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Giorno: 13 Febbraio 2017

Rassegna Asian Extreme: seconda serata

Da Biblioteca Vigor

Domani sera 14 febbraio alle ore 21 seconda serata della rassegna curata dall’associazione Feedback:

Analisi di un capolavoro: Le farfalle non hanno memoria di Lav Diaz

L’ingresso nella saletta Vigor di via Previati, 18 è riservato agli iscritti dell’associazione e a quanti vorranno iscriversi direttamente nel corso della serata.

per maggiori informazioni:

https://www.facebook.com/VideoBibliotecaVigor/notifications/?section=activity_feed&subsection=checkin&target_story=S%3A_I1814651255450140%3A1830366973878568

Il “riformatore” Lutero

Da Salvina Bassi

A proposito della presunta modernità di Martin Lutero, vorrei ricordare, in vista del prossimo 8 marzo, ciò che il “riformatore” tedesco ebbe il coraggio di scrivere circa gli obblighi delle donne sposate in tema di sessualità : « Se la moglie trascura il suo dovere, l’autorità temporale ve la deve costringere, oppure metterla a morte».
Prima voleva mettere a morte gli Ebrei, poi le mogli che a letto non compivano il loro “dovere”… Era proprio un grande riformatore!

L’INTERVENTO
Tagliani: “Investire sulla creatività dei nostri giovani”

Da ufficio comunicazione

In questo frangente, ove la speranza è rimasta solo a denominare sulle carte il capo a sud dell’africa, mi sono fatto convinto che ai menagrami  capaci di demolire con arguzia e tempismo ogni ipotesi costruttiva e di alzare spallucce di commiserazione e sufficienza di fronte a qualsivoglia progetto che non li veda committenti, d ancor meglio protagonisti nella esecuzione,  occorrerebbe imporre, per ogni badilata impegnata a seppellire l’dea altrui,  un’opera forzata di bene: una semina, un innesto, un concreto contributo che illumini sul cosa si vuole e  sul come fare diversamente,  per restituire bellezza e senso a questa nostra comunità.
Non mi accingo certo a questa riflessione spinto dalle quotidiane beghe di bottega, quanto piuttosto  ancora oggi tormentato dalle  vicende locali nelle quali giovanissimi protagonisti hanno toccato l’abisso del matricidio e del parricidio.
Lascio ai genitori come me, alle nostre famiglie  il compito di guardarsi dentro ed osservare i ragazzi, gli adolescenti soprattutto, per insinuarsi fra un “like” ed una risposta assente davanti all’ipad, con uno sguardo od una parola che ci dica “nuovamente connessi”. 
Mi preoccupo invece di rifletter sul modello di sviluppo in queste nostre terre collocate in un angolo di pianura lontana dai fari della via Emilia e dei viali Ceccarini della Romagna, dove i ragazzi, come sempre i più sensibili,  non a torto, si sentono “ ai margini” della crescita economica, ai margini della cultura, in una parola ai margini della vita;  così dinamicamente irresistibile vista sul web dopo una serata al bar del paese.
Per anni noi amministratori abbiamo ritenuto che il nostro dovere fosse quello di portare a Ferrara risorse economiche:  tradotte in strade, ponti, ciclabili, parchi, sagomature di canali, contributi alle aziende e questo era vero e giusto: si è trasformato in lavoro, in sicurezza idraulica, in agricoltura avanzata,  serve ancora, ma oggi non basta più.
Non basta lavorare sull’hardware della nostra comunità ossia le infrastrutture, la sfida nel mondo è nel  software ossia sulla conoscenza : è qui che si vince la competizione per “abitare in centro”.
E’ successo nel mondo dei computer dove sono i produttori di  sistemi operativi ad aver vinto sui produttori di processori e così anche qui saranno le persone, le loro menti, le loro capacità di relazione e di analisi a vincere le distanze ma anche la sfida delle nuove occupazioni .
Non tanto diversa dovette essere la ragione del successo per l’abazia di Pomposa  attorno al mille, così come oggi lo è per le software house indiane, fino a ieri  in polverose e sudice periferie oggi leaders nella competizione globale.
Per questa ragione la candidatura di Comacchio come capitale italiana della cultura, banalmente letta da alcuni come velleitario tentativo di utilizzo strumentale della cultura per la promozione turistica del territorio, è invece, per quanto mi riguarda, un segno importante e lungimirante di guardare oltre.
Certo anche qui hanno giocato e giocano un ruolo  fondi europei, risorse regionali per il restauro di edifici e capanni, ma a nulla servirebbe tutto questo se la cultura, che ti permette di conoscere la storia , la conformazione del tuo territorio, le straordinarie risorse della natura, ma anche i linguaggi per comunicare questa ricchezza, lingue straniere e linguaggi della tecnologia, non divenisse la vera protagonista del progetto.
Lo stesso ragionamento appena accennato su Comacchio  vale per tutto il nostro territorio, i giovani rischiano di rimanere distaccati osservatori della costruzione di nuove arterie di comunicazione,  siano d’asfalto o d’acqua, assai più urgenti quelle telematiche, se in quei contesti non saremo capaci di innestare progetti di sviluppo che sviluppino conoscenza, investano sulle persone, sulle loro idee, la loro fantasia, l’amore per la loro comunità.
Per questo, siccome siamo all’interno di una  programmazione europea e nazionale che tra fondi strutturali e diretti alle “aree interne” ci beneficerà di risorse rilevanti, dobbiamo investire sul nostro software che è l’intelligenza e la creatività dei nostri giovani, sulle scuole, sulla loro formazione, sui sistemi di “connessione”  a distanza fra le persone con i migliori linguaggi di oggi, magari chiedendo ai grandi operatori come Oracle o IBM di collocare a Ferrara scuole di alta formazione.
Se, su altro profilo, alla presidenza del Nuovo Parco Interregionale del Delta fossimo in grado di designare una persona di grande spessore culturale, un uomo capace di rappresentare il desiderio di queste terre e di questi ragazzi di diventare protagonisti della scena europea, dove di luoghi così straordinari non ce ne sono, magari rinunciando alla usuale soluzione standard buona per tutte o tante altre stagioni, daremmo un segnale bello qualcuno comincerebbe a crederci.
Se poi la più grande infrastruttura turistica italiana, ovvero la ciclovia VEN (ezia) TO (rino) incontrasse sul suo percorso un paesaggio straordinario non sarebbe merito nostro, ma se incontrasse una generazione che parla le lingue del mondo, capace di accogliere a Serravalle danesi nostalgici del Mississippi  o a Codigoro un gruppo di artigiani innovativi che realizzano borse con la canapa o mille altre diavolerie e le vendono on line in tutto il mondo, insomma  una realtà “che abita in centro” perchè capace di annullare le distanze e di trasformarla in nuove occasioni di lavoro e di incontro,  allora ciò sarebbe perché ci abbiamo pensato oggi e forse le ferite di Pontelangorino e dintorni ci avrebbero insegnato qualcosa. 
Tiziano Tagliani

