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Giorno: 8 Marzo 2017

8 MARZO
Marocchinate, storie di stupri e vessazioni di casa nostra

1944, Ciociaria e Basso Lazio: quasi ventimila donne colpite dalla violenza dei goumiers nordafricani al seguito della V armata del generale Juin. Una tragedia dimenticata alla quale non è stata resa giustizia. Un monito contro le continue violenze perpetrate ancora oggi contro le donne, ovunque. In occasione dell’8 marzo, abbiamo intervistato Stefania Catallo, autrice del libro ‘La memoria scomoda della guerra. Le marocchinate’ e presidente del centro antiviolenza Marie Anne Erize di Roma.

Stefania Catallo

Intercetto Stefania Catallo al telefono, mentre sta chiudendo le valigie per il prossimo viaggio. Sta partendo per la Romania dove, come presidente del centro antiviolenza Marie Anne Erize di Tor Bella Monaca (Roma) e ambasciatrice onoraria del Telefono Rosa, inaugurerà il primo centro antiviolenza della città di Faragas. Non in un posto qualunque, ma all’interno dell’ospedale della città, aperto da un medico italiano sensibile e coraggioso che si chiama Erik Cocchetti.
La scelta del giorno dell’inaugurazione di questo centro, novità assoluta per la Romania, non è casuale: avverrà l’8 marzo. Un 8 marzo diverso per tanti motivi, perché Stefania Catallo è una donna diversa, forte e di una umanità straordinaria, ed è l’autrice di un libro denuncia, che lascia un segno indelebile nel cuore: ‘La memoria scomoda della guerra. Le marocchinate’.

Stefania, vorrei partire proprio dal tuo libro ‘Le marocchinate’, dove hai raccolto le testimonianze di sei delle quasi ventimila donne che durante la Seconda guerra mondiale subirono, nella zona del Basso Lazio, stupri e vessazioni da parte dei goumiers nordafricani al seguito della V armata del generale Alphonse Juin. Perché hai deciso di portare alla luce queste storie?
Ho deciso che mi sarei occupata delle ‘marocchinate’ nel 2012, ma in realtà l’interesse verso queste donne era nato molti anni prima. I miei genitori sono entrambi di origine ciociara, di una cittadina a pochi chilometri da Frosinone. Per anni, durante l’infanzia, ho trascorso i fine settimana e le estati nella campagna, dove abitavano i miei nonni, e in tutto questo tempo non avevo mai sentito parlare di marocchinate. Poi un giorno d’estate accadde un episodio curioso: giocavo in cortile con altri bambini e, all’improvviso, arrivò un venditore ambulante con un carrettino dipinto di rosso. Aveva i capelli scuri e la pelle ambrata e vendeva stoffe, sciarpe e bigiotteria di tutti i tipi, attirando l’attenzione al grido del suo nome Sgiusep, ovvero Giuseppe nella sua pronuncia straniera. Era per noi bambini qualcosa di esotico e così lo invitammo istintivamente in casa, dove i miei genitori lo accolsero offrendogli ospitalità. Mia nonna appena lo vide cominciò a gridare, fuggì e si chiuse in camera sua, urlando come una pazza di “cacciare via il marocchino”. All’epoca non feci caso a tutto questo, ma dopo molti anni il ricordo si riaffacciò alla mia memoria, e viste le ricerche che stavo facendo, tutto diventò più chiaro. Fu una amica di mia nonna, Teodora, ad aiutarmi nella scoperta di quanto era accaduto, lei il filo rosso che mi ha guidato nel labirinto di storie e voci di donne dalla dignità incredibile, rimaste per anni inascoltate.

