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Giorno: 9 Maggio 2016

EVENTUALMENTE
L’orlando di Maria Paola Forlani in mostra a Migliarino

di Anna Coen

Migliarino (Ferrara) ricorda Ludovico Ariosto non solo “per fare memoria dei 500 anni della prima edizione dell’Orlando Furioso”, ma soprattutto perché il grande poeta è stato cittadino di quelle terre. Più precisamente, come ricorda la bella targa posta alla Pieve di Fiscaglia di Migliarino, “Ludovico Ariosto deposto l’Ippoogrifo alato con rusticana saggezza resse in temporalibus questa storica Pieve di Fiscaglia (1511-15) trasmettendola poi a membri di Sua casa”. E la storia vuole che fra i membri di casa sua (di sangue suo) figurasse anche un figlio concepito con una signora del luogo. Ariosto fu enfiteuta ed ebbe quindi il beneficio economico del terreno annesso all’antica chiesa pievana, di proprietà della diocesi di Cervia, operazione favorita dal cardinale Ippolito d’Este.

Le celebrazioni si sono aperte sabato con la mostra di Maria Paola Forlani “L’Orlando Furioso a Migliarino” (visitabile fino al 21 maggio 2016): una riproposizione dell’esposizione alle Gallerie d’Arte Moderna di Palazzo dei Diamanti del 1974, che vedeva una giovanissima artista appena uscita dall’Accademia di Belle Arti di Bologna presentare un Orlando Furioso che si dispiegava nelle ampie sale delle gallerie ferraresi in una sequenza di arazzi “fabulistici” realizzati con una grafica magistrale.
In un percorso che ricorda la sua attività di pittrice di scena nel film “I Cavalieri che fecero l’impresa” di Pupi Avati, l’esposizione presenta un suggestivo paravento-scenografico che esalta i tre poeti ferraresi: Boiardo, Ariosto e Tasso. Le ultime opere di Maria Paola hanno abbandonato le sue calme evocazioni medievali o quelle miniaturistiche, che facevano parte del suo vissuto, per dar posto solo al colore, che assume un significato aggressivo, d’origine quasi fauve. Il colore diventa segno, espressione, vive in un ambiente naturale sconvolto da un immane cataclisma, di battaglie, di duelli e passioni e che distorce le bordature laterali dello spazio, piega i cieli e la natura circostante. Non è una forzatura. Annullare le leggi fisiche della forza di gravità, annullare gli equilibri di verticali e orizzontali è uno strumento tipicamente della libertà dell’artista per far sentire che le leggi matematiche eterne vivono soltanto al di fuori dell’uomo.
Nel Duello tra “Rodomonte e Acheronte” il colore diventa azione, istintivo più che casuale e crea impulsi profondi nella definizione dello spazio. In quest’opera vediamo almeno due tipi di macchie colorate: velature espanse e trasparenti che introducono nella superficie della tela un senso di profondità di sfumature fluttuanti e vagamente stratificate per il colore che si fa materia.

E due e tre volte ne l’orribil fronte,
alzando, più ch’alzar si possa, il braccio,
il ferro del pugnale a Rodomonte
tutto nascose, e si levò d’impaccio.
Alle squallide ripe d’Acheronte,
sciolta dal corpo più freddo che ghiaccio,
bestemmiando fuggì l’alma sdegnosa,
che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa.

(XLVI, 101 – 140)

Alcune opere di Maria Paola Forlani. Clicca sull’immagine per ingrandire.

