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Giorno: 24 Gennaio 2016

Unife celebra due studenti dell’Ateneo caduti in Russia con il conferimento delle Lauree ‘Honoris Causa’ alla memoria

da: ufficio comunicazione ed eventi Unife

Giuseppe Morsiani e Antonio Maini. Sono i due studenti dell’Università di Ferrara caduti in Russia nel corso della seconda Guerra Mondiale, senza riuscire a conseguire il sospirato alloro, onorando con il loro sacrificio l’Ateneo estense e l’uniforme delle nostre Forze Armate.
E proprio per ricordarli Unife ha deciso di organizzare una cerimonia di conferimento di Lauree ‘Honoris Causa’ alla memoria, che si terrà martedì 26 gennaio alle ore 16 nell’Auditorium del Complesso di Santa Lucia, (via Ariosto, 35), in occasione del 73° anniversario della battaglia di Nikolajewka, che permise ai resti dell’Armata Italiana in Russia di spezzare l’accerchiamento avversario aprendo la via della salvezza.
Giuseppe Morsiani, a cui sarà conferita la Laurea in Chimica, era Sottotenente del 52° Reggimento Artiglieria (Divisione “Torino”), mentre Antonio Maini, Laurea in Medicina e Chirurgia, del 5° Reggimento Alpini.
Entrambi furono dichiarati dispersi e per questo motivo non ricevettero nell’immediato dopoguerra la laurea ‘Honoris Causa’ che fu invece conferita ai loro compagni di studio che sacrificarono la vita per la Patria.
Alla cerimonia, dopo il saluto del Rettore, interverranno Andrea Baravelli, docente di Storia contemporanea del Dipartimento di Studi umanistici di Unife e Mario Gallotta dell’Associazione Nazionale Alpini (Gruppo di Ferrara). Seguirà la consegna dei diplomi di laurea da parte del Rettore ai familiari.

Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391

LA RECENSIONE
Erri De Luca, un’elegante jam session fra parole e musica

Un mix perfettamente armonico di parole e musica, un gruppo di amici che in uno scantinato o in un salotto si divertono a costruire un percorso poetico e musicale: è “La musica provata”, performance di e con Erri De Luca, tratta dal suo libro (Feltrinelli, 2014) e andata in scena sabato sera al Teatro Comunale De Micheli di Copparo.
De Luca, seduto davanti a un buon calice di vino rosso, come se fosse nel suo salotto di casa, battendo il tempo con il piede o tamburellando sullo schienale con la mano, ascolta le sue parole diventare musica, grazie ai virtuosismi della splendida voce jazz di Nicky Nicolai e della band composta da Aldo Bassi alla tromba, Daniele Sorrentino al basso, Andrea Rea al pianoforte e Roberto Pistolesi alla batteria.
Fra un brano e l’altro lo scrittore che ha venduto milioni di copie in trenta lingue, il conoscitore delle Sacre Scritture, si alza in piedi e diventa un aedo, un cantastorie: trasforma lo scritto in racconto e guida il pubblico in un viaggio fra le parole e i ricordi sul “tappeto volante della musica”.
Nella Galilea dell’Annunciazione e della Natività, con Miriam/Maria scintilla dell’accoglienza senza obiezioni e Giuseppe/Joseph, “colui che aggiunge” in ebraico. Quest’uomo ha aggiunto la propria fede in una “verità inverosimile”, il proprio amore contro ogni legge del tempo e il proprio nome, facendo entrare di diritto Jeshua ben Joseph nella stirpe di Davide.
Nella sua Napoli, con quel golfo straripante di bellezza, una bellezza temporanea se consideriamo i tempi della geologia, nata contrastando la forza di gravità, dal basso verso l’alto, dalla terra tumultuosa al cielo. E mentre racconta della canzone napoletana “alleanza fra poeti e musicisti”, con l’unico difetto che è fatta solo di maschi, o di quando “San Gennaro è stato destituito” da santo protettore della città per opera dei francesi nel 1799, non può trattenere il suo accento partenopeo: nulla di strano, in fondo “il napoletano è la sua lingua madre”, “l’italiano è una seconda lingua, imparata in un secondo tempo, mi è piaciuto perché è educato, se ne stava zitto dentro i libri di mio padre”.
Poi parla di e con Chisciotte, fra i suoi libri preferiti, letto due volte a 18 e a 50 anni, ma che ha compreso solo quando lo ha guardato attraverso gli occhi del poeta turco Nazim Hikmet, secondo cui egli è “il cavaliere invincibile degli assetati”: “battuto continuamente, non si dà per vinto, ma si rialza per continuare a combattere”.
Infine l’Italia e il Mar Mediterraneo, “mare nostro che non sei nei cieli”, campo seminato con i corpi di “cavalieri erranti trascinati al Nord”. Tutto ciò che abbiamo è arrivato dal mare: la matematica, la filosofia, i cibi. “Nulla di paragonabile è arrivato dal Nord, forse solo il baccalà, che prontamente abbiamo condiviso e che ora si cucina e si gusta lungo tutti i porti del Mediterraneo”. “Siamo una terra di passaggio”, “una terra aperta”; a scuola ci insegnano che l’Italia è uno stivale, ma in realtà “è un braccio teso che si allunga in mezzo al Mediterraneo” e la Sicilia “è un fazzoletto che saluta”.
Ne “La musica provata” ci sono lo stile e l’eleganza discreti, ma indiscutibili e inconfondibili di Erri De Luca, una splendida band che dà il suono alle parole, la potenza della parola e la forza della musica, la dolcezza di una nanna e il sogno di una fiaba.

