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Giorno: 12 Giugno 2017

A posteggia napoletana

Da Organizzatori

Il fascino unico e inimitabile della grande tradizione musicale napoletana, che fa sognare tra melodia, macchiette e na tazzulell e cafe’. Mercoledì 14 giugno, per la seconda puntata di Tutte le direzioni in Summertime 2017, arriva allo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara) il Trio Posteggia, con Gerry Gennarelli (voce e fisarmonica), Gigi Patierno (flauto e sax soprano) e Ignazio Laiola (chitarra e voce).
Sarà uno show elegante e divertente, che come nella migliore tradizione napoletana metterà a stretto contatto musicisti e il pubblico, facendo venir meno ogni barriera tra spettacolo e spettatore per un appuntamento che si prospetta imperdibile. La posteggia napoletana ricorda infatti già nel suo nome un complesso musicale ambulante, ma anche il luogo dove si ferma il gruppo a suonare. La parola posteggia deriva da “puosto”, luogo occupato da chi svolge un’attività rivolta al pubblico. E quale posto migliore, per posteggiare, se non tra i tavoli dello Spirito di Vigarano Mainarda, tra una canzone napoletana, una battuta e una risata?
Il trascinante evento è pensato per la programmazione estiva offerta dal Gruppo dei 10 con la rassegna Tutte le Direzioni in Summertime 2017, che ha sempre avuto come culla naturale il mare (al Panama Beach di Porto Garibaldi e Bar Ragno di Comacchio, e da quest’anno anche il Bagno Apollo 72), ma che vede protagonisti inoltre il ristorante “Max” a Ferrara e il ristorante “Spirito” di Vigarano Mainarda, già sede di numerosi concerti durante la rassegna invernale del Gruppo dei 10.

L’Europa siamo noi

Da Organizzatori

Egregia Presidentessa Laura Boldrini,
Siamo un gruppo di ragazze del Liceo scientifico A. Roiti di Ferrara.
In questo anno scolastico abbiamo intrapreso un progetto di alternanza scuola-lavoro, intitolato “L’Europa siamo noi”, riguardante le migrazioni. La principale finalità dell’iniziativa è quella di sensibilizzare la società, e in particolare i giovani, riguardo questa attuale tematica. A tale scopo abbiamo optato per un uso intelligente dei social network. Tramite questi mezzi abbiamo inoltre realizzato e postato video sulla nostra idea di Europa: un Paese che si basa su concetti di unità, accoglienza, collaborazione, uguaglianza e diritti.
Sulla base di tali precetti, conoscendo il suo interesse e la sua attiva partecipazione connessa all’accoglienza e all’integrazione dei migranti in Europa, vogliamo condividere con noi i fini del nostro progetto: contribuire a migliorare le condizioni di vita dei giovani profughi in Grecia, attraverso una raccolta fondi. Ci piacerebbe contribuire attivamente a garantire le cure mediche fondamentali a bambini e donne, soddisfare le primarie necessità, e successivamente creare per loro occasioni di inserimento e quindi di crescita personale. Altrettanto importante è l’obiettivo di continuare a informare e sensibilizzare giovani e meno giovani su questi temi.
L’obiettivo si presenta però molto impegnativo a causa dell’opinione pubblica spesso caratterizzata da remore verso quest’urgente tematica. Infatti è necessaria una più profonda sensibilizzazione che coinvolga e faccia reagire in modo proficuo tutta la società. A questo proposito vorremmo chiederle di collaborare affinché progetti simili a “L’Europa siamo noi” acquisiscano una più vasta visibilità ed approvazione, attraverso i mezzi di cui lei dispone.
Abbiamo contribuito a creare contenuti web sul sito www.leuropasiamonoi.org, e la pagina Facebook “Katsika Help”, nata da una precedente missione di aiuto nel campo profughi situato in Grecia. Siamo ora alla prova del nove, con l’apertura di una nuova raccolta fondi raggiungibile tramite la pagina www.buonacausa.org/cause/katsikahelp.
Siamo certe che non ci farà mancare il suo appoggio,
La ringraziamo per la sua attività politica passata e presente, nella speranza che una piccola parte di futuro si possa scrivere insieme.
Carolina Cori, Emanuela Roversi, Emma Bettarello, Elettra Vendemiati, Emma Trombelli,in rappresentanza delle classi 3A e 3B del Liceo scientifico A. Roiti di Ferrara.

Siccità: Emilia Romagna, a rischio più di 1/3 produzione agroalimentare

Da Coldiretti

Senza acqua stop produzione pomodoro, formaggi e salumi dop

La siccità in Emilia Romagna sta mettendo a rischio più di un terzo della produzione agroalimentare regionale e sono necessari interventi urgenti per rendere subito disponibile l’acqua per i campi. È quanto afferma Coldiretti Emilia Romagna che auspica venga accolta nel più breve tempo possibile la richiesta al Governo del presidente della Regione, Stefano Bonaccini, perché sia dichiarato lo stato di emergenza nazionale che consentirebbe interventi per reperire l’acqua per il resto della stagione.
Sull’intero territorio regionale – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – è piovuto in media il 50 per cento in meno della norma, con situazioni di grave crisi idrica soprattutto nelle province di Nord-Ovest. A Piacenza e Parma, tra ottobre 2016 e maggio 2017 le piogge sono diminuite tra 250 a 300 millimetri, a Reggio Emilia è piovuto fino 200 millimetri in meno. Più contenuta, ma sempre al di sotto della norma il calo delle piogge nel resto della regione.
Ad essere colpite maggiormente sono province – afferma Coldiretti Emilia Romagna – dove sono concentrati allevamenti di Parmigiano Reggiano e allevamenti suinicoli e dove l’acqua è indispensabile per coltivare granturco e foraggio per nutrire più di 650 mila bovini, che producono latte per i principali formaggi Dop italiani, e 1,5 milioni di maiali, che forniscono le cosce per prosciutti Dop d Parma e di Modena e carne per salumi Dop come il Culatello di Zibello. In forte crisi anche la coltivazione dei pomodori, che riforniscono le grandi industrie conserviere, e le coltivazioni di grano.
Gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte – sottolinea Coldiretti regionale – per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti. Ma – continua Coldiretti Emilia Romagna – non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare. Di fronte alla tropicalizzazione del clima – sostiene Coldiretti regionale – se vogliamo continuare a mantenere l’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi con interventi strutturali che non possono essere più rimandati. Occorrono – conclude Coldiretti Emilia Romagna – interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, creando bacini aziendali e utilizzando le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere acqua.

Accordo di Roma su documentazione del patrimonio culturale a rischio – Zerbini fra gli esperti

Da Unife

Grandi novità e prospettive per la tutela e conservazione dei Beni Culturali grazie al neonato Accordo di Roma sulla Documentazione del Patrimonio Culturale a rischio.
Il documento è frutto del contributo di autorevoli professionisti di settore, riunitisi il 19 e il 20 maggio 2017 nella Capitale per partecipare alla Conferenza Internazionale Documenting our Heritage at Risk, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il Patronato dell’UNESCO.
Nel pool di esperti anche Livio Zerbini, docente di Storia romana del Dipartimento di Studi Umanistici di UniFE e Direttore di LAD – Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane.
Afferma Zerbini: “La Conferenza è stata un momento importante di scambio e condivisione sullo stato attuale e le prospettive future nel campo della tutela e conservazione dei Beni Culturali. Lo sforzo comune scaturito dalla due giorni intende unire la comunità internazionale attorno a un programma condiviso per la catalogazione del Patrimonio Culturale, a partire dalla classificazione nelle aree a rischio, con concreti progetti di riqualificazione e di sviluppo locale che prevedano l’adozione condivisa di tecnologie avanzate”.
Durante l’evento, la delegazione di esperti è stata ricevuta in visita ufficiale dal Primo Ministro Paolo Gentiloni, presso la sua residenza a Palazzo Chigi.
Al termine della sessione del 20 maggio sarà approvato un appello internazionale, il Rome Agreement on Documentation of Endangered Cultural Heritage / Accordo di Roma sulla Documentazione del Patrimonio Culturale a rischio.
vorremmo ringraziarla per la sua partecipazione ed esprimere il nostro apprezzamento per il suo intervento che ha contribuito al successo dell’evento.
Riteniamo che lo sforzo comune potrà utilmente contribuire a unire la comunità internazionale intorno a un programma condiviso per la catalogazione del Patrimonio Culturale, a partire dalla classificazione nelle aree a rischio.
La Conferenza Internazionale “Documenting our Heritage at Risk” ha rappresentato un’occasione unica di convergenza tecnico-scientifica verso l’adozione condivisa di tecnologie avanzate per la difesa del patrimonio culturale.
Inoltre, se non diversamente comunicato, condivideremo il suo contatto email con gli altri relatori che hanno partecipato alla Conferenza.
Gentile Prof. Zerbini,
A conclusione della Conferenza Internazionale “Documenting our Heritage at Risk” tenutasi a Roma il 19 e 20 Maggio 2017, vorremmo ringraziarla per la sua partecipazione ed esprimere il nostro apprezzamento per il suo intervento che ha contribuito al successo dell’evento.
Riteniamo che lo sforzo comune potrà utilmente contribuire a unire la comunità internazionale intorno a un programma condiviso per la catalogazione del Patrimonio Culturale, a partire dalla classificazione nelle aree a rischio.
La Conferenza Internazionale “Documenting our Heritage at Risk” ha rappresentato un’occasione unica di convergenza tecnico-scientifica verso l’adozione condivisa di tecnologie avanzate per la difesa del patrimonio culturale.
Troverà in allegato l’Accordo di Roma sulla Documentazione del Patrimonio Culturale a rischio.
E’ nostra speranza che i contatti e le interazioni indotti da questa conferenza conducano a concreti progetti di riqualificazione del Patrimonio e di sviluppo locale.
Con l’occasione le anticipiamo anche che entro la metà di giugno, riceverà la sbobinatura del suo intervento in inglese. Le chiederemo pertanto la cortesia di aggiornarlo e di inviarci la versione definitiva da poter inserire nella pubblicazione degli atti della conferenza entro la fine di luglio.
Inoltre, se non diversamente comunicato, condivideremo il suo contatto email con gli altri relatori che hanno partecipato alla Conferenza.
Livio Zerbini, docente di Storia romana del Dipartimento di Studi Umanistici di UniFE e Direttore di LAD – Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane, invitato fra gli esperti al Convegno Internazionale “Documenting our heritage risk/Documentare il nostro patrimonio a rischio”, L’evento vedrà la partecipazione a confronto dei più autorevoli professionisti di tutela e conservazione dei Beni Culturali provenienti dal mondo accademico e scientifico, culturale e dell’innovazione.

Concerti finali ultime due serate con le esecuzioni degli allievi

Da Conservatorio Ferrara

Rameau, Brahms, Frescobaldi non sono che alcuni degli autori che domani 13 e giovedì 15 giugno i migliori allievi del Conservatorio di Ferrara proporranno in concerto, per due spettacoli in orario serale a Palazzo Bonacossi.
Iniziati lo scorso martedì 6 giugno (proseguendo poi l’8 giugno) alle 20.30 nello storico palazzo di via Cisterna del Follo 5 (Ferrara) si terranno infatti le esecuzioni concertistiche di fine anno accademico, tenute dagli allievi che si sono distinti durante il percorso di studi e aperte gratuitamente alla cittadinanza.
Il programma della serata di domani, 13 giugno, coinvolgerà la scuola di Clavicembalo (allievo Davide Marzola), di Canto Rinascimentale (con Niccolò Roda e Alessandro Casali), di Chitarra (con Piergiacomo Buso), di Pianoforte (con Jacopo Bonora) e di Canto (con Matteo Roma, Claudia Muschio, Caterina Ravenna, Rosa D’Alise, Alessia Berardo), con musiche tratte delle composizioni di Jean-Philippe Rameau, Girolamo Frescobaldi, Maurizio Cazzati, Johann Sebastian Bach, Astor Piazzolla, Johannes Brahms, Giuseppe Verdi e Léo Delibes.
Quanto al programma di giovedì, 15 giugno sempre alle 20.30 a Palazzo Bonacossi, verrà dato spazio alla scuola di Pianoforte del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara, con l’esecuzione da parte degli allievi dei brani di Franz Liszt, Frédéric Chopin e Aleksandr Nikolaevič Skrjabin. Seguirà la scuola di Contrabbasso con brani tratti dal Concerto per contrabbasso e orchestra di Giovanni Bottesini, la scuola di clarinetto con brani di Norbert Burgmüller, la scuola di Violino con Felix Mendelssohn, la scuola di Musica da Camera con César Franck e infine la scuola di Musica d’insieme d’Archi con brani composti da Antonín Leopold Dvořák.

