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Giorno: 25 Febbraio 2016

Città del Ragazzo, Conferenza su Gaetano Boschi

da: ufficio stampa e comunicazione Camilla Ghedini

Si terrà sabato 27 febbraio, alle 15.30, alla Sala Bovelli della Città del Ragazzo (via Don Calabria, 13), la conferenza ‘In ricordo del Professor Gaetano Boschi’, che fu direttore dell’ospedale militare neurologico Villa del Seminario durante la Prima Guerra Mondiale. Primo presidio così concepito in Italia, poi divenuto modello europeo, in cui fu ricoverato anche Giorgio De Chirico. Boschi (1882-1969), nato a Padova, dopo la laurea qui conseguita in Medicina e Chirurgia nel 1906, si dedicò alla carriera ospedaliera, inaugurando lo stretto legame con Ferrara. Nel 1908, divenne primo medico assistente dell’Ospedale Psichiatrico di Ferrara; nel 1915, direttore del Manicomio Provinciale poi fondatore del primo ospedale militare italiano per nevrosi di guerra. Il programma di sabato prevede, dopo il saluto delle autorità, gli interventi di Leonardo Raito, Docente all’Ateneo di Padova, che tratterà degli sviluppi della neuropsichiatria di guerra nel 1915-1918; di Adello Vanni, psichiatra, che si occuperà dell’esperienza ferrarese; Eleonora Gandini Farina, che in qualità di nipote rievocherà la figura di Boschi. A seguire, nell’atrio della struttura, sarà inaugurata una mostra con elaborati realizzati dagli studenti del Dosso Dossi. Saranno esposti inoltre strumenti medicali storici recuperati in occasione del trasloco dal vecchio Arcispedale Sant’Anna di corso Giovecca a cura dell’Associazione De Humanitate Sanctae Annae con la collaborazione dell’Ufficio Tecnico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.. L’evento, organizzato con l’Istituto di Storia Contemporanea, rientra nel ciclo di iniziative dedicate al centenario della Prima Guerra Mondiale.

L’ultima estate dell’Europa al Teatro Comunale De Micheli di Copparo

da: ufficio comunicazione Comune di Copparo

Venerdì 26 febbraio Giuseppe Cederna porta in scena “L’ultima estate dell’Europa” di Giuseppe Cederna e Augusto Golin, con la regia di Ruggero Cara e le musiche originali eseguite dal vivo di Alberto Capelli, chitarre e percussioni Mauro Manzoni, flauti e sassofoni.
Sarajevo 28 giugno 1914. Sono le dieci del mattino di una splendida domenica di Giugno. Fra quarantacinque minuti due colpi di pistola sconvolgeranno il mondo. In poco più di un mese Austria, Serbia, Russia, Germania, Francia e Inghilterra si dichiarano guerra. Poi sarà la volta del Giappone e degli Stati uniti. E l’Italia? L’Italia comincia a pensarci. Ma in realtà ci sta già pensando da molto tempo.
Un tumulo informe di sacchi e legni anneriti dal fuoco – che diventerà fiume, trincea, montagna, cimitero – è la zattera a cui si aggrappa il protagonista dello spettacolo, un naufrago della Grande Guerra. Un sopravvissuto. Posseduto dall’implacabile progressione della memoria e incalzato dai temi musicali dei luoghi e dei personaggi, Giuseppe Cederna dà voce e corpo a quell’umanità di vittime e di carnefici che trasformarono l’Europa in un immenso mattatoio. Dai Futuristi ai Generali, dai fanti mandati a morire sul Carso e sull’Isonzo ai loro compagni di naufragio, quegli spettri usciti dalle trincee austriache, fino agli scrittori e ai poeti le cui parole, ancora oggi, ci illuminano e ci commuovono: Owen, Stuparich, Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz. Dall’esaltazione alla consapevolezza. Dalle “radiose giornate di Maggio” alla notte di Caporetto.
«La guerra è molto più vicina di quello che pensiamo – commenta Giuseppe Cederna – la guerra dorme dentro di noi. Per questo, raccontarne gli orrori ma anche il desiderio e la capacità di riscatto, è doloroso e necessario. Con la pietà della memoria e la miracolosa potenza delle storie, l’uomo riesce a ribellarsi all’umiliazione del corpo e dell’anima. Anche nell’orrore, talvolta, riusciamo a trovare la nostra umanità e dignità più profonde.»
Biglietteria del teatro 0532 864580.

