Skip to main content

Giorno: 12 Marzo 2018

KeepOn Live: ogni locale di musica dal vivo può nascondere un nuovo Guccini

“E fai l’estetista e fai il laureato
E fai il caso umano, il pubblico in studio
Fai il cuoco stellato e fai l’influencer
E fai il cantautore ma fai soldi col poker
Perché lo fai?”
Così cantano gli Stato Sociale, band bolognese ‘rivelazione’ – come si dice spesso – di questo Sanremo 2018, un po’ per la loro musica un po’ per le loro esibizioni, fra denuncia sociale e ‘vecchie’ che ballano. Rivelazione per il grande pubblico televisivo della kermesse, ma non per occhi e soprattutto orecchie più esperti: quelli della KeepOn LIVE Parade, la classifica – mensile e annuale – di qualità relativa alla musica del vivo scelta e votata dai gestori e direttori artistici dei live club che aderiscono al Circuito KeepOn LIVE.
Nulla di nuovo: l’edizione del 2000 ha visto per esempio in gara Subsonica, approdati sul palco dell’Ariston direttamente nei big grazie a un numero esorbitante di live accumulati durante il loro tour. È capitato anche con i Perturbazione e i Marta sui tubi. Il secondo posto de Lo Stato Sociale, in gara tra i big dopo anni di gavetta e con i numeri dei palazzetti sold out dalla loro, è stato un piccolo grande successo per quella musica che nasce nei club, che si costruisce di data in data per tutta la penisola, spesso senza avere alle spalle network radiofonici e/o talent. Quella musica per la quale lo staff di KeepOn LIVE, il primo circuito nazionale che promuove e sostiene la cultura della musica italiana originale dal vivo, non passa ‘Una vita in vacanza’.

289 club aderenti al circuito, 605 concerti settimanali con 1378 artisti coinvolti e un totale di pubblico di sei milioni e mezzo di persone. A questi numeri vanno poi aggiunti quelli dei festival: 60 rassegne in 15 regioni da Nord a Sud, con 890.000 presenze, 2.892 musicisti, 504 tecnici e 3.983 figure retribuite. Questi gli highlights del 2016 (quelli del 2017 saranno disponibili a giugno – ndr): cifre di tutto rispetto che confermano quanto ci sia “voglia da parte delle persone di tornare a conoscersi dal vivo e provare esperienze. La sfida è spostare questa curiosità in modo diffuso anche ai locali ed eventi medio piccoli, mentre spesso rimane appannaggio dei grossi eventi”. A parlare è Federico Rasetti, ferrarese, direttore di KeepOn LIVE.

Federico Rasetti

Federico, cos’è KeepOn?
KeepOn è un progetto sociale nato tredici anni fa per sostenere la musica dal vivo partendo dalle fondamenta, i palchi dove le band si esibiscono, spesso ancora prima di incidere un disco. Con la crisi del disco, la digitalizzazione e la smaterializzazione della musica, il palco rimane una delle fonti di introito più importanti per gli artisti, ma al di là di questo il palcoscenico di fatto è il luogo dove l’artista espone le sue opere ed esercita – attraverso la musica – un diritto umano che tutti abbiamo, quello di espressione. Ecco perché la musica live originale va tutelata.
KeepOn riunisce e rappresenta i locali e i festival dove si programma prevalentemente musica dal vivo italiana originale, dagli artisti più famosi alle band emergenti, anzi, per queste ultime le attività del circuito hanno ha ancora più valore perché è esibendosi nei live club che fanno la famosa ‘gavetta’. Se togliamo i piccoli locali dove i musicisti si esprimono e possono crescere andiamo a tagliare le gambe a una grossa fetta di creatività e di espressione. Basta pensare a quanto le esibizioni nei locali sono state un percorso tipico dei cantautori e band italiane: da Guccini a De Gregori fino a Levante, Calcutta e gli Afterhours.

