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Giorno: 5 Marzo 2017

Rock’n’Roll al RaiMbow con i bolognesi SuperSound

Da organizzatori

Una nuova serata Live al RaiMbow Club di Ferrara di Via Bela Bartok, 26: Sabato 11 marzo 2017 arriva dal territorio bolognese la Rock’n’Roll band dei SuperSound.

Da un’idea nata nel 1994 durante una sbronza, a distanza di vent’anni i quattro amici si ritrovano ed affittano una vecchia stalla per andarci a suonare del Rock’n’Roll: nascono così i SuperSound.
Alessandro Negrelli (Voce e chitarra), Simone De Maria (Chitarra), Massimo Tarozzi (Basso) e Carlo Cavazzoni (Batteria e voce), provenienti da esperienze musicali diverse ma accomunati dalla passione per la buona musica, ben presto si rendono conto che la loro alchimia è qualcosa di dirompente e decidono di dedicarsi con tutto l’impegno alla definizione di uno spettacolo live che omaggi i principali protagonisti della scena musicale anni 50, 60 e 70, spaziando dal Rock’n’Roll, al Country, Blues, Garage e Soul. La peculiarità della proposta dei “Sound” sta infatti in un mix trascinante di cover interpretate in chiave personale. Un susseguirsi di classici di altri tempi da “Suspicious Mind” di Elvis Presley a “Shout” dalla colonna sonora di “Animal House”, da “Folson Prison” di Johnny Cash a “Great Balls of Fire” di Jerry Lee Lewis, da “Honky Tonk Woman” dei Rolling Stones a “Summertime Blues” di Eddie Cochran e tanti altri brani che hanno fatto la storia del Rock’n’Roll.
Un live set con un crescendo di groove e carica rock ed il loro carisma sul palco, porta i quattro amici ad uscire dalla “stalla prove” per proporsi sui palchi di diversi locali dell’Emilia Romagna, feste, manifestazioni e ovunque ci sia voglia del buon vecchio rock Made in USA.

Il Raimbow Club è circolo privato affiliato ANSEL (Ass. Naz. Studenti e Lavoratori). In occasione degli eventi musicali il tesseramento all’entrata sarà di EURO UNO e valido per tutto il 2017.

La serata NON STOP, Bar & Ristorazione & Musica Live inizierà dalle ore 18.00 con uscita aperitivo.

21 marzo Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle Vittime delle Mafie

Da Libera Ferrara

Questo 21 marzo Libera ha un motivo in più per riempire con orgoglio le strade e le piazze di tutta Italia. Da Locri, città scelta per il corteo nazionale, a Rimini, dove si terrà la manifestazione regionale, tutti i volontari del coordinamento di associazioni fondato da don Luigi Ciotti nel 1995 ricorderanno le vittime di tutte le mafie, ma festeggeranno anche il riconoscimento da parte della Repubblica della giornata del 21 marzo come “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.
Dopo 22 anni, lo scorso 1 marzo il Parlamento ha finalmente approvato, in via definitiva, il DDL 1894, che riconosce rilevanza nazionale alla giornata che dal 1996 Libera dedica alla memoria di chi è rimasto vittima della violenza mafiosa e all’impegno a raccoglierne il testimone accanto ai famigliari.

Un riconoscimento che in Emilia Romagna era già avvenuto nel 2011, con la legge regionale “a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso e per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile”, e ribadito nel Testo unico approvato lo scorso ottobre, che all’articolo 43 recita:
Giornata regionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie e per la promozione della cittadinanza responsabile
1. In memoria delle vittime innocenti della criminalità organizzata e mafiosa la Regione istituisce la “Giornata regionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie e per la promozione della cittadinanza responsabile”, da celebrarsi ogni anno il 21 marzo al fine di promuovere l’educazione, l’informazione e la sensibilizzazione in materia di legalità su tutto il territorio.

“Si tratta di un risultato importante, che attribuisce valenza istituzionale a un momento di riflessione che Libera porta avanti da più di vent’anni, stabilendo il principio che davanti alle mafie ed all’illegalità non possono esserci divisioni e riconoscendo la Memoria, anche su questi temi, come valore comune, patrimonio del Paese.
Un valore che, tramite il contributo di ciascuno di noi, deve tradursi in azioni concrete, di formazione e di impegno, per far sì che possa prosperare ogni anno, con la primavera, la cultura della responsabilità condivisa e della legalità democratica”.