Come sei riuscita a raccogliere le testimonianze di queste donne?
Quando ho iniziato a occuparmi di violenza di genere, e in seguito con la creazione del Centro Antiviolenza Marie Anne Erize, ho sentito sempre più forte l’esigenza di raccogliere le testimonianze di quanti avevano vissuto quelle tragiche cinquanta ora di carta bianca: si dice fossero state concesse come premio dal generale francese Alphonse Juin ai goumiers se questi fossero riusciti a far retrocedere i nazisti il più possibile dagli Aurunci e si svolsero tra il 12 e il 17 maggio 1944 (il libro si apre proprio con il proclama del generale Juin, ndr). Per tanti anni questa dolorosissima vicenda umana è rimasta semisconosciuta. Le popolazioni hanno ricostruito i paesi e le case, ricominciando la loro esistenza senza parlare di quello che avevano subito. La memoria, però, è una forza potentissima, non può essere cancellata e, alla fine, i racconti di questa pagina sono emersi prepotentemente dai ricordi di coloro che prima avevano subito l’onta delle violenze e poi l’indifferenza dello Stato. Le storie di questo libro sono tratte dai racconti che ho ascoltato personalmente del corso di anni di ricerca. Per tutelare la riservatezza delle testimoni ho cambiato i loro nomi e non ho indicato i luoghi nei quali si sono svolte le loro vicende. A volte è stato complicato raccogliere i ricordi, a volte mi è capitato di ascoltare queste voci in modo fortuito e casuale.

Quale è stata l’accoglienza e la reazione delle donne che hai incontrato?
Ho sempre vissuto una sensazione di accettazione e di piena fiducia di quanti hanno voluto regalarmi le loro memorie e ho percepito con forza il desiderio di raccontare da parte di donne, emarginate dal silenzio della loro stessa comunità. Le vicende di Teodora, Suor Teresina, Rosa, Leda, Angela, Rita, sono tutte autentiche. Tutte trasmettono il senso della tragedia vissuta e sono testimonianza viva e attuale del dramma vissuto settanta anni fa dalle donne ciociare. Un aspetto va sottolineato: in queste testimonianze non c’è mai rancore, neppure nei confronti dei goumiers, visti anch’essi come vittime di un sistema. Quello che le donne chiedono è giustizia da parte dello Stato. Una giustizia che non hanno ancora ottenuto, come risulta dagli atti parlamentari dei primi anni Cinquanta, riportati in appendice del libro, con le interpellanze al Ministro del Tesoro presentate dalla deputata comunista Maria Maddalena Rossi. Questi atti hanno portato all’accoglimento, comunque tardivo, solo d’una piccola parte delle decine di migliaia di domande per pensioni, come vittime civili di guerra, presentate dalle ‘marocchinate’. Da parte francese sono state fatte solo prevedibili inchieste caserecce, con qualche condanna nei casi più eclatanti, il versamento di modeste somme di denaro, come immediato risarcimento ad alcune delle ‘marocchinate’, e mai nessuna scusa ufficiale all’Italia.

Sulla scia del tuo libro e del tuo impegno quotidiano nel centro antiviolenza, qual è il tuo messaggio per  l’8 marzo?
Ti dirò, io non amo le passerelle e le manifestazioni gridate che obbediscono spesso a logiche politiche o alla ricerca di consenso. Credo piuttosto nell’impegno silenzioso e quotidiano, credo nella forza della memoria, che dovrebbe insegnarci a non perpetrare mai più gli errori commessi e che, invece, inevitabilmente si ripetono.
Vorrei che l’8 marzo fosse come in Argentina la festa delle donne lavoratrici, non l’ennesima occasione per fare marketing o attirare l’attenzione. Così questa giornata recupererebbe davvero il suo valore originario e sarebbe un prezioso giorno della memoria dell’impegno civile delle donne. Spero che il mio libro possa anche sollecitare un maggiore impegno da parte dello Stato per combattere la violenza subita dalle donne.
A questo proposito ricordo un fatto sconvolgente: solo con la legge n. 66 del 15 febbraio 1996, ‘Norme contro la violenza sessuale’, nel Codice penale si afferma il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, che viene coartata nella sua libertà sessuale, e non contro la morale pubblica. Solo da allora il reato di violenza contro una donna non è stato più parificato a qualsiasi azione contro la morale pubblica. Come dire, per usare un’immagine provocatoria, che prima compiere violenza contro una donna era considerato un atto offensivo esattamente come fare la pipì in pubblico.

Stefania Catallo, La memoria scomoda della guerra. Le marocchinate, Universitalia, gennaio 2017.