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PUNTO DI VISTA
Petrolchimico, ambiente e salute sacrificati all’altare dell’occupazione

di Marzia Marchi

C’è una miopia congenita nel modo di valutare la situazione del petrolchimico ferrarese. Una realtà che da tempo presentava conti rilevanti dal punto di vista ambientale e che ora sta presentando anche quelli sotto il profilo lavorativo. Miopia che ha fatto comodo a tutti, sindacati compresi. Da anni come ambientalista volontaria prima in Rete Lilliput e poi in Legambiente, ora in Greenpeace vado denunciando un sistema nefasto di silenzi e commistioni che ora si traduce nel disastro ambientale delle torce d’emergenza troppo spesso accese, di una situazione irrespirabile dell’aria di Ferrara, delle falde acquifere compromesse e da ultimo di un sito inquinato che perde via via produttività. Due accordi di programma sono a testimoniare quanto affermo, il primo del 2001 e il secondo del 2008. Accordi sottoscritti dalle imprese congiuntamente alle associazioni di categoria, sindacati e istituzioni (l’accordo di programma 2001 sulla riqualificazione e la compatibilità ambientale del polo chimico di Ferrara è stato sottoscritto dal Ministro dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato Enrico Letta, il Presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, il Presidente della Provincia di Ferrara Pier Giorgio Dall’Acqua, il Sindaco del Comune di Ferrara Gaetano Sateriale, l’Osservatorio Chimico Nazionale, l’Unindustria di Ferrara, la Federchimica, le Organizzazioni Sindacali Confederali (CGIL, CISL, UIL) e di Categoria (FILCEA, FEMCA, UILCEM), l’EniChem S.p.A., la Basell Poliolefins S.p.A., la Hydro Agri Italia S.p.A., la Polimeri Europa S.r.l., la P-Group S.r.l., la Crion Produzioni Sapio S.r.l., la S.E.F. S.r.l., la C.E.F. S.p.A., la ENIPOWER S.p.A., l’Ambiente S.p.A., la SIPRO S.p.A. Nel secondo accordo, che di fatto rinnovava il primo senza che i punti salienti fossero stati realizzati, cambiano i nomi dei rappresentanti istituzionali e quelli di alcune aziende nel frattempo subentrate).
Il secondo accordo recita in premessa: “le parti firmatarie hanno individuato nel 2001 con l’accordo di programma la necessità di riqualificare il polo chimico di Ferrara e di promuoverne lo sviluppo compatibile”.