Seconda serata Cento Street Festival

Da Comune di Cento

Dopo il gran successo del 7 giugno, illustriamo il programma della seconda serata del Cento Street Festival Mercoledì 14 Giugno 2017 in Corso Guercino – Via Provenzali e Via Matteotti a Cento, nella Giornata Mondiale del Donatore di Sangue.
Si inizierà alle ore 18:15 con il corteo delle sezioni AVIS e FIDAS, ed i rappresentanti dei Comuni della provincia di Ferrara, e non solo, accompagnati dalla Banda “G.Verdi” di Cento fino alla Piazza Guercino. Alle ore 18:30 presso la Sala Zarri, Palazzo del Governatore, si terrà un convegno dal titolo “Attualità sulle vaccinazioni: realtà scientifiche e polemiche” relatori: Dott. Fabio Palma e Dott. Marco Libanore. Alle ore 21:00 sul palco sito in Piazza Guercino si svolgerà la 15° premiazione Comunale (iniziativa nata nel 1986 col Sindaco Albertini) nella quale l’Amministrazione Comunale ringrazierà pubblicamente 56 donatori delle tre Associazioni di sangue presenti nel territorio comunale (AVIS Cento, AVIS Casumaro e FIDAS Renazzo), che hanno raggiunto e superato le 100 donazioni (uomini) 50 donazioni (donne) ed un ragazzo che lo scorso anno ha donato il midollo osseo.
A seguire, alle ore 21:45, spettacolo comico con Andrea Poltronieri e Duillio Pizzocchi.
Contemporaneamente, lungo le vie del centro storico, il Cento Street Festival entrerà nel vivo con negozi aperti fino alle ore 23:00, 10 band concorrenti per la seconda selezione Concorso Buskers e tanto altro!
In questa serata ci sarà il raduno delle Alfa Romeo, a cura dell’Alfa Romeo club di Cento
Dalle ore 21:00 si esibiranno i protagonisti del Buskers Festival, 3° premio Avis, presentati da Lorenzo Sacquegna. I gruppi concorrenti sono: Outburst – BIT WAVES – Slap Sound – LESS IS MORE – SixForEight – 300 hz – Angela Finotello – Karamazov – Luigi Raffaele Arcuri – L I G H T Y E ∆ R S
In questa seconda serata proseguirà la selezione; i primi 3 classificati passeranno alla finale del 28 Giugno. A giudicare i gruppi musicali ci sarà una giuria qualificata di docenti di scuole di musica e artisti.
Ad animare la serata in centro storico, ci saranno, oltre agli artisti, anche tutti i negozi “IO ADERISCO” aperti con divertenti proposte a tema. Le Associazioni che hanno aderito all’iniziativa in questa seconda sera sono: Foto Club il Guercino, con un concorso fotografico a tema, palestra Oasi Wellness, Scuola di musica Fra le Quinte, Associazione Cinema Don Zucchini, Croce Rossa, Associazione Ludosport, Società Carnevalesca “Fantasti100”, Compagnia “Il Governatore delle Antiche Terre del Gambero”, Associazione “Voce” e la Cooperativa Sociale L’ARCOIRIS e l’Associazione Sportiva Sei-Do.
In occasione delle serate dei Mercoledì, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Cento ha disposto l’apertura straordinaria delle mostre presenti in centro storico ad ingresso gratuito.

Nasce l’ippogrifo digitale, nell’anniversario della scomparsa di Gianna Vancini

Da Organizzatori

19 giugno 2016. Gianna Vancini ci lasciava, all’improvviso.
Ma la presidentessa del Gruppo scrittori ferraresi continua a vivere nel ricordo di tante persone che hanno conosciuto questa donna straordinaria per la cultura della nostra città.
Il 19 giugno 2017, non a caso, è la data scelta dall’associazione Gsf per la presentazione della rivista digitale “l’Ippogrifo”.
La pagina web è complementare a l’Ippogrifo cartaceo, che prevede due numeri annuali – a giugno e a dicembre – e al Quaderno dell’Ippogrifo, una novità editoriale, la cui uscita è attesa per settembre 2017.
Anche una finestra sul web, offrendo l’opportunità di farsi conoscere e condividere testi e idee oltre le Mura.
La pagina digitale vorrebbe essere un punto d’incontro, un nuovo “crocevia” culturale e verrà aggiornata costantemente segnalando eventi e manifestazioni letterarie e artistiche, italiane e internazionali.
Accoglierà una vetrina con le novità editoriali e rubriche inedite, tra le quali
„Un Ponte sull’Europa“, dal “corrispondente” di Berlino, per «rendere un poco più extra-cittadina e addirittura internazionale non solo la rivista l’Ippogrifo, ma la stesso Gsf». Oppure la rubrica Racconti dal marciapiede, uno sguardo ironico sulla vita cittadina («È verità universalmente riconosciuta che la risata alleggerisca l’animo umano dalle quotidiane sofferenze così da illuminare di una luce più reale ogni situazione»). E ancora, Tenerina è la notte, una «rubrica degli… errori», il cui titolo «echeggia evidentemente il dolce più famoso di Ferrara e il titolo del romanzo di Francis Scott Fitzgerlad, Tenera è la notte». La rubrica Allo stato brado, pensata per accogliere saggi, perché «Creare un proprio spirito critico rappresenta la conditio sine qua non per vivere e non sotto-vivere». NeroBianco, lo spazio per le interviste; Taccuino, la rubrica dove raccontare «Viaggi & Vagabondaggi», “fughe”, lontane e vicine, nello spazio e nel tempo, nella letteratura.
La nuova piattaforma è stata realizzata grazie al lavoro di Leonardo Minguzzi, e crescerà grazie alla collaborazione dei soci del Gsf e di quanti vorranno fare una passeggiata a curiosare tra le pagine de l’Ippogrifo digitale.
Appuntamento all’indirizzo https://scrittoriferraresi.wixsite.com/ippogrifo il prossimo 19 giugno.
Con un pensiero speciale rivolto a Gianna Vancini.

CiboAmico al pre-Meeting del G7 dal titolo “Innovative Food Waste Approaches”

Da Hera

Un progetto del Gruppo Hera che apporta un risparmio complessivo di oltre 44.000 euro. Circa 10.500 pasti recuperati, 1.400 i pasti provenienti dalla mensa Hera di Ferrara.

Circa 10.500 pasti recuperati corrispondenti a più di 44.000 euro: particolarmente
soddisfacenti i risultati raggiunti nel 2016 grazie a CiboAmico, attraverso una rete solidale e sostenibile a km zero sul territorio. Il progetto, alla sua settima edizione, ha consentito il recupero dei pasti preparati ma non consumati nelle mense aziendali del Gruppo Hera, successivamente ridistribuiti attraverso enti no-profit locali a favore di persone in situazione di difficoltà.
Un’esperienza realizzata con il supporto di Last Minute Market, società spin-off dell’Università di Bologna che promuove la lotta allo spreco e la sostenibilità ambientale, insieme alla collaborazione di Elior, la società incaricata della gestione delle mense di Hera.
Circa 67.500 i pasti recuperati dall’inizio del progetto, per un valore economico di oltre 273.000 euro
Avviato a dicembre 2009, il progetto è attualmente attivo nelle mense aziendali Hera di Bologna (viale Berti Pichat e via del Frullo, Granarolo dell’Emilia), Ferrara, Imola e Rimini.
Tanti e di diversa natura i benefici che CiboAmico offre ai territori e ai soggetti coinvolti nell’iniziativa, tutti all’insegna della lotta allo spreco: il riutilizzo delle eccedenze alimentari, la prevenzione della produzione di rifiuti, l’ottimizzazione delle risorse economiche e ambientali, la creazione di un servizio sostenibile e solidale che dà assistenza a circa 140 persone in difficoltà all’interno di otto strutture dedicate. Particolarmente positivi i risultati 2016 che hanno consentito di recuperare un totale di 10.449 pasti nel corso dell’anno, registrando un incremento del 21,6% rispetto all’anno precedente. Un record assoluto dalla data di avvio del progetto.
In sette anni CiboAmico ha permesso il recupero di circa 67.500 pasti completi, per un valore economico complessivo di oltre 273.000 euro. Ma evitare lo spreco di cibo significa anche evitare lo spreco di risorse naturali: da evidenziare le 29 tonnellate di rifiuti risparmiate, pari a circa 64 cassonetti, 21 piscine olimpioniche e 136 campi da calcio.
CiboAmico a Ferrara: donati circa 1.400 pasti nel 2016, per un risparmio di oltre 6.000 euro
A Ferrara, con il progetto CiboAmico, lo scorso anno sono stati recuperati 1.369 pasti provenienti dalla mensa aziendale Hera di via Diana.
È l’Associazione Viale K che si occupa di destinare le eccedenze alimentari recuperate presso le tre strutture dedicate: la Casa delle donne, la Casa Mambro e la mensa di via Gaetano Pesci, che ospitano persone in stato di disagio e con particolari difficoltà economiche.
Solo nel 2016 il valore economico dei pasti donati da Hera nel ferrarese ha superato i 6.000 euro, un risparmio economico che ha consentito alla onlus coinvolta di investire le risorse così liberate in altri progetti, dimostrando che coniugare la sostenibilità con la solidarietà non solo è possibile ma anche conveniente.
“Innovative Food Waste Approaches”
In un pre-Meeting del G7 dal titolo “Innovative Food Waste Approaches” che si è svolto sabato 10, a FICO Eataly World (Fabbrica Italiana COntadina), il più grande parco agroalimentare del mondo che aprirà a Bologna in autunno, Italia e Stati Uniti si sono ritrovati ad un tavolo di lavoro per discutere le azioni in campo contro lo spreco alimentare. Al centro dell’incontro, a cui ha partecipato anche il Gruppo Hera, i dati allarmanti dell’Onu sullo spreco alimentare secondo cui un terzo del cibo destinato al consumo umano oggi viene perso o sprecato. Al termine dei lavori, è stato firmato un protocollo d’intesa tra Fico, Eataly World, Fondazione Fico, Caab e Gruppo Hera che impegna Hera, tra l’altro, a trasferire a buone pratiche come “Cibo Amico”.

