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Giorno: 26 Aprile 2016

A proposito della mostra Xilografie sulla Resistenza…

da: Alcide Mosso

A proposito della mostra “Xilografie sulla Resistenza”, inaugurata il 22 aprile nel salone d’onore del Palazzo Municipale, noto fra gli autori delle opere esposte il Prof. Ervardo Fioravanti, che fu militante del P.C.I. e a lungo Preside dell’Istituto d’Arte “Dosso Dossi”.
Credo che Fioravanti non sapesse molto della Resistenza, visto che fra il 1943 e il 1945 era negli Stati Uniti, come prigioniero di guerra.
Lo incontrò Gaetano Tumiati, che lo ricorda come sottocapomanipolo ( grado corrispondente al sottotenente del Regio Esercito) della Milizia nel suo libro “Prigionieri nel Texas”.
Prigioniero, dunque e per giunta “non collaboratore”: di quelli cioè che in Italia sarebbero finiti dritti a Coltano.
Fioravanti, nativo di Calto, collaborò al quotidiano “Il Polesine Fascista” negli anni 1938-1940. Poi combattè in Croazia contro i partigiani di Tito e infine a Pantelleria, dove fu catturato dagli Anglo-americani.
Tornato in Italia ebbe evidentemente un provvidenziale ripensamento, che certamente non lo danneggiò nella sua carriera di docente e di artista, visto che il mondo dell’arte era (ed è ancora) largamente egemonizzato dalla sinistra.
Evidentemente anche le vie di Damasco, come quelle del Signore, sono infinite…

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Gamification: dall’apprendimento all’addestramento

Forse la vita è proprio un sogno. Pare però che l’illusione di Calderon de la Barca oggi abbia ceduto il passo al virtuale, alla finzione del vero. Non si apprende più dalla vita, ma dalla sua mimesi, è come essere tornati nel profondo della caverna di Platone. Almeno è l’impressione che si ricava a seguire quanti sostengono l’importanza della gamification e dell’industria dell’e-learning.
“Gamification” ed “e-learning” sono termini entrati ormai da alcuni anni nel vocabolario dell’apprendimento. L’industria che ci sta dietro, secondo stime del 2015, vale circa 107 miliardi di dollari ed è in rapida ascesa sul mercato.
Imparare giocando è un vecchio cavallo di battaglia della pedagogia infantile, ma ora è il cavallo vincente della formazione per imprese, servizi, manager, università, scuole. C’è pure un sito specializzato in “learning industry”, decisamente utile a raccogliere informazioni riguardo allo stato attuale della gamification sul mercato del mondo del lavoro e, nello specifico, dell’e-learning.
Siamo un popolo di ‘gamer’: i dati confermano che almeno il 75% della popolazione occidentale lo è. E approfittarne costituisce un notevole vantaggio rispetto ai tradizionali strumenti della formazione, perché, sempre secondo gli esiti delle ricerche nel campo, una qualunque azienda può arrivare a risparmiare fino al 70% del budget dedicato alla formazione.
Non dovrebbe sorprendere nessuno scoprire che il gioco è una chiave vincente per l’apprendimento, almeno per la sua forza di coinvolgimento. La validità della ricetta della gamification è scientificamente provata: stimola il piacere di apprendere, favorisce la concentrazione, la motivazione e la memoria. I giochi tendono ad aumentare il desiderio naturale alla competizione con sé e con gli altri, al raggiungimento degli obiettivi, promuovono l’interattività, hanno regole e un risultato quantificabile, forniscono feedback in tempo reale. Si impara sempre meglio quando l’esperienza è divertente. Con l’aggiunta che i giochi aiutano in modo significativo quanti hanno difficoltà di attenzione e di apprendimento nell’ambiente scolastico normale.