ORIZZONTI
Cittadinanza attiva e tecnologie digitali: la nuova frontiera è l’internet delle cose

Il dibattito attorno alla privacy che vede schierati Apple contro Fbi suscita mille domande, alle quali probabilmente non siamo ancora in grado di dare risposte sufficientemente esaustive. Questo accade soprattutto a causa della crescita esponenziale ed estremamente veloce di internet che, negli ultimi anni, una volta raggiunti i tre miliardi di utenti nel mondo, è divenuta sinonimo di innovazione ma anche sintomo di complicazioni. Il web è un ambiente molto complesso, in perenne cambiamento e piuttosto ostile verso i più ‘pigri’ che ancora stentano ad avvicinarsi. Ma il fatto è che più questi tardano l’approccio più rischiano di non riuscire a colmare il gap e a mettersi al passo con le evoluzioni tecnologiche della rete. In un Paese come il nostro – dove le più recenti statistiche Istat indicano che un italiano su cinque supera i sessantacinque anni – un tema come questo dovrebbe essere al centro dell’interesse collettivo. E’ urgente un’opera di sensibilizzazione verso l’utilizzo delle nuove risorse digitali e la conoscenza delle dinamiche della rete, non solo nelle scuole ma anche per gli anziani, in particolare per quella generazione che più si allontana anagraficamente dai nativi digitali.

Tutto ciò è importante soprattutto nell’ottica dell’inevitabile transizione in rete di ogni nostra pratica quotidiana, un futuro che ha già anche un nome: ‘Internet delle cose’. Per ora siamo entrati nell’epoca della condivisione, dell’iperconnettività, della reputazione digitale (che su internet diventa un tassello importante, da non sottovalutare); e non è un caso se nella miriade di informazioni alle quali possiamo accedere in ogni momento e in ogni luogo prestiamo maggiormente attenzione alle recensioni, ai consigli degli utenti della rete, come non è un caso che i social media siano diventati contenitori dove potersi riunire e discutere anche e soprattutto di quelle tematiche che riteniamo essere più importanti poiché si ripercuotono nella nostra vita reale. Su Facebook nascono così gruppi dove poter organizzare ritrovi per la cura del proprio quartiere, del verde pubblico, creare eventi o manifestazioni, comunicare disagi e criticità, mentre Twitter diviene il canale privilegiato attraverso il quale interagire con enti pubblici e privati per segnalare e risolvere problemi in breve tempo. E navigando sul web si trovano infinite altre realtà, piattaforme, applicazioni nate e utilizzate per un unico scopo: andare verso una cittadinanza che sia davvero attiva, partecipe e – cosa più importante – sempre più ‘padrona’ della tecnologia. Una cittadinanza che sfrutta questi nuovi strumenti a suo vantaggio e non si lascia assoggettare da un mondo che, se non conosciuto, rischia davvero di creare alienazione piuttosto che innovazione.
Ecco quindi che la tecnologia, se utilizzata nel modo corretto, può contribuire in maniera sempre più positiva alla creazione delle ‘smart cities’, le città intelligenti: realtà urbane in grado di gestire le miriadi di informazioni prodotte dai propri cittadini, i quali diventano veramente gli utenti finali. Città in grado di creare e migliorare i propri servizi mediante il mondo digitale, luoghi reali dove l’interazione virtuale diviene veicolo di diffusione di cittadinanza attiva distribuita su larga scala e dove il web diviene il mezzo democratico alla base di un rinnovato accordo tra popolazione, amministrazione e politica.

Proprio di questo si è parlato nei giorni scorsi in un interessante videoconferenza dal titolo “E-participation: le tecnologie digitali e mobili per rinnovare l’alleanza tra cittadini e pubblica amministrazione”, organizzata da Fpa, società specializzata in relazioni pubbliche, comunicazione istituzionale e percorsi di assistenza alle pa nei processi di innovazione. Tra i relatori del seminario Alberto Muritano, Ceo di Posytron, società di consulenza Ict particolarmente attenta alla creazione di piattaforme web per le pa che siano in grado di integrare molteplici servizi interattivi per il cittadino nell’ottica dell’Internet delle Cose. Tra queste spicca ePart, un social network divenuto simbolo dell’interazione cittadino-pa: una moderna web app attraverso la quale gestire il flusso di informazioni in maniera estremamente bidirezionale.
Già attiva in molti comuni sparsi in tutto il suolo nazionale, ePart consente di creare una vera e propria mappa delle problematiche di ciascun paese e migliorare di conseguenza l’efficienza dei servizi: in questo modo, ogni utente (iscritto o no) può segnalare le criticità riscontrate che, attraverso un attento sistema di filtraggio, vengono immediatamente smistate e visualizzate dagli uffici di competenza dei vari comuni; questi a loro volta possono gestire con maggiore attenzione la risoluzione del problema stesso. Una soluzione che, se diffusa capillarmente, può essere in grado di facilitare molti di quei processi che oggigiorno richiedono sforzi e tempistiche spesso disumani.
Un esempio di successo nell’utilizzo di questo ‘urban social’ è stato illustrato da Antonio Scaramuzzi, Responsabile Servizio Sistemi Informativi e Telematici del Comune di Udine, città che ospita centomila abitanti e novecento dipendenti comunali, inserita su ePart dal gennaio 2011. A oggi sono circa tremila i cittadini (registrati e non) attivi sulla piattaforma e quarantadue gli operatori comunali (divisi tra sette dipartimenti) pronti ad occuparsi delle segnalazioni. Secondo Scaramuzzi questa sperimentazione ha portato notevoli benefici: oltre alla riduzione della distanza tra i ‘palazzi’ e la popolazione, significative sono state le migliorie sul versante dei costi e tempi di operazione, entrambi sensibilmente ridotti, oltre alla concreta possibilità di avere una mappatura costantemente aggiornata della situazione cittadina.