Legalità. Un milione di euro agli enti pubblici per sostenere la lotta al crimine organizzato

Da Regione Emilia Romagna

I fondi regionali finanzieranno iniziative e interventi sui beni confiscati. L’assessore Massimo Mezzetti: “Abbiamo quasi raddoppiato i fondi stanziati nel 2016”. Finanziati 139 progetti nello scorso quinquennio, con un impegno di oltre 2,8 milioni di euro

Bologna – Quasi un milione di euro (958.900 euro) di contributi a enti pubblici per la realizzazione di iniziative e progetti per la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e dei fenomeni corruttivi, la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile, interventi di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e arredo di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata e mafiosa.
E’ quanto determinato dalla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna, che ha varato le modalità e i criteri per la concessione dei contributi a enti pubblici e locali finalizzati all’attuazione della Legge 18 del 2016, il “Testo Unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili”.
“Siamo riusciti quasi a raddoppiare il finanziamento rispetto al 2016– ha dichiarato l’assessore regionale alle Politiche per la Legalità Massimo Mezzetti–, per cui da subito diamo impulso a una serie articolata di misure di prevenzione del crimine organizzato e mafioso nel territorio regionale, nello spirito del Testo Unico sulla Legalità, prima esperienza in Italia in questa materia. Dobbiamo tenere alta la guardia, creare una mobilitazione di opinione pubblica, sensibilizzare le coscienze, isolare la cultura mafiosa come complemento ineludibile dell’azione investigativa, cui va aggiunta una serie coordinata di interventi volti a promuovere i diritti, il rispetto per l’ambiente, la democrazia partecipata e la restituzione alla collettività per fini istituzionali o sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata”.
I progetti per la legalità
Dal 2011 al 2016 sono stati finanziati dalla Regione Emilia-Romagna 139 progetti, con un impegno finanziario di oltre 2.800.000 euro.
Con la sottoscrizione di protocolli di intesa o accordi di programma, la Regione ha sostenuto Enti Locali e le istituzioni formative in un ampio spettro di azioni.
Sono stati aperti dei “Centri per la legalità” ed attivati Osservatori locali e centri studi sulla criminalità organizzata e per la diffusione della cultura della legalità. Ne è stata sostenuta la creazione nelle province di Rimini e Piacenza, nelle amministrazioni comunali di Forlì e Parma e nell’Unione dei Comuni Terre d’Argine.
Dal 2011 ad oggi in particolare sono stati sottoscritti dalla Regione Emilia-Romagna sedici Accordi di Programma riferiti a nove beni immobili confiscati, con un contributo regionale di oltre 1 milione di euro. Gli interventi finanziati hanno riguardato il recupero per finalità sociali di beni immobili confiscati nei comuni di Ferrara, Forlì, Ravenna, Pianoro (Bo), Gaggio Montano (Bo), Pieve di Cento (Fe), Berceto (Pr), Salsomaggiore Terme (Pr) e Cervia (RA).
Alcuni esempi aiutano a chiarire la portata complessiva dell’intervento.
A Cervia un alloggio confiscato alla criminalità organizzata è oggi utilizzato come casa rifugio per donne vittime di violenza.
A Pieve di Cento, un edificio è stato trasformato dall’Unione Reno Galliera, con il supporto della Regione, in una struttura di accoglienza temporanea di nuclei familiari con minori ed in emergenza abitativa e in una nuova sede della Polizia Municipale.
Ancora, a Berceto una villa confiscata ad un esponente della camorra è stata trasformata, con una serie di interventi coordinati, in piscina coperta, palestra e biblioteca comunale. /Va.Ma.

Morto contro uno dei rarissimi platani non protetti della Sp 15: i familiari di Raffaele Castaldini chiedono risposte

Da Organizzatori

Chilometri e chilometri di platani protetti da guardrail, a parte delle rarissime eccezioni che si contano sulle dita di una mano, tra cui quello contro cui si è schiantato Raffaele Castaldini: un’assurda sventura ma anche un’omissione fatale, perché lì, a ridosso della carreggiata, quell’albero non ci doveva essere, perlomeno senza presidi di sicurezza.
Ancora sotto shock per la tragica morte del proprio caro, si stanno ponendo mille domande i familiari del 61enne di Final di Reno, nel comune di Tresigallo, rimasto vittima il 29 maggio scorso nei pressi di Villanova di Denore di una terribile uscita di strada mentre percorreva con la sua Ford Focus via Pomposa, tratto della Provinciale 15.
“Lele”, com’era soprannominato Castaldini, che lavorava come saldatore al Petrolchimico di Ferrara e che lascia la moglie Marisa e due figli poco più che ventenni, Elisa e Luca, per cause ancora da accertare ha perso il controllo della sua vettura centrando in pieno un possente platano a bordo strada: un impatto fatale, che non gli ha lasciato scampo.
Si tratta dell’ennesima vittima degli “alberi” in Italia; per dare la dimensione del fenomeno, secondo i dati dell’apposito Osservatorio dell’Asaps, Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, nel 2015 nel nostro Paese sono state ben 127 le persone che hanno perso la vita in seguito a schianti contro un albero, e 255 sono rimaste ferite: un bollettino di guerra.
Le norme vietano di piantare alberature lateralmente alle strade o impongono distanze minime, sei metri, nella fattispecie in alcun modo osservata, prescrivendo anche la protezione e la messa in sicurezza degli ostacoli fissi, tra cui appunto gli alberi. Prescrizioni che la Provincia di Ferrara, proprietaria dell’arteria in questione, conosce bene ed ha in larghissima parte rispettato, se è vero che la Sp 15 è costeggiata per lunghi chilometri da platani appositamente protetti da guardrail. Non proprio tutti però, perché, tragica fatalità e sciagura, quello costato la vita a Raffaele Castaldini non era riparato da nulla: una lacuna che fa specie, considerata la diversa attenzione giustamente riservata a tutte le altre piante. Non solo. In quel tratto di circa 150 metri inspiegabilmente senza guardrail, si ergevano altri 5-6 platani che sono stati tagliati e di cui sono ancora ben visibili i ceppi: perché non è stata abbattuta anche la pianta contro cui si è schiantato il 61enne?
Domande che tormentano i congiunti della vittima perché è chiaro che, se quell’albero non ci fosse stato, o se fosse stato protetto, la fuoriuscita di strada avrebbe verosimilmente causato conseguenze molto meno gravi. E Raffaele con ogni probabilità sarebbe ancora vivo.
La famiglia della vittima, per fare chiarezza sui fatti e ottenere risposte, attraverso il consulente personale Luigi Peron, si è dunque rivolta a Studio 3A, società di patrocinatori stragiudiziali specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni genere di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che segue numerosi incidenti simili e che ha anche portato a “Mi Manda Rai tre” il caso della giovane friulana Alessandra Clama, rimasta in stato vegetativo dopo uno schianto contro un platano: qui è stata citata in causa Friuli Venezia Giulia Strade, ente gestore della strada.
Gli esperti della società stanno verificando tutta la documentazione, hanno già effettuato un sopralluogo, appureranno con un’apposita perizia se e quali responsabilità nella tragedia abbia la Provincia di Ferrara e si attiveranno di conseguenza per rendere verità e giustizia ai propri assistiti.

Copparo – presentazione progetto servizio civile volontario

Da Comune di Copparo

Il Comune di Copparo informa che giovedì 15 giugno alle ore 16, presso il Teatro Comunale De Micheli (Copparo, piazza del Popolo 11/a) si terrà l’incontro per la presentazione del progetto di Servizio Civile Nazionale 2017 “Laboratorio infanzia: se non ora quando?”. Sarà possibile ricevere tutte le informazioni necessarie per candidarsi alla selezione di 6 volontari presso il Comune di Copparo.
Ricordiamo che il Servizio Civile Nazionale Volontario ha una durata di 12 mesi ed è riservato ai cittadini italiani, cittadini di altri Paesi dell’Unione europea, cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti, di età compresa tra i 18 e i 28 anni. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 26 giugno prossimo.

Andrea Staid presenta il libro presenta “Abitare illegale. Etnografia del vivere ai margini in Occidente”

Da Ibs

Martedì 13 giugno ore 18:00 Presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino Libreria Ibs+Libraccio di Ferrara

Tra Europa e Stati Uniti un viaggio nelle più differenti esperienze abitative, dalle case occupate italiane ai wagenplatz in Germania, dai villaggi rom e sinti del nord Italia, ai pueblos ocupados in Spagna. Ma non solo: ecovillaggi e comuni, slum urbani e baraccopoli, autocostruzioni e tendopoli. Una ricerca che decostruirà le certezze sull’abitare del così detto primo mondo, scritta con la passione dell’attivista e il rigore dello studioso.
“Staid ci ha abituato a ricerche condotte ai margini, in quei laboratori spontanei dove maturano, consapevolmente o meno, nuovi modelli di relazione. Questa volta ci conduce in un viaggio nelle pratiche dell’abitare.” Marco Aime

Legalita’: il rating approda nel registro imprese

Da Camera di Commercio

Govoni: “Progetto importante ma che va esteso a tutte quelle imprese che, pur in possesso dei requisiti richiesti, hanno un fatturato al di sotto dei due milioni di euro”

Il Registro delle imprese si arricchisce di nuove informazioni per mettere a fuoco il profilo di affidabilità delle aziende. Grazie all’intesa tra InfoCamere e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), a partire dall’autunno prossimo le visure estratte dal Registro delle imprese delle Camere di commercio italiane conterranno l’indicazione del rating di legalità rilasciato dall’AGCM alle aziende che ne hanno fatto richiesta e che hanno superato il vaglio dell’Autorità stessa.
Il rating di legalità è uno strumento introdotto nel 2012 volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, tramite l’assegnazione di un riconoscimento – misurato in “stellette” — indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta e, più in generale, del grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business. “L’acquisizione al Registro delle imprese delle informazioni sul rating di legalità – ha sottolineato Paolo Govoni, presidente della Camera di commercio di Ferrara – rientra nel processo di continuo miglioramento di qualità, completezza e trasparenza delle informazioni presenti nelle banche dati gestite dalle Camere di Commercio, perseguito attraverso l’integrazione di informazioni sulle imprese gestite da altre Pubbliche amministrazioni. Un progetto importante dunque – ha proseguito Govoni – che occorre però venga al più presto esteso – e su questo stiamo già lavorando con le associazioni di categoria – a tutte quelle imprese che, pur in possesso dei requisiti richiesti, hanno un fatturato al di sotto dei due milioni di euro. Del rating assegnato dall’AGCM infatti, secondo quanto previsto dalla legge, si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario”.
Alla fine dello scorso mese di aprile, le imprese in possesso delle “stellette” della legalità (il cui elenco, con il relativo punteggio, è pubblicato sul sito dell’Autorità (http://www.agcm.it) sono 3.612 (24 di queste sono ferraresi). Per la maggioranza, si tratta di realtà del Nord (55,6%), rispetto al 22% del Centro e al 31,7% del Mezzogiorno (Sud e Isole). Il 62% sono concentrate in cinque regioni, con in testa l’Emilia Romagna (15,3), seguita dalla Lombardia (14,7), dal Veneto (12,1), dalla Puglia (11) e dal Lazio (8,7). Il 52,1% sono piccole imprese, che occupano meno di 50 addetti e che hanno un fatturato non superiore ai 10 milioni di euro. In base al tipo di attività, il 40% delle imprese opera nel settore nell’industria manifatturiera e circa il 20% nel settore notoriamente “sensibile” come quello dell’edilizia. La quota maggiore è costituita da Società a responsabilità limitata (54,7%), seguite dalle Spa (19,5).
Cos’è il rating di legalità
Il riconoscimento viene rilasciato su base volontaria e può essere richiesto per via telematica dalle imprese che hanno sede operativa nel territorio nazionale, che abbiano un fatturato minimo di due milioni di euro nell’ultimo esercizio e che risultano iscritte nel Registro delle Imprese da almeno due anni. Ha un intervallo variabile tra un minimo (corrispondente a una “stelletta”) e un massimo (corrispondente a tre “stellette”), attribuito dall’Autorità stessa sulla base delle dichiarazioni delle aziende, verificate grazie a controlli incrociati con i dati in possesso delle Pubbliche amministrazioni. Il rating di legalità ha durata di due anni ed è rinnovabile su richiesta. In caso di perdita di uno dei requisiti base, l’Autorità ne dispone la revoca. Se vengono meno i requisiti per i quali l’azienda ha ottenuto un rating più alto l’Antitrust riduce il numero di stellette. Del rating assegnato dall’AGCM, secondo quanto previsto dalla legge, si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario.

