentazioni in merito che si parlerà di loro.

Nel pomeriggio a loro dedicato, dal titolo “Alda Merini e Pier Paolo Pasolini: dialogo (con il) pubblico per due Grandi da non dimenticare”, ci saranno letture poetiche ed in prosa curate da Ruben Garbellini, attore, regista e studioso della cultura italiana a tutto tondo, ma, importante, sarà il dialogo, l’interlocuzione che si potrà aprire tra i propositori dell’evento, coordinato da Maria Cristina Nascosi Sandri, membro della Società italiana delle letterate e del Sind. naz. giornalisti cinematografici, ed il pubblico che presenzierà.

Tv educativa

Groucho_Marx
Groucho Marx

Secondo me la televisione è molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende vado nella stanza accanto a leggere un libro. (Groucho Marx)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Ma che Isis d’Egitto

In questi giorni ci è toccato appurare che non esiste un limite alle castronerie.
Eviterò quindi di riportare l’ultima di castroneria – non per pietà verso quella giornalista sportiva – ma solo per non aumentare di volume voci che andrebbero silenziate.
Mi rendo anche conto di non valere granché come megafono ma è solo un modo per stare meglio con me stesso.

“Twin Infinitives” del 1990
Album: “Twin Infinitives” del 1990

Un po’ come fare la differenziata.
La storia che mi ha colpito di più nelle ultime 24 ore è la situazione non troppo invidiabile in cui si trova questa ragazza di San Francisco che purtroppo si chiama Isis.
È anche un bel nome ma in un momento come questo forse è un po’ impegnativo.
Molto peggio rispetto alla storia Isis/Isis-la-band.
La sua storia è diventata “pubblica” per un motivo apparentemente stupido: facebook le ha cancellato l’account.
Ma in fondo il suo è il nome di quella dea egizia, come dice lei.
E alla fine il suo account è stato riattivato.
Così, per oggi, non posso fare a meno di rendere omaggio a un altra divinità dell’antico Egitto con un pezzo preso da uno dei miei album preferiti di uno dei miei gruppi preferiti.
Un pezzo fuori come un coppo, ok.
Ma mai quanto ‘sti anni in cui ci ritroviamo.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

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