Insomma piccoli ma incoraggianti segnali, sintomo che fortunatamente qualcosa anche in Italia si sta facendo e un discreto numero di cittadini si dimostrano interessati a queste novità. Compito di tutti è dare continuità a questo interesse, anche se la strada è ancora tutta in salita e non è più il tempo di sottovalutare tali innovazioni: un adeguato sistema infrastrutturale e una diffusa educazione digitale sono e devono essere priorità assolute per il nostro domani.

L’APPUNTAMENTO
La voce delle pietre del Duomo racconta l’origine di Ferrara

da: architetto Michele Pastore (presidente di Ferrariae Decus)

Voci dalle Pietre: la mostra di Marmi Romani e Bizantini che, dopo essere stata a Palazzo Municipale, riaprirà il 26 febbraio a Palazzo di Ludovico il Moro vuole cercare di togliere dall’oblio la più antica origine della città di Ferrara. Se gli anni dal ‘400 al ‘500 sono stati la consacrazione della capitale rinascimentale degli Estensi, su cui molto abbiamo indagato e conosciuto, molto meno si sa di quei frammenti, fotografati ed esposti, che sono le tracce di una città medievale che ha le sue origini molti secoli prima.
Sono 19 i pannelli che fanno rivivere la nostra storia urbana medievale. Storia affascinante e appena percepita che però apre un mondo complesso che andrebbe approfondito perché cela ancora l’origine dello sviluppo di Ferrara. Fra i capitoli che emergono, particolare rilievo assume l’iscrizione epigrafica che “riporta un decreto emanato dal Consiglio dei Sapienti di Ferrara, confermata con giuramento del popolo riunito in generale assemblea, compilato e scritto da maestro Stefano giudice e notaio perché ne conservi perenne memoria” (tratto da A. Franceschini “I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173”, Ferrariae Decus e Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria, Ferrara, 1969).
mostra_pietreTale iscrizione riporta con precisione la data in cui fu scolpita: 13 maggio 1173. E’ un vero e proprio contratto sociale scritto sulla pietra: sulla fascia marmorea addossata al fianco sud della Cattedrale di San Giorgio lungo piazza Trento e Trieste, oggi seminterrata (la quota originale della piazza era inferiore a quella attuale di oltre un metro) e ricoperta dalle “botteghe” porticate addossate allo stesso fianco della Cattedrale. Ancora al di sotto della epigrafe è collocato un sedile in pietra, usato dai fedeli in attesa di entrare in chiesa.
Questo prezioso e unico complesso epigrafico e architettonico si sviluppa per tutta la lunghezza della fiancata della Cattedrale, per circa 80 metri, saltando l’antica Porta dei Mesi per una altezza di 60-80 centimetri. E’ una straordinaria testimonianza da salvaguardare e valorizzare per la memoria delle origini della città. Lo storico cittadino A. Franceschini, partendo dalle notizie e dalle tracce scoperte da G. Baruffaldi nel 1696 e da G.M. Scalabrini attorno alla metà del 1700, nel 1968 concretizzò e diffuse la scoperta, durante i lavori di restauro di alcune botteghe, che raccontava una storia di Ferrara scolpita sul muro (La voce dalle Pietre). A. Franceschini in “Affidati ai marmi della Cattedrale i primi statuti comunali ferraresi” (Istituto Padano di arti grafiche, Ferrara 1969), si sofferma sui contenuti dell’epigrafe: veri e propri decreti che esprimono la volontà del popolo ferrarese (Consiglio dei Sapienti) di riconoscere benefici alla fabbrica della Cattedrale; di riconoscere al loro signore diritti giurisdizionali (che saranno poi ripresi con gli Statuti del 1287); di introdurre norme di diritto possessorio. Tali norme, derivanti più dal diritto romano che dal diritto longobardo, saranno poi precisate e ampliate negli statuti del Comune del 1287. Questi primi decreti, e i successivi del 1287, testimoniano come a Ferrara, così come nel sistema di quei primi “liberi comuni”, i nuovi ceti urbani attuarono, forse per la prima volta, i principi dell’autonomia di governo e di eguaglianza sociale. In questo periodo “la comunitas trionfò sul dominium” (L. Munford “La città nella storia”, Edizioni Comunità).
L’epigrafe è nel contempo testimonianza di come, dopo la caduta dell’Impero Romano, la Chiesa fosse la sola organizzazione universale capace di tenere assieme il popolo e di come anche l’autonomia ‘comunale’ di Ferrara avesse raggiunto importanti principi di socialità nell’autogovernarsi.
Come la costruzione delle mura segnò la nascita della forma fisica della città, passando dal disordine abitato della campagna all’ordine della città organizzata, cosi gli Statuti dettero vita per la prima volta a un insieme di principi regolatori.
Questo patrimonio deve essere salvaguardato, valorizzato e deve diventare nuovo interesse per gli studiosi, ma anche per i cittadini e per il turismo. Già alcuni negozi sotto i portici del Duomo hanno messo in evidenza al loro interno l’epigrafe, durante i lavori di rinnovo. Ma non possono restare episodi spontanei. Forse è necessario iniziare una fase di conoscenza completa della scritta (con il minor disturbo per i negozi interessati) con strumenti e tecnologie avanzate di lettura non distruttiva e fotografia, che potrebbe essere oggetto di apposita mostra e si potrebbe eventualmente proporre la riproduzione sulle vetrine di vetrofanie delle epigrafi retrostanti. Per poi intervenire con opportune norme edilizie che prevedano, in caso di interventi sui negozi, la messa in evidenza, la salvaguardia e il restauro dei frammenti.