Roma e magazine scientifici segnalano la fantascienza del ferrarese Maurizio Ganzaroli in stile Voyager

da Asino Rosso libri eBook

E’ on line (Asino Rosso libri ebook a cura del futurista ferrarese Roby Guerra- network Street Lib) “Mondi Diversi” eBook fantascientifico di Maurizio Ganzaroli scrittore/artista futuribile (anche già personaggio dell’anno per la Nuova Ferrara; photo di M. Pasetti dell’autore con il celebre ricercatore e personaggio televisivo di Voyager- Roberto Giacobbo). Racconti lunghi e alcuni brevi in stile vintage science fiction particolarmente godibili. Ganzaroli, scrittore, pittore, videopoeta, blogger, è noto anche fuori Ferrara per mostre e eventi elettronici a Milano e Roma. eBook distante da certo provincialismo manierista locale, non a caso già segnalato anche da noti magazine di divulgazione e informazione persino scientifica come Meteo Web (con anche una breve intervista a Ganzaroli) e da Roma Capitale nella testata ufficiale di Roma e provincia “La Notiziah24″ con un estratto dal racconto breve postatomico”Aurora Viola” e la stessa sinossi (integrale) presentazione incipit di Maurizio Ganzaroli da cui qua un breve estratto:
“La raccolta prende il nome di “Mondi Diversi” perché richiama le raccolte di fantascienza e horror che Urania faceva uscire ad ogni stagione, che si chiamava Mille Mondi, e poi perché richiama anche il mio primo libro “Nebbie d’altri mondi”. …. “Aurora viola” è invece il classico racconto di fantascienza anni ’70, scritto appositamente con lo stile Urania di quegli anni. (M. Ganzaroli)

Tamarrow Never Knows

Mi sento un po’ scemo a scriverlo ma è passato quasi un mese e devo ammettere che sono ancora preso abbastanza male per il modo in cui se n’è andato Chris Cornell.
Per forza di cose, dopo aver saputo cos’era successo, mi è successo quello penso succeda a un sacco di gente in questi casi.
Ho rimesso su il suo primo album vero e proprio con i Soundgarden, “Ultramega OK” del 1988.
E non mi sono impressionato granché, l’ho tolto che non ero arrivato neanche a metà.
Ho scoperto anche che quel disco non faceva impazzire nemmeno i Soundgarden stessi, lo chiamavano “ultramega not bad at all” e altre storpiature del genere.
Però poi, forse il giorno stesso, ho fatto la cazzata: ho rimesso su “Badmotorfinger”, il primo disco loro che avevo sentito a 18 anni.
Pensavo che dopo tutto questo tempo non avrei più avuto le orecchie per quella roba ma invece, non so perché, ho ricominciato ad ascoltare praticamente solo i Soundgarden scapocciando allegramente ma non troppo perché si sa, quella roba anni ’90 ha la sua certa cupezza.
Comunque ho scoperto che mi piacciono ancora un bel po’.
Tutto, tranne quell'”Ultramega OK” che non so perché ma proprio non mi entra.
Comunque adesso mi sono imposto di non spararmeli più per un po’ di tempo perché stavo impazzendo.
Avevo iniziato a farmi delle domande brutte sul valore che diamo alle cose grazie anche ai nostri ricordi.
Chiaro che il valore di Soundgarden resta più o meno indiscutibile.
Non lo dico solo io, lo dice anche uno come Johnny Cash.
Lo dicono anche certe evoluzioni di tanta musica “pesante”.
I Soundgarden non sono mai stati il mio gruppo del cuore ma – come ho ripetuto fino alla nausea a tutti quelli che mi dicevano “oddio i Soundgarden” in quei giorni – ci volevano.
Ci volevano perché hanno dato una bella svolta alla musica – non solo di Seattle – ma soprattutto, ci volevano perché avevano le canzoni.
Anche se non erano esattamente “la tua roba”, quelle canzoni hanno sempre avuto spunti interessantissimi.
Vuoi per quelle chitarre così strane e a volte così complicate, per quei tempi assurdi, per quell’odore di Beatles nel loro periodo “maturo”, per un sacco di roba.
Così mi sono fatto tutte queste brutte domande sui ricordi, su chi sono io, che all’epoca di “Badmotorfinger” avevo 4 anni ed ero in ospedale con la salmonella, e niente: ancora una volta mi sono dovuto ricordare che praticamente – a parte i White Stripes beccati in tempo reale – ho avuto solo ricordi più o meno adolescenziali di seconda o terza mano.
Però una sera, mentre stavo bevendo una birra al mio bar preferito, il “Bar Scandiana”, sono arrivati i tipi del palio, quelli della Contrada di S.Maria in Vado, se non sbaglio.
Hanno iniziato a fare un gran casino, han tirato fuori pure un asino e un cavallo e poi li hanno fatti benedire al prete.
Così, per isolarmi un po’, per lasciar loro la loro giusta intimità, mi sono messo su Jesus Christ Pose, traccia n° 4 dal caro vecchio “Badmotorfinger”.
E a quel punto ho realizzato qualcosa di ancora più peso.
Perché niente, ho capito che è facile sgamare i Beatles in Black Hole Sun.
La vera bazza è capire che Jesus Christ Pose è la Tomorrow Never Knows degli anni ’90, alla faccia dei Chemical Brothers che si sbattono come pazzi.
Per me è abbastanza evidente.
Ok, è un po’ più tamarrow che tomorrow ma per me è così.
In più dopo che avevo finito di ascoltarla e il prete aveva finito con la sua benedizione, lì al bar è partito un gran bestemmione, bestemmione che non ho potuto fare a meno di intendere come un segno da parte di Gesù Cristo in persona che mi fa pat pat sulla testa.
Così, in simpatia, con quella consueta autoironia che lo caratterizza da sempre e a cui la storia dell’uomo l’ha un po’ costretto.

Jesus Christ Pose (Soundgarden, 1991):

Il palazzo impacchettato…

di Francesca Ambrosecchia

Ecco il Palazzo Massari e l’impalcatura che lo circonda.
Situato in Corso Porta Mare a Ferrara è uno dei tanti palazzi storici e monumentali danneggiati dal terremoto che ha colpito la città nel maggio 2012. Il Palazzo e la Palazzina Cavalieri di Malta che lo affianca sono stati costruiti in epoche diverse ma vengono considerati un blocco unitario, come in questo progetto.
Uno dei tanti interventi che il Comune di Ferrara ha elaborato in questi anni nel settore delle opere pubbliche e della mobilità per restaurare e migliorare i beni monumentali della nostra città.
I due palazzi fanno parte del Polo Museale di Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, insieme al Palazzo dei Diamanti, al Palazzo Prosperi Sacrati e al Palazzo Bevilacqua. Il complesso in questione, subito dopo il sisma è stato svuotato di tutte le opere d’arte al suo interno poiché dichiarato inagibile. Il progetto, i cui lavori sono attualmente in corso e la cui fine è prevista per marzo 2018, prevede un generale miglioramento sismico dello stabile a livello architettonico, non trattandosi solo di un mero restauro. Gli elementi decorativi saranno restaurati con l’utilizzo di cotto, pietra e stucchi, con la scelta di utilizzare le colorazioni originali.

Violenza!

di Francesca Ambrosecchia

Accendo la televisione e involontariamente assisto alla carrellata di servizi di apertura del telegiornale della sera. Politica e violenza: le due costanti del periodo.
Quante guerre, aggressioni e atti atroci vi sono stati nel corso della storia? Da quanto esistono? Probabilmente da sempre.
L’11 settembre 2001 ha dato il via ad una forma di violenza caratteristica del Ventunesimo secolo di matrice fondamentalista islamica ovvero quella che oggi più che mai ci è nota, degli attacchi terroristici. Il crollo delle Twin Towers sembra lontano dopo che abbiamo assistito alle immagini dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, al terrore all’interno del Bataclan e lungo le strade di Parigi, alla paura nella metropolitana e nell’aeroporto di Bruxelles, alle urla di migliaia di ragazzini durante il concerto di Manchester e alle uccisioni per le vie di Londra.
Assistiamo inermi e sbigottiti di fronte a tutto questo. Come poter reagire ad un qualcosa di così grande rispetto a noi? A qualcosa di così inspiegabile? Tutto ciò accade vicino a noi, in Europa. L’angoscia e la preoccupazione aumentano mentre, in altre zone del mondo, il tempo non si ferma e le brutalità continuano incessantemente.
Uccisioni, abusi, violenze, ingiustizie, guerre: ecco di cosa il mondo è saturo.

“La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una spirale discendente di distruzione”
Martin Luther King

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

IL DOSSIER SETTIMANALE
La breve e (non) esaustiva guida di Ferraraitalia per le vostre vacanze d’arte

Non sono tempi facili per il settore culturale italiano, fra le polemiche sul turismo di massa che invade le città d’arte, ignorando il patrimonio diffuso che potrebbe fare dell’Italia una repubblica fondata sulla bellezza – come è stato proposto in Parlamento non troppo tempo fa – e il recente ‘pasticciaccio’ della sospensione, ad opera del Tar del Lazio, di cinque direttori dei nuovi musei con autonomia speciale nominati dal ministro del Mibact nostro concittadino, Dario Franceschini.
Ma del resto ci sono mai stati tempi facili per i beni culturali italiani, che – anche se tendiamo a dimenticarcene – comprendono non solo i musei e le esposizioni, ma anche il nostro bellissimo paesaggio e l’immenso patrimonio di competenze delle nostre arti dal vivo?

Eppure i dati di Federalberghi sul ponte del 2 giugno sono incoraggianti, con un incremento di partenze di quasi il 9% rispetto allo scorso anno. Inoltre il 93% di italiani ha preferito l’Italia per questa breve vacanza: che si stia riconquistando una rinnovata passione per le bellezze del proprio paese?
Le urne dell’ultima tornata elettorale si sono chiuse, l’estate è ormai iniziata e non è più tempo di disquisire sull’eterno dilemma: tutela o valorizzazione. Semmai abbia senso porle in contrasto invece che in stretta reciprocità.
Per tacere delle riflessioni sul rischio che corrono le nostre coste e le nostre montagne, o ancora i nostri borghi, custodi di un’eredità artistica imprescindibile per la lettura del nostro passato e per trovare soluzioni per il nostro futuro. E che dire di chi tenta di farsi strada e costruire il proprio futuro ‘sulle spalle dei giganti’, valorizzando i beni culturali e il paesaggio o lottando per diffondere il nostro teatro, la nostra musica nel mondo?

Ecco perché abbiamo deciso di usare un’altra virtù molto italica: l’arte dell’autoironia.
Ve le ricordate le vacanze estive di Remo e Augusta Proietti, veraci fruttivendoli romani, organizzate dai loro figli? Pongono fine alle vacanze rilassanti dei genitori per rimpiazzarle con visite a città, musei e luoghi d’interesse artistico.
Per il secondo dossier estivo di Ferraraitalia, vi offriamo un’alternativa alle folle delle spiagge e alle dormite sull’amaca e sotto l’ombrellone. Una breve (e non esaustiva) guida ad alcune esposizioni a Ferrara, a Bologna, e anche nelle frequentatissime Venezia e Firenze, perché possiate evitare le orde di giapponesi con la macchina fotografica e scegliere di osservare le nostre città con un altro sguardo e, nello stesso tempo, per evitare che possiate decidere di sedervi su un’installazione e venire così quotati da un famoso mercante d’arte di livello internazionale.
Per alcune esposizioni dovrete affrettarvi, perché finiscono fra pochi giorni, per altre avete a disposizione tutta l’estate.

Buona lettura dunque… e buona visita!

MA DOVE VAI SE UNA GUIDA NON CE L’HAI? CONSIGLI (NON ESAUSTIVI) PER VACANZE INTELLIGENTI. IL DOSSIER SETTIMANALE N. 2/2017 – Vai al sommario

castello-estense

Ferrara città immaginata, Ferara città reale… in attesa della città che si sa narrare

A fronte dell’esplosione turistica che investe Ferrara e ne esalta la bellezza e la cultura, rendendola amatissima dai turisti che sempre più numerosi accorrono e la percorrono naso all’aria, ci sono una città e un territorio che mostrano invece un aspetto ferrigno, ostile, pericoloso, disamabile. E questo aspetto riempie le pagine dei giornali locali e non: la vicenda di Igor, il feto nel frigo, gli ammazzamenti tra coniugi e tra figli e padri, il quartiere Gad, la lotta spietata politico-sociale che dal Delta e dalle spiagge inonda Ferrara, sempre più ‘Ferara’ fino a coinvolgere quella stessa cultura che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di una città patrimonio dell’Umanità. Così la lotta, spesso troppo acrimoniosa, si sposta tra le associazioni culturali e tra queste e le amministrazioni, fino a dar luogo a veri e propri colossali fraintendimenti che in nome di una pretesa e falsa ‘ferraresità’ s’indignano e si pongono l’un contro l’altro armati, pur di far prevalere punti di vista parziali e spesso dannosi. Le tricoteuses e i loro omonimi maschi condannano, s’entusiasmano al pollice verso, conducono battaglie il cui fallimento già s’impone dal principio, perché non si ha esatta visione dei fatti, a loro volta non chiaramente esposti da chi ne deve essere amministratore e responsabile.
Insomma, non un bell’esempio di città felice.