Tuttavia, a fronte dello sviluppo e della diffusione dell’apprendimento gamificato, non mancano elementi su cui riflettere molto attentamente, non senza disagio e preoccupazione.
Intanto perché i dati a disposizione parlano di efficacia di queste piattaforme, con una buona dose di efficientismo aziendale, ma non ci dicono nulla sulla qualità e la natura degli apprendimenti.
Gabe Zichermann e Joselin Linder, canadesi, autori di “How Gamification Reshapes Learning”, hanno analizzato un gran numero di piattaforme gamificate, individuando le caratteristiche che ne farebbero una “metodologia” di successo.
Sostanzialmente, le strategie e il rinforzo dei comportamenti che vengono messi in campo sembrano prevalere rispetto all’apprendimento stesso. Le piattaforme sono vincenti perché nella gamification ciò che conta per l’utente è il procedere per livelli, l’assegnazione di un punteggio, il “gifting”, cioè la moneta virtuale grazie alla quale poter effettuare acquisti di beni particolari correlati all’esperienza di gioco, l’uso di avatar come rappresentazione virtuale di sé.
Ci si inoltra, dunque, lungo un terreno dove l’apprendimento pare snaturarsi, sempre più lontano dallo studio e sempre più vicino all’addestramento. Dietro al richiamo accattivante del gioco si nasconde il vero obiettivo, che non è la cultura e la ricerca, l’imparare ad apprendere, ma addestrare più facilmente le persone sulla base di obiettivi che sono determinati altrove.
Certamente il gioco è una cosa seria e ha una sua cultura. Ma attenzione, altra cosa sono la sua strumentalizzazione e la sua manipolazione. Non è questo che ci attendiamo dall’impiego delle teorie sullo sviluppo dell’intelligenza. Tutto ciò che facciamo con soddisfazione, anche se faticoso, è sempre più duraturo e gratificante di qualsiasi gioco. Il sapere, la conoscenza, l’apprendimento permanente devono servire all’uomo, ai suoi progetti, ad affrontare le sfide della vita, non ad essere un servo addestrato che si illude di essere libero in un mondo virtuale che adultera sempre più la realtà. Il ricorso al gioco, almeno come è proposto dall’industria dell’e-learning, puzza tanto di condizionamento alla Pavlov, di stimolo-risposta. Fornisce all’utente l’illusione di essere un protagonista attivo dell’interazione, quando invece non fa che accrescerne la passiva subalternità alle dinamiche della piattaforma. Più che un’attenta ricerca pedagogica volta a rivoluzionare ambienti e modi dell’apprendimento, pare celare l’interesse ad ottenere risultati funzionali al mercato del lavoro con il minimo costo. Assomiglia tanto ad una replica nel mondo dell’apprendimento dell’economia di carta che punta ad ottenere profitti rapidi senza i rischi e i costi di impresa.

Stiamo costruendo un futuro in cui non ci sarà più lavoro per tutti, lavorare sarà una fortuna, un privilegio per pochi eletti. Così anche lo studio. Non sarà più per tutti. Studiare tornerà ad essere qualcosa di riservato ai pochi. Per tutti gli altri sarà sufficiente un buon addestramento via internet. In compenso la gamification assicurerà a tutti una vita, se non felice, almeno ludica.

La Russia post-sovietica in mostra

P1110351“Post-Soviet Russia 1995-2015” è una piccola mostra fotografica che presenta la Russia dei primi anni Novanta e quella successiva, 20 anni dopo, del 2015. Diverse, ma spesso anche uguali. Sono le due serie accurate e delicate di fotografie in bianco e nero, spesso sfumate o con qualità granulosa, scattate in quel periodo dal brasiliano Mauro Restiffe, classe 1970, in mostra fino al 26 giugno al Museo di Arte Contemporanea Garage di Mosca, immerso nel Gorky Park che inizia a presentare le prime gemme di una primavera che si fa attendere.
Restiffe è noto al pubblico per un utilizzo del bianco e nero che permetta una maggiore distanza dal reale pur rimanendo in un’estetica tipo documentario. Le sue opere danno l’impressione di trovarsi in una dimensione atemporale, ma ricompongono spesso “paesaggi psicologici” in cui oggetti e figure umane interagiscono con lo spazio. Gli scatti del Garage non fanno eccezione.
Presi a Mosca e San Pietroburgo, essi rivelano l’evoluzione nel tempo dell’architettura e dei paesaggi, in un’attenta analisi dell’interrelazione fra spazi architettonici e ambiente urbano. L’attenzione si focalizza su interni, edifici e scene di vita quotidiana, catturando le due città nel loro processo evolutivo, sempre in corso. Anche se cambiano in continuazione, esse possono essere considerate come capsule del tempo. Qualcosa resta eterno, fermo, qualcosa che non cambia e che si mantiene come sotto-strato storico e culturale imprescindibile da ogni cambiamento, che sopravvive. La serie esposta rivela una percezione estremamente personale e intima dei luoghi e delle persone e dimostra come ogni persona si possa relazionare diversamente con la storia e l’evoluzione di una città.

