Skip to main content

Giorno: 12 Maggio 2017

La newsletter dell’11 maggio 2017

La newsletter dell’11 maggio 2017

BIBLIOTECA ARIOSTEA – Conferenza venerdì 12 maggio alle 17 nella sala Agnelli

Il rapporto tra ‘Libertà e paura’ analizzato da Roberto Escobar

11-05-2017

Avrà come tema il rapporto tra ‘Libertà e paura’ la conferenza di Roberto Escobar in programma venerdì 12 maggio 2017 alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via delle Scienze 17, Ferrara). L’incontro, che sarà coordinato da Francesco Lavezzi, rientra nel ciclo di conferenze sul tema della “Libertà” a cura dell’Istituto Gramsci e dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
La paura è tragica protagonista del nostro tempo e del nostro immaginario politico. Che cosa davvero è questo “sentimento” che crediamo di conoscere al punto di considerarlo ovvio? Si tratta di un’eccezione nella condizione degli esseri umani, o di una costante? È questa la prima domanda che ci si deve porre, per comprenderne il senso. E poi, che rapporto c’è tra paura e politica? I muri che sempre più vengono eretti per fare dei confini non più soglie, come dovrebbero essere, ma limiti invalicabili, stanno a indicare che sul “marketing della paura” si regge ormai da tempo la nostra politica, in primo luogo quella che comunemente chiamiamo populismo. E il populismo – ecco un’altra domanda necessaria – nasce solo da un cinico desiderio di potere, o è l’ombra proiettata sul presente e sul futuro dall’altra forma politica che oggi ci nega libertà, la tecnocrazia?

BIBLIOTECA ARIOSTEA – Presentazione venerdì 12 maggio alle 17 in Sala Riminaldi

La ricca biblioteca di Celio Calcagnini raccontata da Antonella Ghignoli

11-05-2017

Contiene una rappresentazione critica della ricca raccolta di manoscritti e stampe appartenuta all’umanista Celio Calcagnini il volume di Antonella Ghignoli dal titolo ‘Chartacea supellex. L’inventario dei libri di Celio Calcagnini’ che venerdì 12 maggio alle 17 sarà presentato nella Sala Riminaldi della biblioteca comunale Ariostea (via delle Scienze 17, Ferrara). L’incontro sarà aperto dai saluti di Enrico Spinelli (Dirigente del Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara), Massimo Miglio (Presidente dell’Istituto storico italiano per il medio evo) e Franco Cazzola (Presidente delle Deputazione provinciale ferrarese di storia patria). Il libro verrà presentato e discusso da Sandro Bertelli e Paolo Trovato dell’Università degli studi di Ferrara.
L’iniziativa ha il patrocinio del Comitato Nazionale V Centenario dell’Orlando furioso – Mibact.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
Celio Calcagnini (1479-1541) appartenne a una delle famiglie patrizie più importanti, sul piano culturale e politico, di Ferrara: suo zio Teofilo fu il cortigiano prediletto di Borso d’Este, suo nonno Francesco fu allievo di Vittorino da Feltre e di Guarino Veronese e noto copista di importanti manoscritti; Celio stesso fu cancelliere della segreteria del cardinale Ippolito d’Este. Umanista ritenuto dottissimo dai suoi stessi contemporanei (tra questi, l’amico Ludovico Ariosto), Calcagnini dispose di una ricca biblioteca. Un codicetto manoscritto conservato oggi in Archivio di Stato di Modena ne porta le tracce, trasfigurate in brevi locuzioni e sparsi segni. Attraverso la critica testuale di questo «Überrest» prende forma, in questo libro, l’unica rappresentazione che storicamente è possibile dare di ciò che fu la raccolta di manoscritti (greci, latini, e volgari), di incunaboli e di stampe (greci, latini, ebraici e volgari)  di uno dei personaggi «più enigmatici e, nello stesso tempo, più rappresentativi del suo tempo» (Adriano Prosperi).

Antonella Ghignoli (Pisa, 1963) è attualmente ricercatore confermato di Paleografia e Professore Aggregato di Diplomatica presso La Sapienza- Università di Roma, dopo aver ricoperto gli stessi ruoli in precedenza negli atenei di Viterbo-La Tuscia e di Firenze. Ha studiato a Pisa (laurea cum laude in Paleografia e Diplomatica), a Firenze (PhD in Storia medievale) e, come borsista di ricerca, a Lipsia e all’École française di Roma. Ha coordinato presso l’Istituto storico italiano per il medio evo – insieme ad Attilio Bartoli Langeli, Antonio Ciaralli e Paolo Mari – la «Scuola Nazionale per l’edizione delle fonti documentarie», e dirige con François Bougard (IRHT-CNRS) e Wolfgang Huschner (Universität Leipzig) la collana editoriale «Italia Regia. Fonti e studi per la storia medievale» presso Eudora-Verlag di Lipsia. La sua bibliografia, a partire dal 1991, include volumi di edizioni critiche di testi documentari e numerosi studi condotti in quelli che sono i suoi principali ambiti di ricerca: scrittura e documentazione tra tarda antichità e alto medioevo; scrittura e documentazione regia del pieno medioevo (IX-XII secc.); notariato medievale; pratiche documentarie dell’Italia comunale; libri e biblioteche rinascimentali; metodologia della ricerca paleografica e diplomatistica; critica testuale ed edizione critica dei testi documentari.

ASSESSORATO ALLA CULTURA – Alla sala Estense venerdì 12 maggio alle 10 con la commedia “As You Like It” si misurano classi dei licei del territorio

Torna il progetto didattico-teatrale “Shakespeare. Dal testo alla scena” e coinvolge oltre duecento studenti

11-05-2017

Non si ferma il progetto didattico-teatrale “Shakespeare. Dal testo alla scena“, il lascito annuale della docente Mariangela Tempera, con cui ha aperto le porte del Centro Shakespeariano alla città per allargare gli orizzonti di chi la abita, specie dei più giovani.

La mattina di domani, venerdì 12 maggio (alle 10), gli studenti affolleranno la sala Estense per assistere alle rappresentazioni realizzate dai loro coetanei. Ogni istituto superiore coinvolto si è impegnato con una o più classi per mettere in scena As You Like It, in altre parole Come vi piace, dando un’interpretazione attuale della commedia pastorale. Saranno dodici le classi che saliranno sul palco per confrontarsi con il copione del drammaturgo più importante d’Inghilterra, suddivise tra il liceo Ariosto, il liceo Roiti, il liceo Civita di Codigoro, il liceo Carducci, l’istituto tecnico Einaudi e liceo IISAP di Argenta.
«Un progetto che nutre il dialogo tra il Comune, l’Università, il Teatro Comunale e le scuole di ogni ordine e grado del nostro territorio – afferma il vicesindaco Massimo Maisto – merita di essere curato. Abbiamo deciso di premiare l’impegno di studenti e insegnanti per l’autonomia dimostrata nell’organizzazione e per l’affiatamento nell’impostare un’attività di gruppo. La dedizione della professoressa Tempera è stata fondamentale per renderlo possibile: ha lavorato trent’anni per fare di Ferrara uno dei centri più documentati d’Italia, per trasmettere fuori dalle aule accademiche quello che del patrimonio shakespeariano non si esaurirà mai, il bagaglio culturale di principi e valori che esso conserva. Inoltre il lieto fine di una commedia come As You Like It diviene uno spunto di riflessione critica per indagare la nostra attualità, e mostra ai ragazzi come si cambia di fronte alle difficoltà quotidiane».

I dialoghi, le metafore e i colpi di scena inscenati dagli allievi, guidati passo passo dei rispettivi insegnanti, cercheranno di rendere la genialità di Shakespeare, che risiede nel raffigurare quanto i problemi fondamentali della natura umana siano comuni agli individui di ogni epoca. Principi e contadini, ricchi e poveri, condividono gli stessi dilemmi e le stesse sciagure, e in questo capolavoro della maturità stilistica shakespeariana le due fazioni, apparentemente tanto distanti, si mescolano confrontandosi su problematiche che ci riguardano tuttora.
«Le rappresentazioni di As You Like It che le scuole coinvolte nel Progetto Shakespeariano metteranno in scena – aggiunge Paola Spinozzi, docente responsabile del progetto – sono una testimonianza potente. Nel 2017 l’evento sarà ancora più significativo ​che un anno fa. Nel 2016 ​avvenne ​pochi mesi dopo la scomparsa di Mariangela Tempera, fondatrice del Centro Shakespeariano, nel 1992, e grande sostenitrice della cultura teatrale in forme molteplici e in ogni ambiente educativo. Quest’anno, oltre a essere un tributo al grande lavoro realizzato da Mariangela, l’evento segna anche un’evoluzione, perché nel portare avanti il suo progetto, naturalmente l’ho plasmato. Permane, mentre muta. Alcune fra le persone con le quali ho interagito quando ho presentato la commedia di Shakespeare conobbero Mariangela mentre frequentavano le scuole superiori. Molti fra gli studenti che ho conosciuto in questi mesi hanno rivolto domande e proposto interpretazioni dei personaggi e della trama, immergendovisi a fondo».

Per motivi di sicurezza legati alla capienza della sala non è prevista la presenza del pubblico esterno.

(Comunicazione a cura dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Ferrara)

CONSIGLIO COMUNALE – Le modalità definite dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari. Diretta audio-video su ConsiglioWeb

Il Consiglio comunale si riunirà lunedì 15 maggio alle 15.15

11-05-2017

ll Consiglio comunale di Ferrara si riunirà lunedì 15 maggio alle 15.15 nella residenza municipale. La seduta – con modalità definite dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari convocata dal presidente del Consiglio comunale Girolamo Calò – sarà dedicata alla trattazione di due delibere di competenza dell’assessora Roberta Fusari e alla presentazione di tre Mozioni (rispettivamente del gruppo M5S e dei consiglieri Bova-FC e Rendine-GOL) e di un Ordine del giorno del consigliere Rendine-GOL.