“Barriere” in lingua originale all’Apollo

Da ufficio stampa Apollo Cinepark

Un lunedì speciale all’Apollo, che propone alle ore 21.00 “Barriere”, diretto e interpretato da Denzel Washington, in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Il film, che si è aggiudicato il premio Oscar per la miglior attrice non protagonista a Viola Davis, è l’adattamento cinematografico dell’opera teatrale “Fences” di August Wilson, che nel 1983 venne premiata con il premio Pulitzer per la drammaturgia. Denzel Washington, che aveva già portato in scena il copione insieme alla stassa Viola Davis (nei panni della moglie Rose) offre il suo volto al servizio del personaggio Troy Maxson, netturbino che ha dovuto rinunciare alla sua carriera nella major league del baseball a causa del colore della sua pelle.
Il film è ambientato nella Pittsburgh anni Cinquanta ed è il racconto di un mondo in cambiamento, il cui processo però non si è ancora concluso.

Lunedì 6 marzo Zeno De Rossi presenta “Zenophilia” a Monday Night Raw. Con lui Piero Bittolo Bon e Filippo Vignato

Da ufficio stampa

Lunedì 06 marzo a Monday Night Raw, Zeno De Rossi presenterà “Zenophilia”, nuovo progetto in uscita per Auand e El Gallo Rojo Records, che soffia via senza paura i parametri musicali, facendo ballare il cervello e sorridere il cuore. Affiancano il batterista Piero Bittolo Bon al sax alto e flauto basso e Filippo Vignato al trombone. Segue il concerto l’imprevedibile jam session.

Lunedì 06 marzo (ore 21.30) a Monday Night Raw, Zeno De Rossi presenterà “Zenophilia”, nuovo progetto in uscita per Auand e El Gallo Rojo Records. Affiancano il leader Piero Bittolo Bon al sax alto e flauto basso e Filippo Vignato al trombone.
Una formazione non convenzionale, quindi, ridotta all’osso, dal suono tagliente come una lama di coltello ed essenziale come un aforisma Zen. Seppur priva di strumenti armonici, essa tesse complesse trame musicali grazie all’attento lavoro di contrappunto e a una spiccata verve poliritmica. La band predilige suonare in acustico a stretto contatto con il pubblico, producendo uno spettacolo al cui centro troviamo echi di ritmi second-line, suggestioni funk e R‘n’B, marce sghembe e improvvisazioni oblique. “Zenophilia” soffia via senza paura i parametri musicali, facendo ballare il cervello e sorridere il cuore.
Capace di muoversi con estrema abilità e sensibilità in differenti contesti, dalla musica jazz a quella sperimentale, e d’avanguardia, dal pop al rock, il batterista e compositore Zeno De Rossi (Verona, 1970) è uno dei musicisti più apprezzati e richiesti. Membro di numerosi progetti tra i quali Guano Padano, Vinicio Capossela, Enrico Rava PM Jazz Lab, Francesco Bearzatti Tinissima Quartet, Franco D’Andrea Quartet/Sextet e Mauro Ottolini Sousaphonix, De Rossi è  co-fondatore del collettivo El Gallo Rojo a partire dal 2005. Svariate sono altresì le formazioni nate in seno al collettivo stesso come Rope, Mickey Finn, Midnight Lilacs, The Leaping Fish Trio, Houdini’s Cage, Gallo & The Roosters e Alfonso Santimone Laser Pigs/Thrill di cui è parte.  In qualità di leader è alla guida del trio formato da Giorgio Pacorig (Fender Rhodes) e Francesco Bigoni (sax tenore e clarinetto) e di Shtik, progetto ad organico variabile che vede la commistione tra jazz e musica ebraica.
Ad impreziosire l’appuntamento di lunedì 06 marzo sarà il ricco aperitivo a buffet (a partire dalle ore 20.00) accompagnato dalla selezione musicale di France Dj. Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas.

INFORMAZIONI
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com

Per informazioni 0532 1716739 dalle ore 12:00 alle ore 20:00.

Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.

DOVE
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Se si riscontrano difficoltà con dispositivi GPS impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.