Un locale come può aderire al vostro circuito?
I criteri fondamentali per poter aderire a KeepOn sono: dare maggior spazio possibile alla musica live originale, avere un palco e un impianto audio residenti. L’obiettivo è diventare da settembre una vera e propria associazione di categoria. A oggi siamo un circuito inclusivo, ma qualificante, perché se a un locale manca uno dei criteri di adesione facciamo il possibile per aiutarlo a migliorarsi e poter entrare, per esempio li aiutiamo ottenere impianti a prezzi convenzionati attraverso sponsorship con i nostri partner tecnici. Offriamo loro anche rappresentanza europea, facendo parte di una associazione di circuiti simili: Live DMA, che riunisce 17 circuiti nazionali in 13 paesi per un totale di circa 2.500 locali e festival.

Come avviene concretamente questo sostegno? E perché avete deciso di aderire alla rete DocServizi?
La mission di KeepOn è sostenere e aiutare i locali piuttosto che i singoli artisti perché è difficile far suonare gli artisti se non si hanno sale dove farli esibire. Paragonando la musica originale ai film d’autore, è un pò come se cercassimo di aiutare dei cinema d’essai. Agiamo quindi su due livelli per aiutare i gestori, che di fatto sono veri e propri imprenditori culturali che si assumono un rischio programmando musica originale piuttosto che cover band o dj set (anche questi in realtà in crisi).
Da una parte interpretiamo un ruolo di rappresentanza istituzionale, facendo azione ‘lobbistica’, massa critica, nei confronti delle istituzioni locali e nazionali, ma anche a livello europeo tramite Live DMA. Dall’altra parte – e questo ci differenzia rispetto agli altri circuiti europei, è la nostra specificità – agiamo sul versante privato per attivare e facilitare collaborazioni, sponsorship, convenzioni.
Creiamo poi occasioni di formazione e networking, come al KeepOn LIVE Club Fest, un vero e proprio meeting di settore dove tutti i professionisti Italiani – e anche europei – della musica dal vivo si riuniscono insieme a Live Club e Festival per eventi di formazione, scambio buone pratiche e incontro di domanda/offerta fra agenzie di booking e promoter locali.
Inoltre aiutiamo i gestori sul lato della promozione: abbiamo una rivista, KeepOn Magazine, e la Live Parade, la classifica mensile curata dai direttori artistici che ogni mese segnalano la migliore band, la migliore nuova band e il miglior performer che hanno ospitato sui loro palchi. E’ una classifica importantissima e le majors così come le etichette indipendenti cominciano ad accorgersene: c’è una giuria ampia e qualificata che giudica non un disco, ma l’impatto delle performances dal vivo. Brunori, Afterhours, Calcutta, The Giornalisti, solo per farti alcuni esempi erano tutti stati segnalati nella nostra live parade prima di diventare famosi.
Per quanto riguarda Doc Servizi: è il giusto ambiente per regolarizzare contratti e servizi e garantire così la legalità nel settore, inoltre offre una rete molto ampia di contatti. Entrando nella rete di Doc abbiamo avuto l’opportunità di elevare il valore di tutto il Circuito e iniziare a lavorare per promuovere i concetti di legalità e lavoro in regola in tutta la penisola. Il lavoro nero è una grossa piaga in questo settore, l’obiettivo di Doc è contrastarlo per portare più sicurezza sopra e attorno ai palchi, oltre a creare la consapevolezza che vivere e lavorare di musica è possibile e lo si può fare con tutte le tutele di qualsiasi altra professione.

E tu Federico come sei arrivato a KeepOn?
Da appassionato di musica, mentre frequentavo l’università, ho iniziato a lavorare il commesso in un negozio di strumenti. E’ partito tutta da lì fra i clienti c’era il titolare di un’azienda di webmarketing presso la quale, successivamente, iniziai a fare uno stage. Quando mi riconobbe mi volle conoscere meglio e scoprii che era un musicista jazz e titolare anche di un’agenzia di booking: mi propose di organizzare i concerti della sua band. Lì imparai a fare l’agente booking e decisi di buttarmi completamente in questo mondo. Iniziai a collaborare con le realtà culturali di Ferrara come Arci, Ferrara Sotto Le Stelle e il Festival di Internazionale e frequentai un corso a Roma in produzione discografica e organizzazione eventi live al seguito del quale fondai un’agenzia di booking dedicata agli artisti emergenti e dove conobbi Piotta – una persona di un’intelligenza fuori dal comune – che aveva bisogno di qualcuno che gli curasse i live ed iniziai così a lavorare con molte altre band come Africa Unite, Perturbazione, Linea 77, Cisco e molti altri. Nel frattempo fondai una mia agenzia dedicata agli artisti emergenti e continuai a curare le competenze in marketing e comunicazione con un master e un successivo lavoro presso una grossa compagnia di assicurazioni e banking con sede a Bologna. Grazie ad un contatto della mia agenzia conobbi KeepOn che in quel momento cercava una risorsa che tenesse i rapporti con tutti i locali italiani: ci siamo sposati e non ci siamo più lasciati. In questa realtà per la prima volta ho avuto l’opportunità di unire passione per la musica, sull’organizzazione di eventi e competenze più ‘aziendali’, come per esempio sul versante del marketing e delle sponsorship.