>> Come di consueto prevista la diretta audio video dell’intera seduta di Consiglio comunale sulla pagina internet del servizio ConsiglioWeb all’indirizzo http://www.comune.fe.it/index.phtml?id=472

 

Questo l’ordine del giorno dei lavori:

DELIBERE

Assessora all’Urbanistica Roberta Fusari

>> PG 39073/17 – Autorizzazione al rilascio di permesso di costruire in deroga alle norme del RUE vigente richiesto in data 10/10/2016 PG 112124 – PR 3215 dal Sig. Gamba Giorgio per la realizzazione di strutture e servizi da destinare a maneggio da utilizzare da parte di Associazione Sportiva Dilettantistica occupantesi della divulgazione della cultura equestre e di interventi assistiti con animali, per persone con disabilità o in presenza di disagio sociale, a Cona (Fe) – via Trigaboli, 11;
>> PG 44872/17 – Piano Operativo Comunale – Modifica delle modalità di corresponsione del contributo straordinario previsto dall’accordo con i soggetti attuatori del comparto attuativo “18ANS_03-nuovo insediamento residenziale in Quartesana, Via Comacchio”.
ORDINI DEL GIORNO E MOZIONI
>>PG 47465 – 26/04/2017 – Gruppo M5S – Mozione di sfiducia nei confronti dell’Assessora Caterina Ferri (discusso ai sensi dell’art. 101 – comma 3 – del Regolamento del C.C.)
>> PG 14377 – 06/02/2017 – Gruppo GOL – Consigliere Francesco Rendine – Ordine del giorno su gestione sanitaria da migliorare
>>PG 21655 – 22/02/2017 – Gruppo Ferrara Concreta – Consigliere Alberto Bova – Mozione per la creazione della Cittadella dello Sport
>> PG 24445 – 02/03/2017 – Gruppo GOL – Consigliere Francesco Rendine – Mozione lotta allo sfruttamento della prostituzione

INTERPELLANZA – Presentata dal gruppo Forza Italia in Consiglio comunale

Richiesta in merito ai problemi di sicurezza in via Darsena

11-05-2017

– il consigliere Fornasini (gruppo Forza Italia in Consiglio comunale) ha interpellato il sindaco Tiziano Tagliani e l’assessore alla Sicurezza urbana Aldo Modonesi in merito ai problemi di sicurezza in via Darsena.

 

>> Pagina riservata alle interpellanze/interrogazioni presentate dai Consiglieri comunali e relative risposte (a cura del Settori Affari Generali/Assistenza agli organi del Comune di Ferrara)

MUSEO DI STORIA NATURALE – Domenica 14 maggio alle 11 nella sala della mostra (via De Pisis)

“Ma cosa mi balena in mente?”, performance dedicata ai cetacei

11-05-2017

Domenica 14 maggio alle 11 al Museo civico di storia naturale (sala dedicata alla mostra “Pesci? No grazie, siamo mammiferi”, via de Pisis 24) andrà in scena “Ma cosa mi balena in mente?”, performance dedicata ai cetacei.  Ideata per Ferrara Off da Margherita Mauro, la performance diretta da Giulio Costa è rivolta a un pubblico di bambini e adulti ed è interpretata dai giovani attori Matilde Buzzoni, Giacomo Vaccari, Penelope Volinia.
Lo spettacolo “Ma cosa mi balena in mente?” verrà replicato anche domenica 21 e domenica 28 maggio, sempre alle 11 nella sala del Museo.
Il biglietto per assistere allo spettacolo costa 5 euro ed è consigliata la prenotazione (via mail a info@ferraraoff.it o telefonando al 333 6282360).

LA SCHEDA  a cura degli organizzatori
Balene e adolescenti, sono veramente così diversi? La domanda è inusuale, le originali risposte a cui può portare meritano attenzione. È proprio da questo strano quesito che si sviluppa l’intreccio di “Ma cosa mi balena in mente?”, la performance site specific- rivolta a bambini e adulti – che si terràdomenica 14 maggio, alle 11, all’interno del Museo di Storia Naturale, in via Filippo De Pisis 24.

Lo spettacolo, ideato da Margherita Mauro e diretto da Giulio Costa, è una produzione nata a Ferrara Off per accompagnare la mostra tematica “Pesci? No grazie, siamo mammiferi”, che resterà in esposizione fino al 4 giugno al piano terra del museo. Protagonisti di questa divertente rappresentazione saranno tre giovanissimi attori cresciuti a Ferrara Off, già allievi del corso di recitazione per adolescenti condotto da Marco Sgarbi: Matilde Buzzoni, Giacomo Vaccari, Penelope Volinia.

«I tre ragazzi confronteranno il loro modo di esistere con quello dei misteriosi mammiferi marini – spiegano i due autori -.  Prendendo spunto dalle varie specie di cetacei presenti negli alti mari e dalla loro evoluzione, intraprenderanno un percorso fatto di indugi e scoperte, che li porterà a realizzare che ci vogliono milioni di anni di pazienza, coraggio e tentativi sbagliati prima di trovare il proprio posto nel mondo. Il confronto sarà serio e giocoso allo stesso tempo: gli animali considerati diventeranno esempio di tenacia e di estrema adattabilità, ma anche un modello di solitudine. Suggeriranno atipiche strategie di sopravvivenza».

Il biglietto per assistere alla performance costerà 5 euro, è consigliata la prenotazione poiché la sala accoglie un numero limitato di spettatori. Per informazioni e prenotazioni scrivere ainfo@ferraraoff.it oppure telefonare al numero 3336282360.

Oltre alla rappresentazione di domenica 14 maggio, si potrà assistere alla performance “Ma cosa mi balena in mente?” anche domenica 21 e domenica 28 maggio, sempre alle 11 presso il Museo.

MILLE MIGLIA – La manifestazione farà tappa nel centro storico di Ferrara giovedì 18 e venerdì 19 maggio

La ‘Mille Miglia’ festeggia 90 anni con 450 auto d’epoca provenienti da cinque continenti

11-05-2017

Si è svolta giovedì 11 maggio nella residenza municipale la presentazione dell’evento “Mille Miglia Ferrara 2017 – Memorial Cesare Borsetti”, che farà tappa nel centro storico di Ferrara giovedì 18 e venerdì 19 maggio.

All’incontro con i giornalisti erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, l’assessore alla Cultura e Turismo Massimo Maisto, il presidente del Comitato operativo Ferrari Tribute e Mercedes Challange di 1000 Miglia srl Giampiero Belussi e l’organizzatore locale Nicola Borsetti dello Studio Borsetti srl.

(Nelle immagini in alto e allegate, alcuni momenti della conferenza stampa in residenza municipale di giovedì 11 maggio 2017)

 

(Comunicazione a cura degli organizzatori)
Dopo la laboriosa fase di selezione delle 705 domande provenienti da 43 Paesi, l’elenco ufficiale dei 450 partenti è stato presentato al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra: sono rappresentate 38 nazioni e 5 continenti. Da giovedì 18 a domenica 21 maggio saranno attraversati più di 200 comuni, 7 regioni italiane e la Repubblica di San Marino. Per il suo novantesimo compleanno la Mille Miglia – la cui prima edizione fu disputata nel 1927 – si regala la trentacinquesima edizione rievocativa. A conferma di come la Mille Miglia rappresenti sempre di più quello che Enzo Ferrari definì un “museo viaggiante unico al mondo”, da giovedì 18 a domenica 21 maggio, il pubblico che assisterà alle quattro tappe da Brescia a Roma e ritorno potrà ammirare 440 vetture d’epoca di straordinario valore storico, tecnico e sportivo, appartenenti a ben ottantaquattro diverse Case costruttrici, in centinaia di differenti modelli. A completare questa cifra mai raggiunta da nessun’altra competizione per vetture classiche, ci saranno ulteriori dieci automobili appartenenti alla “Categoria Militare”, condotte da alti ufficiali delle diverse Armi delle Forze Armate Italiane, come accadde alla Mille Miglia del 1952. Questi 450 capolavori di design e meccanica, costruiti prima del 1957 (l’anno dell’ultima edizione di velocità), daranno vita a una kermesse automobilistica senza paragoni, lungo circa 1.700 km di strade italiane, che sarà resa ancor più affascinante da altre 150 automobili – prodotte dopo il 1958 – partecipanti al “Ferrari Tribute to Mille Miglia” e al “Mercedes-Benz Mille Miglia Challenge”, riservati a vetture in prevalenza moderne delle due Case.

DA COLLEZIONI E MUSEI, AL VIA TESORI DI INESTIMABILE VALORE Tra le tante ragioni per le quali la Mille Miglia è incomparabile per raffinatezza, esclusività e prestigio vi è quella di essere l’unico modo possibile per ammirare, tutti insieme, tesori d’inestimabile valore che hanno scritto le pagine più belle del motorismo internazionale. Tra i Musei che invieranno a Brescia le loro vetture ci sono Alfa Romeo, Mercedes-Benz, BMW e Porsche. Tra vetture appartenenti a privati o quelle dei musei, saranno novantadue gli esemplari che torneranno a Brescia dopo aver disputato almeno un’edizione della Mille Miglia, tra il 1927 e 1957. Il lavoro di selezione, svolto da una commissione di esperti e commissari tecnici internazionali, è stato effettuato su 705 domande provenienti da 43 Paesi. Tra le prescelte, la marca più rappresentata è Alfa Romeo con 47 vetture
(scelte su 72 iscritte), seguita da LANCIA con 36 (su 54 iscrizioni) e da FIAT con 35 (su 61 iscrizioni). Di seguito, ci sono Mercedes-Benz con 32 (49), Jaguar con 24 (47), Bugatti con 23 (tutte le iscritte), Porsche con 21 (35); le Aston Martin schierate al via saranno 17 (34) mentre 16 le Ferrari (su 17 iscritte), 13 le O.M. (ovviamente tutti gli esemplari di questa marca, costruiti a Brescia, sono stati accettati), 12 le BMW, 11 le Cisitalia e 10 le Maserati. L’elenco dei partenti è completato da altre marche, per un totale di 84 Case. Sono state ammesse le vetture delle quali almeno un esemplare sia stato iscritto alla Mille Miglia di velocità, dal 1927 al 1957, in uno dei modelli presenti nell’elenco delle vetture candidabili, pubblicato sul sito ufficiale della gara. Per poter essere selezionate, le vetture iscritte dovevano disporre di almeno uno di questi documenti: Fiche ACI-CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana), Htp FIA (Historic technical passport rilasciato dalla Fédération Internationale de l’Automobile) o ID FIVA (Identity Card della Fédération Internationale des Véhicules Anciens).