Il 26 gennaio prossimo in Prefettura sono convocate le aziende del Polo chimico per dare conto di un uso inconsueto e preoccupante delle torce di emergenza!
Che resta dei propositi dell’Accordo di programma del 2008? La valutazione è già contenuta in questa convocazione e nell’atteggiamento antisindacale che occupa le pagine dei giornali, non solo locali, in merito alle scelte aziendali in essere. Invece del rilancio e della conversione ‘green’, troppo superficialmente sostenuta dai rappresentanti politici istituzionali locali, anche di alto livello, accade che un’azienda partecipata dallo Stato come Eni voglia dismettere la propria quota in Versalis, azienda protagonista dei sinistri e ingiustificati boati di luglio scorso e dell’8 gennaio, per riversarla nelle mani di un non meglio precisato fondo di investimento internazionale. Quali gli effetti di due accordi di programma? Che l’azienda Solvay produttrice del Cvm (cloruro di vinile monomero) riconosciuto responsabile dell’inquinamento delle falde acquifere, della morte e malattia di un centinaio di ex dipendenti sia rimasta impunita con un processo in cui giudici, non evidentemente all’altezza di un Casson o di un Guariniello, hanno assolto i vertici perché “il fatto non sussiste”, complici prescrizioni e cavilli burocratici e – aggiungo io – un devastante silenzio politico. Mentre con 41.000 euro di oblazione se la sono cavata i vertici di Basell e Yara chiamati a rispondere di emissioni non autorizzate in atmosfera, avvenute dal 2007 fino al 15 ottobre 2010 e per aver utilizzato le torce pur in assenza di situazioni di emergenza dal 16 ottobre 2010 fino al 19 luglio 2011. I due vertici Basell erano inoltre imputati di aver provocato emissioni pericolose che causarono molestie agli abitanti della zona. Stessa imputazione (dal 2007 fino al 12 maggio 2011) per i vertici Yara.

Sempre in base all’accordo di programma si fece passare la costruzione della centrale turbogas Sef da 800 Mw – nonostante un forte movimento sociale contrario – come una panacea per lo sviluppo del Polo chimico salvo ammettere, due anni dopo la sua entrata a regime, che l’energia di Sef costava alle aziende interne circa il 10 % in più. Un fallimento ampiamente previsto.
Ora, leggendo il Piano di emergenza esterno del 2015, sul sito Ifm, alla voce scenario di rischio per Yara, principale “imputata” sull’accensione torce, situazione B1 si legge: “rilascio di gas di processo dalla sezione di sintesi”, sostanze pericolose ammoniaca, area di danno 22 addetti, area di attenzione 20.705 persone , elementi di vulnerabilità: strade, autostrada, canali, ferrovia, 4 asili nido, 11 scuole d’infanzia… insomma il disastro. E stiamo parlando di una sola tipologia di incidente, poi c’è lo scenario Versalis, prendiamo solo il caso C (torcia), : “irraggiamento a terra da torcia B/7 a seguito di eventi anomali (i famosi dischi di rottura?), sostanze pericolose: etilene, propano, propilene e altri gas infiammabili. Scenario Jet fire.
Il testo è pubblico, basta aver voglia di sapere.

Il petrolchimico, come amaramente profetizzato, non ha compiuto né una conversione ecocompatibile, né un processo di innovazione tecnologica anche perché è mancata una vera opposizione al suo funzionamento. Il tabù dei posti di lavoro ha fatto convergere sulle posizioni delle aziende chi doveva vigilare e condannare (vedi vicenda Solvay). Ora i nodi vengono al pettine e spiace per le vicende umane ma una battaglia per la salvaguardia dei posti di lavoro non può prescindere dall’analisi dei rischi ambientali che la presenza del polo chimico comporta per la città e dalla costruzione di una vera alleanza tra le istituzioni, i sindacati e i cittadini che, variamente costituiti, negli anni hanno avanzato dubbi e domande rimaste senza risposte. Questi cittadini avrebbero tutto il diritto di trovare una loro rappresentanza all’incontro in Prefettura del 26 gennaio.

27 GENNAIO GIORNO DELLA MEMORIA
Francine e il cioccolato

enhanced-12673-1443602695-5Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. (Primo Levi)

Francine Christophe è una scrittrice e poetessa francese, nata il 18 Agosto 1933, anno dell’ascesa al potere di Adolf Hitler, come lei stessa ricorda. Oggi molto attiva nelle conferenze tenute davanti a giovani di collegi e licei, dove riporta la sua testimonianza, Francine viene arrestata, con la madre, nel 1942 nel Comune di La Rochefoucauld, nel sud-ovest della Francia, mentre tentano di oltrepassare la “linea di demarcazione” (Demarkationslinie, limite tra la zona occupata tedesca e la zona libera, chiamata zona sud dal novembre 1942, fissata dall’armistizio del 22 giugno 1940) e successivamente rinchiusa nella prigione di La Rochefoucauld e di Angoulême. Fino ai campi di Poitiers, Drancy, di Pithiviers, Beaune-la-Rolande. Ella fu poi deportata, con la madre e altre donne e bambini mogli o figli di prigionieri di guerra francesi ebrei, il 2 maggio 1944, al campo di concentramento di Bergen-Belsen, diventando una degli “ebrei di scambio”. Evacuata dal campo nell’aprile 1945, liberata dalla truppe britanniche, Francine è rimasta “protetta” dallo statuto di figlia di prigioniera di guerra ai sensi della Convenzione di Ginevra. Oggi ottantaduenne, la storia di Francine viene conosciuta soprattutto quando, lo scorso 12 settembre, il celebre fotografo Yann Arthus-Bertrand ha presentato al pubblico il suo film “Human”, 3 anni di lavoro, 2500 ore di riprese nel mondo intero per “difendere i cittadini del mondo”: panorami mozzafiato, interviste ed esperienze-storie di vita sorprendenti e toccanti.