“Fare osservazioni non è delegittimare. Discutiamo dell’impiego della Tassa di Soggiorno” – intervento di Ascom Ferrara

Da ufficio stampa

In merito al dibattito sulle presenze turistiche nel 2016 a Ferrara, vorrei rispondere anche a nome dei nostri associati, delle due principali federazioni del turismo aderenti a Confcommercio (Fipe e Federalberghi) e delle aziende riunite nell’ospitalità extralberghiera di Ferrara.  Sì, è vero: in un contesto economico-sociale non esente da problematiche che faticano a trovare una compiuta soluzione, i dati sul turismo sono certamente una delle poche note positive.
Abbiamo sollevato una questione relativa alla presenza di alcune tipologie di turismo per fare un ragionamento sul mercato turistico del nostro territorio. Discutere di tale andamento per noi non significa celebrare acriticamente una conferenza stampa convocata su dati che l’Amministrazione non ha condiviso in precedenza con le categorie; vogliamo piuttosto confrontarci prima e considerare insieme quali azioni intraprendere, e discutere dell’efficacia e dei margini di miglioramento di mostre ed eventi in città. Questi confronti si preferisce evitarli: da quando è stata introdotta la tassa di soggiorno chiediamo una sede per valutare come vengano esattamente impiegate queste risorse, frutto del lavoro delle imprese, ma l’assessore al Turismo ha sempre eluso la questione. Il sindaco ha toccato il punto: capiamo che queste risorse siano state fondamentali per il buon esito della mostra dell’Orlando Furioso, ma riteniamo che la larga parte di questa somma (650mila euro a bilancio per il 2017) debba andare indirizzata al marketing turistico, anche e soprattutto attraverso Visit Ferrara, il consorzio turistico pubblico-privato che con tutte le organizzazioni economiche sosteniamo anche attraverso la Camera di Commercio. Se è vero che la presenza del turista mordi e fuggi in città ha aiutato le statistiche e qualche struttura ricettiva (e dobbiamo lavorare per intercettare pure questo mercato), altrettanto vero dai dati è il calo dei pernottamenti medi (anche malgrado la mostra), e la diminuzione delle presenze di alcuni mercati importanti (olandese, spagnolo, svizzero, francese). Sulla buona tendenza di crescita del mercato italiano è d’altra parte giusto investire, sfruttando la sua più diretta accessibilità.
L’Amministrazione “vive” come un affronto il fatto che Ascom muova osservazioni o critiche: non è volontà di delegittimare qualcuno ma semplicemente il nostro lavoro nelle materie che istituzionalmente ci competono (commercio, turismo e servizi). E continueremo a farlo.

Il Presidente Provinciale Ascom Confcommercio Ferrara
Giulio Felloni
 

Pari opportunità. Domani anche in Emilia-Romagna torna “One Billion Rising”, la campagna internazionale contro la violenza sulle donne

Da ufficio stampa

L’adesione della Regione. Petitti: “In prima fila nella lotta contro la violenza di genere”

Bologna – La Regione Emilia-Romagna aderisce anche quest’anno all’iniziativa One Billion Rising, la campagna internazionale contro la violenza sulle donne.“Noi siamo in prima fila nella lotta alla violenza di genere, per questo è totale la nostra adesione a un’iniziativa che riunisce milioni di persone in tutto il mondo- spiega l’assessore alle Pari opportunità, Emma Petitti-. Con il piano regionale per la lotta alla violenza contro le donne abbiamo messo in campo diverse iniziative che puntano proprio a sostenere questa battaglia culturale. A trasmettere il messaggio che la violenza è un dramma che non riguarda solo i diretti interessati, ma è una grande questione sociale che riguarda tutti, uomini e donne”.

Sono oltre 100 gli eventi programmati per domani in tutta Italia, 16 gli eventi organizzati anche in Emilia-Romagna da parte delle associazioni impegnate nella lotta alla violenza di genere. Il tema scelto per l’edizione di quest’anno è la solidarietà contro lo sfruttamento delle donne, il sessismo, il razzismo e la violenza.

Nel link tutte le iniziative organizzate in Emilia-Romagna.

Anche i giovani protagonisti del Giorno del Ricordo a Comacchio.

Da ufficio stampa

Sul finire della seconda guerra mondiale e nell’immediato dopo-guerra furono migliaia gli italiani esiliati dalle terre istriane, dalmate e dalla Venezia Giulia e altre migliaia furono quelli lasciati morire nelle Foibe. Questa mattina, per tenere viva la memoria di quelle tragiche pagine della storia del Novecento, si è svolta una cerimonia di commemorazione presso il cippo situato nel Piazzale delle Foibe, al Villaggio Raibosola. Il Giorno del Ricordo ha dunque visto il suo momento celebrativo più alto nella deposizione, da parte del Sindaco Marco Fabbri, di una corona d’alloro in memoria di quelle migliaia di vittime innocenti. All’importante evento istituzionale, organizzato dalla sezione locale dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, presieduta da Tiziano Tonioli, in collaborazione con l’Istituto comprensivo di Porto Garibaldi e con l’Amministrazione Comunale, hanno preso parte le Autorità Militari del territorio, le associazioni combattentistiche e d’Arma, il Consigliere Nazionale dell’AIB Generale Vezio Vicini, il presidente inter-regionale dell’Italia settentrionale, Camillo Ferroni, il presidente provinciale, Gabriele Strozzi ed il Presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Flavio Rabar. Anche l’Assessore al Turismo Sergio Provasi si è unito alla cerimonia. Subito dopo, a Palazzo Bellini, sotto l’impeccabile regia dell’insegnante Stefania Tozzi, gli alunni delle classi seconde e terze dell’istituto di istruzione secondaria di primo grado di Porto Garibaldi e gli attori della compagnia dialettale “La fuesne” hanno portato in scena lo spettacolo “Ricordare per non dimenticare”, durante il quale è stato reso omaggio al grande cantautore SERGIO ENDRIGO, esule istriano.
foto1 foto2 foto4 foto5 Spettacolo alunni a Palazzo Bellini

Con me con te

di Carla Sautto Malfatto

Sto bene con me
nell’autunno delle malinconie
affollata di pensieri chiassosi
solitaria tra i cavolfiori
i colori estirpati dalle vene
il computer assassino
le note sparse su fogli riciclati
leccando le ferite
dell’ultima sortita nel mondo.
Sto bene con me,
con te custode attento:
attorno respirando
sciogli le mie galaverne
e mi fai ridere l’anima.

(Carla Sautto Malfatto–tutti i diritti riservati)

Giovedì 16 febbraio conferenza su Vincenzo Scamozzi e l’architettura dopo Palladio

Da Amici musei Ferrara

Si comunica che Giovedí 16 febbraio 2017 alle ore 16,00 presso Palazzo Bonacossi il professor Fernando Rigon, fedele e colto amico degli Amici dei Musei, terrà una conferenza dal titolo Nel IV centenario della morte 1616/2016 Vincenzo Scamozzi e l’architettura dopo PalladioL’ingresso è libero.