Intervista a Marcella

Giornata Internazionale della Donna proposte didattiche scuole Ferrara

Da Coordinameno Nazionale Docenti della Disciplina Diritti Uman

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale della donna (08 marzo), proclamata anche in base alla risoluzione n. 32/142 del 16 dicembre del 1977 dell’ONU, intende sensibilizzare l’opinione pubblica circa il ruolo femminile nell’attuale società.
Discriminazione, violenza, disparità nel mondo del lavoro e squilibri nelle relazioni sociali sono temi sui quali si continua a discutere continuamente nei dibattiti politici. Considerando i molteplici, tragici, episodi di cronaca, registrati quasi quotidianamente e aventi come vittime donne, colpevoli di autodeterminarsi, brutalizzate da compagni emotivamente “diseducati”, in una società in cui il corpo femminile è spesso mercificato e banalizzato, e riscontrando la strumentalizzazione ossessiva dello stesso nella pubblicità e nei prodotti d’intrattenimento in cui il “gentil sesso” viene sempre relegato a ruoli di subalternità, passività e arrendevolezza, diventa doveroso intervenire tempestivamente per promuovere tra i giovani il rispetto dell’altro e diffondere i valori della reciprocità e parità.
In Italia la situazione ancora non è delle migliori neanche circa la rappresentanza politica, nonostante alcuni interventi normativi tesi a riequilibrare i rapporti tra i sessi (Legge n. 215/2012). Basta riflettere su alcuni dati: solo un terzo dei parlamentari nell’attuale legislatura è di sesso femminile; le deputate della Camera sono circa il 31% del totale, mentre le senatrici sono il 29%.
Spinte retrograde e oscurantiste spesso inficerebbero i traguardi raggiunti dalle donne durante il Novecento. Non bisogna recedere dalla divulgazione dei principi di uguaglianza riconosciuti dall’art. 3 della Costituzione italiana e dall’art. 1 della DUDU.
A tal proposito, nel lasso di tempo che intercorre tra l’8 marzo e il 15 marzo, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani invita le scuole di ogni ordine e grado di Ferrara a sostenere campagne di sensibilizzazione circa il tema proposto e ad associarsi al flash mob ideato e promosso dall’ISI Pertini di Lucca nell’ambito di un progetto realizzato in collaborazione con il Coordinamento e che consiste nel lancio, da parte degli studenti, di palloncini rosa e azzurri uniti insieme da un nastro per simboleggiare l’armonia e la parità tra i generi.

Occupazione. Disabilità: 12,5 milioni di euro per l’orientamento, la formazione e l’accompagnamento al lavoro

Da ufficio stampa

La Giunta ha approvato il documento di programmazione per il 2017. Sono previsti interventi di politica attiva e sui luoghi di lavoro