COSTI E ORARI
Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas.
Tessera Endas € 15

Non si accettano pagamenti POS

Apertura biglietteria 19.30
Aperitivo a buffet con dj set a partire dalle ore 20.00
Concerto 21.30
Jam Session 23.00

DIREZIONE ARTISTICA
Francesco Bettini

UFFICIO STAMPA
Eleonora Sole Travagli
e-mail: solejazzclubferrara@gmail.com ; press@jazzclubferrara.com
cell. + 39 339 6116217

Le prossime iniziative dell’Istituto Gramsci

Da Istituto Gramsci Ferrara

LUNEDI 6 MARZO ORE 17 BIBLIOTECA ARIOSTEA

GLI ADOLESCENTI TRA DISAGI E RISORSE

Chiara Baratelli Psicoanalista Psicoterapeuta

Introduce Nicola Alessandrini

Gli adolescenti rappresentano sempre una sfida per gli adulti, si tratta quindi di comprenderne le ragioni e i tratti di un conflitto tra generazioni che si ripete in tutti i tempi. Alcune caratteristiche di cui gli adolescenti sono portatori sono eterne: l’energia, l’irruenza, la proiezione verso il futuro, la tendenza all’assoluto, l’incapacità di mediazione.

Come si coniugano questi aspetti con le caratteristiche di questo tempo? Quali specifiche sfide ci presentano i giovanissimi oggi? Dobbiamo cercare tratti specifici dei nuovi adolescenti (che sono evidenti, in quanto ogni generazione respira l’aria del proprio tempo) o, anche, caratteristiche e attitudini di “questi genitori”, frastornati e inquieti, in balia di un tempo che cambia in fretta e di cui faticano a cogliere la traiettoria del cambiamento?

Su queste e altre domande sarà articolata la riflessione.

Per il ciclo “I colori della conoscenza”, a cura di Istituto Gramsci di Ferrara e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

MERCOLEDÌ 8 MARZO ORE 17 RIDOTTO DEL TEATRO COMUNALE

MUSICA E CULTURA NELLA FERRARA ANNI ‘50

La Società Ferrarese dei Concerti di Renzo Bonfiglioli a cura di Dario Favretti

introduce Roberto Cassoli

a cura di Istituto Gramsci Ferrara

ingresso libero

VENERDÌ 10 MARZO ORE 17 BIBLIOTECA ARIOSTEA

LA LIBERTÀ DEGLI ANTICHI

Conferenza di Claudio Cazzola

Coordina Gianluca Pizzotti

“De la liberté des anciens comparée à celle des modernes” è il titolo di una prolusione letta nel 1819 presso l’Athénée Royal di Parigi da Benjamin Constant. Egli, di famiglia ugonotta emigrata in Svizzera, dopo essere divenuto cittadino francese nel 1795 partecipa attivamente alla vita politica della sua patria: vive il Termidoro, l’esilio in Germania a causa del suo atteggiamento antigiacobino, i Cento Giorni napoleonici; fuoriuscito in Inghilterra dopo Waterloo e rientrato alla fine nella Francia della Restaurazione, a partire dal 1816 è membro del Parlamento regio, voce sommamente ascoltata. L’errore della Rivoluzione consiste – a suo parere – nell’aver preteso di applicare l’essenza collettiva della libertà degli Antichi ai diritti soggettivi di quella dei Moderni. Ma chi sono i cosiddetti Antichi?
Per il ciclo “Libertà” a cura di Istituto Gramsci di Ferrara e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Cgil Cisl Uil Ferrara: caporalato e illegalità