Angelica
Atlante
Bradamante
Logistilla
Marfisa
Morgana
Ruggero
Duello

Ogni giardino ha il suo genius loci

image

Un giardino è un luogo dove ritrovare se’ stessi, uno spazio dove perdere i propri pensieri e ritornare a respirare un’aria che ogni giorno pare sempre più rarefatta, pesante e soffocante.
Un luogo appunto. Un mondo a se’, importante e salvifico, soprattutto in un’epoca, come quella moderna, dove ormai siamo circondati dai “non luoghi”, quegli spazi immensi e umanamente vuoti come i rumorosi centri commerciali, le anonime zone residenziali o i brulicanti aeroporti che ci rendono tutti uguali, omogenei, omologati, fatti per essere e trasformarci unicamente in un consumatore di spazio e di cose. Uguali, tutti uguali, allineati e obbedienti. Ecco allora cosa ci spinge a fare giardini. La voglia di trovarci in un vero luogo, la percezione che quando entriamo in uno di essi accada qualcosa di speciale proprio in quell’istante, la sensazione che si stia entrando in un mondo con leggi diverse da quelle ordinarie. Un luogo chiuso con le sue regole. La stessa etimologia della parola “giardino” ricorda questo status: il germanico gart, il latino hortus, il persiano pairi-daeza (che i greci tradussero con paradeisos). E mentre questo luogo si chiude su se’ stesso, escludendo il territorio circostante, esso compie anche l’opposto, accogliendo nel suo seno lo spazio esterno, se non tutta la Terra. Sa anche di sacro, basti pensare agli antichi Romani, secondo i quali ogni angolo della terra era abitato da una divinità minore, un genius loci, con il quale bisognava dialogare e capirsi quando ci si insediava in un luogo da esso pre-abitato. Forse quelle sono le voci e i sussurri che sentiamo quando varchiamo la soglia di un giardino, rivelazioni improvvise di passati e storie che ci portano lontano. Forse quella la sensazione di abitare un luogo senza tempo, di ritrovare un ordine profondo che va aldilà della nostra comprensione, di sfiorare una storia accumulata in un angolino di terra, suoni e odori che stanno lì in attesa di parlarci. Veri luoghi che rapiscono e che sottraggono al quotidiano, almeno per un po’. D’altra parte, in questo caos contemporaneo, “un luogo sembra poter esistere solo ai margini della modernità, nell’elenco tante periferie del mondo, là dove l’oblio e l’incuria degli uomini gli hanno permesso di sopravvivere, dove crescono felicemente il muschio e le felci. Al punto che è lecito chiedersi se un luogo non sia altro, nel paesaggio contemporaneo, che il frutto di un caso, se la condizione della sua esistenza non sia l’abbandono”. Solo questi posti ci sottraggono al tempo ordinario e agli spazi neutri della vita contemporanea. Meglio trovarvici rifugio ogni tanto, allora, sedersi li’ e ascoltare. Torniamo al giardino, seguiamo gli echi dei geni che lo abitano, sentiamoci nomadi senza passato o avvenire, come le piante libere e rigogliose, abitiamo poeticamente questa terra. In un oltre-tempo che culla cuore e mente.

imageMarco Martella, Tornare al giardino, Ponte alle Grazie, 2016, 59 p.

DIARIO IN PUBBLICO
Una settimana di normale follia

Impazzano le ‘zeta’ sibilanti elargite con enorme diponibilità dalle ragazze ferraresi. In piazza fiori e cibo vegano. I luoghi della cultura intasati da Ariosto e Bassani. In Cattedrale con passo solenne sfilano le contrade e i duchi e la corte, mentre il vescovo benedice i palii.
La Storia, la cronaca, il passato, si fondono con il tributo totale, immenso, senza limiti, che saluta l’arrivo della Spal in serie B. I giocatori intervistati dalle tv locali esibiscono strepitose pettinature, brandelli di tattoo e polsi invasi da decine di bracciali e fermagli da polso. I giornali dedicano la metà esatta delle pagine locali allo sport, un terzo alle sagre, il resto alla cronaca dove si dà stancamente conto della protesta degli azzerati delle quattro banche italiane.
Gramellini nella trasmissione di Fazio illustra una statistica che vorrebbe far luce su ciò che accomuna i diversi protagonisti del populismo mondiale. Da Trump a Grillo sembra che il denominatore comune vada ritrovato nella cura ossessiva e precisa della propria capigliatura. Sospiro di sollievo: per ragioni oggettive non potrò mai essere populista!