MILLE MIGLIA IN TUTTE LE LINGUE A fronte di iscrizioni pervenute da 43 Nazioni di tutti i continenti, i Paesi degli equipaggi ammessi al via sono 38, con l’Italia che continua a essere il Paese maggiormente rappresentato, con 292 partenti (32% sul totale) selezionati su 331 iscrizioni (pari al 23,5%). Per la prima volta in tutte le 35 rievocazioni, il secondo Paese per numero di partecipazioni non sarà quest’anno la Germania, superata dall’Olanda e quasi raggiunta dal Regno Unito. La costante crescita dei Paesi del Benelux degli ultimi anni è confermata dall’accettazione di 118 cittadini olandesi (su 159 iscritti), 58 del Belgio (69) e 10 del Lussemburgo (su 11). Dalla Germania, scesa al terzo posto, arriveranno 97 partecipanti (su 116 iscrizioni), così come 77 saranno i sudditi di Sua Maestà Britannica (115 iscrizioni). In aumento sono pure gli appassionati provenienti dalla Svizzera, con 48 accettati (su 67), e dal Giappone, con 35 accettati su altrettanti iscritti. Poco variate le partecipazioni da Stati Uniti d’America, con 49 (su 61), e da Argentina con 13 (su 18). Da notare che, aumentando ogni anno il numero di equipaggi composti da rappresentanti di nazionalità diverse, il computo è riferito ai singoli individui.

CAVALCATA MOZZAFIATO TRA CENTRI STORICI E RISERVE NATURALI La corsa su strada più celebre di ogni tempo, sarà disputata da giovedì 18 a domenica 21 maggio 2017. La data, come da tradizione, anticipa di una settimana il Gran Premio di Monaco di Formula Uno. La Mille Miglia 2017 continuerà a essere disputata in quattro tappe. Il prologo (martedì 16 maggio) sarà il Trofeo Roberto Gaburri, gara di regolarità alla quale prenderanno parte un centinaio di vetture. Dopo verifiche e punzonatura, che saranno come sempre tenute alla Fiera di Brescia e, di seguito in Piazza della Vittoria, la partenza della Mille Miglia 2017 avverrà da Viale Venezia, alle ore 14:30 di giovedì 18 maggio. Rispettando la tradizione nata nel 1927, il percorso prenderà il via e terminerà a Brescia, attraversando mezza Italia prima e dopo il giro di boa a Roma. Da Brescia, dopo i classici passaggi sul Lago di Garda, superata Verona, le 450 vetture della Mille Miglia punteranno su Vicenza, per chiudere la prima tappa a Padova. Il giorno dopo, venerdì 19 maggio, la seconda tappa porterà i concorrenti a Roma. Per favorire tutte le richieste nel rispetto dello spirito di alternanza, nel 2017 la Freccia Rossa non scenderà a Sud lungo la costa Adriatica ma, più all’interno, percorrendo l’Umbria. Partite da Padova alle 6:30, le auto d’epoca transiteranno a Ferrara, Ravenna, San Marino, Urbino, Gubbio, Perugia e Terni. L’arrivo a Roma è previsto intorno alle 21:30, con la passerella in Via Veneto e il consueto tour notturno nel cuore dell’Urbe. Sabato 20, con start alle 7:00, il percorso dalla Capitale resterà invariato fino alla Toscana. È il tratto più classico della corsa che comprende il passaggio a Ronciglione, Viterbo, Radicofani e Siena, con l’irrinunciabile spettacolo di Piazza del Campo. Da qui, soddisfacendo ripetute richieste, la Mille Miglia 2017 salirà verso Nord passando a Montecatini Terme e Pistoia, valicando gli Appennini lungo il Passo dell’Abetone, per poi percorrere la pianura da Reggio Emilia a Modena. La terza tappa si concluderà a Parma che riserva sempre una calorosa accoglienza ai partecipanti: da qui, la mattina di domenica 21 maggio, il via sarà dato alle 7:30. Risalendo la Pianura Padana, la lunga carovana della Freccia Rossa attraverserà Cremona e Mantova. La pausa pranzo sarà ospitata a Rovato, dove i concorrenti potranno gustare specialità locali come il tipico manzo all’olio. Dalle 14:30 in poi, per l’ennesima volta, Viale Venezia a Brescia vedrà abbassarsi la bandiera a scacchi sulla Freccia Rossa. Il programma e il tracciato del Ferrari Tribute to Mille Miglia e del Mercedes‐Benz Mille Miglia Challenge saranno i medesimi della Mille Miglia, con l’eccezione della partenza e dell’arrivo della prima tappa, giovedì 18 maggio, che si terranno rispettivamente a Desenzano del Garda (dalle 13:45) e a Ferrara (dalle 21:30).

LE NOVITÀ DELLA TRENTACINQUESIMA EDIZIONE Le principali novità dell’edizione 2017, oltre al marchio celebrativo del novantesimo compleanno, riguardano l’aspetto sportivo con un sostanzioso aumento del numero di prove cronometrate, che salgono a 112, più 18 rilevamenti in 7 prove a media imposta. La classifica finale, dopo l’applicazione dei coefficienti (invariati dopo le modifiche dello scorso anno) sarà così costituita da un totale di 130 tratti a cronometro. Tra questi, per la prima volta, la Mille Miglia disputerà alcune “prove spettacolo” nelle piazze di Verona, Castelfranco Veneto, Ferrara, Pistoia, Busseto e Canneto sull’Oglio. Le ultime prove cronometrate della Mille Miglia 2017, decisive per la classifica, saranno disputate in un contesto suggestivo: le piste dei Tornado del 6° Stormo dell’Aeroporto Militare di Ghedi. DICHIARAZIONI DEGLI ORGANIZZATORI Piergiorgio Vittorini, Presidente dell’Automobile Club di Brescia, ha ricordato che, proprio come la Mille Miglia, anche l’ACI bresciano nel 2017 compie 90 anni: «La simbiosi tra l’Ente che l’ha fondata e la sua Freccia Rossa è indissolubile. La prima “Coppa delle Mille Miglia” prese il via il 26 marzo del 1927, a soli due mesi di distanza dalla costituzione dell’Automobile Club di Brescia. Tra le iniziative per celebrare il duplice novantesimo compleanno, sarà aperta una mostra nel cuore di Brescia, che illustrerà la Mille Miglia come parte di quel mito della velocità che nella nostra terra vive sin dai primi anni del Ventesimo secolo e che annovera l’Automobile Club di Brescia come interprete principale». Il Presidente di 1000 Miglia Srl, Aldo Bonomi, ha affermato: «Nel giugno del 2012, decidemmo di dare il via a 1000 Miglia Srl, società totalmente partecipata dall’Automobile Club di Brescia, che quest’anno curerà la grande kermesse automobilistica per il quinto anno consecutivo. La recente nomina del Consiglio d’Amministrazione della società per il prossimo triennio ci consentirà di far partire un nuovo ciclo che sappia coniugare le tante tradizioni – sportive, storiche, culturali e umane – della Freccia Rossa con una moderna e imprenditoriale gestione a respiro internazionale: si tratta di una formidabile base sulla quale poggiare un futuro di continuo successo per la nostra Mille Miglia, la corsa bresciana celebre nel mondo». Franco Gussalli Beretta, Vicepresidente di 1000 Miglia Srl, ha spiegato che: «Il marchio con la Freccia Rossa può essere declinato in un lifestyle, una tendenza capace di combinare l’heritage della corsa con un modo di vivere divertente, sofisticato, inclusivo e contemporaneo. Il logo celebrativo del novantesimo compleanno raggruppa precisi simboli iconografici della Freccia Rossa: il collegamento tra i numeri “9” e “0” rappresenta il simbolo dell’infinito, del moto perpetuo su una strada che attraversa idealmente l’Italia. In omaggio alle due diverse gare automobilistiche, ieri di velocità, oggi di regolarità, nel logo appaiono il mozzo di una ruota e il pulsante di un cronografo». Giuseppe Cherubini, Vicepresidente del Comitato Operativo, presentando a Ginevra il tracciato del 2017 ha commentato: «Da sempre, esiste una fortissima correlazione d’immagine tra la Mille Miglia e il paesaggio italiano che le fa da cornice, le bellezze artistiche, architettoniche e naturali del nostro Paese. Ogni anno, partite da Brescia, le auto della Mille Miglia si vedono aprire le porte di alcuni dei più bei centri storici d’Italia. Se le edizioni originali di velocità hanno avuto il merito di contribuire al progresso tecnologico automobilistico, il maggior pregio delle odierne rievocazioni è di diffondere in tutto il mondo alcune eccellenze del nostro Paese e l’immagine delle peculiarità italiane più positive».

 

PRESENTATO IL POSTER UFFICIALE MILLE MIGLIA 2017 A FIRMA DI ENZO NASO

Nell’anno della ricorrenza del novantesimo compleanno della Freccia Rossa, l’immagine ufficiale della Mille Miglia doveva essere iconica di tutta la sua storia, celebrando un glorioso passato e uno straordinario presente. 1000 Miglia Srl ha quindi incaricato uno dei più celebri artisti specializzati in automobilismo di realizzare il poster ufficiale della trentacinquesima edizione rievocativa, a novant’anni dalla prima edizione del 1927: la scelta non poteva che ricadere su Enzo Naso, l’ingegnere napoletano che sin dal 1977 si dedica a ritrarre su tela le più belle automobili e la storia dell’automobilismo. La maggioranza dei suoi lavori riguarda la Ferrari, avendo iniziato la collaborazione con la Casa di Maranello nel 1993. Nella sua lunga carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali lo Strother Mc Minn Art Award – indetto dalla Michigan University – come artista che meglio ha saputo interpretare l’automobile come oggetto d’arte. A contribuire alla sua popolarità presso gli appassionati di automobilismo sono stati i tanti poster ufficiali della Mille Miglia da lui firmati, il primo dei quali nel 1991. Per il 2017, Naso ha scelto come soggetto la OM 665 Superba che vinse la prima Mille Miglia, ritraendola lungo un ideale percorso – dal 1927 ai giorni nostri – dapprima in bianco e nero, come nelle fotografie dell’epoca, quindi a colori come nell’odierna rievocazione. L’opera di Enzo Naso, originariamente un olio su tela, sarà riprodotta su tutto il materiale ufficiale della Mille Miglia 2017, compresi poster e locandine che saranno distribuite a Brescia e lungo il tracciato della corsa.