Da Segreterie provinciali Cgil Cisl Uil di Ferrara

Noi siamo stati convinti fautori dell’idea che fosse necessario legiferare per proibire e punire come delitto ogni sorta di comportamento atto a sfruttare ma anche a favorire lo sfruttamento del lavoro.
Il c.d caporalato rientra a pieno titolo tra quelle illecite attività che richiedevano da tempo di essere sanzionate come reato, non solo come illecito amministrativo.
La Legge 29 ottobre 2016 , n. 199 risponde pienamente allo scopo di considerare il fenomeno criminale dello sfruttamento dei lavoratori in condizioni di bisogno e di necessità come un fatto grave e per questo meritevole di essere perseguito e represso mediante un intervento di riforma del codice penale.
Finalmente un modello “securitario” applicato ai prepotenti e ai meschini che lucrano sulla fatica disumanamente imposta ,spesso con violenza e comunque con sopraffazione, a poverissime persone il cui unico demerito è quello di tentare di sopravvivere con i mezzi leciti della vendita delle proprie braccia.
Finalmente un dispositivo che garantisce per mezzo del modello normativo penale una seria attività di prevenzione e di efficacia deterrente nei riguardi di chi si appropria di quelle braccia con metodi criminali.
La tradizione del diritto penale italiano difatti ci insegna che l’efficacia intimidatoria ,dissuasiva, dell’inasprimento punitivo è massima per reati come le violenze alle persone, ma anche nei confronti del crimine organizzato, della corruzione, dei delitti dei colletti bianchi e in generale della criminalità niente affatto necessitata dei ricchi e dei potenti, che prospera esattamente nella misura della sua impunità.
Certo si potrebbe prosciugare la piaga dello schiavismo contemporaneo immettendo nella società maggiore giustizia sociale, lavoro libero , diritti sociali e di cittadinanza. C’è chi questo obiettivo se lo pone come una ragione di vita ancor prima che come obiettivo della propria azione.
Ma la battaglia politica per affermare il diritto all’uguaglianza sostanziale dei cittadini, di tutti i cittadini, non può trascurare che l’ingiusto sistema che punisce i poveri e lascia immuni i ricchi e la criminalità è fattore di dissoluzione dello spirito pubblico e quindi elemento frenante per la rifondazione della legalità.
Dalla legalità bisognerà partire e non dall’innalzamento delle barricate a difesa dei meno colpevoli tra i colpevoli.
Se la legalità in senso stretto è la prima garanzia della libertà personale contro l’arbitrio del più forte, bisognerà sancire chi sta dal suo lato e chi dal lato opposto.
Questa pratica si chiama etica della responsabilità sociale e non prevede deroghe in nome di una moralità di parte
Possiamo metterci allora seriamente a discettere e a discernere sulla congruità degli indici di sfruttamento?
Compilare una classifica secondo la quale la “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato” piuttosto che la ” reiterata violazione della normativa dell’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie” piuttosto che “la sussistenza di violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; piuttosto che “la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”, possano per davvero corrispondere a “violazioni lievi e meramente formali di normative legali e contrattuali riguardanti aspetti non sostanziali del rapporto di lavoro?
Crediamo che esprimere queste opinioni da parte di una importante Organizzazione Datoriale quale è la Confagricoltura sia sbagliato, addirittura pericoloso poiché indulge al rallentamento del processo di responsabilizzazione delle imprese, sottostimando i danni che la deformazione del sistema produttivo produce sul sistema democratico e sulle istituzioni che lo governano.

Diario di un fotoreporter: l’Umanità tra rifiuti, lamiere e frutta fresca

Qui, a Nairobi, ‘hotel’ è mangiare.

Le attività nascono sulla strada, spesso in senso letterale, con servizio ed accoglienza all’esterno e una sola sala interna.

La struttura è su terra battuta contornata dai rifiuti, siamo in uno slum, con struttura in legno e rivestimento in lamiera ondulata, simile a quella che mio nonno aveva nell’orto. Solo che qui ci costruiscono le strutture delle case.

All’interno ci sono panche e tavoli rivestiti con teli di plastica e sono persone che cucinano, sistemano i prodotti e lavorano accanto a te.

La tanica posta all’ingresso serve per lavarsi. Dosando per bene l’acqua che in Africa è il bene più prezioso.

C’è un via vai di bambini e di donne che lavorano. ‘New Life Hotel’ offre frutta, avocado , mango, banane: la tagliano e la servono in un comodo sacchetto in plastica come take away.

Non c’è nulla, o quasi, ma non ho mai mangiato tra tanta Umanità.