HUMAN-mostra_lFra queste quella di Francine, appunto, che racconta. Un vero pugno nello stomaco, una testimonianza sconvolgente, struggente e incredibile, commovente fino alle lacrime. Il racconto della bambina Francine (all’epoca di solo 8 anni) parte dalla stella di David cucita sul petto, sempre enorme e troppo grande per quello di un bambino, terribile e temibile nel suo giallo e nero inquietante. Come privilegiati per lo statuto di figli di prigionieri di guerra, racconta ancora Francine, avevano il diritto di portare un piccolo sacco con 2 o 3 cose dalla Francia, durante il viaggio verso l’ignoto. In quel sacco, la madre aveva racchiuso un pezzetto di cioccolata, che l’avrebbe aiutata a “tirarsi su” nei momenti difficili. Quell’unico tesoro sarebbe, quindi, stato custodito con attenzione, per gli attimi bui. Questo pezzettino di dolce felicità non sarebbe servita a Francine ma a Helene, che avrebbe partorito nel campo di Bergen-Belsen, salvando la vita a lei e alla fragile neonata, con quel poco di energia che ancora poteva infondere. Alla richiesta della madre di poter donare quel regalo alla partoriente, Francine avrebbe detto subito di sì, garantendo così la sopravvivenza a due fragili e indifese persone che sei mesi più tardi sarebbero state liberate con lei. Quella creatura che non aveva mai pianto, e che solo al momento della liberazione, nel 1945, dalle sue povere, sgretolate e umide fasce avrebbe gridato. Ella sarebbe veramente nata solo allora. Alla luce della libertà. Dopo una conversazione con la figlia, Francine decide, qualche anno fa, di tenere una conferenza sul tema del ritorno dai campi di concentramento, e di dibattere sul ruolo che avrebbero potuto avere gli psicologi, all’epoca, se solo ve ne fossero stati. Alla fine delle discussioni, una donna di Marsiglia, fra il pubblico, si era avvicinata a Francine, tirando fuori un pezzo di cioccolato dalla tasca, piano piano, per offrirglielo. “Io sono il bambino” avrebbe detto, quasi sussurrando. Fra la commozione generale. Una storia incredibile.

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Francine da piccola

Video (in francese con titoli inglese): https://www.youtube.com/watch?v=gXGfngjmwLA

Altre testimonianze: Human le film.

L’ultima stella

Sono nato il dieci di febbraio del 2007, proprio quell’anno mio padre perse il lavoro perché la fabbrica in cui aveva lavorato per cinque anni era entrata in crisi e poco dopo fallì. Prima di lui anche mia madre aveva dovuto lasciare il suo posto di impiegata, ma lo fece per causa mia, cioè per farmi venire al mondo e potersi poi occupare di me a tempo pieno. Ricordo che passai quasi tutta la mia infanzia a casa dei nonni, perché mio padre, non potendo più mantenerci coi lavoretti precari e in nero che riusciva a procurarsi dopo il licenziamento, dovette decidere di tornare a vivere dai suoi portandosi dietro mia madre e me.
Comunque, per quei tempi vivere dai nonni era una cosa abbastanza normale. Oltre a me, molti miei coetanei, amici e compagni di scuola, abitavano coi genitori nella casa dei loro nonni. Per un ventenne o un trentenne di allora era praticamente impossibile chiedere un mutuo e men che meno comprare una casa. Si stava coi genitori anziani anche da adulti, magari laureati, spesso senza lavoro, oppure sposati con figli come mio padre, appunto. I nonni, con le loro case e le loro pensioni, erano una risorsa preziosa, e lo rimasero per tutto il tempo della crisi.
La crisi economica durava da parecchio ormai e, come noi, molta altra gente non se la passava affatto bene. Proprio loro, i miei nonni, mi raccontavano che prima che nascessi la situazione generale non era mai stata così: tutti quanti avevano più soldi e li spendevano per divertirsi, alla sera si usciva di casa tranquillamente e si poteva passeggiare per il centro senza timore di essere aggrediti o accoltellati da qualche balordo per un nonnulla, come invece accadeva negli anni in cui ero ragazzo io. Mi dissero che anche le stagioni non erano più le stesse: un tempo, a maggio già faceva caldo e gli insetti notturni uscivano dai loro bozzoli per ronzare attorno ai lampioni illuminati, il gelo poi arrivava già a dicembre e durava quasi fino a fine febbraio imbiancando di neve le città per diverse settimane.