Bologna – Sostenere l’inserimento lavorativo e la permanenza qualificata nel mercato del lavoro delle persone con disabilità: la Giunta regionale ha approvato il Piano 2017, finanziato con 12,5 milioni di euro del Fondo Regionale Disabili, attraverso il quale l’Emilia-Romagna definisce obiettivi e linee di intervento.
Il Piano 2017 si colloca nel processo di costruzione, previsto dal Patto per il lavoro, di una Rete attiva per il lavoro che integri servizi pubblici e privati accreditati per migliorare la qualità e aumentare il numero degli utenti dei servizi. Per raggiungere questo obiettivo, la Regione interverrà per potenziare i servizi del collocamento mirato erogati dai 9 uffici territoriali, che dal 1 agosto 2016 sono, insieme ai Centri per l’impiego, di competenza dell’Agenzia regionale per il lavoro. Parallelamente, il Piano richiede ai servizi privati per il lavoro di qualificare i propri interventi in integrazione e non in sostituzione dei servizi pubblici, come previsto dalla disciplina regionale per l’accreditamento.
“Stiamo completando il disegno regionale tracciato col Patto per il lavoro, l’Emilia-Romagna utilizzerà le risorse a disposizione per migliorare i servizi e per realizzare attività di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro delle persone con disabilità- spiega l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, Patrizio Bianchi-. Il 30% di queste risorse sarà destinato, come prevede la legge regionale 14/2015, a interventi rivolti alle persone disabili che presentino anche particolari situazioni di fragilità sociale”.
In generale, i destinatari delle misure previste dal Piano sono le persone disabili ai sensi della legge nazionale 68 del 99, sia iscritte al collocamento mirato che occupate, le persone con disabilità acquisita nel corso di un rapporto di lavoro e i giovani con disabilità fisica o psichica certificata ai sensi della Legge 104/92, che stiano terminando o che abbiano concluso un percorso formativo e si affaccino al mercato del lavoro. Tra le misure previste ci sono anche azioni per incentivare e supportare le imprese che assumeranno persone con disabilità.
Le misure si suddividono in interventi di politica attiva e interventi promossi sui luoghi di lavoro.
Gli interventi di politica attiva sono individuati a partire dalla situazione occupazionale e dalle esigenze degli utenti e possono essere finalizzate all’inserimento o alla permanenza nel mercato del lavoro. L’elenco comprende attività di orientamento, tirocini, tutoraggio sul posto di lavoro o nel contesto formativo, percorsi di formazione permanente (es. alfabetizzazione informatica e linguistica, competenze di base), percorsi per acquisire una qualifica professionale, percorsi abilitanti per centralinista telefonico non vedente, misure di sostegno all’autoimprenditorialità e percorsi personalizzati per sostenere i giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro. Per ciascuna misura finanziabile, il Piano indica anche quali soggetti accreditati possano erogarla (enti di formazione e/o soggetti privati che realizzino servizi per il lavoro a supporto dell’inclusione sociale).
Infine, il Piano individua gli interventi che potranno essere promossi sui luoghi di lavoro, con ricadute dirette sia sulle persone con disabilità che sui datori di lavoro: incentivi all’assunzione, concessi alle imprese a integrazione delle erogazioni dell’Inps, finanziamenti per l’adattamento delle postazioni di lavoro e contributi a sostegno della mobilità casa-lavoro.

Nuovo sportello Acta per lavoratori freelance a Wunderkammer

Da Consorzio “Wunderkammer”

Milano, Roma, Verona, Bologna, Parma, Cagliari e ora anche a Ferrara. Merito della collaborazione tra Acta e Consorzio Wunderkammer, che oggi presentano a Palazzo Savonuzzi il nuovo sportello Acta di consulenza e supporto ai lavoratori freelance e a partita Iva. L’ufficio avrà sede a BanCO, il coworking presente già dal 2014 a Wunderkammer di Ferrara, e sarà attivo ogni secondo mercoledì del mese (quindi nel caso di marzo, già mercoledì 8) dalle 10 alle 12.

Cos’è nello specifico Acta? Nata nel 2004 da un gruppo di professionisti che decisero di rivendicare pari diritti per il lavoro autonomo, oggi Acta è l’associazione senza fini di lucro dei consulenti del terziario avanzato che tutela le nuove realtà di lavoro autonomo, sempre più presenti e diffuse in Italia, supportando i lavoratori con partite Iva e i freelance con consulenze gratuite (per tutti il primo incontro, per chi si iscrive ad Acta anche i successivi). Vi aderiscono infatti ricercatori, formatori, informatici, designer, grafici, traduttori, interpreti, esperti di marketing, operatori audiovisivi, illustratori, organizzatori di eventi, consulenti e altri professionisti che operano nei settori creativi e delle nuove tecnologie.

A dare consulenza a Ferrara sarà Irene Bortolotti, referente regionale Acta e tra i coworker di BanCo al Wunderkammer. “Aperto su prenotazione – spiega Irene Bortolotti – lo sportello è pensato per dare informazioni ai freelance e ai lavoratori con partita Iva operanti sul territorio, che potranno saperne di più su diritti, obblighi, welfare, sistema fiscale, tariffario e risolvere molti dei dubbi derivanti dalle nuove professionalità, presenti sempre più nel mondo del lavoro oggi”. In Regione altri sportelli Acta sono già attivi solo nelle città di Bologna e Parma.