Le celebrazioni promosse dal Centro Internazionale di Studi“ A. Palladio” di Vicenza per il IV centenario della morte di Vincenzo Scamozzi hanno consentito di approfondire la statura artistica dell’architetto nato nella città berica e di mettere in rilievo la portata della sua personalità nel trapasso dall’epoca rinascimentale al Seicento.

Nel momento dei cambiamenti più profondi della storia della civiltà, della cultura e della scienza europee il profilo teorico e pratico di colui che molto viaggiò oltralpe tra Francia, Paesi Bassi e Germania emerge ora nettamente in tutta la sua potenzialità innovativa ad ampio respiro che tanto influenza ebbe in prosieguo anche nei paesi visitati grazie soprattutto al suo enciclopedico trattato teorico “L’Idea dell’Architettura universale” uscito a Venezia alla vigilia della morte dell’Artista nel 1615, sull’onda dell’enorme successo de “I Quattro Libri dell’Architettura”, pubblicati dal Palladio nel 1570.

Se i capolavori del Palladio tendono a riflettere l’armonia cosmica nel perfetto equilibrio tra Uomo e Mondo, quelli di Scamozzi si configurano come strumenti della conoscenza della Natura in un sistema non più bloccato, ma aperto all’indagine e alla ricerca in continuo progresso scientifico. Così è per il dettato dei due trattati scritti da Andrea e da Vincenzo il cui divario è pari all’incidenza avuta dalle due “lezioni” che, sulla base dei loro esiti, è senz’altro più scamozziana che palladiana, più europea, appunto, che veneta e “italiana”. Ciò nonostante la tradizione critica che si ostina a parlare di “palladianesimo” di fronte al successo di quel classicismo che fiorì nella Serenissima repubblica nella seconda metà del Cinquecento grazie ai due grandi geni di cui stiamo parlando.

Giovedì 16 febbraio ore 17:00 presentazione del libro “Dialoghi (in)interrotti: dall’educazione alla morte al sostegno nel dolore della perdita”

Giovedì 16 febbraio ore 17:00, presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino Libreria Ibs+Libraccio di Ferrara, per il ciclo “Uno sguardo al cielo”, Paola Bastianoni presenta il libro “Dialoghi (in)interrotti: dall’educazione alla morte al sostegno nel dolore della perdita” (Mimesis)

Dialogano con l’autrice

Stefano Ravaioli, Antonio Loperfido, Francesca Massellani, Giulia Rossetti, Simona Gomaraschi, Chiara Baiamonte e Marilena Moretti.

Copertina Dialoghi interrottiDialoghi ininterrotti è il terzo volume nato dall’esperienza, ormai quinquennale, del progetto “Uno sguardo al cielo. Percorso di avvicinamento all’elaborazione del lutto.” Ricco di interessanti riflessioni teoriche e di spunti pratici per professionisti e non che si trovano a sostenere adulti e/o bambini colpiti da un lutto, il testo analizza, secondo prospettive diverse ma tra loro dialoganti, due aspetti specifici: il lavoro del lutto e l’educazione alla morte, entrambi irrinunciabili all’interno di una riflessione individuale, sociale e culturale che sia tesa a restituire alla morte il posto che le spetta quale ultimo segmento della vita che consenta a ciascuno di equipaggiarsi per proporre e sostenere un progetto di vita più autentico e consapevole.

Paola Bastianoni, curatrice del volume, è professore associato in Psicologia dinamica all’Università degli Studi di Ferrara, dove da molti anni dirige il Master “Tutela, diritti e protezione dei minori”. È responsabile della direzione scientifica del progetto “Uno sguardo al cielo. Percorso di avvicinamento all’elaborazione del lutto”, in collaborazione con le Agenzie di Onoranze funebri Amsef e Pazzi di Ferrara.

La Berlino Ovest degli anni ‘80 al Cinema Boldini

Da ufficio stampa

La musica underground e il caos selvaggio: dal punk all’elettronica

B-Movie: Lust & Sound in West-Berlin 1979-1989 è un documentario che testimonia un tempo e una città perduti. Il film, diretto da Jörg A. Hoppe, Klaus Maeck ed Heiko Lange, è in programma al Cinema Boldini mercoledì 15 febbraio alle 21, la proiezione sarà in versione originale (con sottotitoli in italiano).

B-Movie riprende luci e ombre della Berlino Ovest nel decennio ‘79-’89, gli anni delle occupazioni delle case, delle notti ballate su ritmi new-wave, dei primi dischi dei Sex Pistols e dei Buzzcocks. Mai come in quell’epoca la musica esplose con un’innovazione senza precedenti: il documentario lo racconta tramite la narrazione del musicista Mark Reeder, che in prima persona ha vissuto, e rivive insieme allo spettatore, il viaggio nella tempesta berlinese.

I taxi si muovono tra un locale e l’altro nella notte, e trasportano registi, attori, musicisti, pittori, artisti di ogni genere che compongono un vivido mosaico della scena artistico-musicale degli anni ‘80. B-Movie, che ha aperto la seconda edizione di Seeyousound, il primo festival di cinema a tematica musicale italiano, intraprende un percorso che attraversa diversi generi musicali, partendo dal punk fino all’elettronica. La città teatro del fermento musicale, Berlino, è lo sfondo perfetto in cui ambientare i protagonisti del documentario, che, oltre a Mark Reeder, vanta la presenza di Blixa Bargeld, Gudrun Gut, Nick Cave, Nena, Eric Burton, Christiane F., Tilda Swinton. Musica e cinema si intrecciano nel film, il quale, lungi dall’essere un classico del documentario, fonde immagini e melodie per un reportage in cui cronaca, colonna sonora e narrazione compongono un quadro unico di quegli anni.

L’ingresso ridotto (per soci Arci e altre categorie) è di 5 €, il biglietto intero costa invece 7, 50 €. Per ulteriori informazioni o per la programmazione completa consultare il sito www.cinemaboldini.it oppure contattare Arci Ferrara al numero 0532 241419 o all’indirizzo mail ferrara@arci.it.

Un aperitivo con la bonifica – mercoledì 15 febbraio ore 18:00 – terzo incontro

Da Consorzio di bonifica pianura di Ferrara

Mercoledì 15 febbraio alle ore 18:00, si svolgerà il terzo appuntamento di una serie di quattro incontri organizzati dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, a Spazio Crema a Ferrara, dal titolo: “Un Aperitivo con la Bonifica”, per approfondire alcune particolari argomenti. Tema di questo incontro sarà “L’Ecomuseo della Bonifica a Marozzo”; aprirà Luigi Marchesini, del Consorzio di Bonifica che esporrà il progetto e lo stato di realizzazione del restauro. L’obiettivo primario è far riscoprire al territorio la propria identità, attraverso la conservazione e la tutela di un patrimonio storico-culturale collettivo, destinato ad attività didattiche, manifestazioni all’aperto, mostre e convegni, eventi culturali e del territorio in genere. Proseguirà Mara Gessi, docente del Liceo Artistico Dosso Dossi che presenterà la prima edizione del Concorso Nazionale di Scultura “De Aqua et Terra”, dedicato alle tematiche del Consorzio.