 

Per info: press@1000miglia.it  www.press.1000miglia.it

BENI MONUMENTALI – Prosegue la collaborazione tra l’Amministrazione comunale e l’istituto per geometri

Gli studenti dell’Aleotti consegnano al Comune uno studio tecnico sulla Porta degli Angeli e su palazzo Paradiso

11-05-2017

Dalle molteplici trasformazioni architettoniche di Palazzo Paradiso alle tante destinazioni d’uso riservate nei secoli alla Porta degli Angeli. Sono questi i temi e gli edifici cittadini su cui si sono concentrati gli studi tecnici e storici condotti nel corso di questo anno scolastico dagli studenti delle classi III A e III B dell’Istituto d’istruzione superiore G. B. Aleotti di Ferrara sulla base di quella che è ormai divenuta una consolidata collaborazione con il Comune di Ferrara. Gli elaborati tecnici in formato digitale che rappresentano il frutto di questo lavoro sono stati illustrati stamani nella Sala dell’Arengo della residenza municipale dagli stessi studenti accompagnati dai loro insegnanti Giulio Santini, Paola Di Stasio, Nicola Orlandi e Renato Bertelli, alla presenza del dirigente del Settore Opere Pubbliche del Comune Luca Capozzi, della dirigente del Servizio Beni Monumentali Natascia Frasson, e del responsabile dell’Ufficio Ricerche Storiche Francesco Scafuri.
“Il progetto condotto anche quest’anno dai nostri studenti – ha precisato il docente Giulio Santini – rientra nell’ambito dei rapporti di collaborazione avviati nel 1996 dall’istituto Aleotti con l’Amministrazione comunale e rappresenta la concretizzazione di quell’alternanza scuola-lavoro istituzionalizzata con la legge 107 del 2015. Dal Comune abbiamo ricevuto della documentazione cartacea sui due edifici di sua proprietà che i ragazzi hanno provveduto a riprodurre in formato digitale, arricchendola con quanto raccolto dai rilievi eseguiti sul posto. Il tutto sarà poi lasciato all’Amministrazione comunale che potrà utilizzare il materiale per i propri futuri progetti”.
Agli studenti è giunto il ringraziamento a nome dell’Amministrazione comunale da Luca Capozzi e Natascia Frasson che hanno elogiato il lavoro svolto confermando che il materiale realizzato andrà ad arricchire il patrimonio comunale di rilievi architettonici in formato digitale e sarà utile per le prossime progettazioni riguardanti i due edifici, come quella già prevista per il miglioramento sismico di Palazzo Paradiso.

 

LE SCHEDE

Gli esiti dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro raccontati dagli studenti dell’istituto Aleotti coinvolti nel progetto

Durante il periodo di alternanza scuola-lavoro, guidati dai nostri professori Renato Bertelli, Claudio Ghesini, Paola Di Stasio e Alba Guerrera, siamo riusciti a lavorare bene e a realizzare dei progetti interessanti anche grazie ad una relazione continuativa e stimolante con loro.
Abbiamo svolto attività un po’ più semplici alternate ad altre un po’ più complesse poiché abbiamo imparato l’uso di nuovi strumenti utili sia a ciò che stavamo facendo in quel momento, ma che soprattutto ci serviranno quando ci troveremo in una situazione lavorativa vera e propria.
Le attività sono sempre state coincidenti con il percorso formativo da noi intrapreso poiché avendo fatto un rilievo sul luogo oggetto del nostro progetto, una restituzione in Cad di un disegno realizzato nel 1991 e a breve realizzeremo, con l’uso della nostra stampante, un modellino 3D.
Il tempo concessoci per la realizzazione è stato adeguato per portare a conclusione il progetto.
Pensiamo di aver acquisito capacità di lavorare in gruppo, quindi in relazione fra noi compagni di scuola e con i professori,concentrazione su ciò che ci è stato assegnato sugli obiettivi da perseguire (competenza molto importante sul luogo di lavoro), ma anche affrontare i vari imprevisti che si sono verificati durante il percorso e riuscire a risolverli.
Secondo il nostro parere il punto di forza dell’alternanza scuola-lavoro è stato sicuramente lavorare su progetti reali ed importanti.

 

Schede storiche sugli edifici a cura di Francesco Scafuri:
Palazzo Paradiso

Palazzo Paradiso fu costruito attorno al 1391 per volere di Alberto V d’Este.
Nel 1567 il Cardinale Ippolito II d’Este affittò il complesso architettonico al Maestrato dei Savi come alloggio unico delle facoltà universitarie, dislocate fino ad allora in vari luoghi. L’edificio fu acquisito definitivamente nel 1586 dall’amministrazione pubblica che, per adattarlo alle nuove funzioni, fece eseguire consistenti trasformazioni, attuate dagli architetti Alessandro Balbi e Giovan Battista Aleotti tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, epoca in cui l’ingresso principale del palazzo venne portato su via Scienze, mentre in precedenza si trovava in via Giuoco del Pallone. La facciata assunse quindi l’aspetto attuale, con la caratteristica torretta ed il monumentale portale in pietra bianca.
Ulteriori modifiche si apportarono nel XVIII secolo, quando furono realizzati il Teatro Anatomico (al piano terra, ricostruito intorno al 1731 ad opera dell’architetto Francesco Mazzarelli) e lo Scalone, elegante struttura marmorea progettata dall’architetto Antonio Foschini che consente l’accesso ai suggestivi locali della biblioteca civica (oggi “Biblioteca Comunale Ariostea”), istituzione stabilmente presente nel palazzo fin dal 1753. Tra gli ambienti di maggiore pregio ricordiamo la Sala Ariosto, dove si conserva il seicentesco monumento funebre a Ludovico Ariosto, progettato dal famoso architetto Giovan Battista Aleotti e realizzato tra il 1610 e il 1612, un tempo presso la chiesa di San Benedetto, ma dal 1801 trasferito definitivamente nel palazzo Paradiso.
Altri interventi vennero eseguiti nel nobile edificio nel XIX e soprattutto nel XX secolo, anche a seguito dello spostamento nel 1963 della sede dell’Università presso la palazzina di Renata di Francia. I restauri degli ultimi decenni eseguiti a cura dell’Amministrazione Comunale di Ferrara, proprietaria del palazzo, oltre ad aver conseguito la riqualificazione architettonica dell’immobile, hanno permesso di accogliere in locali idonei un imponente patrimonio, costituito da preziosi manoscritti, incunaboli, codici miniati, cimeli dell’Ariosto e di altri famosi scrittori. L’opera di recupero degli ultimi decenni ha riportato al primitivo splendore decorazioni del XVII, XVIII e XIX secolo, inoltre ha consentito la riscoperta di interessanti brani di affreschi più antichi e la valorizzazione di storiche stanze e monumenti.

 

Porta degli Angeli
L’antico accesso turrito era stato previsto alla fine del XV secolo nel piano dell’Addizione Erculea in fondo alla via degli Angeli, oggi denominata Corso Ercole I d’Este in onore del duca che, insieme all’architetto Biagio Rossetti, concepì il famoso ampliamento urbanistico a nord del castello Estense.
Tuttavia, la Porta degli Angeli fu costruita nella sua struttura definitiva attorno al 1525, anno in cui erano in corso una serie di lavori di trasformazione della costruzione preesistente e delle mura contigue, erette tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.
Secondo la tradizione, la Porta sarebbe stata murata nel 1598 alle spalle di Cesare d’Este, costretto ad allontanarsi dalla città in seguito alla devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio. In realtà, gli scavi archeologici eseguiti in corrispondenza della struttura e la documentazione d’archivio fanno pensare invece che la Porta degli Angeli sia rimasta aperta, anche se a fasi alterne, almeno sino alla fine del Seicento.
Nel Cinquecento era considerato uno degli accessi più prestigiosi dell’intera cerchia muraria perché, oltre agli ambasciatori e ai personaggi importanti, da qui entravano ed uscivano i duchi d’Este quando si recavano a caccia nel “Barco” antistante (ora Parco Bassani). E’ noto, poi, che nel 1574 fu allestito un arco trionfale presso la Porta degli Angeli in occasione della venuta a Ferrara del futuro re di Francia Enrico III, il quale fece l’ingresso in città a cavallo, dopo essere sceso dalla carrozza nelle immediate vicinanze della nobile entrata, dove era stata allestita una tenda per consentirgli una breve sosta.
Posta sui terrapieni alberati delle mura nord, la Porta è l’unico accesso fortificato di epoca estense ancora in gran parte integro: era formata originariamente soltanto dalla torre di avvistamento, cui fu aggiunto successivamente l’edificio più basso, anticamente adibito a corpo di guardia; nell’insieme conserva elementi tipici di estremo interesse, anche se nel tempo venne sottoposta ad una serie di interventi, che adattarono gli ambienti interni alle più diverse destinazioni d’uso. Infatti, nonostante nel corso del XIX secolo la costruzione sia stata destinata prima a macello di suini, poi a polveriera e dal 1894 al 1984 a civile abitazione, il fascino delle architetture quattro-cinquecentesche rimane ancora in gran parte immutato sia all’esterno che all’interno.
L’intera cerchia muraria settentrionale e la Porta degli Angeli sono state restaurate a cura del Comune di Ferrara e inaugurate ufficialmente nel maggio 1999. I lavori hanno permesso di scoprire le originarie fondazioni del baluardo a freccia (detto “rivellino”) antistante alla Porta e le antiche palificazioni di sostegno dell’antico ponte di collegamento tra i due manufatti; tali ritrovamenti hanno consentito fin dal 1991 di ricostruire il baluardo, posto nel XVI secolo a difesa del nobile ingresso e demolito definitivamente nel 1859. Un passaggio sopraelevato consente oggi di raggiungere il rivellino stesso, aprendo così concrete prospettive di interconnessione tra la Porta degli Angeli ed il vallo sottostante, dove si sviluppa una suggestiva pista ciclabile.