Lo sportello Acta è tra le nuove proposte di Wunderkammer. Tra le attività promosse dall’Aps Basso Profilo e dal Consorzio Wunderkammer attraverso lo spazio di coworking, lo sportello Acta rappresenta infatti un passo successivo del lavoro portato avanti con BanCO. “Il nostro coworking crea da tempo vere sinergie tra chi vi partecipa – sottolinea Maria Giovanna Govoni, presidente del Consorzio Wunderkammmer – come nel caso dello sportello Acta realizzato dalla nostra coworker Irene Bortolotti”. Il concetto di scambio è intrinseco nel significato stesso di “banco” (che può voler dire un tavolo di lavoro, un sedile, un insieme di pesci…), scelto infatti come nome del primo coworking a Ferrara. “Ciò è segno che con BanCO si sta creando una comunità di professionisti che non solo collaborano tra loro, ma che realizzano anche servizi per fruitori esterni al Consorzio – conclude la presidente di Wunderkammer –. Questa non è altro che parte di un processo che rimetterà al centro le libere professioni, soprattutto quelle creative”.

Nato nel 2014 e ideato da un gruppo di giovani creativi, designer e architetti, BanCO è un po’ ufficio e un po’ officina, ovvero è un incubatore di nuovi artigiani, una piattaforma pensata per consolidare il mercato del making, del fare. Il co-working si integra così con il co-manufacturing, uno spazio dove condividere vecchi e nuovi saperi attraverso 5 postazioni in open space, una sala riunioni, un’area caffè e relax, un ufficio-portineria, una sala polivalente di 200mq per meeting ed eventi, due ampie terrazze e un giardino sul fiume.

Lo sportello Acta sarà aperto dalle ore 10 alle ore 12

– Mercoledì 8 marzo
– Mercoledì 12 aprile
– Mercoledì 10 maggio
Si riceve su appuntamento, prenotando alla mail: sportelloemiliaromagna@actainrete.it, anticipando brevemente il proprio caso.

All’incontro sono intervenuti:

Caterina Ferri
Assessore al Lavoro di Ferrara
 
Roberto Serra
Assessore per la Smart City e al Commercio di Ferrara
 
Massimo Maisto
Vicesindaco di Ferrara
 
Irene Bortolotti
Referente regionale Acta
 
Maria Giovanna Govoni
Presidente Consorzio Wunderkammer di Ferrara

CHIAVI DI LETTURA
Ferrara violenta: le ragioni di Occhio ai Media

Dal dibattito del 27 febbraio, “Ferrara violenta? La criminalità fra realtà e suggestione”, c’è stata una serie di articoli ed editoriali nei giornali locali sul ruolo della stampa nella propagazione di tensioni interetniche nella nostra comunità.

Le nostre ragioni
E’ chiaro che le tensioni razziali esistono nella società, ma sappiamo anche che i giornali hanno un ruolo molto importante, “citare la nazionalità” è solo una parte del problema e lo diventa ancora di più quando c’è la costante associazione tra stranieri e criminalità.

Diventa molto significativa anche la collocazione, la “giustapposizione” di articoli, i commenti a fianco (quasi sempre di esponenti della Lega Nord) che imprimono connotazioni negative complessive.
Il tutto peggiorato da imprecisioni giornalistiche (“verosimilmente nigeriani”, “ragazzi probabilmente nordafricani”, “4 stranieri in bicicletta”), naturalmente seguite da un fatto negativo anche se non sempre un reato.
Per questo le Associazioni dei giornalisti hanno proposto, con la Carta di Roma, una specie di decalogo sconsigliando alcuni termini ed espressioni che possono mettere in luce negativa i soggetti citati.
Infatti nessuno vuole censurare la stampa – sappiamo che i giornali danno molto spazio a politici xenofobi [vedi il nostro sito occhioaimedia.org screenshot manifestazione 24 settembre, albanese espulso], ma questo ovviamente è il loro diritto: è la politica.