L’incontro, a ingresso libero e gratuito, terminerà con un piccolo aperitivo offerto al gentile pubblico. Appuntamento quindi a Spazio Crema, sede della Fondazione Carife, in via Cairoli 13 a Ferrara.

Confagricoltura: un convegno per parlare di caporalato

Da ufficio stampa

Il prossimo 17 febbraio in via dell’Arrigoni 120 a Cesena presso la Sala “Tecnovie” con inizio alle ore 15, si terrà il convegno organizzato dalle Confagricoltura di Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena-Rimini sulle novità 2017 per previdenza e lavoro nel settore agricolo. “Sarà l’occasione per fare il punto sulle nuove disposizioni di legge su lavoro nero e caporalato, sulla normativa sui disabili entrata in vigore lo scorso 1° gennaio, sui voucher con le nuove regole sulla tracciabilità, su assunzioni congiunte e contratti di rete e su tanto altro ancora – afferma il direttore di Confagricoltura Ferrara Paolo Cavalcoli – ma sarà soprattutto l’occasione per capire come l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, operativo dallo scorso gennaio dopo avere assorbito le competenze precedentemente attribuite a Ministero del Lavoro, Inps ed Inail, intenderà interpretare le nuove norme in materia di caporalato. Al convegno parteciperà infatti Paolo Pennesi, Direttore Generale del nuovo Ispettorato. Come noto, lo scorso 18 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge sul caporalato senza apportare al testo le modifiche fortemente richieste da Confagricoltura – ricorda Cavalcoli – permangono quindi le nostre preoccupazioni in merito alla nuova formulazione dell’articolo 603-bis del codice penale concernente il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, la quale prevede la reclusione da 1 a 6 anni non solo per i cosiddetti caporali, ma anche per i datori di lavoro che corrispondono retribuzioni in maniera difforme rispetto a quelle stabilite dai contratti di lavoro, violano norme in materia di ferie, permessi, periodi di riposo, sicurezza sui luoghi di lavoro. Gli strumenti previsti dalla nuova formulazione della legge rischiano pertanto di far sentire i loro effetti anche sulle imprese che operano correttamente sul mercato del lavoro. Gli indicatori di sfruttamento del lavoro che la legge introduce e che sono alternativi tra loro (basta che ne ricorra uno solo), infatti, rilevano lo sfruttamento, ma per fare questo allargano lo spettro a violazioni lievi e meramente formali di normative legali e contrattuali, con il rischio che nell’attuazione poi si applichino norme penali a fattispecie lievi ed isolate, più che alle reali situazioni di illegalità, senza contare che tutta la norma ha forti connotazioni di aleatorietà, incertezza, discrezionalità. Le norme, quindi, vanno a colpire le aziende agricole a prescindere dal collegamento con l’intermediazione di manodopera irregolare, con il risultato che potrebbe essere punito con la reclusione, con la confisca dei beni e con il controllo giudiziario dell’azienda, anche chi incorre accidentalmente in una trasgressione meramente formale e spesso marginale, mentre, come aveva a suo tempo ripetutamente chiesto Confagricoltura, si sarebbe dovuto declinare in maniera più puntuale il concetto di sfruttamento, orientando l’applicazione delle norme penali a quelli che erano gli obiettivi prefissati, ovvero punire situazioni oggettive di reale sfruttamento del lavoratore e del suo lavoro, lasciando al Giudice del Lavoro il compito di dirimere controversie di carattere contrattuale. Non si può – conclude il direttore Cavalcoli – trattare allo stesso modo chi, con violenza, intimidazioni e minacce, sfrutta e schiavizza i lavoratori e chi, invece, assume e assicura regolarmente i propri dipendenti e incorre in violazioni che riguardano aspetti non sostanziali del rapporto di lavoro, magari per circostanze plausibili. I relatori del DDL caporalato a Camera e Senato hanno affermato essere esagerate le preoccupazioni di Confagricoltura, invitando a considerare gli indici di sfruttamento non come condotte immediatamente delittuose, bensì dei sintomi, degli indizi, che il Giudice dovrà valutare se corroborati dagli elementi di sfruttamento ed approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore. Venerdì sapremo se anche i vertici nazionali dell’Ispettorato del Lavoro sono dello stesso avviso”. Tra i relatori del Convegno, che sarà aperto dai Presidenti di Confagricoltura Ferrara (Scaramagli), Ravenna (Pasquali) e Forlì-Cesena-Rimini (Canali), anche il Responsabile Sindacale Nazionale di Confagricoltura Roberto Caponi.

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San Valentino al Cinema con Monet

Da ufficio stampa Apollo Cinepark

Io, Claude Monet” è il titolo che riporta all’Apollo Cinepark di Ferrara la rassegna “Apollo, Arte e Cultura” martedì 14 e mercoledì 15 febbraio alle ore 21.00.

“Io, Claude Monet”, il nuovo docufilm di Phil Grabsky, prende le mosse da oltre tremila lettere che il famoso artista francese scrisse nel corso della sua vita. Partendo dagli scritti di Monet e accostati alle straordinarie opere conservate nei più importanti musei del mondo, il film rivela la tumultuosa vita interiore del pittore di Giverny, tra momenti di intensa depressione e giorni di assoluta euforia creativa, offrendone così un ritratto complesso e commuovente. Attraverso più di cento dipinti filmati in alta definizione lo spettatore potrà conoscere la vita emotiva e creativa del pittore che con il suo Impression. Soleil levant, esposto nell’aprile del 1874 nello studio del fotografo Nadar, fece parlare il critico Louis Leroy della prima “esposizione degli impressionisti”, dando involontariamente vita al termine che avrebbe segnato buona parte della storia dell’arte europea di fine Ottocento.

Riportate alla vita dall’acclamato attore britannico Henry Goodman, le lettere di Monet narrano infatti il percorso dell’artista da enfant prodige e appassionato caricaturista a maestro indiscusso di fama internazionale.

Il regista Phil Grabsky ha spiegato : “Amo molto lavorare sulle biografie degli artisti, perché quando si legge con attenzione la loro corrispondenza, quando si torna nei luoghi in cui hanno vissuto e si esaminano attentamente i dipinti che hanno realizzato, se ne rintraccia una personalità più ricca e sincera. È quanto accaduto con Monet. Non c’è nulla scontato in questo artista. Ciò che colpisce con maggior forza è la sua passione, la sua ricerca senza fine e, infine, la sua genialità”.