 

MUSEI CIVICI – Domenica 14 maggio dalle 15 alle 17 laboratorio gratuito per bambini

Nei giardini di Palazzina Marfisa prove di riproduzione degli erbari estensi

11-05-2017

In occasione della rassegna Interno Verde 2017, nel pomeriggio di domenica 14 maggio dalle 15 alle 17 i giardini della Palazzina di Marfisa d’Este (corso Giovecca 170, Ferrara) ospiteranno un laboratorio didattico gratuito per bambini dal titolo “Hortus siccus – Erbari Estensi”. L’iniziativa è proposta dai Musei civici d’Arte antica di Ferrara in collaborazione con l’associazione culturale Arte.na.
Per partecipare è richiesta la prenotazione da effettuare telefonando all’associazione culturale Arte.Na al n. 328 4909350 oppure scrivendo a: ferrara@associazioneartena.it

VIABILITA’ – Provvedimenti in vigore nella serata di sabato 13 maggio

Temporanea sospensione della circolazione in città per processione religiosa

11-05-2017

In occasione della processione religiosa per il centenario delle apparizioni della Beata Vergine Maria a Fatima, nella serata di sabato 14 maggio nelle strade cittadine inserite nel percorso del corteo la circolazione dei veicoli sarà sospesa per il tempo strettamente necessario a consentirne il passaggio. La processione avrà inizio intorno alle 19 dalla Cattedrale e proseguirà in corso Porta Reno, via Kennedy e via Bologna fino a giungere presso la parrocchia della Sacra Famiglia.

I DIALOGHI DELLA VAGINA
Tutti gli uomini di Amanda

Il do ut des nei rapporti è superato, perdente, Amanda lo sostituisce con il ‘capio ergo recipis’, più giusto e soprattutto sincero nel piacere reciproco. Avere in sorte il nome Amanda è come stare tra il dovere essere amata (gerundivo femminile singolare, ndr) e la direzione verso le cose da amare (gerundivo neutro plurale, ndr), quelle che a 53 anni, la protagonista dell’ultimo romanzo di Valeria Parrella Enciclopedia della donna aggiornamento (Einaudi, 2017), sa scegliere senza nessuna incertezza.
Amanda completa ciò che l’enciclopedia degli anni sessanta dedicata alla donna aveva taciuto: la vagina, anzi, “la fica”. Cresciuta con i fascicoli del compendio incompleto su cui sedeva, Amanda aggiorna la parte mancante, proprio quella che, nel corso della sua vita, si è intrecciata a uomini, amanti, amici, altre donne, insomma tutto, come un crocevia da cui si smistano pensieri, si salutano persone, a volte per sempre.
La visione di Amanda sul tema è il filo orizzontale che lega il Semaforo, il Corredo, Overbooking, Tristi tropici, Diogene e altre parti di un insieme riconducibile sempre a lei, la vagina. Prendiamo il semaforo: se Amanda si trova in uno spazio chiuso, divide mentalmente le persone tra quelle scopabili e quelle non, un meccanismo istintivo e binario, ancora più elementare di un semaforo, senza sfumature di giallo.
Il corredo “vive in uno stanzino del desiderio, un sottotetto della fica”, dove Amanda colloca e associa i ragazzi che le piacevano al liceo in una grande zuppiera, l’uomo politico è una saliera, altri uomini sono su piattini con cucchiaini d’argento, ma la cassa di noce è capiente all’infinito, lì dentro ci finisce la vita.
Gli uomini vanno differenziati, non sono tutti uguali e Amanda crea delle “categorie socio-merceologiche”: l’intellettuale perde virilità perchè scade nella melassa, il fruttivendolo, invece, ha quella sicurezza innata che piace, l’uomo col mal di testa merita indifferenza. Se poi, al di là delle categorie, uno si professa innamorato, fatti suoi, Amanda trova che sia una cosa “al limite dell’accettabile”, sente il desiderio abbassarsi e allora deve distrarsi per recuperarlo.
E poi ci sono gli amici uomini, quelli che per resistere nel tempo non hanno mai dovuto mischiarsi con il sesso, quelli che non si può guardare nella loro interezza, bisogna togliere loro qualcosa per non confondersi e allora “l’unico modo onesto di avere un uomo etero amico è non avere mai pensato di andarci a letto, e l’unica condizione affinchè questo avvenga è staccare loro il coso da tutto il resto”.

Care amiche lettrici, proviamo ad aggiungere altre categorie di uomini a quelle di Amanda?

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com

COSTUME
Ippogrifi del 2000 tornano a scorrazzare per le vie del centro

Di corse e villanie le audaci imprese io canto. Nell’anno ariostesco di necessità si registra una delle più spaventose avventure che ignari e di solito civili cittadini possano sperimentare.
Abito in una delle vie più belle di Ferrara: palazzi meravigliosi, chiese, musei sfilano in quella strada che un tempo era l’ingresso dei cortei papali e imperiali. Attraverso la ‘ripa grande’ si arrivava nel cuore della città: al Castello e al Duomo. Ora la stessa via è pista rombante per nuovi mostri, gli ippogrifi del nostro tempo, le auto, i cui cavalieri – chiamiamoli così per non essere poi citati in giudizio – si sentono in dovere (ne va della loro nobiltà e coraggio) di percorrerla a velocità proibitiva, mentre i poveri abitanti rischiano infarti e catastrofi nel tentativo di passare sulle strisce (si badi sulle strisce).

La cosa si trascina da anni nonostante ogni tanto appaiano quali presenze celesti vigili e vigilesse di fronte ai quali i cavalieri diventano agnellini. Purtroppo però un bel gioco dura poco e la strada, in loro assenza, è di nuovo riconsegnata alla feroce aggressività dei Gano di Maganza.
Ier sera compostamente attendo di passare con la cagnolina sulle strisce, mentre ridanciani guidatori spesso col telefono all’orecchio mi guardano sprezzanti. Alla fine tento mentre un mostro s’inchioda a 5 cm dalla striscia. Non ci vedo più e comincio ad imprecare. Quello mi guarda ridanciano e mi dice: “Ma cosa vuole? Non mi sono fermato?” Inghiotto bile e saliva e passo dirigendomi verso più verdi e tranquilli pascoli.

Se si multano i pelosi che passeggiano al guinzaglio con i loro padroni in zone proibite, a questi ridicoli matadores cosa si dovrebbe fare? Multarli di 1000 euro?
Invoco quindi l’autorità costituita, che oltre tutto abita nella stessa via, affinché s’installino dissuasori, si mettano misuratori di velocità, si renda una via al suo fascino e alla sua qualità.

Dall’epoca dei ‘lumi’ all’epoca dei ‘muri’: costruzioni ideologiche e nuove barriere

La parete è una delle creazioni (sia naturali che umane) con più funzioni in natura: una parete può essere scalata, le pareti delle caverne hanno protetto i nostri avi dalle intemperie nel paleolitico, le pareti sorreggono i tetti sotto i quali da millenni viviamo. Un sinonimo di parete, in ambito prettamente riferito alla nostra specie, è ‘muro’. Anche di quest’ultimo ce ne possono essere di diverse specie: muri in pietra, muri di terra, muri in cemento, in vetro e chi più ne ha più ne metta. Da questa premessa sembra che questo lemma abbia una valenza del tutto positiva, in realtà non è così. Senza dover scomodare per forza progenitori preistorici, i muri da secoli separano l’essere umano da ciò che lo spaventa, da tutto quello che può essere considerato un pericolo, vuoi che sia una tempesta di pioggia, un animale o, e questo è il caso più frequente, altri esseri umani. Sembra quasi ironico ma siamo una delle poche specie al mondo a temere così tanto i nostri simili da essere costretti a creare muri, barriere. Ma siamo andati oltre. Non potevamo fermarci al solo costrutto materiale, no, anche altri animali sono in grado di ergere questi oggetti, noi ci siamo spinti sino all’ideologico, ed ecco le barriere culturali, religiose, politiche. Aggiungiamoci anche quelle per disabili e direi che abbiamo un quadro completo. Di certo i muri più famosi sono quelli che ci separano in maniera fisica dal diverso, da ciò che reputiamo altro da noi. Potremmo partire, non retrodatando troppo, dal Vallo di Adriano, tutti ne avremmo sentito parlare: un’imponente fortificazione che divideva il ‘nomos’ dei romani dall’alterità dei barbari popoli del Nord. Altro famosissimo muro è sicuramente la Grande Muraglia in Cina: lunga, secondo recenti ricerche, complessivamente più di 8000 chilometri, e che aveva il compito proteggere il regno cinese dai nomadi della steppa. E’ quasi ironico quanto già all’epoca i nomadi facessero paura, peccato che poi arrivò Gengis Khan per la Cina, e i vari popoli dell’est e del nord per i romani, i confini servirono a ben poco. Ma la mia discussione non vorrebbe incentrarsi su questioni storiche. Anche il secolo scorso ha visto importanti costruzioni murarie: si potrebbe parlare del muro di Berlino, dell’album The Wall dei Pink Floyd, e della cortina tra le due coree. Il primo citato però, nel suo complesso, con la sua caduta sembrava aver segnato la fine dell’epoca delle barriere che separano, e per qualche tempo effettivamente lo è Stato.