Ferrara sembrerebbe una città felice, anche se c’è l’uomo in nero che rapina giovani e anziane signore nel centro storico, anche se le proteste contro Carife portano a imbrattare i portoni della Fondazione con uova e altri commestibili. Prova irrefutabile di una volontà di colpevolezza che non sa indirizzare la protesta nei luoghi giusti. Il quartiere Gad è sempre più a rischio, ma ci sono le sagre!! Cibus e gli altri eventi mangerecci, che hanno reso l’Italia un unico, immenso ristorante. Vuoi mettere andare (e ne porto la colpevolezza/innocenza) a disquisire su Piero della Francesca a Forlì senza prima assaggiare le gourmandises in una trattoria tipica del luogo? E per fortuna che alla fine della mostra ‘intrigante’ ci aspetta l’Ebe canoviana che versa vino dalla sua ampolla dorata.
Dopo le pecore brucanti nel sottomura tiene il pezzo l’avventura del musicista da strada che suona il pianoforte nella centralissima Piazza Trento e Trieste, invitato ad andarsene dai vigili in quanto non ha pagato la tassa sull’occupazione di suolo pubblico. A furor di popolo verrebbe riammesso se non si scoprisse che la stessa dimenticanza era avvenuta in altre città tra il Veneto e l’Emilia.
Importantissime questioni che fanno dimenticare il conflitto tra magistratura e governo, mentre cadono e si dimettono per illeciti commessi amministratori e sindaci del Pd tra il tripudio e lo sdegno dei 5stelle che – mirabile dictu!!! – oggi vedono indagato il loro sindaco di Livorno.
Salvini si frega le mani mentre pochi imbecilli strappano il suo libro a Bologna, portandolo in tal modo alle vette delle classifiche delle vendite. Così come altri individui sfigati fanno proteste sbagliate al Brennero, deludendo con un comportamento goffo e privo di senso l’indignazione contro la politica austriaca del rifiuto dei migranti.
Ma che straodinaria ‘Itaglia’!
Sembra quasi che una vena di ordinaria follia percorra le strade della nostra città. Come del Paese. Come dell’Europa. E poi è davvero possibile che gli Usa, patria indiscussa delle libertà democratiche, possano spingersi fino a far raggiungere il ruolo di primo candidato del Partito Repubblicano a Donald Trump? E’ possibile che in Turchia un dittatore come Erdogan venga a patti con l’Europa? Mentre chi osa opporsi viene preso a pistolettate fuori da quel tribunale che gli sta comminando cinque anni di carcere tra l’impassibile indifferenza del dittatore? E’ possibile che Aleppo paghi con il martirio della città l’ambigua politica di Putin?

E per ritornare al mio campo, quello per cui lavoro e mi affanno: è possibile che dello straordinario spettacolo dell’Orlando Furioso, messo in scena da Ronconi sul ‘travestimento’ del poema operato da Edoardo Sanguineti, non resti più traccia consultabile? Sparite le due copie del testo, una perduta da Sanguineti e l’altra scomposta per assegnare le parti agli attori da Ronconi; rimane l’unico testimone: la copia consegnata alla Siae che però, come ha ben dimostrato Claudio Longhi, manca delle scene finali dettate agli attori da Ronconi stesso.
Della ricostruzione del testo, curato in modo impeccabile da Longhi, parlai assieme a Ezio Raimondi al Ridotto del Teatro Comunale. Ho perduto gli appunti e non ne resta traccia.
Chiedo a chi c’era nel lontano 1969 se qualcuno ha scattato qualche foto dell’evento in Piazzetta Municipale. I risultati per ora non danno frutto ed è per questo che chiedo in questa puntata del mio “Diario in pubblico” se chi mi legge per caso o destino possa confortarmi con qualche testimonianza.
Sembra enorme il divario tra ciò che la Storia ci infligge e questa particolare e curiosa situazione.
Ma un filo lega storia e cronaca. La mancanza della memoria che ormai impedisce attraverso il ricordo di procurarci quella giusta dimensione che permette di interrogare il passato non per affermarci nel presente, ma per poter costruire le fondamenta di un futuro sempre più pericolosamente schiacciato sulla dimensione dell’oggi, dell’ ‘eterno presente’.
Il passato si fa sempre più vivido allorché ci si allontana nel tempo. E la mente ricorda la perfetta e perturbante situazione di chi, allora giovane studioso, si faceva irretire dal labirinto della messa in scena ronconiana e si spaventava del rumor delle macchine e dei carrelli degli enormi cavalli che sembrava t’investissero o dell’iterazione ossessiva delle rime sanguinetiane, mentre Olimpia con la voce roca di Mariangela Melato urlava la sua disperazione alle prese con l’Orca e una ragazzina Angelica-Ottavia Piccolo seduceva il suo Medoro.
Ora il ricordo dalla mente si trasferirà nel saggio da mandare alla mostra che verrà allestita a Villa d’Este a Tivoli per cui si cercano referenze, appoggi, conferme. Ma sembra che per incantamento il mago Atlante abbia fatto sparire ogni traccia delle armi e degli amori.
Sarà così anche di questo tempo infelice che fa sparire il ricordo perché non c’è tempo di ricordare nel perenne inseguimento di un futuro che diventa inesorabilmente attualità?

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Il territorio e le sue “fragilità”

Questa è la prima di una serie di fotografie del nostro territorio che l’Associazione KoraKoinè* [leggi] ha scelto per condividere luoghi e paesaggi che ci circondano, che fanno parte della nostra vita quotidiana ma che, proprio per questo, troppo spesso non ci soffermiamo a guardare. Il filo conduttore nello scegliere gli scatti è stato quello della ‘fragilità’: sguardi e punti di vista che parlano della città, del paesaggio agricolo e di quello naturale, dell’acqua e delle opere costruite per governarla. In definitiva fotografie di un territorio che non ha bisogno soltanto di ‘politiche di governo’ ma anche della nostra sensibilità, della nostra attenzione, della nostra cura, perché in troppe situazioni è stato già pesantemente compromesso.