L’Iisap pronta per i concorsi regionali ‘ER- School of food’ e ‘Tradizione e innovazione. Aceto balsamico in cottura’ all’insegna della transcultura

Da Istituto d’istruzione superiore Argenta-Portomaggiore

Continuano all’IPSIA di Argenta le lezioni sull’alimentazione sana e culturalmente ‘contaminata’.
La classe 4A dell’IPSIA Servizi Sociosanitari ha, infatti, sperimentato una lezione significativa e creativa, costruita dagli studenti stessi, che sono diventati i protagonisti, mentre le insegnanti, prof.ssa Alessandra Ferlini e Daniela Etro, hanno svolto il ruolo di consulenti e guida.
Gli studenti sono stati cuochi per una mattina, e dopo aver acquistato le materie prime di qualità – sotto l’occhio vigile delle docenti-, hanno preparato due piatti interculturali, cercando di mediare le diverse culture presenti nella classe.
Sono stati creati due piatti di cui è stato curato l’aspetto salutistico selezionando ingredienti protettivi rispetto alle malattie cardiovascolari e pieni di sostanze bioattive il tutto aromatizzato con aceto balsamico tradizionale di Modena DOP, per partecipare al concorso regionale- categoria “tradizione e innovazione. L’aceto balsamico in cottura”.
Sono emerse, inoltre, quella creatività, competenza, spirito di gruppo e motivazione che in una lezione classica e standard non sarebbero potuti emergere.
 Le diverse culture, quindi, che compongono la classe 4A SSS si sono avvicinate ed incontrate, gli studenti sono andati oltre all’intercultura, hanno sperimentato la potenza della transcultura.
Un’esperienza entusiasmante, che consentirà alla classe di partecipare al concorso per le scuole superiori indetto dalla Regione Emilia Romagna “ER – school of food”.
Le docenti Etro e Ferlini volevano, quindi, fare un grande in bocca al lupo ai propri ragazzi e dire loro che la vera vittoria c’é già stata: niente litigi per un voto più alto di un altro o per un turno mancato in una interrogazione, ma vicinanza di idee, incastro di momenti fondamentali l’uno per l’altra nel rispetto del proprio compagno di classe, dei propri gusti, della  propria cultura, dei propri suggerimenti  e delle proprie idee.
Alcune foto
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Giornata sugli sci da fondo

Da Club Alpino Italiano – Sezione di Ferrara

Domani sera, martedì 14 febbraio, presso la sede CAI in Viale Cavour 116, i direttori di gita Beatrice Bonilauri e Paola Padovani apriranno le iscrizioni all’escursione denominata Giornata sugli sci da fondo, prevista per domenica 12 marzo.

Questa gita sarà loccasione per percorrere la Val Zoldana in una maniera per noi inusuale, cioè con gli sci da fondo. Il posto in cui si scierà è incantevole, in quanto le piste sono ai piedi di sua maestà il Pelmo.

La gita è adatta a tutti, anche a chi non si è mai cimentato con lo sci: sarà infatti presente anche un istruttore che ci insegnerà lABC della tecnica.

Lattrezzatura potrà essere noleggiata in loco.

La partenza in pullman e’ prevista alle 6.30 dal piazzale Dante Alighieri e il rientro attorno alle 20.30

Mercoledì 15 febbraio dalle 19,00 aperitivo musicale “Oh Lady Be Good!”

Da Associazione Musicisti di Ferrara

Inizia la collaborazione fra Associazione Musicisti di Ferrara e L’Osteria da 1997, uno dei locali più caratteristici del centro storico di Ferrara situato in via De Romei 51; il locale non è nuovo ad eventi culturali, ricordiamo le rassegne letterarie organizzate da Stefano Tassinari chiamate “A cena con L’Autore”.

Dal 15 febbraio inizierà una rassegna musicale denominata “Musica A L’Osteria”; in particolare, per questa prima programmazione, ci saranno una serie di appuntamenti tutti dedicati alle voci femminili chiamati “ Oh Lady Be Good!”.

Gli aperitivi musicali del mercoledì sera ai quali si potrà accedere a partire dalle ore 19,00 ad ingresso libero, vedranno l’avvicendarsi di sette mini formazioni tutte atte a mettere in risalto la vocalità femminile; di seguito il programma degli appuntamenti:

15 febbraio Bessie Boni voce, Massimo Mantovani tastiere

22 febbraio Roberta Righi voce, Nicola Morali tastiere

1 marzo Francesca Marchi voce, Corrado Calessi testiere

8 marzo Ambra Bianchi voce, Ricky “Doc” Scandiani tastiere

15 marzo Viviana Corrieri voce, Gian Marco Gualandi tastiere

22 marzo Rossella Graziani voce, Massimo Mantovani tastiere

29 marzo Daniella Firpo voce e chitarra, Roberto Poltronieri chitarra

Inoltre, ogni venerdì dal 24 febbraio dalle ore 19,00 ci sarà Dj France Jazz con la sua collezione di dischi in vinile ed il suo contemporary sound trecks.

Questa programmazione ha l’intento di aggiungere un piccolo tassello all’offerta culturale della nostra città, cercando di contribuire ad aumentare la musica live di qualità non solo nel periodo più ricco di questi eventi come l’estate.

Il primo appuntamento sarà appuno marcoledì prossimo 15 febbraio dalle ore 19,00 con Bessie Boni alla voce e Massimo Mantovani alla tastiera; Il duo, attivo da oltre dieci anni, propone un repertorio che spazia dai brani del repertorio della Black music degli anni 80 e 90 agli standard jazz rivisitati in chiave moderna, il tutto all’interno di una cornice musicale che prevede l’interplay continuo tra la voce duttile, potente ed espressiva di Bessie Boni e il pianissimo raffinato e versatile di Massimo Mantovani.

Elisa Galeati Dear Dodo, esperimenti di vita bohémienne per muse malcontente

Da Centro documentazione donna

Elisa Galeati presenta la vita di Dorelia McNeill, donna dalla multiforme ed elusiva personalità, amica e modella della pittrice Gwen John e compagna del pittore Augustus John. Il percorso di ricerca si snoda attraverso le opere d’arte che la ritraggono e le lettere a lei indirizzate dai maggiori esponenti della sottocultura bohémienne nell’Inghilterra del 20mo secolo.

Elisa Galeati, si è laureata nel 2004 in Teoriche del cinema al Dams di Bologna.

Bibliotecaria specializzata in letteratura per ragazzi, svolge per passione ricerche sulle artiste  nell’ambito della controcultura bohémienne e delle avanguardie.

Young Woman Holding a Black Cat c.1920-5 Gwen John 1876-1939 Purchased 1946 http://www.tate.org.uk/art/work/N05744

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Colpevoli silenzi

di Lorenzo Bissi

Venerdì 10 febbraio è stato il Giorno del Ricordo “di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Eppure in Italia se ne parla ancora molto poco. Eppure di tutte quelle vittime ancora non si sa il numero, non si sa che cosa hanno subito nelle ultime ore della loro vita. E come al solito in Italia si politicizzano anche le vittime, ci si punta il dito contro, senza capire che ad un certo punto bisogna smetterla di litigare e rispettare chi è morto.
Siamo quasi tutti ignoranti sul tema, perché un colpevole silenzio è stato mantenuto per anni. È ora di istruirci, per evitare che la storia si ripeta.