Non so se c’è mai stato un momento nel mondo in cui la gente, tutta la gente, sia stata felice, non credo. A scuola la storia mi appassionava parecchio e ho imparato che, bene o male, guerre e miseria non sono mai mancate. Ma è un fatto che i vecchi, compresi i miei nonni, ricordavano il passato con nostalgia, persino quando raccontavano delle loro tragedie.
Purtroppo il mondo della mia infanzia fu tormentato dalle guerre, dal terrorismo, dalla crisi economica mondiale e dal problema sempre più allarmante del mutamento climatico dovuto all’inquinamento globale… eppure confesso di non avere ricordi brutti, anzi, forse perché ero semplicemente un bambino, dev’essere senz’altro così.
Adesso so che, per quanto imperfetto, il mondo alla fine si sarebbe sempre salvato, nonostante tutti i nostri errori e orrori commessi, il mondo sarebbe sempre guarito e rinato, e noi con esso. E in effetti successe per davvero.
Vorrei essere diventato vecchio anch’io e lamentarmi del presente rimpiangendo il passato, come hanno fatto mio padre e mio nonno.
Ormai l’angoscia dei primi tempi ha ceduto il passo alla rassegnazione e al rimpianto, il rimpianto del passato certo, ma anche del presente e di un futuro che non ci sarà più.
Quando guardo fuori vedo l’ulivo che aveva piantato mio padre nell’estate del 2020, fu una lunga estate calda, come il titolo di un film di cent’anni fa. Quell’anno mio padre aveva iniziato a lavorare in un vivaio e finalmente poteva mettere in pratica, a quarantacinque anni compiuti, la sua vecchia laurea in agraria, fu d’allora che iniziò a spiegarmi un sacco di cose sulle piante, sugli alberi, sugli insetti, cose che non avrei mai immaginato potesse sapere. Aveva piantato un giovane ulivo nel piccolo giardino davanti alla casa dei suoi genitori, casa in cui tornammo ad abitare stabilmente cinque anni dopo, alla morte del nonno.
È la casa in cui abito tuttora, l’ulivo è diventato grande, per il resto il quartiere è rimasto quasi lo stesso che in passato. Sono successe tante cose, forse troppe, molte cose brutte. Il mondo era diventato un posto tetro, quasi senza speranza e solo per colpa nostra.
Poi, tutto quanto cominciò lentamente a risollevarsi e a sistemarsi per il meglio: l’economia ritornò a ingranare, il clima si normalizzò gradualmente e pure l’inquinamento, grazie all’invenzione delle centrali Tesla e alla scoperta dell’energia magnetronica, diminuì progressivamente. Certo, ci vollero due guerre devastanti, quella dei droni e quella energetica, perché tutti quanti capissero che era venuto il momento di fermarsi a riflettere.

Sono ormai dieci anni che nel mondo non si fanno guerre, che le superpotenze e le multinazionali hanno smesso di competere a spese delle popolazioni, cominciando a cooperare nell’interesse comune. Sono persino riusciti a trovare una nuova fonte energetica totalmente pulita, e pure a inventare una tecnica di propulsione rivoluzionaria, in grado di lanciare tutti quei vettori super veloci nello spazio per la missione. Il tutto in una manciata di anni. E più ci penso, più la cosa mi fa capire quanta stupidità abbia governato il passato del mondo. Mi chiedo se doveva succedere proprio tutto questo perché il mondo imparasse ad essere migliore. Vero, non sarebbe cambiato nulla, ma almeno avremmo cominciato a vivere meglio molto prima.
Si doveva proprio arrivare alla fine di tutto per accorgersi di quanto tempo si è perduto? Bastava imparare ad amare e amarsi un po’ di più…
Guardo fuori e vedo il nostro bellissimo ulivo, ha già i germogli che questa volta non faranno in tempo a diventare frutti, come hanno fatto ogni anno per trent’anni. Oggi è una splendida giornata di sole, fa caldo e sarebbe l’ideale per una gita al mare.
Tra qualche mese avrei compiuto cinquantadue anni e so che non ci arriverò, eppure non sono mai stato così in forma. Adele dorme, quando sarà il momento la sveglierò, perché i suoi occhi sono l’ultima cosa che voglio vedere. Proprio ieri, prima che le comunicazioni si interrompessero definitivamente, ho ricevuto il messaggio di mio figlio: Matteo ha deciso di aspettare il momento accanto a Lucia che non può muoversi per via del pancione, saranno comunque in tre: loro due insieme alla mia futura nipotina, che nei miei sogni ho già incontrato più e più volte. E questo, pur nel dolore, mi conforta.