P1110354Bellissima la fotografia di una statua di Lenin che pensa, della serie “fantasmi”, o quelle della serie “viste da una stanza”, che immergono nella realtà di allora e di ora.
Nostalgia e nostalgici a parte, le immagini sono evocative e coinvolgenti e permettono a ognuno di vedere uno spazio e un tempo che siano anche suoi. Con distanza, ma anche con una vicinanza che solo i grandi artisti sanno creare. Evocando non solo la storia locale (“cosa è accaduto qui”) ma, soprattutto, la condizione universale della memoria. Quella che vale per tutti.

Curatore della Mostra: Snejana Krasteva, in collaborazione con l’architetto Martin Corullon della Metro Arquiteto Associados.

Sito del Museo: www.garagemca.org.

Tempo di gite scolastiche a Ferrara

La nostra città si presta particolarmente bene come mèta di gite scolastiche: centro storico ricco di arte e cultura; piazze, chiese e palazzi meravigliosi e, cosa non meno importante, praticamente tutto il visitabile si trova in zona pedonale.

Nelle pagine internet dell’Associazione guide turistiche di Ferrara e provincia, vengono offerti una trentina di percorsi [vedi], tutti molto interessanti e distinti per tipologia: si parte dalla Ferrara rinascimentale fino ad arrivare alla città bassaniana, dalla Ferrara “furiosa” dell’Ariosto a quella del ghetto ebraico e del cimitero degli ebrei (tappa inclusa quest’ultima nel giro delle Mura in bicicletta), dalla Ferrara monastica con la visita ai chiostri a quella delle architetture di Biagio Rossetti, ecc.

Forse anche ai nostri ragazzi farebbe bene una gita scolastica a Ferrara!

In foto: ragazzi in gita scolastica in Piazza Trento Trieste a Ferrara

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

Era nucleare

26 aprile 1986: durante un test di sicurezza, alle ore 1:23:44 (ora locale) nella centrale nucleare V.I. Lenin vicino Černobyl’ il reattore numero 4 esplode.
Non si è trattato di esplosioni di tipo nucleare, ma di una liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione che ha fatto saltare in aria il pesante disco di copertura, oltre 1000 tonnellate, che chiudeva il cilindro ermetico contenente il nocciolo del reattore. All’esplosione del contenitore è seguito il violento incendio della grafite contenuta nel nocciolo, che in alcune ore ha disperso nell’atmosfera una enorme quantità di isotopi radioattivi, i prodotti di reazione fossili contenuti all’interno. Una nuvola di materiale radioattivo è fuoriuscita dal reattore ricadendo su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone.
Il disastro di Černobyl’ è stato il primo incidente nucleare a essere stato classificato come livello 7, il massimo livello della scala INES degli incidenti nucleari.
Le sue conseguenze sociali e sanitarie sull’ambiente e sulle persone sono ancora oggi difficilmente stimabili.

Hubert_Reeves
Hubert Reeves

L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando. (Hubert Reeves)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Poeta, storico, libero pensatore

Oggi, 26 aprile, celebriamo un italiano che ci ha resi grandi nel mondo.
Informatico, cervello-in-fuga-prima-di-te, docente universitario, pioniere di internet ma soprattutto “poeta, storico, libero pensatore”.
Signor* e signor*, un applauso per PIERO SCARUFFI.
Ma chi è Piero Scaruffi?
I più attenti potranno rispondere così: un Dervis Fontecedro che ci viene addosso da una dimensione parallela.