Il paesaggio va riconosciuto come contesto di vita delle popolazioni, come espressione della diversità di un comune patrimonio di storia, di cultura, di ambiente e dunque come riferimento identitario fondamentale” (Convenzione europea del paesaggio)

Foto di Stefania Ricci Frabattista

Desideriamo ringraziare FerraraItalia che ci ha offerto questa opportunità; Stefania Ricci Frabattista, Mario Bettiato e Corinna Mezzetti che ci hanno gentilmente concesso di pubblicare le loro fotografie.

logo-korakoinè

*KoraKoinè è un’Associazione di promozione sociale e culturale nata a Ferrara nel 2014. Tra le finalità, quella di promuovere iniziative volte alla sensibilizzazione e diffusione della cultura del territorio, in accordo con l’art.9 della Costituzione italiana, che tra i principi fondamentali riconosce la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio della nazione.

Clicca qui per visitare la pagina Facebook dell’associazione

 

Buon compleanno Europa

9 maggio: Festa dell’Europa. La data è stata scelta perché è l’anniversario della dichiarazione di Schuman del 1950 a Parigi. In quell’occasione l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman ha esposto la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l’Europa, che avrebbe reso impensabile una guerra tra le nazioni europee. Il trattato che dava vita alla Ceca, la comunità europea del carbone e dell’acciaio, è stato firmato appena un anno dopo. La proposta di Schuman è considerata l’atto di nascita dell’Unione europea.
Per l’occasione la sede dell’Istituto Bachelet di Ferrara (via Ruggero Bovelli 7), ospiterà “Young Europe – l’Europa per i Giovani”. L’appuntamento è organizzato dal Comune di Ferrara – attraverso Antenna Europa Direct attiva all’Ufficio Relazioni Internazionali/Progettazione Europea – in collaborazione con l’Istituto: si parlerà di che cos’è il servizio volontario europeo e studenti del Bachelet e del Carducci potranno condividere con i coetanei e il resto del pubblico le loro esperienze concrete nella costruzione e partecipazione in progetti europei.

Leggi il programma dell’iniziativa ferrarese
Leggi il programma delle attività in Europa

gustavo_zagrebelsky
Gustavo Zagrebelsky

Se mai l’Europa si darà una vera costituzione, sarà quando avrà intrapreso una profonda riflessione su sé medesima, ancora una volta a confronto con l’America. Questa volta per rispondere alla domanda: chi davvero noi siamo, che cosa davvero ci distingue, sempre che si voglia essere qualcuno e qualcosa, e non una semplice propaggine. Il Tocqueville di cui oggi avremmo bisogno sarebbe quello che fosse capace di renderci consapevoli, nelle differenze, della nostra identità. (Gustavo Zagrebelsky)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Héroes e silencio: un uomo, una cerveza

È un’epoca in cui gli eroi sono più preziosi del petrolio perché stanno scomparendo.
Ma oggi, finalmente, ecco una bellissima notizia.
Riapriamo la rubrica “Hero Of The Day”™ (mi scusi sig. Hetfield) e facciamo spazio a questo ignoto eroe del giorno.

Brano: “No More Heroes” dei The Stranglers
Brano: “No More Heroes” dei The Stranglers

Un eroe del giorno che l’ha fatta davvero grossa e si merita un posto di rilievo nell’apposita Hall Of Fame che accoglie “molestatori volanti” di un certo calibro.
Gente come James Douglas Morrison e Peter Lawrence Buck.
L’ignoto eroe del giorno ha infatti piantato un gran casino su un volo Ryanair diretto a Santiago de Compostiera.
Una performance davvero degna del Re Lucertola perché il nostro ignoto eroe, in aereo e in volo se n’è uscito in questo modo: “Ho una bomba, atterriamo o mi faccio esplodere”.
Ovviamente, in aereo, se la saranno fatta sotto in tanti.
E ovviamente l’aereo è atterrato alla prima occasione.
Potremmo dire che quest’ignoto eroe è solo un pazzo scatenato.
Ma in fondo tutti gli eroi sono dei pazzi scatenati.
E il nostro eroe ignoto non è proprio da meno perché, interrogato sulle motivazioni che l’hanno spinto a fare una cosa del genere ha risposto schietto e sincero: “E’ che non ce la faccio più, voglio una birra”.
Purtroppo, quella birra poi non l’ha avuta.
Via con un grande pezzo su questa stirpe a rischio estinzione.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

 

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano.

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