Foto di Diego Stellino

Donne e sport: l’ultracycler Ilaria Corli sfida chi pensa siano due mondi a parte

di Mattia Rizzati

Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla.
Pierre de Coubertin

C’è molto di questo aforisma decoubertiano nella sfida lanciata da Ilaria Corli, il tentativo di Guinness World Record nella categoria ‘The Longest Triathlon’. L’obiettivo è di percorrere 7.000 km in totale autonomia. Nuotando prima 210 km, partendo da Lido di Volano (Fe) – in questa occasione per motivi di sicurezza sarà accompagnata da un’imbarcazione d’appoggio –  in seguito pedalerà per 5.400 km lungo il perimetro occidentale dell’Europa da Porto san Giorgio a Berlino, per poi ritornare infine a Ferrara, questa volta correndo per circa 1.400 km sulle ciclabili di Germania, Repubblica Ceca e Austria.
Partenza: il prossimo 1 giugno. Arrivo: previsto in Piazza Castello a Ferrara entro la fine di agosto.

Non poteva che essere di Ferrara (città della bicicletta) questa ragazza Ultracycler, laureata in Matematica e Management dello Sport, attualmente frequenta la Facoltà di Scienze Motorie presso l’ateneo estense. E’ istruttrice di triathlon e atletica, si occupa del settore giovanile.
A soli 29 anni vanta già un notevole curriculum sportivo: nel 2013 Barcellona-Ferrara in solitaria, 1.200 km in 6 giorni; nel 2014 Ferrara-Oslo in solitaria, 4.300 km in 30 giorni; nel 2015 Ferrara-Caponord in solitaria, 4.300 km in 30 giorni; infine, nel 2016 ottiene il titolo di prima donna italiana finishernella categoria ‘solo self-supported’ alla ‘Trans Am Bike Race’: competizione di 6.900 km non stop coast to coast dal Pacifico all’Atlantico, attraverso 10 stati degli Usa (33 giorni).

Ilaria racconta delle sue ‘origini’ (2010-2012): “Quando per la prima volta sono salita su una bici da corsa era quella di mio nonno. E’ stato l’anno in cui ho iniziato a praticare triathlon e dei miei primi viaggetti in solitaria. Quell’anno suonavo in un gruppo musicale e ricordo che più di una volta ho raggiunto la mia band sulla mia bici percorrendo 100/150 km da casa. Con la passione per la bicicletta ho iniziato a documentarmi, a guardare video tutorial su internet. Mi sono iscritta a vari forum per cicloturisti, mi sono immedesimata immediatamente con molti di loro. Le mete che più leggevo erano al nord, per la grande rete ciclabile del centro Europa e parallelamente per la cultura ciclistica dei paese anglosassoni. Leggevo molti articoli e blog di viaggi che avevano come meta il Capo più settentrionale d’Europa, meta simbolica di molti ciclisti. Ma i km per me allora erano tanti, non avevo esperienza”.

Ecco perchè i primi viaggi solo (si fa per dire) a Barcellona e Oslo (2013-2014): “La prima scelta di viaggio è stata dunque la Spagna, Barcellona. L’idea di uscire di casa in bici e di arrivare in Spagna mi affascinava molto, ma come prima esperienza ho trovato più semplice imbarcare la bici e percorrere la strada a ritroso. Furono sei giorni durissimi, non avevo trovato il modo di assicurare un portapacchi sull’unica bici da corsa che avevo, così decisi di tenere sulle spalle il mio zaino da circa 8 kg, mi massacrò letteralmente le spalle da non riuscire più a stringere i freni gli ultimi due giorni. Però fu un’esperienza bellissima, di libertà e al contempo una prova con me stessa. Mi pentii di aver scoperto la bici solo così tardi. L’anno successivo mi allenai più duramente e decisi di percorrere le tanto quotate piste ciclabili del centro Europa di Austria, Germania, Danimarca”.

Arriva il momento di realizzare un sogno, un’idea nata nel 2010, parliamo di Caponord (2015): “La scelta della meta di questo viaggio rappresenta la realizzazione di un desiderio che avevo ormai da cinque anni. Mentre i primi due viaggi hanno avuto prevalentemente una connotazione di sfida personale, attraverso questa esperienza ho deciso di condividere il mio percorso di crescita inserito in contesti diversi. L’itinerario rappresenta non solo il simbolo della mia voglia di viaggiare, ma anche l’evoluzione del ciclismo femminile e l’intero movimento cicloturistico negli ultimi anni. Il progetto Caponord è partito infatti da una Ferrara ‘città delle biciclette’, che grazie ai recenti interventi di viabilità ciclabile, permette a sempre più persone di utilizzare un mezzo ecologico per gli spostamenti.”