Giunto alla rispettabile soglia di una maturità protratta fino all’imminente passaggio alla vecchiaia mi prodigo – forse invano – per permettere alle generazioni future d’avere uno spazio di manovra che le renda almeno consapevoli dei problemi che nel campo culturale sono ineludibili. Servirà?
Comincio ad avere seri dubbi. Qualche anno fa un amico caro, giornalista di vaglia, Carl Macke scrisse un articolo dal titolo assai invogliante pubblicato proprio qui su Ferraraitalia: ‘Ferrara, una città che si sa narrare’, era il giugno 2014. [leggi qui]
Concludeva Carl: “Tutte le guide turistiche elogiano, a ragione, il patrimonio artistico di Ferrara, ma la città conserva anche un patrimonio di storia e di cultura di cui le guide turistiche non fanno menzione, un patrimonio che ci consente una lettura della città che altre, seppure con una qualità della vita forse migliore, hanno perso per sempre. “Il problema culturale delle città moderne”, scrive il sociologo urbano americano Richard Sennett, “è quello di riuscire a far parlare un ambiente anonimo, di fare uscire le città dalla loro degradazione e dalla loro neutralità”. Questo problema, per Ferrara, non si pone. Forse deve solo imparare a riscoprire e valorizzare un elemento importante della sua qualità di vita: la propria capacità di narrare”.

A tre anni di distanza purtroppo l’utopia qui espressa sembra non avere la forza di avverarsi. Quel che mi sembra evidente è che se anche abbiamo conquistato la possibilità di narrarci, ci narriamo male. Anzi. Ne abbiamo perse le capacità. E’ vero poi che questo declino, o meglio questa nuova possibilità di affrontare la Storia che inficia il valore del ricordo, motore primo per la narrazione, va di pari passo con scelte non solo motivate, ma imposte, non solo nella nostra città ma nel mondo.
Allora… Perché devo misurare la capacità di offerte narrative partendo dal trionfo spallino? Perché devo affrontare i grandi problemi della città nel campo culturale dibattendomi ancora entro l’incognita del trasferimento della Pinacoteca in Castello? Perché devo sottovalutare il problema delle biblioteche di fronte alla difficile situazione venutasi a creare all’Ariostea, quando ancora non si sa se verrà prorogato l’attuale bravissimo direttore o verrà fatto un bando ad hoc? Perché devo stare con il cuore sospeso per la situazione di Casa Minerbi invasa da acque e da spore che filtrano dal sottosuolo proprio nella bella stanza adibita al cosiddetto salotto Bassani?
Certo la mia città giustamente esibisce grandi risultati (uno per tutti la soluzione del tremendo problema del palazzo degli Specchi), ma quest’aria di contesa che impedisce una rispettosa coincidenza d’interesse pubblico e privato non fa bene alla città estense e al suo territorio.
Cominciamo, se possibile, come già da tempo auspicava Macke, a riscoprire la nostra capacità di narrare.

Il fascino della rovina: Camporesi alla Mlb gallery e il contest sui luoghi dell’abbandono

Una finestra senza più imposte né intonaco, aperta su un muro pieno di calcinacci con davanti un orizzonte di mare e cespugli. È una foto grande, dà l’impressione di potersi affacciare e sentire l’aria del mondo inselvatichito là fuori. L’autrice è Silvia Camporesi e la fotografia è esposta nella home-gallery, casa-galleria di Maria Livia Brunelli su corso Ercole d’Este a Ferrara, insieme con un’altra dozzina di foto di luoghi abbandonati, struggenti e polverosi, evocativi come non mai.

“Finestra a Pianosa” di Silvia Camporesi alla Mlb gallery di Ferrara

Le immagini che fanno parte del suo grande ‘Atlante dei luoghi italiani in rovina’, ma inedite rispetto a quelle già pubblicate sul volume ‘Atlas Italiae’, edito nel 2015, in cui l’artista ha raccolto 112 foto di 70 posti abbandonati in tutta la Penisola. Stavolta, qui, c’è una serie di fotografie scattate sul territorio di Ferrara. “Un omaggio – dice l’artista – a Giorgio Bassani a cui pensavo di dedicare immagini sui luoghi ferraresi della sua vita. Ma quando ho visto quei posti non ho trovato ispirazione. I luoghi che ho scelto sono stati altri, abbandonati, che si riallacciano quindi alla sua sensibilità e attenzione per i luoghi da salvare che lui ha portato avanti per Italia Nostra”. Il repertorio che la Camporesi si è andata a cercare mette insieme diversi punti nevralgici dell’abbandono in terra ferrarese: l’ex manicomio infantile di Aguscello, la stazione ferroviaria chiusa di Bondeno, una villa che stanno per ristrutturare e l’ex Eridania di Codigoro. A impreziosire le foto è l’intervento manuale di colorazione. Le immagini scattate a Ferrara e dintorni – spiega l’autrice – sono state stampate in bianco e nero e poi colorate con pastelli solubili all’acqua. Un tocco in più di poesia evanescente sul tempo che trascorre.

Un’ulteriore coincidenza può rendere per qualcuno questa mostra ancora più interessante. L’esposizione si realizza in concomitanza con lo svolgimento di un concorso fotografico (FramE Contest) organizzato dall’associazione culturale ferrarese. Il concorso è cominciato all’inizio di quest’anno. Ogni mese viene inviato ai concorrenti il titolo del tema su cui concentrare il proprio obiettivo tra Ferrara e dintorni per partecipare e, da lì in poi, per un mese, si possono fare le foto per presentare la più riuscita entro il mese successivo. Ebbene: dal 20 aprile le foto del concorso FramE insieme con l’associazione Riaperture saranno dedicate proprio a ‘Luoghi dell’abbandono’.  Ad arrivarci in questo modo, alla mostra di Silvia Camporesi alla Mlb gallery, attenzione e sensibilità si amplificano. Come trovare l’anello di una catena dopo che hai passato tutto il tempo prima a cercarlo. Quello scintillio ti incanta perché ormai ci hai pensato, guardato e te lo sei prefigurato tante volte e ora, finalmente, lo trovi, lo vedi, ce l’hai davanti.

Nei lavori di Silvia Camporesi esposti alla Mlb gallery c’è quella combinazione che rende i ruderi degni di nota, quel particolare che fa sì che siano più attraenti di qualunque loro equivalente intatto e integro. La pittura romantica ottocentesca è un repertorio esemplare di combinazioni struggenti e la poetica del disfacimento ha radici lontane [vedi il saggio sull’arte delle rovine]. L’abbandono non basta. Gli elementi che rendono davvero riuscita questa forma di rappresentazione sono il contrasto tra la pietra e ciò che palpita, la parte inanimata e l’anima, il confronto tra il manufatto che si sgretola e il seme che germoglia, il marmo monumentale che si credeva inattaccabile e che invece offre il fianco al rametto esile, così vulnerabile eppure implacabile nella sua capacità di ricavarsi spazi vitali. La rovina è ciò che il tempo fa crollare e distrugge, ma anche ciò che al tempo resiste e sopravvive: lo spazio fisico inquadrato nell’attimo che scorre. La rovina è gloria fallita, fasti decaduti, ricchezza diventata povertà. Ma ti fa prefigurare la magnificenza cancellata, splendore dietro la polvere, lussi sepolti sotto il caos.

Silvia Camporesi – foto dell’ex stazione di Bondeno con buffet in stile a cura di Silvia Brunelli (foto Giorgia Mazzotti)

Le finestre possono essere punti strategici dei luoghi abbandonati, la cornice dove il degrado si affaccia sulla vita, che sia finestrino di un treno in disuso o l’apertura di una casa abbandonata in riva al mare. Anche il contrasto tra la pietra e la testimonianza umana dà quel fremito di nostalgia, ricordo, malinconia. La bottiglia con l’etichetta polverosa di un vino rimasto lì con vasi e altre bottiglie a testimoniare il trascorrere del tempo e a fissare un momento rimasto immobile eppure così mutato, la banalità quotidiana che diventa reperto, che suggerisce un senso di catastrofe, di tempo svanito, di persone che se ne sono andate all’improvviso.

‘Luoghi dell’abbandono’ è il tema su cui  si sono messi alla prova i fotografi del concorso ferrarese e il repertorio di oltre un centinaio di immagini che saranno pubblicate a partire dal giorno di proclamazione dei vincitori (20 aprile 2017) in poi sulla pagina Facebook di FramE Contest.

‘Atlas Italiae: Tabula Ferrarense cento anni dopo Giorgio Bassani’ di Silvia Camporesi è alla Maria Livia Brunelli home gallery, corso Ercole I d’Este 3, Ferrara. Dall’8 aprile all’8 ottobre 2017 la galleria è aperta sabato e domenica ore 15-19 (altri giorni e dall’1 luglio al 30 agosto solo su prenotazione al cell. 346 7953757, mlb@marialiviabrunelli.com). L’ingresso e le visite guidate sono gratuite.

Dal 3 al 22 giugno, alla Galleria Sant’Isaia di Bologna, in mostra i ‘Protagonisti dell’arte, maestri della galleria’

da Riccarda Dalbuoni

Il filo conduttore della mostra ‘Protagonisti dell’arte, maestri della galleria’, che ha aperto i battenti sabato 3 giugno nella galleria Sant’Isaia di via Nosadella 41/A a Bologna è la territorialità quasi interamente padana degli artisti proposti, i pittori Gino Bogoni, anche scultore di Verona, Antonella Falcioni, bresciana, Paride Falchi, mantovano con il figlio Aldo, scultore, Maria Luigia Ingiallati, pittrice esoterica di Bologna con Graziella Massenz, Tiziana Meola, pittoscultrice legnaghese d’adozione, il padovano Franco Padovan e Fabrizio Pinzi, fiorentino, surrealista. È la rassegna dei maestri più importanti presentati nella Galleria, dai post-impressionisti all’iperrealismo. Una commistione stimolante nelle sale di Cristiano Zanarini, che offre la visione delle numerose opere tutti i giorni fino al 22 giugno con orari 10-12-30, 16.30-19.30, chiuso il lunedì e il pomeriggio di mercoledì. Spicca nell’occasione il ritorno di Paride e Aldo Falchi, che tanto successo di critica e pubblico hanno ottenuto con la loro personale nello scorso mese di gennaio. Le immagini su tela di paesaggi padani e nature morte e i lavori in bronzo o terracotta testimoniano una tecnica sopraffina e contenuti artistici di rilievo. Le nuove opere esposte rappresentano tensioni e passioni, viaggi e incontri, momenti salienti delle lunghe carriere di entrambi gli artisti in permanenza ospitati in diversi importanti musei (Ferrara, Mantova ecc.).

Alla Collezione Guggenheim di Venezia la luce filante di Mark Tobey

Da organizzatori

Brandelli di quella Bellezza che forma i miracoli del cosmo e che rappresenta la sfaccettatura della vita
Mark Tobey

Con il titolo ‘Mark Tobey. Luce filante’ si è aperta a inizio maggio la più esaustiva retrospettiva degli ultimi vent’anni in Europa, e la prima in assoluto in Italia, dedicata all’artista americano Mark Tobey (Centerville, Wisconsion 1890 – Basilea 1976). A cura di Debra Bricker Balken, sarà visitabile fino al 10 settembre 2017 alla Collezione Peggy Guggenheim.