Immenso Chagall

Dal 4 Marzo 2016 all’8 gennaio 2017, alle “Carrières de Lumières – una ex miniera della Provenza – verrà presentato un’eccezionale spettacolo multimediale dal titolo “Chagall, songes d’une nuit d’été“: i più grandi capolavori di Marc Chagall in una nuova luce, digitalizzati e proiettati sulle superfici monumentali della Carrières.

Dall’estrazione della bauxite agli spettacoli multimediali: era il 1935, quando le cave della Val d’Enfer destinate all’estrazione del minerale, a due passi da Les Baux de Provence, sono state chiuse. Un lungo restauro ha permesso alle “Carrières de Lumières” di riaprire al pubblico nel 2013 come palcoscenico di spettacoli suggestivi.

Le pareti di roccia sono state trasformate dal talento italiano del sociologo e del fotografo Gianfranco Iannuzzi, dell’artista Massimiliano Siccardi e dell’insegnante di teatro Renato Gatto. Iannuzzi già da anni realizza questi spettacoli di immagini e colori, che sono indirizzati sui 7.000 metri quadrati che corrispondono alla superficie di proiezione disponibile all’interno dell’ex cava e che letteralmente catturano lo sguardo a 360° grazie ai 14 metri di altezza della cava, accesi da un centinaio di videoproiettori.

Per fare ciò è stato sviluppato il sistema AMIEX® (Art Music Immersive Experience): diverse migliaia di immagini digitalizzate sono trasmesse via fibra ottica ad elevatissima risoluzione, muovendosi al ritmo della musica, diventando così delle note di colore in un brillante ed innovativo spartito musicale multimediale.

Nello show dalla durata di 40 minuti verranno proiettati i capolavori di questo straordinario pittore, tra cui “La Danse”, “Les amoureux” “Le violoniste bleu”, “Bella au col blanc” e il celeberrimo “La Branche”. Il tutto sarà accompagnato dalle musiche del pianista Mikhaïl Rudy che fu molto legato in vita all’artista francese.

Per saperne di più clicca qui.

E vissero tutti felici e contenti

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Massimo Gramellini

Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola. (Massimo Gramellini)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Quello tranquillo dei quattro

Il 25 febbraio 1943 nasceva George Harrison, chitarrista solista e cantante dei Beatles. Tra le venticinque canzoni da lui firmate per il quartetto di Liverpool ci fu anche I Me Mine, ufficialmente l’ultimo brano registrato dai Beatles prima del loro scioglimento e contenuto nell’album Let It Be del 1970.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

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