Sappiamo che i problemi della nostra società non sono provocati dai giornali ma il modo con cui sono trasmesse le notizie può influenzare, e molto, la formazione di un pregiudizio razzista. Per questo in molti Paesi europei esistono regole scritte, e non, che si traducono in un linguaggio giornalistico più corretto di quello utilizzato generalmente dai giornali italiani.
E’ un dato di fatto che se si legge di continuo titoli del tipo “tunisino ruba una bicicletta” o “rumena fermata in un supermercato” per citare i più blandi, alla fine nell’etichetta negativa si finisce per coinvolgere migliaia di persone oneste, colpevoli solo di appartenere ad una minoranza etnica e si finisce per associare ad ogni genere di accusa generalizzata intere etnie con la criminalità, con la violenza sessuale, con la prostituzione, con lo spaccio della droga.
Senza contare la de-umanizzazione che alcuni articoli sottintendono, racconti nei quali gli immigrati compaiono come animali piuttosto che esseri umani.

Molti di noi ragazzi hanno origine straniera e siamo stanchi di essere bollati con etichette negative che non ci descrivono ma che, a volte, interferiscono con la nostra vita sociale in questo Paese, che è anche il nostro Paese.

Redazione Occhioaimedia

INSOLITE NOTE
“Spiegazioni improbabili” di Massimiliano Cranchi: nuovo album e concerto a Ferrara

‘Spiegazioni improbabili’ è il quarto album di Massimiliano Cranchi e della sua band, un viaggio lungo sette canzoni con scelte, passaggi, incontri e scontri di vita. La presentazione ufficiale avverrà a Ferrara il 15 marzo alle ore 21.00, presso la Sala Estense, in occasione del concerto di Cranchi e la sua band.
Il disco di Cranchi si lega alla tradizione della canzone d’autore italiana, evidenza rivelata sin dalle prime battute di ‘Spiegazioni improbabili sul metodo’, che cita Francesco De Gregori, proseguendo per strade dove si incrociano, tra gli altri, Francesco Guccini, Paolo Conte.
Il punto più alto del disco è raggiunto da ‘Anna’, un brano eseguito con la brava Valentina Curti, un ritratto tormentato tra pazzia e slanci amorosi. Consapevolezza e rimpianto alimentano un amore vero nascosto in un nome, un abbraccio platonico a se stessi e a chi non ci appartiene.
Massimiliano frequenta Ferrara, la città che ama i cantautori, come le rassegne organizzate dall’associazione ‘Aspettando Godot’, che recentemente ha riportato tra il pubblico artisti quali: Renzo Zenobi, Mario Castelnuovo, Flavio Giurato, i musici di Claudio Lolli e di Francesco Guccini.

La copertina di Spiegazioni improbabili

‘Spiegazioni improbabili’ è il nuovo disco di Massimilano Cranchi o della Cranchi band?
Il progetto si è sempre chiamato Cranchi, ho iniziato a scrivere canzoni voce e chitarra tenendole chiuse in un cassetto, è stato merito – o colpa se vuoi – di Marco Degli Esposti che mi ha convinto e spinto a portarle fuori. I dischi escono a mio nome ma sono suonati pensati e arrangiati da una band. Diciamo che questo disco è più ‘solista’ degli altri perché le canzoni parlano della mia storia personale, tutto qua.
Ora a dir la verità ‘Cranchi’ non so più cosa sia… Io, Io e Marco, una band? L’importante è suonare e continuare a scrivere. Tra parentesi, in ‘Non canto per cantare’ tre canzoni sono state scritte interamente da Marco (testo e musica).

Rispetto al tuo lavoro precedente, ‘Non canto per cantare’ (2015), il nuovo album ha un carattere più autoriale…
‘Non canto per cantare’ è nato come disco corale, David Merighi era appena entrato nella band e avevamo voglia di suonare e creare assieme questo disco che poi ha dato molte soddisfazioni, come il tour in Cile.
Spiegazioni improbabili nasce da una mia esigenza, quella di raccontarmi e trovare delle certezze, naturalmente non ne ho trovate…
Mi sono messo in studio con Marco Malavasi (sonic design studio) e abbiamo cercando di differenziare molto le canzoni con l’obiettivo di trovare per ognuna di esse arrangiamenti e strumenti adatti. Il disco non è suonato solo dalla band ma da molti altri musicisti, tra cui i bimbi della scuola elementare di Sermide che fanno i cori di l’amore è un treno.