Tobey nel Midwest degli Sati Uniti, trascorre un’infanzia felice lungo le rive del Mississipi. Disegnatore di talento, nel 1911 si stabilisce a New York dove si avvia alla carriera di illustratore di moda. La sua vera vocazione si rivela nel corso del decennio seguente, quando si converte alla fede Bahá’i che da allora trasforma la sua visione del mondo e la sua pratica artistica. La sua vita è caratterizzata da numerosi viaggi e prolungati soggiorni in Europa, Oriente e Asia. Dopo aver divorziato, nel 1922 si trasferisce a Seattle dove, nel 1923, incontra Teng Kuei, studente e pittore cinese che lo inizia alla calligrafia. Insegna arte fino al 1925, poi compie viaggi in Francia, in Catalogna, in Grecia, a Costantinopoli, Beirut, Haïfa, dove s’interessa alla scrittura persiana e a quella araba. Nel 1927, Alfred Barr presenta le sue opere al Museum of Modern Art di New York. Tra il 1930 e il 1937 si stabilisce nel Devonshire, dove insegna presso la Dartington Hall School; compie alcuni viaggi in Europa ma anche in Messico, nel 1931, e in Palestina, nel 1932.
La sua arte evolve nel corso degli anni passando da una raffigurazione accademica e diligente, che caratterizza le sue opere degli anni Venti e Trenta a una forma espressiva e gestuale che svilupperà a partire dal 1934-35, al suo ritorno dai soggiorni in Cina e soprattutto in Giappone. Tobey sbocciò realmente alla fine degli anni Trenta, quando raggiunse quell’immaginario infinito, libero dai principi concreti e costruttivi che inquadrano un’arte occidentale di cui egli percepisce i limiti. Di ritorno dall’Inghilterra, nei mesi di novembre e dicembre del 1935, dipinge numerose tele utilizzando una “scrittura bianca” che sarà la caratteristica principale della sua opera e che costituisce uno dei punti di riferimento dell’arte informale americana. Tobey la descrive così:
“‘Scrivere’ la pittura, sia essa colorata o in toni neutri, diventa una necessità. Spesso ho pensato che il mio modo di lavorare fosse una performance, nel senso che il mio quadro doveva essere realizzato tutto in una volta o non essere realizzato affatto. Era esattamente il contrario del ‘costruire’, principio al quale mi ero attenuto tempo addietro”.
L’esposizione alla Collezione Peggy Guggenheim si configura come un attento riesame della produzione artistica di Tobey, tra i maggiori artisti americani a emergere negli anni Quaranta, quel decennio clou che vide la nascita dell’Espressionismo astratto. Riconosciuto come figura d’avanguardia, precursore con la sua “scrittura bianca” di quelle innovazioni artistiche introdotte di lì a poco dagli artisti della Scuola di New York, quali Jackson Pollock.

Quando i piccoli dipinti di Tobey, raffiguranti griglie fitte e chiare composte da linee delicate, vennero esposti a New York nel 1944, suscitarono ampio interesse per l’audacia delle loro composizioni a tutto tondo. Queste sue rappresentazioni calligrafiche, uniche nel loro genere, sono dei chiari riferimenti alla città, alle sue vertiginose forme architettoniche che svettano verso l’alto, alle sue ampie strade, al turbinio pervasivo delle luci elettriche. Come tali sono il risultato di una lirica integrazione tra due culture figurative, l’occidentale e l’orientale, che spaziano dalla tradizionale pittura cinese su pergamena al cubismo europeo. Tale forma di astrazione, unica nel suo genere, deriva dalle diverse esperienze fatte dall’artista nei suoi viaggi in oriente e la sua conversione alla fede Bahá’ì, religione abramitica monoteistica nata in Iran a metà del XIX secolo. Come spiega la curatrice Debora Bricker Balken “all’interno di questo mix di fonti, Tobey è stato in grado di evitare uno specifico debito col Cubismo, a differenza dei suoi compagni modernisti, fondendo elementi legati ai linguaggi formali in composizioni che sono sorprendentemente radicali e al tempo stesso meravigliose”.

Quando, all’indomani della seconda guerra mondiale, nasce la Scuola di New York, gruppo informale di artisti che attinge la propria ispirazione da fonti artistiche d’avanguardia. Tobey si trova solo marginalmente integrato all’interno del gruppo poiché avverso al nazionalismo culturale e alla ‘americanità’ della retorica imposta alla pittura contemporanea. Diversamente dalle più immediate e vigorose affermazioni pittoriche di Pollock e dei suoi contemporanei, il lavoro di Tobey, pacato e più introspettivo, non può essere facilmente incasellato all’interno della critica contemporanea volta alla formulazione di una nuova identità nazionale per l’arte americana. Tobey rifiuta nelle sue creazioni l’ampia scala e le dimensioni monumentali, per creare mondi microscopici e composizioni intime basate sull’osservazione intensa della natura, della città e del flusso delle luci. La sua distintiva “scrittura bianca”, o labirinti di segni e linee interconnessi, evocano una dimensione spirituale.

A Casa Cini a Venezia Afteglow: dialogo fra moderno e contemporaneo

Da Organizzatori

“Afterglow è la disperazione della rossa luce solare sulle particelle atmosferiche, cosicchè il cielo passa a un colore rosa intenso dopo il calar del sole e prima del suo sorgere. Ѐ come un ricordo materiale del suo periodo radioso, un residuo, una reminiscenza che si attarda. Le rovine sono questo “afterglow”, questo bagliore perdurante di fulgide civiltà, qualcosa che documenta un fatto e, allo stesso tempo, ne attesta l’estinzione.”
Vik Muniz

Muniz parte nell’atto duplice di disgregazione e ricomposizione, dell’esistente medializzato, giustapponendo miriadi di frammenti nel rito del montaggio, dipinti della colezione di Vittorio Cini…
Luca Massimo Barbero

Fino al 24 luglio la Galleria di Palazzo Cini a San Vio, presenta la mostra del noto fotografo Vik Muniz ‘Afterglow: Pictures of Ruins’. Omaggio a Venezia, nato da un dialogo con il curatore Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, l’esposizione include foto inedite ispirate ai grandi maestri della collezione Cini, come Francesco Guardi, Dosso Dossi e Canaletto, una serie dedicata alle ‘Carceri d’invenzione’ di Piranesi e una speciale scultura di vetro.
Ispirandosi alla mostra ‘Capolavori ritrovati della collezione Vittorio Cini’ – ospitata nel 2016 al secondo piano del Palazzo -, al capriccio italiano e alla tradizione veneziana, l’artista contemporaneo Vik Muniz presenta lavori realizzati ex novo in una scala cromatica straordinariamente vivida, attingendo ai dipinti della collezione di Vittorio Cini e ponendosi così in un dialogo ideale con le opere esposte in Galleria.
La tradizione del capriccio architettonico, che unisce edifici reali e immaginari, rovine archeologiche e una varietà di altri elementi architettonici combinati in modo creativo e fantasioso, divenne un vero e proprio fenomeno nella pittura italiana del XVII e XVIII secolo che fu molto apprezzato, condiviso e stimato. Muniz rivisita questo tema in chiave contemporanea, simulando le pennellate di questi quadri con ritagli di dipinti riprodotti in volumi di storia dell’arte attentamente selezionati non solo per i loro valori cromatici ma anche per le immagini che contengono, che incollati insieme richiamano una superficie tattile, a impasto. Proseguendo la tradizione degli artisti del XVII e XVIII secolo, Muniz ricombina in modo creativo questi elementi ricostruendo nuove immagini che, attraverso un gioco di rimandi e citazioni, creano nuovi universi e incuriosiscono lo spettatore.

Vik Muniz è nato a San Paolo nel 1961 e attualmente vive a New York e Rio de Janeiro. Ha tenuto esposizioni presso istituzioni estremamente prestigiose di tutto il mondo. Nel 2001 Muniz ha rappresentato il Padiglione brasiliano alla quarantanovesima Biennale di Venezia.
Vik Muniz è stato protagonista di un documentario candidato all’Oscar dal titolo Waste Lande (2010), che ricostruisce la cronistoria delle collaborazioni dell’artista con un gruppo di catadores (che sopravvivono raccogliendo e differenziando rifiuti) del quartiere Jardim Gramacho della città brasiliana di Duque de Caxias a nord di Rio de Janeiro, il sito di una delle più grandi discariche del mondo. Muniz lavorò tre anni con i catadores, utilizzando i rifiuti riciclabili da loro raccolti per creare dei ritratti monumentali di questi individui emarginati che ne rivelavano la dignità e disperazione, rifacendosi agli antichi capolavori dei Maestri. Per questo Muniz è stato nominato Ambasciatore di Buona volontà dell’Unesco per il suo contributo a favore di istruzione e sviluppo sociale verso i gli emarginati, in particolar modo per il suo lavoro con i catadores.

In mostra è esposta anche una originale scultura in vetro, in omaggio alla città lagunare, che riproduce in grandi dimensioni un bicchiere della tradizione veneziana del Settecento. L’opera è stata realizzata a Murano da Berengo Studio 1989 ed è stata utilizzata anche la foglia d’oro. L’artista, infine ripropone la serie ‘Carceri d’Invenzione di Piranesi’, realizzata nel 2002 che in mostra è accompagnata da una stampa originale di Piranesi appartenente alla collezione della Fondazione Giorgio Cini.

La sua Bergamo festeggia Evaristo Baschenis, il pittore della musica

Di Maria Paola Forlani

Nel quarto centenario della nascita, Bergamo e l’Accademia Carrara festeggiano Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 – 1677), il grande pittore considerato l’inventore, nonché massimo interprete a livello europeo, della natura morta di soggetto musicale. La mostra ha il titolo ‘Evaristo Baschenis. Immaginare la musica’, a cura di Maria Cristina Rodeschini, direttore della Carrara, e sarà aperta fino al 4 settembre 2017.
Baschenis fu musicista egli stesso, oltre che sacerdote, collezionista e mercante di quadri, inoltre egli fu tra i più influenti artisti del proprio tempo, come testimonia la presenza di molte sue opere nelle raccolte pubbliche e private di Milano, Venezia, Torino, Firenze e Roma. La fortuna critica e commerciale dei suoi dipinti è attestata anche dalle numerose copie e imitazioni circolanti in Italia e in Europa, addirittura fino al tardo Settecento, etichettate dal mercato con la denominazione di ‘maniera bergamasca’.
Sconosciute sono a tutt’oggi le ragioni per cui, nell’attività di bottega nel 1644 circa, il ventisettenne prete Guarisco (nei documenti “Prevarisco”) scelse di specializzarsi nella natura morta: un genere estraneo nella tradizione locale, ma assai fiorente nella vicina Milano, con autori come Ambrogio Figino, Fedele Galizia, Panfilio Nuvolone. I primi frutti in questa particolare specialità indicano una piena adesione a quella cultura figurativa di matrice bergamasca-bresciana (da Foppa a Moretto a Moroni sino al Cavagna) fedele al dato ottico e alla presa diretta sull’oggettiva realtà delle cose, che verrà celebrata da Roberto Longhi nella storica mostra su ‘I pittori della realtà in Lombardia’ allestita al Palazzo Reale di Milano nel 1953. Risulta infatti evidente che nel mettere a punto la propria lingua pittorica, fondata sullo studio dal vero e su un realismo asciutto e penetrante, Baschenis fece tesoro della grande lezione di Caravaggio, la cui celebre ‘Canestra di frutta’ potè senz’altro vedere e meditare a Milano, nella Pinacoteca Ambrosiana, dov’era approdata fin dal 1607 per dono del Cardinal Federico Borromeo.
Dalla metà del quinto decennio del Seicento, per una trentina d’anni circa, Baschenis si dedicò in modo pressochè esclusivo, alla produzione di nature morte, nella duplice versione degli interni di cucina e delle composizioni con strumenti musicali.
I suoi calibratissimi allestimenti di strumenti musicali, resi con magistrali scorci prospettici su tavoli impreziositi da tappeti orientali in interni silenziosi avvolti dalla penombra, costituivano una novità assoluta e conquistarono rapidamente i favori di una clientela facoltosa, appassionata di musica, pittura e poesia. Gli strumenti sono adagiati sul piano di posa in una situazione di apparente disordine simulando lo stato di momentaneo abbandono e di “altissimo silenzio” che caratterizza lo studiolo del musicista o la sala da concerto di una dimora privata tra un’esecuzione e l’altra. Di qui la speciale attenzione tributata agli strumenti, che il pittore letteralmente “ritrae” nella loro verità oggettiva, con una maniacale attenzione ai dettagli organologici e alle qualità stereometriche.
Il complesso della sua non vasta produzione – si calcola che l’intero corpus non oltrepassi la cinquantina di tele, nell’arco di trentacinque anni di attività, tra il 1642 e il 1677 – è stato sottoposto al vaglio della critica in un’importante antologica allestita all’Accademia Carrara nel 1996, reiterata quattro anni più tardi, in forma ridotta, al Metropolitan Museum of Art di New York.
In entrambi i casi le tele dell’artista sono state presentate in un suggestivo confronto/dialogo con strumenti musicali reali, provenienti da collezioni pubbliche e private. Le ricerche intraprese in occasione dell’esposizione bergamasca hanno portato alla scoperta di numerosi, importanti documenti, tra cui il testamento olografo dell’artista insieme alla notizia dei suoi frequenti viaggi in varie località d’Italia. Alle nature morte musicali Baschenis ha affiancato nel corso del tempo una non meno importante produzione di ‘cucine’: composizioni di cibarie rappresentative della tradizione gastronomica e culinaria della terra lombarda.