So che con DocServizi sei dietro le quinte anche di Internazionale a Ferrara…
Mi occupo della direzione del personale: in poche parole seleziono formo e coordino il personale di staff – tranne i professionisti della produzione, tecnici ed elettricisti – circa 120 persone. E’ un lavoro e un team che adoro!

Torniamo a KeepOn e ai locali live. Quali sono a vostro avviso i problemi principali di questo settore?
Le problematiche più sentite che ci riferiscono locali e Festival sono tre.
La prima riguarda la riconoscibilità dei locali di musica dal vivo: spesso i Live Club vengono scambiati per pub comuni perché fanno somministrazione di bevande e cibo e non vengono riconosciuti come luoghi di cultura per questa parte commerciale del loro lavoro. Il fatto è che proprio questa fonte di introiti rende sostenibile il loro programmare band di musica dal vivo originale, che comporta per altro diverse spese, dalla Siae all’Enpals, al giusto compenso per musicisti e tecnici audio e di palco. Stiamo lavorando molto su questa percezione errata, soprattutto per farla capire agli Enti locali perché agevolino questi locali che non sono discoteche, ma luoghi dove c’è inclusione e aggregazione sociale, dove si fa cultura, luoghi di espressione e scambio di idee.
La seconda, che in parte deriva da quanto ti ho appena detto, riguarda proprio i rapporti con gli enti locali per quanto riguarda permessi, regolamenti ed altri aspetti. Proprio perché a volte non c’è una conoscenza vera e propria del settore musicale e delle tipicità che ha. KeepOn si affianca ai gestori per far capire all’ente locale che c’è una rete, a livello nazionale ed europeo, per fare massa critica, come ti dicevo prima.
Il terzo, sul quale ci stiamo interrogando molto anche a livello europeo, riguarda il ricambio generazionale: si fa fatica a capire i trend che hanno, per esempio, i millennials, il target 18-25, e quindi diventa difficile capire che programmazione fare per andare incontro ai loro gusti. Quelli della mia età, che hanno più di 30 anni, vanno meno ai live: lavoro, famiglia, si arriva spesso troppo stanchi per andare ai concerti, che iniziano sempre più tardi. Nonostante questo, sembra che la fascia 25-35 sia ancora lo zoccolo duro, perché rappresenta la maggior parte del pubblico dei locali e dei festival.

Federico, so che ti metto in una posizione scomoda e me ne assumo tutta la responsabilità: ci puoi fare una sorta di play list dei locali del vostro circuito? Quali sono?
La programmazione dei nostri locali è molto varia: escludendo il punk, il jazz e il dj set, per il resto trovi tutto. Una buona notizia per l’Emilia Romagna: è la regione con più club aderenti al circuito.
La domanda su quali locali mettere in play list è effettivamente scomoda – scherza Federico – per quanto riguarda Ferrara, c’è il Black Star, nella zona di San Giorgio, mentre come festival non posso non menzionare naturalmente Ferrara sotto le stelle. Se poi vogliamo citarne solo alcuni fra i tanti aderenti da Nord a Sud, partendo da quelli più vicini: in regione, a Bologna, c’è il Locomotiv, mentre a Este c’è l’I’m Lab. A Torino il Cap10100, ora chiuso, col quale grazie a KeepOn stiamo facilitando i rapporti col Comune; La Latteria Molloy e il Festival Albori a Brescia; il Magnolia e l’Ohibò a Milano; il Karemaski ad Arezzo; il Lanificio 159, Na’Cosetta, L’Asino che vola e il Monk a Roma; l’Hart a Napoli; l’Off a Lamezia Terme; il Morgana a Benevento e I Candelai a Palermo.
Sul nostro sito comunque si può trovare l’elenco completo, per tutti i gusti e le provenienze.