Immobile… come la speranza

di Lorenzo Bissi

“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.”
Francis Scott Fitzgerald

A scrivere questa frase è stato un grande scrittore del modernismo americano, ossia Francis Scott Fitzgerald: sono le parole conclusive del suo libro più conosciuto, “Il Grande Gatsby”.
Nel momento in cui la scrive, gli uomini hanno appena provato l’orrore della Grande Guerra; hanno capito che tutto è vano in un mondo in cui, per volere di chi governa bisogna lasciarsi uccidere in trincea, assieme ad altri milioni di uomini nel fiore della loro età. Tornati a casa non rimane che affogarsi negli eccessi, avere una vita sfrenata che possa permettere di dimenticare il passato.
Ma non è proprio questo, il vivere nel nulla, senza cercare di ricostruire il mondo dalle macerie, il più profondo rapporto con il passato che si possa avere?
Noi crediamo, remando faticosamente controcorrente, di andare verso la luce verde della speranza, ma in verità non ci muoviamo di un passo.

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Quell’highlander di Mick Jagger

Gira la voce che un gruppo di scienziati americani abbia chiesto di poter esaminare il corpo di Mick Jagger dopo la sua morte per poter capire non solo come faccia ad avere superato i 70 anni nonostante abbia assunto sostanze di ogni genere e condotto una vita piena di qualsiasi genere di eccessi, ma anche come sia possibile che, alla sua veneranda età, sia in grado di correre, cantare, ballare e saltare sui palchi di tutto il mondo come un ragazzino assieme agli intramontabili Rolling Stones.
Watch it!
I was born in a class five hurricane
And I howled at my ma in the driving rain
But it’s all right now, in fact, it’s a gas!
But it’s all right. I’m Jumpin’ Jack Flash
It’s a Gas! Gas! Gas!

Certamente quella dei Rolling Stones è un’energia senza età: con ormai 55 anni di attività e 64 album pubblicati, continuano a stupire i fans, al punto da essere usciti con un nuovo disco blues nel 2016. Quella che però sembra ora essere una corsa inarrestabile nel tempo ha subito diverse battute d’arresto che hanno portato il gruppo vicino allo scioglimento.
“Jumpin’ Jack Flash” parla di questo, del periodo terribile che aveva affrontato la band prima del 1968 quando, tra le altre cose, Mick Jagger e Keith Richards erano stati arrestati. “Un periodo difficile da cui uscire. La canzone era solo una metafora per superare tutte le cose acide che ci erano accadute”, così parlerà Jagger in un’intervista riguardo la canzone.
I was drowned, I was washed up and left for dead
I fell down to my feet and I saw they bled
I frowned at the crumbs of a crust of bread.
Yeah, yeah, yeah
I was crowned with a spike right thru my head
But it’s all right now, in fact, it’s a gas!
But it’s all right, I’m Jumpin’ Jack Flash
It’s a Gas! Gas! Gas!

“Jumpin’Jack” è un impensabile riferimento al giardiniere della casa di campagna di Keith Richards: quando una notte, in cui la band era da lui ospitata, fu svegliata da dei rumori provenienti dal piano di sopra Richards spiegò loro che era “Jack Jumping” (Jack che salta). Jagger ebbe la stravagante e straordinaria idea di aggiungere la parola “Flash” all’espressione e di farne il titolo della canzone a cui stavano lavorando e che sarebbe divenuta una pietra miliare della storia del Rock’n’Roll.
Quella che propongo oggi è la versione più moderna di Jumpin’ Jack Flash eseguita dal vivo disponibile in rete; nella quale gli Stones, anche se un po’ meno precisi di un tempo, tirano fuori quel carisma inimitabile che solo le vere leggende della musica possiedono.
Buon Ascolto.
Jumpin’ Jack Flash (Rolling Stones)

Case popolari, la denuncia di Acer: “3.500 persone in lista di attesa ma non ci sono soldi per costruire né per ristrutturare”

3.segue – La terza tappa del mio viaggio nell’edilizia pubblica ferrarese mi porta a confrontarmi con il direttore di Acer Ferrara Diego Carrara. Una premessa va fatta: avere un’intervista in quest’ambito non è cosa scontata. Da parte degli addetti c’è spesso ritrosia nel parlare, reticenza, uffici stampa che fanno da filtro… Questa volta è andata diversamente: lo stesso Carrara mi ha chiamato per chiedere un incontro, giovedì, ore 16, sede Acer.
Giungo in zona in netto anticipo, io che sono ritardatario cronico, non volevo far magre figure, ma sono riuscito ad arrivare comunque in ritardo all’incontro, una sola mia scusante: parcheggiare è stato arduo. Dopo pochi minuti di attesa mi accoglie Carrara ed entriamo nel suo studio: un’ampia sala, alla mia destra una scrivania, sulla parete svariati volumi, di fronte un tavolo con delle sedie. Ci accomodiamo l’uno davanti all’altro. E’ il mio interlocutore a rompere il ghiaccio: un po’ di chiacchiere su di me (sì, l’intervista si è capovolta), un po’ sul calcio, il basket (non sono un calciofilo, quindi ho deviato la discussione su lidi a me noti), il tutto per creare un’atmosfera meno formale. Ma poi ci si addentra nella vera intervista, e si ristabiliscono i ruoli.

Diego Carrara
Diego Carrara

Si parte con qualche parola e precisazione sulla conferenza naturalmente: “L’obiettivo della giornata – dice Carrara – era quello di rendere noti al territorio gli interventi di edilizia pubblica e l’importanza della riqualificazione urbana. Noi abbiamo paura che il tema della riqualificazione, un gran tema, di prospettiva per il futuro, sia sacrificato sull’altare della ‘mancanza di risorse’. In Italia mancano le risorse per far tutto, ma, primo non è così, secondo bisogna decidere se si vuole dare priorità a questo impegno per la riqualificazione della città”. E ancora sulla conferenza del 3 febbraio: “Era una giornata dedicata solo a questa parte della nostra attività, su ciò che ha fatto Acer in città e in provincia. Soprattutto sul perché non costruire nuovi pezzi di città, ma recuperare quello che c’è”.

Il tono è sicuro, di chi ha esperienza e vorrebbe parlarne, noto anche una certa voglia di darmi quanti più dati possibili, persino di tipo ‘storico’, e infatti parte della discussione iniziale si incentra sugli inizi dell’edilizia popolare italiana, dai primi del ‘900 con Tupini, passando per la legge Fanfani, fino all’Ina-casa per arrivare ai giorni nostri. Parla anche della storia di Ferrara sotto questo aspetto: “La città si sviluppa col petrolchimico, la Montecatini, unita all’agricoltura producendo fertilizzanti. A Barco e Pontelagoscuro si trasferiscono molte famiglie operaie, soprattutto marchigiane, per questo lì ci sono molti edifici popolari. Perciò abbiamo attuato un processo di riqualificazione in quei luoghi, è un piano che va avanti da 20 anni, per colpa della discontinuità degli investimenti e finanziamenti.” Il tema della mancanza dei fondi sarà una parte centrale della nostra conversazione. “Alla fine degli anni ’90 – prosegue Carrara – finiscono i fondi ‘Gescal‘ (Gestione Case per i Lavoratori, ndr), uno strumento che consentiva, attraverso prelievi in busta paga a dipendenti e datori, di costruire alloggi per i lavoratori. Un meccanismo del fisco che ha permesso di mantenere un sostanziale contributo a questo tipo di edilizia, creando alloggi riscattabili nel tempo dai possessori”.