Questa ultima retrospettiva all’Accademia Carrara si colloca fra i festeggiamenti in onore dell’artista, nel quarto centenario della nascita. Per l’occasione, la sala XXIII, normalmente dedicata ai generi pittorici, è ora totalmente riallestita per ospitare sia conferenze, concerti e laboratori, sia per accogliere due “ospiti” d’eccezione provenienti da collezioni private. In questo nuovo allestimento, infatti, è visibile uno dei capolavori assoluti del pittore, il ‘Ragazzo con canestra di pane e dolciumi’ (1660 circa), presentato per la prima volta in un contesto pubblico da Roberto Longhi alla celeberrima mostra milanese ‘I pittori della realtà’ (1953). Nella medesima sala è presente anche la ‘Natura morta con tagliere e pesci e cacciagione’ (1660 circa) già collezione Secco Suardo, che dopo un secolo e mezzo si ricongiunge al suo pendant, la ‘Natura morta di strumenti musicali con statuetta’ (1660 circa) dell’Accademia Carrara.
Affascinante è la complementarietà delle due tipologie. Nelle nature morte di strumenti appare il tema della vita contemplativa, dedita al ‘ristoro’ spirituale tramite la pratica musicale che eleva e nutre l’anima, e nelle ‘cucine’ la vita attiva, dedita al ‘ristoro’ del corpo. Un’ipotesi che ha radici in una solida tradizione iconografica, ben esemplata dall’episodio evangelico di ‘Cristo che visita la casa di Marta e Maria’ in cui l’impegno di Marta (Vita attiva) nel cucinare il pasto per l’illustre ospite è contrapposto alla concentrata attenzione di Maria in ascolto di Gesù (Vita contemplativa).

Aeropittura: l’aspirazione al cielo dell’avanguardia italiana

di Maria Paola Forlani

Così aereopittori e aereopoeti
salgano sempre più per insegnare
ad amare dall’alto in basso
quel sorprendente fastoso e multiforme
popolo di nuvole che Leopardi e Baudelaire
ci avevano insegnato ad amare
dal basso in alto, malinconicamente.
Filippo Tommaso Marinetti, 1934

Proprio all’aeropittura e alla sua innovazione e visione del mondo-cosmo è dedicata la mostra – aperta fino al 30 luglio 2017 – ai Musei Civici agli Eremitani con il titolo ‘Aereopittura seduzione del volo’, a cura di Claudio Rebeschini, con la direzione scientifica di Davide Banzato e catalogo Skira.
“Possiamo sostenere con orgoglio che l’aereopittura rappresenta il principio della nuova storia dell’arte e che all’infuori di essa non è possibile creare delle opere importanti”: da ‘Aeropittura’ in ‘La città nuova’ (Torino 1934).
Il Manifesto dell’Aeropittura del 1929 segna in certo modo una profonda frattura tra il primo e il secondo Futurismo e questo nonostante “L’aspirazione al cielo”, “L’ansia di staccarsi da terra e di realizzare una prima estetica del volo e della vita aerea” fossero presenti nel movimento sin dall’inizio.
Ora però il tema aviatorio, affrontato come oggetto principale, permette un salto di qualità necessario e fortemente sentito dallo stesso Marinetti: “aereare la fantasia, per superare il quotidiano trito e ritrito”.
Nella mostra presso gli Eremitani sono presenti 60 opere di collezioni private, tra dipinti e disegni, che danno la possibilità di ricostruire in maniera organica lo sforzo critico profuso da Marinetti e dagli altri rappresentanti del Movimento nella continua messa a punto delle teorie espresse dal Manifesto dell’Aeropittura, che sono ben lontane da ideologie politiche o da riduttiva rappresentazione del volo, ma esprimono l’urgenza di ricercare una nuova dimensione, non più terrena né aerea, bensì cosmica.
“Nel nostro manifesto dell’aeropittura abbiamo annunciato le basi estetiche e tecniche delle nuove possibilità pittoriche” scriveva Marinetti nel 1932 in un intervento pubblicato su ‘L’impero’, parlando anche di “idealismo cosmico”: “Nuovi elementi costruttivi e nuove atmosfere pittoriche aspettano di essere rivelate per esaltare le rarefazioni della stratosfera”.
La sola rappresentazione della macchina-aereo o del paesaggio visto dall’alto appaiono dunque riduttivi della spiritualità introdotta con l’aeropittura che mirava, invece, alla frantumazione dei piani, al ribaltamento della nostra dimensione abitudinaria. Naturalmente nel movimento ci fu anche la ‘maniera’, soprattutto dopo la Guerra di Spagna e d’Africa, quando il Futurismo era ormai solo Aeropittura, Aeropoesia e Aeroplastica: al lirismo cosmico e alle felici intuizioni talvolta si sostituirono più banalmente violenti scontri in cielo e bombardamenti dall’alto.

Erano stati del resto anni di euforia aviatoria, con tantissimi successi e riconoscimenti per l’Italia, tra cui le due vittorie nel circuito del Lido di Venezia – nel 1920 con Luigi Bologna e nel 1921 con Giovanni Briganti – e con la costituzione dell’aviazione militare come forza armata nel marzo del 1923.
Raid spettacolari, trasvolate aeree, imprese leggendarie e successi tecnologici inebriavano gli animi. Nel 1928 il Ministro Balbo aveva dato inizio a una serie di crociere di gruppo nel Mediterraneo occidentale e nel 1931 un gruppo di 14 idrovolanti, sotto il suo comando, aveva portato a termine la prima crociera atlantica da Orbetello a Rio de Janeiro. La crociera aerea del decennale venne seguita da tutta l’opinione pubblica. Otto squadriglie di ventiquattro S.55X decollati da Orbetello raggiunsero Chicago e poi New York e il rientro in patria dei trasvolatori venne commentato alla radio da Marinetti: “Ecco la musica del cielo con tubi d’orgoglio flautati, trapani ronzanti scavatori di nebbie, vocalizzi di gas entusiasti…radiose eliche applaudenti…Rombo, rombo, rombo dei motori a pochi metri dalla mia testa…”.

E se Gabriele d’Annunzio aveva avviato anni prima il volantinaggio aereo per propaganda politica, Fedele Azari – autore nel 1926 del dipinto ‘Prospettive di Volo’, considerato la prima opera di aeropittura – aveva inaugurato quello pubblicitario, lanciando da un dirigibile, su Milano, Torino e Genova, migliaia di manifestini con la pubblicità della Fiera Campionaria Internazionale.
La mostra padovana dei Musei Civici degli Eremitani presenta un intelligente percorso espositivo che tiene conto delle differenziazioni indicate da Marinetti in occasione della Quadriennale del 1939, a chiarimento del Manifesto: il “verismo sintetico-documentario visto dall’alto” con, tra gli altri, Guglielmo Sansoni (Tato), Alfredo Gauro Ambrosi, tra i fondatori del gruppo futurista ‘Boccioni’ di Verona, Italo Fasulo e Giulio D’Anna; l’aereopittura “trasfiguratrice, lirica e spaziale” di Vladimiro Tulli, Osvaldo Peruzzi e soprattutto Angelo Caviglioni, di cui è esposto un bellissimo olio ‘Rivelazioni Cosmiche’ del 1932; l’aereopittura “essenziale mistica, ascensionale e simbolica” di Bruno Munari, del romano Domenico Belli e Nello Voltolina (Novo), che nell’opera ‘Palude’ del 1931 usa la rappresentazione dall’alto come strumento di astrazione; infine, l’aereopittura “essenziale, stratosferica, cosmica e biochimica” nei dipinti di Tullio Crali e di Ernesto Michaelles (Thayaht), bellissimo il suo ‘Sorvolando l’Ambra Alagi’.
Significativi i lavori su carta esposti, di cui 22 di Tullio Crali realizzati a tecniche miste: matita, tempera, pastello, acquarello, collage ecc. Le opere di Tato e soprattutto di Crali segnano, con l’immediatezza del genere, questa nuova ansia e aspirazione dell’oltre, perché in assoluto restano gli autori più ispirati ed espressivi del Movimento. Il primo è uno dei precursori, con l’organizzazione a Roma della prima mostra di Aeropittura: attivo e presente nelle diverse iniziative sull’aeropittura, realizzò le decorazioni per l’aeroporto di Ostia e per l’aeroporto Nicelli al Lido di Venezia. Il secondo profondo conoscitore del volo, premiato da Marinetti con una mostra personale alla Biennale del 1940.
Le altre opere presenti in mostra rappresentano i prodotti di un’intensa attività che ha coinvolto l’intero movimento futurista della cosiddetta seconda generazione con risultati che, con approcci diversi, avevano un’unica aspirazione: la conquista del cielo.

Carte in gioco a FabulaFineArt

Da Organizzatori

Da giovedì 8 giugno la Galleria FabulaFineArt presenta la mostra collettiva ‘Carte in Gioco’ a cura di Giorgio Cattani e Annamaria Restieri. In mostra opere su carta di quattro giovani artiste: Martina Donato, Viola Leddi, Chiara Melluso, Priscilla Sclavi.
“Tempo immobile. Quattro donne osservano al tavolo di un bar di periferia, luoghi dove uomini con sigaretta alle labbra sono immuni dal pensare, giocano partite a carte infinite e mentre il mondo attorno cambia vorticosamente, loro imperturbabili continuano. Fingono di vedere un dopo, ma sono fermi. Guardano indietro ma sono lì. Hanno pelli grasse di ovvietà. Si sente ancora l’odore di sigarette consunte tra le labbra. Si sente ancora il fruscio di carte lasciate sul tavolo. Ieri? L’altro ieri? No, oggi”. Immaginiamo allora, quattro ragazze, quattro artiste staccarsi da quei tavoli lontani dal mondo reale; sono donne già affacciate al nuovo, già protese all’avventura, già oltre quegli sguardi di uomini stanchi e ripetitivi. Sono donne che amano la vita, che amano amare e che si oppongono a quegli insensati giudizi di regole obsolete che fanno fatica a cadere. Combattono, pronte a mettersi contro tutto e contro tutti. Dicono no alla paura. FabulaFineArt propone Carte in gioco, carte che portano a segni e che attraverso il territorio dell’arte fanno crescere domande su quello che vuol dire essere donna oggi. Si tratta di lavori di quattro artiste che quei tavoli li hanno ribaltati, che tracciano il loro oggi, che danno forma al proprio domani.