Sono due settimane, da quando c’è stata la conferma definitiva del fallimento della missione, che non riesco più a dormire. Scruto le stelle dal mio giardino, la luna è sempre al suo posto, azzurrina, impassibile come al solito. Da qualche notte la luce pubblica è stata disattivata, le strade e le case abbandonate sono nel buio più totale. La costante assenza di nuvole ha poi reso il cielo uno spettacolo di stelle senza precedenti, tra esse ho cercato di scorgere la nostra ultima stella, senza mai riuscire a vederla.
Guardo ancora fuori e quasi non ce la faccio a respirare: la nostra bella Terra! Il vento che muove le foglie e l’erba tutt’intorno, i colori dei fiori e i riflessi nell’acqua dello stagno sono più vivi del solito. È pazzesco, proprio adesso il mondo mi appare più vitale di quanto non sia mai stato.
In città la maggior parte della gente se n’è andata, non saprei dire né dove né perché, a che serve andare altrove? Io e Adele abbiamo deciso di restare in casa, nel quartiere non c’è più nessuno e questo mi dispiace, avrei voluto fare due chiacchiere con qualche vicino e magari abbracciarlo e salutarlo.
Sento una cosa che mi sfiora la gamba, abbasso lo sguardo e vedo Birba che mi guarda e scodinzola, sta avvertendo qualcosa e cerca conforto. Non mi sono dimenticato di lui, alla fine anche noi saremo in tre: io, Adele e il nostro cane, mi sembra giusto così. Mentre gli accarezzo la testa m’accorgo che all’esterno la luce è cambiata, guardo di nuovo fuori: il cielo si sta tingendo di rosso, ci siamo!
Corro a svegliare Adele, ma non dormiva, piangeva in silenzio. Le asciugo una lacrima accarezzandole la guancia, lei mi prende la mano e me la bacia, io le bacio la fronte e le sorrido. Sorride anche lei, ha gli occhi gonfi e stanchi, ma senza trucco sembra ancora una bambina. Una bambina di cinquant’anni con cui avrei voluto invecchiare, ma in fondo non importa, sono felice di essere con lei adesso.
Ci teniamo per mano e andiamo alla finestra senza dire una parola, Birba ci segue silenzioso, sembra tranquillo, del resto quello che vuole è soltanto poter restare accanto a noi. Fuori, nel cielo in alto, la luce rossa è già cambiata, sta schiarendo velocemente, sta diventando bianca, sempre più bianca, calda e abbagliante, come un immenso fuoco d’artificio: lo spettacolo dell’ultima stella è iniziato.

I fumi sulla città

E alla fine si è dovuto attivare il prefetto. Magari sollecitato, probabilmente indotto a convocare un tavolo di confronto che vedrà riunite istituzioni, aziende e organi di controllo per capire cosa sta succedendo al petrolchimico e quali sono i rischi per la popolazione. L’accensione delle torce e le alte colonne di cupi fumi sono ormai uno spettacolo quotidiano tutt’altro che edificante. Fra il 19 e il 30 novembre e poi ancora fra il 7 e il 9 dicembre, quindi il 14 dello stesso mese e infine l’8 e il 10 di gennaio le lingue di fuoco fuoriuscivano dalle ciminiere degli stabilimenti. Si tratta di un’emergenza, poiché l’accensione delle torce è consentita solo in casi straordinari. Il problema ora è comprenderne le ragioni e stabilire i pericoli. Yara e Versalis sono le imprese più attentamente monitorate. Loro per prime dovranno fornire spiegazioni.
Le istituzioni per ora si sono limitate a generiche rassicurazione. Non c’è stata una presa di posizione netta. La scelta è stata forse quella di trasferire al rappresentante del governo l’impegno di mediare e sollecitare i chiarimenti. Una strategia accorta, improntata alla prudenza, per qualcuno finanche eccessiva. E’ il caso del Movimento 5 stelle, per esempio, che sollecita una presa di posizione politica e snocciola fondate ragioni di inquietudine.
Peraltro le inquietudini destate dal petrolchimico a Ferrara si assommano all’emergenza che in questi ultimi due mesi ha interessato tutto il Paese e in particolare la pianura padana a seguito del drammatico aumento del livello di polveri sottili presenti nell’aria.
“E’ piovuto un po’ e questo ha indotto qualcuno a considerare sbrigativamente risolto il problema, ma non è così e lo sappiamo bene – commenta il deputato 5 stelle, Vittorio Ferraresi – Gli ultimi dati sono molto preoccupanti. Per affrontare la situazione servono interventi strutturali e misure mirate. Non si tratta di allarmismo ma di rischi reali. A Gela di recente il tribunale ha emesso una sentenza che presuppone il nesso causale fra morti e miasmi petrolchimici. Teniamone conto. Ferrara in questa fase è simultaneamente oppressa da problemi sindacali e rischi per la salute. Il prefetto si è mosso giustamente e lo ha fatto per primo”.