Leggi anche
Vita da artisti Doc: da vocazione a professione

DIARIO IN PUBBLICO
La compagnia dei Battuti

Pensare ancora di commentare il risultato del voto a una settimana dai risultati oltre che pleonastico potrebbe divenire retorico. C’è un unico dato di fatto. Il Pd ha perso alla grande e tutto quello che si potrebbe e, doverosamente, si dovrebbe aggiungere nulla toglie o accresce al risultato del voto.

Sono (siamo) stati battuti.
La Compagnia dei Battuti, celeberrima confraternita medievale che a Ferrara aveva sede nell’Oratorio dell’Annunziata, era formata dagli appartenenti a diverse confraternite di laici attive nel Medioevo. Il nome deriva dalla penitenza della flagellazione ma, come recita Wikipedia, il logos della rete, la denominazione resta anche “quando tale usanza cade in disuso, il che avviene ben presto, assumendo il senso morale di afflitti”. Il senso della sconfitta assume dunque un carattere retorico assai importante. I ‘battuti’ sono laici e sono afflitti. Il vincitore, Salvini, eroico Moloch delle purificazioni sul e dentro il Po, sventola maliziosamente il rosario e strizza l’occhio ai credenti.

Se siamo battuti non affidiamo il momento del nostro scontento alle lamentationes o geremiadi. Vedete la letteratura e la lingua italiana quanto materiale hanno per descrivere la sconfitta come del resto la vittoria.
Ma per favore attenetevi, specie nei social e nei telegiornali, a esibire facce da cordoglio e occhietto malizioso.
Nell’Italia contadina, in quel Sud che ha deciso le sorti del Paese affidandosi a una grande scommessa che ancora non sa se si potrà realizzare, le prefiche facevano parte del paesaggio morale e religioso della morte, a mezzo tra paganesimo e cattolicesimo. Nei talk televisivi appare evidentissimo lo stile penitente dell’esercito Pd in fuga, salvo alcuni capitani coraggiosi – oltre alla mia amatissima e votata Bonino  – che hanno deciso di non flagellarsi più e semmai infliggere al perdente condottiero la dantesca pena dei superbi: procedere lentamente sotto il masso che preme la cervice. E si riconoscono per la discrezione, altra virtù che sembra rifugga dalla politica. Hanno nomi ben evidenti.

Molto tempo fa intervistato da un celebre giornale che mi chiedeva di spiegarmi cosa fosse la ‘ferraresità’ risposi che sicuramente era la ‘rancorosità’,  per esempio quella esplosa in modo virulento nei confronti di Franceschini che non si meritava certo una così pesante sconfitta rispetto ad altri. Una rancorosità e una sconfitta forse provocate in parte, oltre al gravissimo problema delle banche, dall’adesione e accoglienza a un avversario politico come lo Sgarbi, portando sul privato quello che avrebbe dovuto rimanere un cortese dibattito politico. Questo spiega il pollice verso della classe medio-alta, che a loro dire si è affrancata dal giogo ‘comunista’ .
Le risposte dei Battuti cittadini non sono andate al di là dell’imbarazzo e di un’ammissione a denti stretti di avere ricevuto una ‘pagata’ provocando immediatamente un feroce ‘dibbattito’ tra renziani e no, tra paracadutati ed eliminati.
Così con un’ansia capibile ci si avvia alla resa dei conti non certo condotta con ‘bon ton’.