Oggi però, prepotente più che mai, si è tornati a parlare di separare i popoli, in un Europa che sembra meno unita che mai, e in una situazione mondiale dominata dalla diffidenza e da un sentimento xenofobo latente. Senza dover parlare necessariamente del confine tra Israele e Palestina, bisogna necessariamente citare in questa mia disamina sui muri degli esempi magari poco conosciuti. Tra tutti il primo che vorrei citare tra le barriere ideologico-materiali c’è sicuramente quello tra Ungheria e Serbia. Sicuramente lo ricorderete per il famoso “sgambetto della reporter” ad un immigrato in fuga dalla polizia. Si tratta di 175 chilometri di filo spinato controllato militarmente per impedire, soprattutto ai profughi provenienti dal Medio Oriente, di poter tentare la traversata verso l’Europa occidentale. Di interessante questo progetto ha il suo ‘ideatore’, il sindaco di una piccola cittadina sul confine. Questo personaggio, contattato addirittura per la sua ‘lungimirante e funzionale idea’ dallo staff di Trump, il quale stava programmando il muro con il Messico, si ritiene del tutto soddisfatto del servizio offerto dalla barriera anzi, in spot promozionali, è lui stesso a partecipare alle ronde di un corpo speciale di polizia addetto al controllo sul confine. Fanno molto riflettere le sue parole, ricavate da un’intervista trovata sul web: “io voglio mantenere solo l’ordine naturale delle cose”. E’ vero, anche la natura crea barriere, ma dubito che il sindaco intendesse esattamente questo.

Tornando per un attimo a Trump qui c’è da parlare di un aneddoto divertente: hanno criticato in tutto il mondo il suo progetto di costruzione di un nuovo muro tra Messico e Usa, quasi nessuno però ha parlato della barriera tra Messico e Guatemala: più di 800 chilometri di barriera discontinua, che serve, indovinate un po’, a scongiurare l’immigrazione clandestina guatemalteca in Messico. Si perché ognuno ha il suo immigrato, ma ognuno è immigrato di qualcun’altro. Su questo spunto si staglia la barriera tra Italia e Austria, oppure lo stop dei frontalieri italiani in Svizzera, anche qui quasi ci scappa una risatina, si perché mentre si parla delle Ong che porterebbero da noi migliaia di immigrati potenziali spacciatori e usurpatori di lavoro, ci dimentichiamo che anche noi siamo ‘più a sud’ di qualcun’altro e quindi ben pensando di costruire una barriera, Svizzera ed Austria ci ricordano che “la fortuna è una questione geografica”. E proprio la fortuna deve essere quella che entra in gioco in Marocco, o meglio nell’enclave spagnola di Ceuta e Melilla, due città situate fisicamente nella penisola magrebina ma sotto lo status politico europeo. E parlo di fortuna perché centinaia di clandestini cercano illegalmente, tramite il porto, di entrare in Spagna (quella continentale) partendo proprio da qui. Ed anche da queste parti le barriere non sono proprio piccole: un totale di 18 chilometri, con un’altezza tra i 4 e i 6 metri. Un appunto: a pagare è stata la Comunità Europea, una trentina di milioni di euro. Ma quando si tratta di oltrepassare uno stretto, non si può non citare quello che separa Francia e Inghilterra: la Giungla di Calais è salita alla ribalta per le sue dimensioni e la popolazione di 8000 disperati che viveva al suo interno. Tutti, o quasi, con un unico obiettivo: raggiungere il Regno Unito. Il campo fu smantellato, il problema però non è stato risolto, anzi, sono nate tante piccole ‘giungle’ in giro per la Francia.

Insomma, siamo partiti dal Vallo di Adriano, passando per la Corea, fino a giungere anche ai nostri territori, un giro intorno al mondo e tra varie epoche unite da un sottile (ma non tanto) filo conduttore: il diverso fa paura, deve essere ostacolato e ci si deve difendere. Ma a parer mio non è solo questione di difesa. I muri oltre a difendere creano una ben netta linea di demarcazione tra ciò che noi consideriamo civile, e quello che reputiamo assolutamente inaccettabile, che ci spaventa, e così i muri ci creano tranquillità, ci fanno sentire sicuri, i muri “non mescolano e mantengono la purezza della razza” (volendo citare di nuovo il sindaco ungherese).
Insomma i muri, oggi più che mai, ci proteggono dai pericoli che ci circondano: un tempo poteva essere un animale selvatico, oggi invece è un altro essere umano che ha avuto la sfortuna di essere dall’altra parte del muro. Ma mai dimenticare che ognuno di noi è dalla parte opposta di qualcosa, che ci vuole un attimo a diventare l’immigrato di qualcuno, che spesso lo si è già. In questo la Svizzera docet…

CULTURA
L’arte di catturare la bellezza. Dall’Argentina a Ferrara: le fotografie di Judith Balari

Judith viene dalla Terra del sole. Non solo perché è nata in Argentina e l’Italia è la sua seconda casa, ma perché i suoi occhi e il suo sorriso sprigionano una luce ed un’energia contagiose. Un’empatia che sa trasmettere anche attraverso lo sguardo di un obiettivo, tanto che le modelle dei suoi ritratti appaiono rilassate, accoglienti, raggianti. Proprio come l’autrice delle fotografie. Judith Balari ha il dono di riuscire a catturare la bellezza. C’è da perdersi tra le centinaia degli scatti di Judith (www.juzaphoto.com): immagini che incantano, che infondono un senso di profonda meraviglia. Fotografie che spaziano dai paesaggi sterminati – si pensi ai suoi ‘Landascapes’, tra i quali spiccano ‘Frozen blue’, oppure ‘Over The Clouds’ – al miracolo minuscolo di ‘una famiglia di gocce’ (‘The drops’ family’).E ancora fiori sorprendenti, bambini che giocano con le bolle di sapone: colori vivaci imbevuti di luce. Reportage di viaggio, natura e architettura, con un occhio attento a cogliere il particolare, il ricamo, la dolcezza, l’armonia. Immagini spontanee accanto a studi più ricercati, come ‘Keeping the balance’, immagine surreale e poetica al tempo stesso: in equilibrio sui tacchi e sul filo di un binario, la figura sensuale di una donna oscilla tra un ombrello e il bacio dei papaveri rossi. Occhi chiari e profondi, capelli biondi, lunghi e ribelli, Judith Balari è insegnante di inglese, parla tre lingue, ha amici di ogni continente: insomma è una cittadina del mondo. In quanto artista, poi, parla un linguaggio universale. Quello delle emozioni.

Keeping the balance

Puoi raccontarci un po’ della tua storia?
Il mio amore per le immagini è cresciuto nel corso degli anni. La devozione per la natura (e per la sua interpretazione) la devo a mia madre, Olga, dotata di talento artistico nel disegno e nella pittura. Da piccola sono cresciuta fra i pennelli, le tele, i quadri e l’odore di trementina. Quando sulle riviste vedevo delle immagini che mi colpivano, le ritagliavo e facevo un collage da appendere nella mia stanza. Ero affascinata dagli sguardi, dai colori, dai paesaggi: mi stendevo sul letto e, guardandoli, viaggiavo con la mia mente. A quindici anni ho cominciato a collezionare la National Geographic Magazine; ricordo che arrivava dall’America un giorno al mese: ogni volta era come aprire una scatola di cioccolatini, ogni pagina era un viaggio in un mondo lontano, ogni immagine accendeva il mio desiderio di essere una fotografa professionale. Lì ho conosciuto Steve Mc Curry: vedere e leggere i suoi reportage di viaggio per me era entrare in un mondo di avventure

Tu come ti senti: argentina o italiana?
Io mi sento argentina, anche se abito in Italia da tanti anni, il mio cuore e là, nella Terra che mi ha visto nascere. L’Argentina la porto nel cuore ovunque io vada. Sono italiana, per adozione, da 5 anni ormai e abito a Ferrara. Questa è la Terra dei miei antenati: tutti i miei bisnonni erano italiani, partiti dall’Italia prima del ventesimo secolo

Come hai ‘incontrato’ la fotografia?
Che cosa rappresenta per te? Ho iniziato a fotografare molti anni fa, in Argentina, quando mio padre ha regalato a mio fratello e me la nostra prima macchina fotografica, una Nikon Fe. Avevo 19 anni. A quei tempi non era solo una ‘camera’ qualsiasi, era una super camera ed io ho iniziato ad amarla dal momento in cui l’ho avuta fra le mani. Da allora la fotografia è diventata una grande passione: il mezzo perfetto per esprimere i miei veri sentimenti. Quando ho iniziato a fotografare, ho capito subito che si trattava di una forma d’arte che mi avrebbe permesso di esprimere il mio mondo interiore, proiettandolo sulla realtà che mi circondava. Sono continuamente alla ricerca di quei momenti magici, quando la luce perfetta abbraccia la natura in tutta la sua gloria. Ma non mi soffermo solo davanti a un paesaggio, amo fotografare i fiori, la gente, il cibo, l’architettura, l’arte in tutte le sue forme

C’è un’immagine alla quale sei più affezionata?
No, non credo. Ma ci sono delle immagini fatte nei miei viaggi che mi portano indietro nel tempo e per questo mi fa piacere rivederle, cosi respiro quell’istante, quell’emozione che ho sentito tempo fa. Una fotografia, un profumo, un odore: sono come macchine del tempo. La fotografia è anche questo…è magica!