Ilaria è stata la prima donna italiana  della storia della gara a portare a termine la competizione ‘Trans Am Bike Race nel 2016’:“Questa sfida è stata il passaggio dai lunghi viaggi in solitaria e autonomia al confronto con la competizione ultracycling. Competizione coast to coast di 6.800 km non stop con 65000 metri di dislivello. L’approvvigionamento alimentare, la gestione dei pernottamenti e delle eventuali pedalate notturne, le riparazioni meccaniche e quant’altro concerne la gara, erano a carico dei partecipanti in una totale autonomia”.

Le sfide di Ilaria arricchiscono non solo lei, ma tutti noi, tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarla. Il fatto che sia una donna a compiere questo tipo di imprese, le dà una marcia in più: non solo un modello puro, genuino, da offrire all’educazione ai valori dello sport che lei rappresenta, ma anche un esempio per tutti quei settori nei quali la figura femminile viene, purtroppo, ancora oggi non adeguatamente considerata e valorizzata. La tenacia e la determinazione con cui si approccia a queste esperienze è testimonianza di come i limiti siano spesso costrutti mentali, superabili con il lavoro. La resilienza.
Lo sport è un veicolo culturale ed educativo, Ilaria rappresenta un modello di sport pulito, praticato ad altissimi livelli, autentico, genuino. Viviamo in un periodo storico confuso e dispersivo, abbiamo un bisogno disperato di modelli, e lei lo è. Le sue imprese raccontano vicende di sacrificio, superamento delle avversità, confronto, introspezione, crescita, preparazione, cura di se stessi.

Il segreto, come dice Ilaria, è cambiare il punto di vista: “Gli ostacoli non ti fermano ma ti rafforzano, se credi veramente in qualche cosa. Perché superati potrai dire una volta di più “Ce l’ho fatta””.

Leggi anche:
Ilaria Corli pedala sul mondo e prepara la sua sfida estrema: TransAmerica in totale autonomia

Bellini e i belliniani: la collezione dell’Accademia dei Concordi di Rovigo

di Maria Paola Forlani

Promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, la mostra ‘Bellini e belliniani. Dall’Accademia dei concordi di Rovigo’, a cura di Giandomenico Romanelli (catalogo Marsilio) prosegue le esplorazioni sulle trasformazioni dei linguaggi della pittura veneziana e veneta negli anni magici tra Quattro e Cinquecento.

Il più grande rinnovatore della pittura veneziana, di cui ricorre il quinto centenario della morte è, certamente, Giovanni Bellini (Venezia, 1425/30 – ivi, 1516), talvolta detto ‘Giambellino’.
Educatosi nella bottega paterna, egli sente però il bisogno di più ampie conoscenze, di studi approfonditi sui maggiori artisti apportatori di novità rinascimentali, sia su quelli che hanno lasciato tracce a Venezia – come Andrea del Castagno nella Cappella di San Tarasio in San Zaccaria – sia su quelli che operano fuori, da Piero della Francesca a Roger Van der Weyden (che può aver visti a Ferrara) a Mantegna, i rapporti col quale si fanno poi più stretti per il matrimonio di quest’ultimo con la sorella di Bellini, Nicolosia.
Dunque il ceppo da cui proviene e prende le mosse è quello di Jacopo Bellini. Da lui, disegnatore sublime e pittore di vaglia con incarichi ufficiali, nascono Gentile e Giovanni. Ma già il fratello, egli pure Giovanni, è pittore, seppur di non chiarissima sostanza. Anche il figlio di una sorella di Jacopo esercita la professione: si tratta di quel Leonardo che si afferma come miniaturista di gran classe.
Famiglia-laboratorio, quindi anzi due. Gentile, che sale a chiara fama per le sue scene ‘storiche’, cioè i grandi teleri con le vite dei santi e gli episodi di storia veneziana oltre che per la sua attività di ritrattista, erediterà la bottega paterna. Giovanni ne aprirà una in proprio.
La definizione di atelier, o laboratorio o bottega, nasce proprio dal fatto che quella dei Bellini dovette essere un’azienda ben strutturata, ricca di presenze come aiuti, collaboratori, discepoli, allievi e garzoni, il cui ruolo e le modalità di esercizio della comune professione si viene di recente illuminando, anche se ancora persistono incertezze e zone d’ombra che non sempre risulta agevole dissipare. Chi faceva e cosa? Con quale grado di autonomia, con una divisione del lavoro orizzontale o verticale?