I Cranchi

Quali ‘Spiegazioni improbabili’ legano le sette storie che raccontano: la tua città, la donna di vetro, la fatica del gregario, macchinisti impazziti e vari aspetti dell’amore…
Spiegazioni improbabili sul metodo, la prima canzone del disco, intro e collante di tutte le altre. Un viaggio onirico e metaforico che prova goffamente a spiegare come nascono le mie canzoni. ‘La donna di Vetro’ cita De Gregori, il macchinista Guccini e il gregario Paolo Conte, mi hai scoperto…

‘Anna’ è uno dei brani più intensi dell’album, dietro si cela Bertha Pappenheim, scrittrice austriaca divisa tra spazzacamini che corrono nel cervello e impulsi amorosi, impreziosito da Valentina Curti…
‘Anna’ è anche il nome di mia sorella… Ho voluto mantenere la ‘presenza femminile’ che ci accompagna in tutti i dischi: Marta Poltronieri per ‘Caramelle Cinesi’, Francesca Amati per ‘Volevamo uccidere il re’, Maria Roveran in ‘Non canto per cantare’ e ora Valentina. Il tema di ‘Anna O’ mi è molto caro, questa è la seconda canzone che le dedico. La prima, ‘Anna O’, appunto, si trova in ‘Caramelle cinesi’. Probabilmente mi affascina questo amore intellettuale mai consumato, questa catarsi a cui Breuer inizialmente non diede importanza, non solo per Bertha ma per la storia futura della psichiatria. Forse perché simbolo dell’amore non ricambiato per antonomasia. La canzone si sviluppa in un botta-risposta alla fine di una seduta psicanalitica, in cui Breuer, accortosi del ‘pericolo’ dell’innamoramento di Bertha prova a prenderne le distanze, senza riuscire razionalmente a controbattere le frasi appassionate della sua paziente. Penso che anche lui ne fosse innamorato ma troppo rigido per ammetterlo e poi le canzoni non si spiegano… ne potrebbero venir fuori solo spiegazioni improbabili…

Massimiliano Cranchi

Tu hai vissuto e frequenti Ferrara, che rapporto ha la città con gli artisti?
Ne approfitto per ringraziare Pino Calautti di Aspettando Godot, fa un lavoro incredibile per portare il cantautorato di qualità a Ferrara. La città dovrebbe aiutarlo di più! Pino è il vero servizio pubblico. Sempre a proposito di Aspettando Godot, vorrei anche salutare il grande Claudio Lolli, spero un giorno di poterci passare una serata assieme.
A Ferrara abbiamo un grande pubblico e vorrei ringraziarli tutti e dire che vi aspettiamo il 15 marzo in Sala Estense, poi non so dire quali siano i rapporti tra la città e i suoi artisti, anche perché io son straniero. Mi son sempre considerato mantovano in realtà, Ferrara mi ha adottato e ho passato gran parte della mia vita in questa città, è stato un rapporto di amore e odio. Ultimamente andiamo d’accordo.

Massimiliano Cranchi

Una domanda a Pino Calautti, dell’Associazione Aspettando Godot
Parlando di Cranchi e della sua band abbiamo affermato che Ferrara ama i cantautori…
Cranchi Band è sicuramente una gran bella nuova realtà, hanno aperto con successo alcune nostre manifestazioni. L’associazione Aspettando Godot opera da alcuni anni a tutela culturale della storica canzone d’autore italiana, spesso con grandi sacrifici e non sempre con aiuti istituzionali. Ha realizzato molti concerti su tutto il territorio con il cantautore bolognese Claudio Lolli. È organizzatrice della rassegna “Storica e Nuova Canzone d’Autore” di Ferrara, la cui ultima edizione 2016 ha beneficiato del patrocinio del Ministero dei Beni Culturali. Aspettando Godot organizza anche la “Rassegna d’Autore e d’Amore” di Bordighera (patrocinio e sostegno Siae per l’edizione 2016). In pochi anni di attività ha portato in concerto artisti importanti come Eugenio Finardi, Alberto Fortis, Nada, Eugenio Bennato e diversi altri. Alle nostre manifestazioni partecipano appassionati provenienti da tutta Italia.

Fotografie in esterno: Marilena Pellegatti
Foto interno teatro: Davide Rampionesi

Anna – Video ufficiale