Chi ti ha insegnato di più nella vita?
I miei genitori: quello che sono, lo devo a loro. Da mia madre ho ‘bevuto’ la sua arte, e lei, anche se manca da parecchio tempo, è il mio photoshop più aggiornato. Mi ricordo quando mi insegnava a mescolare i colori. Mi diceva “nel dipinto devono esserci luci ed ombre, così ottieni profondità”: far sembrare una immagine tridimensionale è solo una questione di luci, chiare ed scure, tutto lì. Passavamo delle ore osservando i libri dei grandi maestri della pittura. Lei mi ha insegnato a dipingere, colori ad olio ed acquarello: insieme dipingevamo fino alla sera e ci facevamo le critiche a vicenda… La pittura mi ha aiutato molto nella composizione dell’immagine fotografica

Quali difficoltà hai incontrato?
Credo che la più grande difficoltà sia stata trasferirmi in Italia. È stato molto difficile, all’inizio, molto…. ho riflettuto quanto avevano sofferto i miei antenati lasciando l’Italia per andare a vivere in Argentina, dall’altra parte del mondo. E mi sono detta: “Se loro ce l’hanno fatta, perché io no?” Grazie a Dio, il popolo italiano mi ha ricevuto a braccia aperte e questo non lo dimenticherò mai

Quali soddisfazioni hai raccolto?
Ho partecipato a tante mostre collettive, con il Fotoclub Ferrara, così come a presentazioni personali dei miei lavori di fotografia. Da due anni collaboro con alcune ditte Italiane, ad esempio con Food Photography, una categoria di fotografie alla quale mi sono veramente appassionata: non è facile, e richiede tanto tempo, scattare una fotografia che faccia venire l’acquolina in bocca. Vedere le mie immagini in mostra, in fiere internazionali, in grande formato, mi dà una grande soddisfazione. Inoltre sono stata invitata a partecipare a una mostra in una Galleria d’Arte accanto a nomi importanti della fotografia mondiale: è stato un piacere e un onore

A chi ti ispiri nella tua arte? Chi è il tuo autore preferito?
Per me la foto deve essere come un quadro, se si tratta di un paesaggio penso alla luce degli impressionisti, se è un ritratto a Caravaggio,… Ho amato e amo due grandi della fotografia francese: Henri Cartier-Bresson e Robert Doisneau. Quelle fotografie scattate durante e dopo la guerra mi hanno toccato il cuore. Credo che il mio amore per la fotografia sia iniziato quando ho scoperto questi autori e il loro modo di vedere il mondo. Oltre ad essere fotografa, sei insegnante di inglese

Ti piace insegnare? Perché?
Insegno da oltre 30 anni. Da piccola amavo fare la maestra: quando avevo tre anni mi sedevo su un tappeto nella mia stanza e mettevo le bambole sedute come se fossero in aula….tutte le mie bambole andavano alla mia scuola! Sono fortunata a svolgere un lavoro che amo profondamente e che mi ha dato mille soddisfazioni. Insegno lingue da una vita, sono professoressa di inglese, in Italia ho insegnato in scuole private per tanti anni, poi all’Università Popolare di Ferrara e Inglese Scientifico all’Università degli Studi di Ferrara, nella Facoltà di Medicina. Ma insegnare fotografia – al Fotoclub Ferrara e al CAI, Club Alpino Italiano – è stata una delle soddisfazioni più belle

Che cos’è per te la vita? La vita …che cos’ è?
La vita è un lungo viaggio, da condividere, da sperimentare, è come un viaggio in treno, ho letto una volta, con fermate e destinazioni diverse… la vita va vissuta pienamente e io ringrazio Dio per tutte le opportunità che mi ha regalato in questo lungo percorso, ma soprattutto le persone che mi ha fatto conoscere in ogni posto visitato.
Come dice la grande Violeta Parra in “Gracias a la vida”… “Grazie alla vita che mi ha dato tanto/ mi ha dato due soli, che quando li apro/ perfetto distinguo il nero dal bianco/ e nell’alto cielo lo sfondo stellato/ e in mezzo alla folla l’uomo che io amo”
Grazie!

SOCIETA’
A pistolettate: la logica del Far West

“Sparami sparami io sarò sempre meno quello che pensi, una nuova realtà sommersa.
Colpo su colpo risponderò questo sistema è una gabbia mi dà in omaggio rabbia.
Sparami, lo farò, colpo su colpo io risponderò.”

Queste sono le parole di una famosissima canzone dei Litfiba. L’ho ascoltata molto ultimamente data l’affinità col periodo. Dalla guerra in Siria, agli attentati, al rischio di una terza guerra mondiale in Asia alle guerre intestine africane. Ma quando si pensa che si sia finalmente toccato il fondo, ecco che invece di risalire si inizia a scavare. Quando si è convinti di fare un passo in avanti, in realtà se ne sono fatti 100 indietro senza accorgersene.
Due sono le notizie che più mi hanno ‘toccato’ in queste settimane: la prima è l’autorizzazione dello Stato della Georgia a poter portare le armi nelle università e l’altra, quella tutta italiana, sulla legittima difesa ‘notturna’. La prima ha qualcosa di grottesco: gli Usa non sono di certo famosi per la tranquillità nell’uso delle armi, e quasi ogni settimana un folle entra in un campus per fare una strage. E’ macabramente ironico ricordare l’esempio dello Utah: nel 2007 fu il primo Stato a consentire l’entrata con le armi nelle università, e pochi mesi dopo un attentatore entrò nell’ateneo Virginia Tech uccidendo 30 persone. Insomma sembra proprio che i cari ‘Yankee’ non siano molto bravi a imparare le lezioni, anzi, incrementano la dose di materiale infiammabile e catalizzatori per far esplodere qui e là un bel po’ di incendi. Non sono un complottista, ma davvero certe volte sembra che la serie di film “The Purge” di De Monaco siano stati tratti da una storia vera, noi dal canto nostro non potevamo essere da meno. Di conseguenza, in un panorama di crescente guerra tra poveri, una legge che migliorerà sicuramente la sicurezza nelle nostre periferie sarà quella (se approvata dal Senato) sulla legittima difesa. Il testo lo conoscerete a memoria. In pratica se un ladro entrerà in casa vostra di notte sarete autorizzati a sparargli ma solo nel caso si attui un “grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione”. Quello che fa sorridere è sapere però che questa legge è stata votata dal Pd (il partito che si rifarebbe agli ideali del Pci) mentre non è stata votata dalla Lega perché considerata “troppo blanda”.
Non voglio entrare nelle diatribe tecniche sulla norma, ma su una cosa vorrei discutere: il messaggio ideologico che, anche grazie ai media, sta passando.
Il costruire un substrato di paura nella società non ne creerà di certo uno dove, anche questo tipo di legge, non vedrà momenti di attuazione, anzi. Mi chiedo, ma secondo i suoi fautori, un ladro sarà spaventato dalla possibile pistola? O, invece, si armerà di sua volta nel dubbio? E poi, in questo scenario, come si finirà? Torneremo nel far-west dei film anni ’70, quello dei duelli tra pistoleri, a vincere sarà chi avrà più freddezza e velocità? Questa è la società che si sta creando, questo è il messaggio che si sta veicolando: non più ‘lo Stato ti difende, il cittadino vive felice’ ma citando un vecchio slogan leghista, ‘difendi il tuo simile, distruggi il resto’.
Il mio pensiero va a chi tra centinaia di anni dovrà studiare il nostro periodo, se mai ci sarà qualcuno in grado di farlo: il periodo dove si sta prendendo il peggio del passato e lo si sta rimettendo in pratica: confini armati, deportazioni di profughi, proliferazione delle armi, guerre mondiali, attentati, xenofobia, razzismo e chi più ne ha più ne metta. Insomma “sparami, io, colpo su colpo, risponderò”.

Lucio Dalla: la Trilogia della rinascita

La settima luna era quella del luna park, lo scimmione si aggirava dalla giostra al bar…”. Inizia così “La settima luna”; il primo brano dell’album “Lucio Dalla” del 1979, quello di “Anna e Marco”, “Milano” e soprattutto “L’anno che verrà”.
“Trilogia” è il cofanetto con i tre dischi che stravolsero la vita di Lucio Dalla: “Com’è profondo il mare” (1977), “Lucio Dalla” e “Dalla” del 1980. Le tre opere, prodotte dalla Rca Italiana diretta da Ennio Melis, segnarono in modo indelebile la discografia italiana. Il grande successo fu diretta conseguenza della maturazione dell’artista bolognese e della scelta di fargli scrivere i testi delle sue canzoni, al termine dell’importantissima collaborazione con il poeta Roberto Roversi.

Il box contiene i tre cd e il dvd di “Banana Republic”, il film del concerto portato in giro per l’Italia insieme a Francesco De Gregori e Ron nel 1979, oltre a un booklet di 150 pagine, con foto inedite, interviste e rarità. La prefazione è opera di Walter Veltroni, mentre il primo capitolo è scritto da Alessandro Colombini, il produttore dei dischi che cambiarono la vita a Dalla.
Sfogliando le pagine del libro si possono leggere i racconti di Gaetano Curreri, Ricky Portera, Michele Mondella, John Vignola, Renzo Arbore, Giovanni Pezzoli, per immergersi nel mondo di Lucio grazie a ricordi e curiosità, come quella di Ron: “… lo trovavo sempre accartocciato in un angolo, su un tappeto o un cuscino, rintanato a farsi venire delle idee”.

Com’è profondo il mare
Ennio Melis chiamò Alessandro Colombini invitandolo a Roma per ascoltare un nuovo brano di Lucio Dalla, si trattava del provino di “Com’è profondo il mare”. Il giorno dopo il produttore incontrò Ron, Dalla e Cremonini per conoscerli meglio e visionare quanto realizzato sino a quel momento. Nel suo ricordo Colombini afferma: “Erano canzoni eccezionali, la scrittura di Dalla, i suoi testi, davano incredibili emozioni”.

Lucio Dalla 1979
In occasione della realizzazione del secondo disco della nuova vita artistica di Lucio, si aggiunse Giampiero Reverberi che aveva già lavorato con Lucio Battisti, Gino Paoli, Ornella Vanoni, Luigi Tenco e altri grandi della scena musicale. Reverberi scrisse e diresse gli archi di “Anna e Marco”, “Tango”, “Notte”, e “L’anno che verrà”. Il disco fu un successo clamoroso, tutti cantavano “L’anno che verrà” e “Cosa sarà”, il duetto con Francesco De Gregori preambolo di “Banana Republic”. L’album fu registrato negli Stone Castle Studios di Carimate, sotto le cure dell’apprezzatissimo tecnico del suono Ezio De Rosa, che ne realizzò il mix insieme a Colombini.