Le opere in mostra, nella loro profondità, volano con leggerezza e stimolano un guardare diverso, quell’universo femminile di cui tutti parlano ma nessuno vuol conoscere. Particolarmente affascinata dai volti e dalla figura umana, Martina Donato fa emergere dalle sue opere tutto ciò che è interiorità e immaterialità. É una ricerca volta a cercare la vera essenza dell’uomo, la meraviglia dell’origine, a portare in luce i suoi timori, il suo rapporto con il mondo, con se stesso. Tutto questo trapassa nella sua opera con la forza del gesto segnico appena accennato, con delicati grumi materici di una ruvidezza apparente che danno vita ad apparizioni emblematiche. L’artista recupera quanto celato, prima che muti, trasformato dal tempo. Si tratta quasi di reperti, una sorta di archeologia della materia. La pratica artistica di Viola Leddi si fonda principalmente sull’interpretazione di immagini mentali per mezzo del disegno automatico e della parola. In questa serie di piccoli lavori a grafite, l’artista concepisce lo spazio bianco della carta come un luogo sia fisico che mentale ove far convergere diversi elementi quali linee, puntini e tratti. Sono ibridi che reclamano un nome. L’atto di nominare, di intitolare, richiama a quella tendenza psicologica con cui l’uomo arcaico, nel fantasticare sulle cause dei fenomeni naturali, conferiva a queste una personificazione biomorfica, zoomorfica o antropomorfica, plasmando cosí le proprie divine entitá. Il titolo, scritto in basso ad opera finita, è la dichiarazione di possesso di ció che ha generato, mentre l’ironia diventa una componente fondamentale in quanto permette ed articola un continuo gioco di rimandi tra la forma e il significato. Le opere su carta di Priscilla Sclavi raccontano l’esperienza di una donna, le sue battaglie, le sconfitte e le vittorie. Si tratta di impressioni, suggestioni interiori, storie segrete che l’artista tesse sulla carta come deposito di memorie ordinarie: epifanie evocatrici, sospese tra il loro dissolversi e il loro apparire. Contrasti di colori e abbracci di sfumature si rincorrono nelle intriganti trasparenze della carta e conducono a nuove suggestioni, lasciando intravedere quelle avvenute e delineando quelle successive. Si dà vita così a nuove relazioni, a nuovi racconti. “Nessuna donna deve sentirsi “grigia” – affermava Suzanne Mallouk – nessuna donna deve nascondersi”. Nei quaderni di Chiara Melluso si avverte un’intimità fisica. Sono taccuini che raccolgono appunti, formule, immagini contorte e distorte, lontane dal rispetto della somiglianza dell’esteriorità. Immagini di corpi, di persone, di figure o almeno di ciò che ne resta. Nelle diverse pagine viene riproposto il senso fondamentale di questo affidare la nostra vita allo stesso modo di chi, prima di noi, ha lasciato questo mondo. Nell’essere Reversi si comprime lo spazio ad un attimo presente, lo spazio che ci circonda è ridotto ad un sottile strato di carta. Questo è quello che siamo, due facce della stessa medaglia. La scelta del pennarello ad inchiostro indelebile diventa per l’artista uno scalpello della carta in grado di penetrare e rendere tangibile e ogni tratto attraverso il foglio.
Ad accompagnare la mostra sarà anche in questa occasione la presenza di un’opera di un artista connotato nel tempo, indipendentemente dalla sua notorietà.
FabulaFineArt è diretta da Giorgio Cattani e si avvale di un Comitato Scientifico composto da Andrea B. Del Guercio e Veronica Zanirato. In galleria Annamaria Restieri ed Elisa Ugatti.

Martina Donato (Pavia 1996). Vive e lavora tra Milano e Pavia. Nel 2010 si iscrive al Liceo Artistico Alessandro Volta di Pavia dove si diploma nell’anno 2014/2015. In questo periodo ha la possibilità di dare sfogo alla sua creatività e sviluppa la passione per la ritrattistica. Frequenta laboratori artistici di vari artisti pavesi per sperimentare ed apprendere nuove tecniche quali la pittura ad olio e la pittura su ceramica. Nel corso degli anni partecipa ad eventi e mostre di vario tipo e nel 2014 vince la mostra concorso Second Life alla galleria Spazio Arte Graal a Pavia. Attualmente studia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

Viola Leddi (Milano 1993). Vive e lavora a Milano. Ha frequentato il Liceo Artistico a Milano e il triennio in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera laureandosi nel 2016. Tra il 2014 e il 2015 ha aderito al programma Erasmus con relativo scambio culturale presso The Royal Danish Academy of Fine Arts (Schools of Visual Arts) a Copenhagen dove ha frequentato la classe di pittura dell’artista svedese Anette Abrahamsson e il laboratorio di ceramica di Karen Harsbo. Entrambe le pratiche artistiche, pittura e ceramica, costituiscono tuttora il medium principale del lavoro dell’artista. Sempre a Copenhagen ha esposto il suo lavoro in due collettive, Rundgang 2015 e The dance of Matisse: three days of hardcore nel 2014.

Chiara Melluso (Milano 1995). Vive e lavora a Milano. Da sempre appassionata dalla cultura artistica, si diploma al Liceo Artistico di Brera nel 2015. Prosegue il suo percorso teorico e pratico nel campo dell’arte iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Oltre all’attività prettamente accademica ad oggi ha concorso in svariati progetti in collaborazione con l’Accademia e con alcuni progetti privati. Attualmente è impegnata al II° anno del triennio del percorso in Pittura.

Priscilla Sclavi (Voghera 1996). Vive a Pavia. Fin dalla tenera età dimostra un forte interesse per il disegno che realizza ispirandosi al mondo che la circonda. Nel 2010 si iscrive al Liceo Artistico Alessandro Volta di Pavia, dimostrando un grande interesse per il ritratto e il realismo dei volti. Nel 2015 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2016 partecipa al concorso nazionale Ritratti Contemporanei a Pescara dove ha accesso alla finale e ha l’opportunità di esporre al Museo Cascella. Nel 2017 partecipa alla mostra collettiva Osservatorio 9, la carica dei 104 ad Arena Po, Palazzo Mandelli. Attualmente studia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

Laura Zampini e quei cieli tempestosi sopra di sé

Cieli neri prima della tempesta, nuvole gravide di pioggia, orizzonti di perturbazioni che invadono pianure infinite, una dopo l’altra. In questa terra assetata e rovente, le opere di Laura Zampini – in mostra alla galleria del Carbone di Ferrara fino al 18 giugno – comunicano un senso di drammatico benessere, quasi la riscossa degli elementi sul controllo umano della natura e della terra, con il valore salvifico e perturbante dell’acqua che si fa protagonista. Perché nel campo visivo dell’opera dell’artista i terreni, le città e il mondo restano fuori dallo sguardo e dal quadro, letteralmente sopraffatti, per una volta spettatori di ciò che ancora è incontrollabile all’uomo come, appunto, gli eventi meteorologici.

Laura Zampini al Carbone (foto GM)

La tecnica è quella dell’acquerello, dove è l’acqua intinta nel pennello che fa trovare al colore la sua strada sul foglio e chiede all’artista la perizia e l’umiltà infinita di accettare la scelta chimico-fisica delle materie che si incontrano per poi completarla con il garbo e il gusto personale, che si adeguano alle linee e alle forme tracciate per dar loro il senso finale in una sinergia sottile di creatività, comprensione e adattabilità da dottrina zen.

Una vita spesa per l’arte, quella di Laura, che dopo un lavoro annoso e incessante mette in mostra l’ultima serie di opere, tutte dedicate al cielo rannuvolato sopra di sé. Restauratrice a Firenze, Laura Zampini è figlia d’arte: la mamma è Carolina Marisa Occari, maestra d’incisione, allieva di Giorgio Morandi, pittrice della natura e del Po.

“Ricerche di cielo” di Laura Zampini

Un ascendente importante, che ha portato tutta la famiglia a seguire le tracce della creatività. Fotografo incantato dalla natura il fratello Luca, pittore di paesaggi urbani Luigi e già curatrice della mostra dedicata a tutta “Una famiglia in arte” fatta un decennio fa nella stessa galleria del Carbone la sorella Licia. Non a caso, nella nota alla mostra pubblicata sul piccolo catalogo, l’amico e pittore Marcello Darbo parla di “furioso tentativo di ricreare la Visione infantile e serena dei cieli che la mamma le mostrava sugli argini del Po quando disegnava. Tutto qui è riflesso di cieli specchiati nell’acqua, riflesso di sguardi specchiati uno nell’altro, riflesso di istanti di assoluta gioia, custoditi nel cuore di una bimba innamorata della mamma”.

“Ricerche di cielo” di Laura Zampini ha il patrocinio del Comune di Ferrara ed è visitabile alla Galleria del Carbone, vicolo del Carbone 18/a (la piazzetta davanti al cinema Apollo), a Ferrara, sabato e festivi ore 11-12.30 e 17-20 e dal martedì al venerdì 17-20. Fino a domenica 18 giugno 2017. Ingresso libero.

Ytalia: da Cimabue a Palladino la Repubblica fondata sulla bellezza

Da Organizzatori

L’Italia è una repubblica fondata sull’arte e la bellezza, si potrebbe perfino affermare che è una repubblica fondata e rifondata dagli artisti. Ad Assisi, in una delle volte della Basilica Superiore, Cimabue ha scritto Ytalia a margine di una rappresentazione di città, sicuramente Roma, nella quale si riconoscono alcuni edifici: Castel Santangelo, forse San Pietro o San Giovanni in Laterano, il Pantheon, il Palazzo Senatorio e la torre dei Conti. La città eterna, vista dall’alto e racchiusa entro la cerchia di mura, rappresenta per quell’artista una primissima affermazione dell’esistenza della civiltà italiana, a cui guardare, di cui sentirsi parte e farsi promotore. Con quella segnaletica, Cimabue sancisce che i confini nazionali –siamo tra il 1280 e il 1290 – sono prima artistici che politici, e che l’identità nazionale è fatta di cultura classica e umanistica, di bellezza pagana e spiritualità cristiana.
In fondo poco è cambiato nel corso dei secoli di massimo splendore, e fino al Novecento. In tal senso, all’interno della comunità artistica internazionale, l’arte italiana – da Giotto a Piero della Francesca, da Michelangelo a Caravaggio, e da questi fino ai Futuristi e oltre – ha fatto scuola, è stato il modello per il mondo intero, perché nei nostri manufatti artistici si è potuto apprezzare il perfetto equilibrio di classicità e anticlassicità, di eclettismo e purismo, d’invenzione e citazione, d’immanenza e trascendenza.
Partendo dalla citazione medievale di Cimabue, e in concomitanza con lo svolgimento della 57º Biennale di Venezia, periodo di massima attenzione intorno al contemporaneo nel nostro paese, la città di Firenze ospita – sino al 1 ottobre – ‘Ytalia’, una imponente mostra collettiva sull’arte italiana contemporanea ideata e curata da Sergio Risaliti. La rassegna organizzata dal Mus.e, coinvolge diversi luoghi del paesaggio fiorentino, ‘Ytalia. Energia Pensiero Bellezza’ si dispone in un paesaggio architettonico nel quale gli echi storici si sovrappongono per accumulo, ponendosi nel solco di quell’“anacronismo delle immagini”, per citare lo storico dell’arte e filosofo francese Georges Didi-Huberman, che ci porta a intendere questo percorso fiorentino non tanto come un palcoscenico, ma come una stratificazione di memorie, di corrispondenze e di analogie, di visioni che si dispiegano tra assonanze e differenze concettuali. Muovendo dai bastioni di Forte Belvedere, dove è allestito il monumentale scheletro ‘Calamita Cosmica’ di Gino De Dominicis , allineato idealmente con la cupola di Santa Maria del Fiore, si passa alle opere concepite appositamente per questa occasione espositiva, come quelle di Marco Bagnoli, Remo Salvatori, Giovanni Anselmo, Giulio Paolini e Nunzio, oppure già note ma riproposte in allestimenti inediti, quali ‘Lo spirato’ di Luciano Fabbro o ‘Particolare’ di Giovanni Anselmo nella cappella Pazzi a Santa Croce.
Un ‘Senza titolo’ di Jannis Kounellis è proposto a Palazzo Vecchio, mentre ‘Elegia’ di Giulio Paolini è presentata nella sala di Venere alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, dove è esposta la ‘Venere Italica’ di Canova. Un quadro di Domenico Bianchi è invece collocato nella cornice lasciata libera dalla ‘Madonna dell’Impannata’ di Raffaello ora in restauro. Nella sala delle Nicchie sono visibili le ‘Mappe’ di Alighiero Boetti ed al secondo piano alla Galleria d’arte moderna, le opere di Mario Merz. La fontana del Nettuno del giardino di Boboli accoglie ‘Deriva’ di Mimmo Paladino e lo stesso artista espone nell’albertiana cappella Ruccellai contigua alla Chiesa di San Pancrazio (Museo Marini). Al Museo del Novecento, infine, si assiste a un inedito confronto tra le opere di due artisti decisivi per le vicende dell’arte non solo italiana, Alighiero Boetti e Gino De Dominicis.
La mostra quindi non ha un taglio storico ma cerca di dare l’occasione di scoprire le opere in ‘connessione’ con il contesto e con le storie, nel divenire delle poetiche degli anni Sessanta fino a quelle realizzate site-specific di oggi. In un evolversi eccentrico di confronti e relazioni dialettiche che si rinnova con la proposta espositiva. Nell’insieme del progetto emergono alcuni tratti comuni, valori condivisi, e sostanziali differenze, tra ispirazioni e processi formali, come situazioni peculiari della storia artistica italiana, in cui individualismo e policentrismo predominano a siglare ogni più esemplare sperimentazione, ogni più singolare ricerca.

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