La parte storica qui si ferma, e il direttore lancia la prima accusa: “Oggi in Italia ci sono un numero di alloggi popolari che variano tra i 900.000 e un milione, circa un 3% del costruito, un numero minimo se guardiamo ad altri Paesi europei, dove si arriva anche al 10%”. Inizia ad aprirsi, e si passa da un lato ‘tecnico’ ad un lato più ‘umano’ della questione, affermando che “ora il fabbisogno abitativo si è trasformato: si è passati da alloggi per i lavoratori, ad alloggi per i meno abbienti”.
Un’altra ‘accusa’ riguarda la modalità di gestione delle case popolari in passato: “Una parte delle case, che a mio parere doveva rimanere in affitto, è stata venduta. La casa in questo modo è divenuta strumento per aumentare il proprio patrimonio: chi non riusciva ad aumentare la propria ricchezza in altri modi, lo faceva così, acquistando case per poi rivenderle, attraverso la speculazione immobiliare”. Fa, su questo tema anche una precisazione su alcune statistiche, dicendo che “in Italia risulta che l’80% delle persone ha una casa, ma ciò è sbagliato: c’è chi possiede più case, e chi invece nessuna. Questa media andrebbe rivista”. E sempre sul tema della speculazione dice: “Ci sono molte abitazioni non occupate, soprattutto nella zona dei Lidi. In quei posti si è assistito al fenomeno della ‘seconda casa’, un’esigenza che ha determinato una fortissima cementificazione. Ci sono molte case che vengono utilizzati per brevissimi periodi. Un costruito non usato che ha finito per devastare anche il territorio. Anche per questo oggi parliamo di riqualificazione invece che occupare nuovo suolo”.

Dopo questo lungo dialogo sulla situazione storica e attuale, non posso far a meno, vista la mia scorsa ‘passeggiata domenicale’, di fare una domanda nello specifico sui due studentati, quello di via Putinati e quello di via Darsena, costruito da un privato con un cospicuo contributo di finanziamenti pubblici a fondo perduto e che ora è vuoto e inutulizzato. Noto persino un cambiamento di tono, più triste: “L’operazione del nuovo studentato (quello in Darsena, ndr) non è stata in linea con i bisogni di sviluppo della città. Lo abbiamo gestito per due anni, cercando di tirarci fuori qualcosa di buono e non ci siamo riusciti perché i costi per mantenere quella struttura sono alti e rischiano di essere scaricati sugli studenti. L’idea dello studentato in Putinati, che invece funziona bene, nasceva per dare una risposta alla grande mole di studenti che facevano, e fanno, domanda di alloggio, Domanda che supera l’offerta (abbiamo 54 posti in Putinati), proprio questo credo abbia portato alla costruzione di uno studentato ex-novo in via Darsena. Penso che si potesse fare in altro modo. Le cose sappiamo poi come sono andate. Credo che Ferrara abbia spazio per piccole residenze universitarie, con meno impatto visivo”. Quando lo studentato fu dato all’Acer in gestione, il presidente era Ivan Ricci, e proprio su di lui il direttore chiarisce: “È un capitolo chiuso. Ivan non ha avuto nessuna responsabilità anzi, ha dato un contributo per far sì che l’Acer potesse continuare a lavorare al meglio negli anni. Quello che è successo ha coinvolto alcune persone che lavoravano qui, e che oggi sono fuori. Pubblichiamo da qualche anno tutti i bilanci, proprio per dare la massima trasparenza. Ogni singola spesa, ogni singolo euro è sul nostro sito internet piuttosto che pubblicata, così da rendicontare a tutti il nostro operato. Addirittura in tutta la vicenda, l’Acer si è costituita parte civile”. Capitolo chiuso quindi sul caso giudiziario che qualche anno fa ha coinvolto l’ex presidente Ricci e alcuni dipendenti Acer, con accuse che andavano dalla concussione alle mazzette.

Lasciato questo argomento, torniamo sul tema della vita nelle abitazioni Erp, ossia di edilizia residenziale pubblica: “L’Acer fa ogni due anni dei sondaggi per rilevare la qualità e la soddisfazione degli occupanti (ci tiene a sottolineare che usa questo termine con accezione del tutto positiva, ndr). Da questi ci risulta che dobbiamo migliorare sulle manutenzioni, si fanno degli errori, ma la percentuale delle lamentele è sul 5%, praticamente una ‘lamentela fisiologica’ ”.
Tornando su Barco, gli chiedo cosa pensi lui sulla qualità dell’aria e mi dice che “il problema del petrolchimico e di quello che il cittadino percepisce è delicato. Noi non abbiamo elementi per mettere in dubbio la qualità dell’aria come fa qualcuno, anche perché l’Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambientale dell’Emilia-Romagna) ha fatto molti controlli che non hanno segnalato situazioni critiche. Qualcuno ha addirittura affermato che i nostri alloggi a Barco avessero delle emissioni dannose, ma abbiamo effettuato delle indagini chimiche che hanno smentito il tutto”.
Sul tema ambientale però ci tiene a precisare la posizione dell’Acer: “Ci impegniamo sul fronte dell’inquinamento, cercando di innovare le tecnologie di riscaldamento, puntando soprattutto sul centralizzato e proprio gli alloggi di Barco sono stati recuperati con questi criteri. Migliorare questo quartiere sotto vari aspetti è stata un’azione lodevole”.
Da Barco, passiamo al Gad, che è lì a due passi dalla sede del colloquio, gli chiedo se l’Acer ha qualche progetto o sta partecipando alla ripresa di quella zona ma di nuovo il tono diventa malinconico: “Non c’è nessun piano da parte nostra attualmente. Abbiamo, qualche tempo fa, aiutato a gestire gli alloggi, ma ora il problema più grave è l’ordine pubblico e la questione sociale, più che edile”.