Dalla 1980
“Dalla” è l’album di “Balla balla ballerino” e soprattutto di “Futura”, anche questo fu un successo clamoroso, 8 singoli racchiusi in un disco, come forse soltanto Lucio Battisti era in grado di fare.
Racconta Colombini: “Nei dischi di allora erano le radio a scegliere i pezzi da trasmettere, anche se noi tentavamo di dare un indirizzo alle loro scelte. Cercammo disperatamente di non promuovere radiofonicamente “Balla balla ballerino”, una canzone che assomiglia a un jingle: appena l’ascolti la impari subito e così va a finire che le radio trasmettono solo quella e trascurano tutti gli altri pezzi. Non ci fu niente da fare, tutte le radio trasmisero “Balla balla ballerino”, poi, da sole si accorsero di “Futura”, “Cara”, e le altre”. Alla realizzazione dei tre lavori o ellepi, come si diceva all’epoca, partecipò Renzo Cremonini come produttore esecutivo e organizzazione.

Banana Republic – il film
Il film propone interpretazioni uniche di brani come “Disperato erotico stomp” di Dalla e “Bufalo Bill” di De Gregori, oltre all’arrangiamento a quattro mani di “Ma come fanno i marinai”. Come ha ricordato il fotografo Roberto Villa, presente al concerto inaugurale di Savona del 4 giugno 1979: “Così tra un assolo al clarinetto di Dalla ed un duo con De Gregori, per tre ore di grande musica popolare, un cocktail di Jazz e rock, di melodia italiana e ironia bolognese, era partito quel Tour”.
Nel booklet non manca un ricordo di Renzo Arbore, legato a quell’epico concerto: “Per la trasmissione Tv “L’altra domenica” registrammo i suoi concerti, compreso “Banana Republic”, uno spettacolo che mi affascinò moltissimo anche per lo straordinario gusto che accompagnava le esibizioni di Dalla, un gran parlatore e un grande inventore di gag e di spunti insoliti. Usava l’attacco di una canzone napoletana “Addio mia bella Napoli”, mentre con De Gregori si dibattevano con il rispettivo repertorio”.

Il cofanetto ha una veste pratica ed elegante, i dischi sono racchiusi tra la seconda di copertina e la quarta, in modo tale che estraendoli non si corra il rischio di rovinarli, come accade sempre più spesso nei packaging di ultima realizzazione.
Il libro raccoglie testimonianze preziose, utili per contestualizzare il lavoro di Lucio Dalla e il periodo storico in cui la Rca Italiana lo produsse. Leggere il booklet, mentre si ascoltano le canzoni, porta un po’ indietro nel tempo. Chi non conosce le opere del cantautore bolognese ha l’occasione di poterle apprezzare ed apprenderne la genesi grazie alle testimonianze rilasciate in prima persona dai protagonisti di allora. Il film di “Banana Republic” è un’importante operazione di recupero, la cui valenza è ben riassunta in una dichiarazione di Francesco De Gregori di qualche tempo fa: “…quel tour è ricordato come uno snodo fondamentale della musica italiana. Perché esiste il duetto che diverte te stesso e quello che diverte gli altri. È questo è il più raro”.

Quando i rifugiati eravamo noi

Immigrati, migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo: una nomenclatura rigorosa che richiede un distinguo per sentirsi ed essere rigorosamente ‘politically correct’. Puntualizzare, specificare, attribuire la categorizzazione precisa prevista sembra essere prioritario per non far torto a nessuno e non sconfinare nell’impreparazione, nella gaffe. Ma davvero deve essere così? Quello che emerge è il fenomeno nel suo insieme: una grande marea di persone che approdano in Italia per transitare, rimanere, ripartire, attendere, chiedere, sperare, tentare, arrendersi, osare, disilludersi, a volte ribellarsi. Che si sia d’accordo o meno. E’ una realtà di fatto quotidiana, con riscontri di cronaca a scansioni regolari su cui si scatenano opinioni contrastanti, riflessioni disparate o disperate.

L’elemento umano dovrebbe superare le etichette, nonostante l’aspetto legale richieda una definizione precisa, anche perché chi è propenso al rifiuto e alla discriminazione tout court non sta certo a guardare lo status, come chi è pronto all’accoglienza e all’accettazione non lo fa con un ‘tu sì e tu no’. Forse merita ricondurre il fenomeno migratorio all’interno di un quadro più vasto, che faccia riferimento a quelle pagine di storia destinate all’archiviazione, ma meritevoli di menzione perché non bisognerebbe mai scordare quello che siamo stati. La figura del ‘rifugiato’ emerge per la prima volta nei risvolti della Prima Guerra Mondiale, quando un conflitto di quelle proporzioni va a creare situazioni di pesante emergenza e le nazioni interessate si devono porre il problema della gestione di masse costrette agli spostamenti forzati. Le zone dei fronti di combattimento, furono evacuate e si assistette al triste esodo in numeri massicci di interi nuclei familiari, villaggi, regioni, con il conseguente spopolamento di territori e sradicamento dal proprio habitat. Italiani, austriaci, polacchi, boemi e moravi ma anche belgi, serbi e gli armeni furono interessati a un’evacuazione senza precedenti e senza distinzione di sorta. Erano quelle popolazioni che più di altre subivano il grande conflitto, costituite prevalentemente da donne vecchi e bambini perché gli uomini, quelli abili, erano al fronte.

I numeri sono il dato significativo delle proporzioni di questo fenomeno: 1.000.000 di belgi rifugiati in Olanda, 250.000 in Germania; 1.000.000 di serbi, 1/3 della popolazione, costretti a lasciare le proprie case. 75.000 trentini, 150.000 friulani delle valli dell’Isonzo e del Carso furono convogliati verso nuove destinazioni; 632.000 sudditi italiani furono costretti a partire dalle provincie di Belluno, Udine, Vicenza, Treviso per essere collocati in modo sparso altrove, all’interno e all’estero, nei campi profughi della Boemia, Moravia, Stiria e Bassa Austria. L’ordine di evacuazione entro 24 ore, l’attesa del treno, il viaggio, i controlli delle commissioni di ispezione, l’arrivo e la sistemazione provvisoria, lo smistamento e la destinazione finale. Una via crucis per interminabili file di esseri umani. Un bilancio molto pesante. ‘Città di legno’, questo era il nome attribuito ai campi di accoglienza che aumentavano di dimensioni man mano che arrivavano i convogli con gli sfollati. Si affaccia alla storia una prima immagine di lager, anche se quella più conosciuta sarà un’altra ben più terribile questione.

I più vasti Barackenlager furono quelli di Braunau e Mitterndorf. Quest’ultimo nasce in un piccolo villaggio a 25 km da Vienna, 150 abitanti, una chiesetta e una bottega. Nel 1914 cominciano ad arrivare i profughi galiziani e polacchi evacuati dalle linee belliche all’avanzata dei russi. Nel 1915 diventerà rapidamente una vera e propria città di baracche fondata sull’emergenza e la precarietà, 12.000 esseri umani di ogni provenienza, stipati in 280 per baracca. Nella cittadella veniva fornita assistenza medica ai malati ma per numerosi bambini non c’era molto da fare perchè minati e provati dalle condizioni di indigenza e debilitati dalle malattie infettive morivano irrimediabilmente. Era una città artificiale suddivisa rigorosamente in blocchi, una cucina ogni 4 baracche, una lavanderia a vapore, opifici e laboratori, magazzini, la scuola, la farmacia, gli ambulatori, l’ufficio postale e la chiesa, luogo religioso e culturale dove era possibile coltivare e mantenere in vita le tradizioni di ciascuna etnia. Per ogni internato era previsto un sussidio di 90 centesimi al giorno più la copertura dell’assistenza sanitaria e il vitto. Una gestione difficile su un così elevato numero di presenze. Alcide de Gasperi, in un suo discorso al Parlamento di Vienna, si pronunciò sulla condizione dei profughi, lamentando come il sistema li avesse isolati. Chiese che potessero liberamente scegliere tra la permanenza nelle baracche e una libera colonia; sottolineò l’importanza che i campi fossero organizzati in modo che gli sfollati potessero contare su una rappresentanza sulla base di quella dei comuni. Chiese, soprattutto, che il sussidio fosse aumentato e le condizioni di vitto migliorate. Un tentativo che non ebbe molto seguito, interrotto dalla fine della guerra, lo smantellamento delle città di legno e il rientro nelle proprie terre da parte della maggioranza dei profughi. Un’immagine storica che acquista ancora più significato se si considera il fenomeno attuale.

La Storia continua: si scappa dalla fame, dalle carestie, dalla guerra ora come allora anche se il quadro attuale differisce per modalità, impatto e conseguenze. I migranti percorrono la rotta dei Balcani (attualmente interrotta per le barriere che molti stati, come Ungheria, hanno eretto) e la rotta del Mediterraneo per approdare in Europa. Una road map mutevole, soggetta a variazioni e cambiamenti ma sempre attiva. Ogni minuto, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, 24 persone migrano: il 51% sono minori, per legge inespellibili, nel 2016 erano 25.846, dal 1 gennaio ad oggi sono 5551. Le nazionalità dichiarate allo sbarco dimostrano che i Paesi di provenienza sono nell’ordine decrescente: Nigeria, Bangladesh, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Marocco, Mali, Eritrea… Una grande rappresentanza di Stati africani, alcuni in guerra civile, della cui situazione conflittuale sappiamo poco o non ne parliamo. La Germania risulta essere il Paese più richiesto dai migranti e su 181.436 approdi in Italia nel 2016, solo poco più di 70.000 sono rimasti sul nostro territorio. I richiedenti asilo vengono inseriti in un programma di ricollocamento, sceglieranno il Paese dove poter andare e la loro richiesta dovrebbe essere valutata nell’arco dei 4-8 mesi in attesa del consenso del Paese richiesto. Attualmente le persone coinvolte nel ricollocamento sono 8876.

Dove trascorreranno questo periodo? Nel 1915 i Barackenlager austriaci fornivano rifugio agli sfollati tra disagi e difficoltà; oggi i campi profughi accolgono i rifugiati superando spesso la soglia numerica prevista tra non minori problemi. Un sottile filo rosso, dunque, che lega la storia di popoli ed epoche diverse, che dovrebbe rammentarci la nostra stessa storia. Per dirla con Churchill, “ Più puoi guardare indietro, più puoi guardare avanti”.

  • 1
  • 2