Il Movimento 5 stelle punta l’indice sul ricatto occupazionale. “Si è perennemente in bilico fra produttività e sicurezza. Su questo terreno la politica non fornisce alcuna risposta. E’ ovvio che le aziende, nei limiti posti dalla legge, facciano tutto ciò che conviene loro per trarre il massimo”. Sono entità economiche e tutelano i loro interessi. E’ la politica – sostiene Ferraresi in conferenza stampa – che dovrebbe condizionarne l’operato “incentivando chi attua comportamenti virtuosi e sanzionando pesantemente chi inquina”. Tali non si possono certo considerare, per esempio, le ammende inflitte in passato a Yara e Basell per una serie di ripetute infrazioni: emissioni non autorizzate (fra il 2007 e il 2010) e improprio utilizzo torce (fra 2010 e 2011). In totale 41 mila euro: una sanzione ridicola, un regalo.

Manca un piano economico energetico-produttivo che abbia valenza strategica, fa notare anche il deputato ferrarese del Movimento 5 stelle. Denuncia come per estrarre petrolio, allettati da una manciata di euro, si vogliano violare il paradiso delle isole Tremiti. E addita Ferrara come capitale delle Pm10, le terribili polveri sottili. All’inquinamento altissimo certificato dai dati Istat corrisponde un alto tasso di mortalità. Si è registrato un aumento dei casi di tumore, ben 2980 in più. E le risposte sono insufficienti. Alle nostre latitudini – riferisce – l’aspettativa di vita è di tre anni inferiore al resto del Paese. Vergognoso e allarmante il silenzio. Il problema riguarda prima di tutto la salute dei cittadini. Ma ha anche ricadute economiche, sottolineano ancora i 5 stelle. In Emilia Romagna c’è un costo di tremila euro procapite che gravano sulle spalle di ognuno di noi, dovuto ai danni arrecati all’ambiente e agli interventi attuati per attenuarne gli effetti.

Servono interventi mirati a livello nazionale, con specifico riguardo per la pianura padana. Che fare? “Incentivare la raccolta differenziata. Stop ai propellenti fossili (invece si punta ancora sugli idrocarburi). Per contrastare l’inquinamento ambientale, stop ai veicoli diesel. Favorire la diffusione di vetture a gpl, metano e ibride. M5s ha proposto incentivi solo per questo tipo di auto. Invece hanno incentivato tutti”.
Poi c’è il dito puntato sulle infrastrutture e l’ostilità per la Cispadana. “Stiamo per costruire una strada assolutamente inutile fra Ferrara e Reggiolo, proprio quando l’Europa chiede un potenziamento del trasporto ferroviario. Serve la sensibilità del governo”.

Alle questioni prettamente locali torna il neoconsigliere comunale Sergio Simeone: “Chiediamo che il tavolo convocato per martedì dal prefetto sia allargato alla presenza di un organismo terzo indipendente e rappresentante società civile”. Il soggetto proposto è l’associazione Isde di cui è esponente il medico Luigi Gasparini, simpatizzante del Movimento 5 stelle, anch’egli presente in conferenza stampa. “Chiediamo all’Amministrazione comunale cosa fatto per migliore la qualità aria. Sul problema torce noi ci siamo mossi tempestivamente senza ottenere risposte. E’ stata ignorata da Arpa la nostra richiesta di chiarimento. Sono arrivate generica rassicurazioni ed eluse le reali problematiche. Ferrara subisce tutte le problematiche proprie della pianura padana. In aggiunta ci sono petrolchimico e inceneritore: la situazione è particolarmente pesante”.