C’è però una clamorosa anomalia che mette tutto in discussione. Quella che ha fatto della nostra città un esempio mai eguagliato: la continuità dal dopoguerra di un’amministrazione di sinistra. Sulla scia della revanche ecco allora l’attacco alla fortezza Bastiani che è giusto, ma che rivela inquietanti prospettive se si analizza il profilo dei futuri condottieri.
Vedremo.
Però BASTA con le parole che durano un attimo, come gli sciarponi o i jeans incollati alle orride gambe a stecchetto degli ‘eleganti’ della provincia.
Basta soprattutto con la parola (e quel che significa) ‘inciucio’. Sembra il rumoroso succhio di un infante alla tetta della madre costituzione.
Brrrrr!

Strontium exposé

Incredibile, è già passata una settimana ma siamo ancora tutti quanti più o meno vivi.
Più o meno vivi ma soprattutto: lascia vivere.
So benissimo di essere uno stronzo ma la mia astensione da questa – scusate – pagliacciata del 4 marzo non mi rende più stronzo e non voglio sentire menate varie rivolte a chi ha deciso di disertare i seggi.
C’è certamente una grossa fetta di popolazione ben più stronza di me e di noi disertori: ci sono dei numeri che lo dicono chiaro e tondo.
Poi certo, l’ho già detto, io, personalmente, sono uno stronzo.
E proprio perché sono uno stronzo: non me la sono sentita di andare a votare.
Avevo un ventaglio di possibilità troppo scarso, avrei voluto un partito marxista dei fumatori ma soprattutto: avevo le mie cose.
Quindi lo dico ancora: sono uno stronzo.
Partendo da questa certezza vorrei però sottolinearne un’altra: era tutto previsto.
È l’epoca degli stronzi e – come disse un saggio – “tutti gli stronzi sono uguali ma alcuni stronzi sono più stronzi degli altri”.
Adesso, personalmente, rinnovo il mio invito a costituire un partito dei fumatori marxisti, un partito di stronzi in grado di dialogare anche con altri stronzi – ben più stronzi di noi – prima che lo stivale pesti altri stronzi.
Chiudo qui e – dopo questa confessione – consegno la mia bomboniera e me ne torno a pensare al mio partito, sperando di fare in tempo a presentarlo al Paese nel più breve tempo possibile.

Dare (The Wedding Present, 1991)

L’essere catastrofici

di Francesca Ambrosecchia

In alcuni momenti o periodi della nostra vita può accadere di essere talmente negativi da risultare catastrofici: nulla è positivo, o almeno così appare ai nostri occhi.
Ma esistono delle menti e/o personalità definibili catastrofiche? Persone sempre negative che autoalimentano le proprie incertezze, insicurezze e le proprie paure? Poniamo che un soggetto abbia un obbiettivo, pensando in negativo, con riferimento alle sue stesse capacità, probabilmente non lo perseguirà mai e nemmeno ci proverà.
Innegabile è l’attrazione per le catastrofi, naturali o meno, che molti manifestano: tanti si recano al cinema per guardare film che hanno ad oggetto la fine del mondo o di una parte di esso e molti non riescono a non far trapelare curiosità difronte ad un qualsiasi tipo di incidente. Sicuramente si innescano dinamiche psicologiche di varia natura, forse assimilabili alla ricerca di emozioni forti e adrenaliniche che gli amanti dell’horror conoscono bene. Tutto ciò avviene nella nostra “comfort zone”, d’altronde siamo individui sani che ammirano quella che non è altro che una finzione cinematografica.

“Chi ci può assicurare con certezza che il nostro comportamento, o anche soltanto il nostro pensiero, non provochi inconsapevolmente delle catastrofi?”
Paolo Maurensig

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Roma sotto la pioggia

di Francesca Ambrosecchia

Prima che il gelido Burian compisse in toto la sua opera, a Roma è piovuto per diversi giorni ininterrottamente.
Il cielo grigio e le ampie pozzanghere non hanno tolto un briciolo di fascino alla nostra capitale. Il marmo bianco della Fontana di Trevi diventa ancora più splendente e i mattoni dei Fori Imperiali di un rosso scuro ancora più intenso.
I sampietrini che popolano dalle ampie strade ai vicoli più stretti e intimi diventano talmente lucidi da riflettere la luce bianca del giorno.
Si passeggia, chi protetto dal suo ombrello, chi incurante del maltempo tra la meraviglia.