Brano: “The Parable Of Arable Land” dei The Red Krayola
Brano: “The Parable Of Arable Land” dei The Red Krayola

Nato il 26 aprile 1955 in provincia di Vercelli, ben presto il nostro Piero si laurea in matematica – ammazzarli tutti da piccoli, dio santo – e nel 1983 è già a Cupertino, California, a lavorare per il “Centro Intelligenza Artificiale” Olivetti.
Ed è proprio nel 1983 che inizia a materializzarsi Piero Scaruffi come lo conosciamo, anzi, pieroscaruffi.com.e.lo.conosciamo.
Perchè proprio in quel 1983, ARPANET sta diventando Internet e il nostro uomo si fa trovare preparato: inizia a mandare recensioni musicali ovunque.
Ma on il pionieristico neo-internet dell’epoca però le possono leggere solo una quindicina di persone.
Mi vedrò costretto a parafrasare quella celebre sentenza di Brian Eno sulla banana dei Velvet Undergroud: solo 15 persone ma ognuno di quei 15 è diventato un lettore di Blow Up.
Nel giro di qualche anno, però, il suo malloppone è già quasi totalmente online.
E nel 1989 esce in Italia il primo volume della sua famigerata “Storia della Musica Rock”, primo di sei mattoni pubblicati da Arcana.
Nel 2003 verrà pubblicata anche in America ma la cosa che interessa a noi è un’altra: scaruffi.com
Scaruffi.com è uno dei siti più longevi della storia di internet.
Online dal 1998, raccoglie schede e recensioni di musica rock, pop, jazz, classica, cinema, letteratura, arti figurative ma anche filosofia, politica, scienze varie, storia e alé, pure viaggi.
Il sito è online dal 1998 e si vede perchè è meravigliosamente vintage.
Dev’essere anche uno dei primi cinque siti che ho consultato appena ho avuto internet.
E andando avanti con gli anni ho scoperto che non ero solo.
Non penso sia possibile quantificare il numero di persone che hanno imparato a memoria voti, espressioni tipiche e schede di Piero Scaruffi.
Perchè robe come “ritmo panzer cingolato”, “caos stordente di poliritmi brutali”, “orge cacofoniche alla Chrome” e “baccanale orgiastico” non te le dimentichi e fanno sempre ridere.

Ma anche se a prima vista il nostro amico può sembrare simpatico è riuscito comunque farsi dei nemici.
Ed è riuscito a farsi dei nemici perchè è un matematico nerdone/secchione maledetto ossessionato dai numeri e dalle classifiche.
La cifra stilistica di Scaruffi infatti è inequivocabile: quantifichiamo e stronchiamo tutto ciò che è pop.
Sul suo sito c’è persino la classifica dei musicisti più sopravvalutati.
Che ovviamente sono Elvis, i Beatles, Bowie, Prince e gli U2.
A questo punto uno si aspetterebbe anche una sistematica demolizione di uno come Springsteen.
Ma strananamente, Springsteen gli piace.
Cose come questa – soprattutto la sua scandalosa scheda sui Beatles – sono i motivi per cui sogno di intervistare Scaruffi.
Probabilmente alla quarta domanda gli avrò già mollato il primo pugno ma almeno tre domande gliele avrò fatte.
Sono pazzo?
Non credo proprio.
Cercate pure “Beatles” nel grande database scaruffi.com e divertitevi.
Per oggi invece saltiamo in groppa a uno dei grandi cavalli di battaglia del buon Piero, i Red Krayola dal Texas.
Il pezzo è “The Parable Of Arable Land” da “The Parable Of Arable Land” del 1967, album che si piazza al n° 12 della personale classifica dei migliori album di sempre di Scaruffi.
Il Vate in persona la descrive così:
“forse il massimo assolo rumoristico della storia della musica, in cui clangori di latte e stridori di seghe fungono da ouverture per un altro baccanale di sfinente danza totale, raccontano davvero la parabola di una landa fertile e sconfinata, ma tuttora inesplorata.”
Come sempre la prosa non è fiorita, è primaverile.
Una serra, praticamente.

Mentre scrivo la sto ascoltando a tutto volume con le cuffie, la gatta se n’è accorta e sta sbroccando e mia madre mi chiede se è il computer a fare ‘sto rumore che “sembra un cane”.
Che dire?
Hanno ragione tutti e tre.
Complimenti ai Red Krayola per averci regalato questo momento che mette d’accordo tutti, animali e/o persone.
E auguroni a Piero Scaruffi.
Un tempo si pensava che quest’uomo fosse il male ma in questi ultimi anni abbiamo avuto la certezza che il male si annida altrove.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

 

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano.

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