Simeone solleva poi una questione non secondaria: Arpa ha fornito dati rilevati da Yara, sono stampati sulla loro carta intestata. Possiamo fidarci? Chi controlla il controllore. Di questi tempi ci vorrebbero verifiche scrupolose, al di sopra di ogni sospetto. La situazione del petrolchimico è preoccupante. Oltretutto Versalis è in fase di vendita e potrebbe esserci un allentamento controlli… Per questo, pur apprezzando l’iniziativa del prefetto che ha invitato aziende, organismi di controllo e istituzioni, sosteniamo che sia importante coinvolgere la società civile. Quella di Iside è una proposta, ma siamo aperti ad altre soluzioni. La nostra è una richiesta non polemica, un contributo costruttivo. Speriamo si possa dare questo segnale importante.
E in tema di contributi fattivi, Simeone aggiunge un’annotazione e la conseguente proposta: “l’inquinamento delle caldaie incide più di quello delle auto. Spesso negli uffici pubblici le temperature sono eccessive. sarebbe il caso di verificare e intervenire. Se si iniziasse dagli uffici pubblici a dare il buon esempio forse poi si sarebbe più autorevoli a chiedere l’impegno dei cittadini. Servirebbe anche un fondo pubblico per la mobilità sostenibile, immediatamente disponibile. E, al riguardo, a livello di comportamenti virtuosi bisognerebbe per esempio che tutti quanti spegnessimo il motore ai semafori. Tante piccole cose utili che sommate possono contribuire a migliorare la situazione…”.

Infine Luigi Gasparini, in attesa del nulla osta per partecipare al vertice in prefettura di martedì, snocciola i dati delle polveri sottili rilevati in città. E fa notare come i valori non siano rassicuranti. “La situazione epidemiologica di Ferrara conferma vecchie tendenze. L’eccesso di micropolveri causa malattie cardiocircolatori e tumori. “Ieri le pm10 in corso Isonzo erano a 74 microgrammi di media. I danni alla salute, secondo l’Organizzazione mondiale per la sanità, iniziano già dai 20 microgrammi per metro cubo. E poi, analizzando la serie storica del 2015 ci si accorge che i valori più alti e il maggior numero di sforamenti 2015 sono al Barco non in città”. Alla radice del problema, dunque, più che il traffico automobilistico ci sarebbe proprio il petrolchimico.

Si potrebbero collegare le ciclabili e sfrecciare sicuri per la città

Quando un ferrarese ha una voglia irresistibile di fare un bel giro in bicicletta, non glielo si può negare… deve poter andare, senza fermarsi mai, con l’aria tra i capelli, il fiato che diventa corto e le gambe che girano da sole, un po’ come ad Amsterdam o Copenhagen, dove le biciclette sfrecciano veloci in completa sicurezza. Sarebbe bello se anche a Ferrara aumentassero i tratti di connessione tra le ciclabili e si potessero percorrere lunghi tragitti senza interrompere la corsa: per esempio dal sottomura alla ciclabile per Francolino, attraverso via Bacchelli; oppure dalle Mura di Porta Po ai Rampari di San Paolo e poi salirci e scenderci con facilità, come all’altezza di viale XV Aprile o di via IV novembre… e ancora, ma questo è un sogno, poter pedalare lungo tutto il canale di Burana fino alla Darsena.

E Ferrara diventerebbe veramente la “Città delle biciclette” con la C maiuscola.

In foto: un incrocio di ciclabili ad Amsterdam, zona di Koningsplein.

Fretta cattiva consigliera

Confucio
Confucio

Non ti affrettare per portare a termine un lavoro.
Non essere avido di profitti meschini.
Precipitati e il tuo lavoro sarà eseguito male.
La ricerca avida di vantaggi minori
impedisce ogni adempimento maggiore.

(Confucio)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Modì

caparezza
Caparezza

Moriva oggi a Livorno, nel 1920, Amedeo Modigliani. Tra i principali esponenti del mondo dell’arte di inizio ‘900, i suoi ritratti femminili sono leggenda; il grande successo arrivò tuttavia dopo la morte, avvenuta in condizioni di miseria e povertà.
A lui – e, più nello specifico, all’incredibile storia del ritrovamento di tre sculture rivenute dal fossato di Livorno nel 1984, inizialmente attribuite a Modigliani e successivamente scoperte essere falsi perfetti realizzati da tre studenti universitari e un giovane lavoratore portuale – Caparezza ha dedicato un pezzo, “Teste di Modì”, contenuto nel suo ultimo e fortunato album “Museica”.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…