Da questo traggo spunto per chiedere di un’altra ‘zona calda’ di Ferrara, il Palazzo degli Specchi, sul quale mi dice: “È completamente abbandonato, mai entrato in attività, progettato come centro direzionale ma mai entrato in funzione.” “Una ‘cattedrale nel deserto’?” gli chiedo, citando il sindaco Tagliani. Sorride e mi dice: “Un deserto senza cattedrale!” e continua sull’argomento affermando che “l’abbandono ha portato all’occupazione abusiva e noi ora stiamo lavorando per dare una risposta a quel ‘buco nero’ della città per farne degli alloggi a canore ‘calmierato’, cioè ridotto fino al 30% rispetto al canone di mercato, così da rispondere al fabbisogno che abbiamo visto esserci di alloggi. Riqualificare tutta l’area intorno, come l’abbandonato PalaSilver, soprattutto perché è una zona dal forte impulso commerciale. Renderla quindi non solo attrattiva ma vivibile, aumentandone anche i servizi come ciclabili e linee dei bus”.

diego carraraSu questa tema il mio interlocutore non ha bisogno di tante domande domande, è stesso lui ad aprirsi, va a ruota libera… Mi spiega che “il reddito della città, dopo vari nefasti eventi, è diminuito, quindi dare case in affitto, più basso rispetto al mercato, dà la possibilità di creare anche un indotto economico, chi spende meno per affitto e bollette, ha un reddito maggiore da poter utilizzare in altre attività. Per questo siamo attenti su tutti gli aspetti”.
Ho notato più volte nella conversazione delle frasi che il direttore tende a ripetere: crederci, ambiente, sociale, pubblico. E proprio sul pubblico, con tono fiero mi dice: “Siamo orgogliosamente pubblici, sono orgoglioso di quello che facciamo, diamo un alloggio ai cittadini, su mandato dei Comuni, e cerchiamo di farlo bene.” E sempre sulla questione degli investimenti sul pubblico aggiunge: “Nell’attuale situazione economica ci sarebbe bisogno di nuova edilizia popolare, perché ci sono quattro milioni di persone che hanno un reddito con il quale potrebbero permettersi a stento questo tipo di alloggi. Ci sarebbe bisogno di dare risposta a questo fabbisogno, che l’Onu definisce ‘primario’. Ci guardiamo intorno e troviamo esempi come la Germania, che per fronteggiare l’emergenza immigrati, ha stanziato cinque miliardi d’euro per la realizzazione di 400mila nuovi alloggi” e proprio sull’immigrazione dice: “L’integrazione passa anche da questo, soprattutto senza creare quartieri ghetto, ma facendo un ‘mix sociale‘”. Fa anche una citazione cinematografica per spiegarmi quella che è la situazione dell’Acer nel rapporto con le persone: “Come ci insegna Scola nel film ‘Brutti, sporchi e cattivi’, non è facile trattare con gli indigenti, non sono remissivi come ci si potrebbe immaginare anzi, sono spesso aggressivi, lo dico anche per conoscenza diretta, provenendo da una famiglia operaia. Oggi avere a che fare con chi sta male, per mille motivi, è difficile, abbiamo subito minacce, abbiamo dovuto ricorrere più volte a chiamare la Polizia. In questo luogo la sofferenza sociale viene fuori e noi siamo la prima linea di protesta”. Suona quasi come uno sfogo questa sua ultima affermazioni, mi spiega anche che ciò è dovuto anche al fatto che “a Ferrara non siamo noi ad assegnare gli alloggi, ma il Comune con le sue graduatorie, ed è difficile spiegarlo alla gente”. E proprio su questo confessa che “in qualche raro caso abbiamo anche dovuto sollecitare il Comune per velocizzare le assegnazioni”, ma precisa subito che “abbiamo adottato con i Comuni delle ‘buone pratiche’ per contrastare la lentezza burocratica, ma le buone pratiche non sono spesso sufficienti a rispondere ad un fabbisogno in aumento, non abbiamo mai avuto così tante persone agli sportelli. E’ una situazione grave, e dovrebbe essere la Politica ad agire: bisogna cessare con i tagli al settore pubblico, e questo appello dovrebbe arrivare fino a Roma. Quando tra qualche anno non ci saranno più fondi neppure per la manutenzione, come faremo? Ancor di più visto che oggi siamo rientrati nelle zone sismiche, e quindi oltre all’ordinaria manutenzione, dobbiamo anche effettuare i consolidamenti statici, come agiremo? Chi ci sarà a rispondere ad una situazione di povertà in aumento?”. Il tono si fa accorato, preoccupato, si agita quasi il direttore Carrara, è evidente che si tratti di una questione che gli sta a cuore.

Persiste a parlarmi delle sue preoccupazioni, legate anche all’immigrazione: “La politica della casa deve tornare ad essere una politica nazionale. Siamo alla frontiera dell’immigrazione, di recente non abbiamo visto un euro, solo 400 milioni qualche anno fa, che però sono serviti a ripristinare un patrimonio in tutta Italia, una goccia nel mare. Il patrimonio pubblico (riferito agli Erp) della sola Ferrara è stimato sui 550 milioni d’euro, lo vogliamo valorizzare? E anche se non riuscissimo a fare del nuovo, che sarebbe già una clamorosa sconfitta, perché abbiamo 3500 persone ogni anno in lista d’attesa, almeno riusciremo a mantenere bene quello che abbiamo? L’Emilia-Romagna, secondo recenti ricerche, avrebbe bisogno di 20/25 mila nuovi alloggi, servono fondi”. Un appello lanciato quasi con rabbia, lo si percepisce dai suoi occhi, dai gesti che si fanno più ampi.
Passata più di un’ora il direttore non sembra stanco, anzi, ci tiene a concludere affermando che “la nostra proposta è, citando Pasolini, fare progresso, non solo sviluppo, così da creare un volano economico. Mettere mano alla riqualificazione e rigenerazione significa produrre valore aggiunto, progresso appunto. Non un’edilizia speculativa, ma la creazione di edilizia pubblica che dia sviluppo economico, non meramente consumistico, ma che migliori la vita della gente, far ripartire la macchina della nazione perché ‘se non parte l’edilizia, non parte nessuna industria’”. Mi sorge un dubbio sulle possibilità di intromissioni mafiose, ma su questo Carrara è chiaro: “Il rischio c’è ma non dobbiamo farci fermare dalla paura, un Paese che si blocca è un Paese che muore”.
Leggo nel suo sguardo fierezza quando mi parla di quella che lui, usando un inglesismo, chiama mission: “Noi ci crediamo, investiamo in scienza e cultura, lavoriamo in sinergia con l’Università per creare nuove tecnologie e innovazioni. Investire su una casa a basso costo e impatto ambientale vuol dire qualificare e migliorare la vita dei cittadini.”

Oramai ho fin troppo materiale. Ho cercato di far parlare il più possibile in questo mio articolo il direttore Diego Carrara, senza aggiungere quasi nulla di mio, perché questo fosse un resoconto il più oggettiva possibile. Naturalmente l’operazione è stata ostica, essendo abituato a introdurre il mio punto di vista, ma credo sia necessario, in questo viaggio nel mondo dell’edilizia popolare, dare spazio anche a chi vuole parlare e spiegare le cose dalla propria prospettiva. Io, dal mio, posso solo dire che il colloquio ha aumentato la voglia di addentrarmi in questo ambito fatto di leggi, appalti, investimenti, soldi, cattedrali, deserti, zone d’ombra e veri monumenti, ma prima di tutto di persone con i loro bisogni e le loro speranze.
Lascio l’ultimo parola di questo lunghissimo scritto a Carrara, ché l’interrogativo che pone, solo apparentemente retorico, mi è rimasto stampato dentro: “Abbiamo un grandissimo patrimonio pubblico, perché dobbiamo buttare a mare una ricchezza che ha fatto crescere intere generazioni?”.

3. continua