Ѐ quello che i curatori e gli studiosi si sono chiesti affrontando la questione proprio dei belliniani, quindi l’insieme del mondo composito formatosi, da dentro o da vicino, attorno al capo bottega, riprendendone, di certo con la sua approvazione e forse collaborazione, moduli, tipologie, strutture compositive, linguaggio, tematiche.
Per la mostra di Conegliano i curatori lo hanno fatto partendo dalle collezioni della pinacoteca annessa all’Accademia dei concordi di Rovigo che, formatasi per generosa donazione soprattutto dei conti Casilini nel primo Ottocento, riflette con fedeltà il gusto e le mode dell’epoca, anche nella riscoperta dei cosiddetti primitivi oltre che agli artisti quattrocenteschi. Una moda che ebbe, proprio a Venezia, tra i suoi più ascoltati seguaci personalità tra loro agli antipodi sociali e culturali, ma convergendo in questo gusto collezionistico, quali Carlo Lodoli e Leopoldo Cicognara.
Ecco allora alle prese con personalità che escono dalla bottega di Bellini, ovvero che questa bottega frequentano per poi affrancarsi, ovvero ancora che utilizzano materiali di laboratorio (schizzi, disegni, modelli, cartoni, spolveri…) per trarre copie o rielaborazioni dai prototipi belliniani.

I nomi sono più o meno celebri oggi, ma non sono nomi da poco, non sono insomma, dei dilettanti che si rivolgono alla pittura, ma personaggi ben inseriti in un mercato che fu florido, articolato e con solidi legami con una committenza di differente composizione e possibilità economiche. Lo si riscontra nei prodotti finiti, con eccellenze e magari qualche caduta qualitativa.
I nomi: Girolamo da Santacroce, Marco Bello, Nicolò Rondinelli, Pasqualino Veneto, Francesco Bissolo, Bernardino Licino. Ma anche personalità della statura di Andrea Previtali o, seppur di certo non belliniano in senso proprio, il grande Palma il Vecchio, fino a Tiziano, che per quella bottega passò traendone tutto il succo che ne poteva spremere. E forse non si può dimenticare che anche Cima da Conegliano e Giorgione e Sebastiano del Piombo rappresentano altri possibili esiti del magistero belliniano.
Nella collezione rodigina spicca la raffinata tavoletta della ‘Madonna con il Bambino’, opera firmata dal maestro Ioannes Belli.
Giovanni Bellini è considerato a ragione, l’inventore di immagini per la devozione privata (Andachtsbilder): un genere pittorico intimo che avrà enorme risonanza nella pittura veneta tra fine del Quattrocento e la prima metà del secolo successivo. In particolare le sue ‘Madonne con il bambino’, così innovative nello stile, anche se tradizionali nel soggetto e nel significato, diverranno i soggetti più replicati da scolari ed epigoni. Dal sapore familiare e coinvolgenti emotivamente, le Madonne belliniane si caricano di una valenza simbolica allusiva al destino del Salvatore: il parapetto marmoreo sul quale il Bambin Gesù viene adagiato anticipa sia il sepolcro che l’altare, evidenziando così metaforicamente la funzione salvifica ed eucaristica di Cristo.
Anche l’Imago Christi, tra i modelli belliniani per la devozione privata ebbe una particolare fortuna compositiva, soprattutto, nel ‘Cristo portacroce’, documentata da una serie di esemplari autografi e dalla ricca produzione degli artisti operanti nell’orbita belliniana. L’esemplare rodigino appartiene alla produzione tarda di Giovanni: la resa morbida della materia pittorica e la trattazione atmosferica della luce sono il risultato delle contaminazioni con i pittori della nuova generazione, in particolare con il tonalismo giorgionesco. Il ritratto di straordinaria umanità che ci restituisce l’artista è teso a concentrare la nostra riflessione sul volto sofferente di Cristo. Lo sguardo intenso, magnetico, con gli occhi arrossati, esprime un dolore interiorizzato e portato con estrema dignità. Superba è la resa della veste candida e luminosa aperta sul collo e increspata sulle braccia.