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Giorno: 23 Luglio 2018

Inaugurazione campagna pomodoro allo stabilimento Italtom di Argenta (ferrara)

Venerdì 27 luglio 2018, alle 11
nella sede di via Copernico 4/A di Argenta

(Piacenza, 23 lug. 2018) – Italtom, società che ha acquisito l’affitto di azienda della ex Ferrara Food, avvia la sua prima campagna del pomodoro il 27 luglio 2018, alle 11, ad Argenta in via Copernico 4/A. All’inaugurazione del nuovo stabilimento saranno presenti gli ad di Steriltom, Dario Squeri, e di Emiliana Conserve, Gianmario Bosoni, ed è stato invitato il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Le due aziende piacentine di trasformazione, insieme ad Italtom, rappresentano il primo gruppo privato in Italia. Ad Argenta, la previsione è, per il primo anno, di una produzione di circa 80mila tonnellate.
Le due società hanno realizzato investimenti per 4 milioni di euro e la campagna prevede l’assunzione di oltre 100 lavoratori, tra fissi e stagionali.
Italtom punta decisamente a qualificare sempre di più il rapporto di filiera con il mondo agricolo e, nello stesso tempo, a qualificare la produzione dei trasformati di pomodoro, rigorosamente italiano, nel mondo.

UFFICIO STAMPA ITALTOM

Amministrative 2019, Peruffo (FI): “Nomi e programmi sullo stesso piano”

Mi trovo d’accordo con chi richiama l’attenzione sulla necessità, da parte del centro-destra ferrarese, di stringere il cerchio intorno ai nomi, o meglio, al nome su cui puntare per la corsa a sindaco.
Un aspetto, come sappiamo, essenziale perché è vero che una coalizione a base larga è indispensabile per vincere, ma lo è anche lo spessore di colui che dovrà trovare la sintesi del programma di rilancio della città, guidando una squadra di persone professionalmente preparate.
Lo dicevo in tempi non sospetti – quando Forza Italia primeggiava all’interno del centro destra – non ho problemi a dirlo ora: trovo giusto sia la Lega a fare i primi nomi dei soggetti papabili, al più tardi ai primi di settembre, purché rispecchino i criteri generali menzionati, indicando cioè profili interni, ma anche e ancor meglio figure estranee alla politica, con curriculum all’altezza.
Secondo, non si faccia l’errore di dare per scontato il risultato finale e, di conseguenza, di pensare di avere la vittoria in tasca, come pare percepirsi negli ultimi tempi. La sinistra ha sempre vinto a Ferrara, ed è radicata in modo fortissimo nel tessuto sociale, malgrado la crisi di consensi degli ultimi anni, grazie anche a pseudo-normali logiche clientelari. Aggiungiamoci che il periodo della “luna di miele del Governo” dura mediamente tre o quattro mesi, dopo (venuti meno gli argomenti caldi di sicurezza e immigrazione) è inevitabile un calo di conensi, con ovvie ripercussioni a livello locale, quando si arriverà a temi cruciali come la legge di stabilità, i redditi di cittadinanza o i numeri legati alla riscrittura della Legge Fornero. A quel punto si valuterà anche il duplice scenario dell’alleanza nazionale Lega-5 Stelle e quella amministrativa Lega-Centro-destra.
A proposito di Movimento 5 Stelle alleato a livello locale: chi parla di progetto pilota credo abbia fatto i conti senza l’oste, nel senso che non è dato sapere come possa essere valutata la cosa nelle stanze dei bottoni dei vertici pentastellati.
Bene allora, al di là delle sterili e isteriche critiche arrivate da sinistra, intensificare iniziative come quella della scorsa settimana in Gad perché è dove ci sono i reali problemi della città che si costruisce un’alternativa più concreta.
Allo stesso tempo è essenziale concentrarsi sui legami con le realtà civiche alternative all’attuale maggioranza – cosa che Forza Italia ha già iniziato a intraprendere -, perchè, se è indispensabile allargare la base comune, è innegabile che sia l’elettorato moderato quello maggiormente impattante nel muovere l’ago della bilancia. In questo il centro destra deve dimostrare tutta la propria credibilità, sulla base delle competenze (leggasi garanzie) che saprà fornire sin dai prossimi mesi.

Paola Peruffo
Coordinatrice provinciale
Forza Italia Ferrara

Chi semina parcheggi raccoglie traffico

E’ con favore che Laboratorio Civico legge oggi su Estense.com, e appoggia in toto, la presa di posizione che FIAB assume nei confronti dell’Assessore Serra e del suo magnificare la faraonica opera della società I.V.I. (Italiana Valorizzazioni Immobiliari), che ha in gestione la costruzione del parcheggio multipiano in contrada di Borgoricco.
Quest’ultima, una società interamente detenuta dalla BPER Banca SpA, ha come scopo la gestione, valorizzazione e vendita di asset immobiliari acquisiti nell’ambito di sistemazioni di esposizioni creditizie problematiche delle banche del Gruppo BPER.
Tralasciamo, solo in questa sede, la “tragedia” (il crac CARIFE) che ha visto la società IVI divenire proprietaria della palazzina Ex Enel, per concentrarci sulle vicende che hanno visto, con precisa e caparbia volontà, la giunta attuale arrivare alla realizzazione di un ecomostro, che si affiancherà alle bellezze di storia antica del nostro monumentale centro.
Era del 2007 un progetto per la costruzione di un parcheggio multipiano che all’epoca era previsto sulle macerie del mercato coperto in via Boccacanale di Santo Stefano, con un Project financing per raccogliere i fondi e la costruzione da assegnare con buona probabilità ad un privato. Non ancora abbandonato questo progetto, nel 2011, l’assessore Modonesi lo mise in correlazione con la ristrutturazione della ex Cavallerizza. Questo progetto prevedeva lo stanziamento di 8,7 milioni d’investimento complessivo, che comprendeva la costruzione di un multipiano (da 120/150 posti auto) presso la Cavallerizza, la costruzione di un multipiano (da 120/160 posti auto) in Santo Stefano e la trasformazione di piazza Cortevecchia in un mercato dove traslocare gli stand del mercato coperto. Stando agli atti, fortunatamente, il progetto così pensato non andò mai in porto ed è del 2014 l’inaugurazione del “nuovo parcheggio Cavallerizza”, la sua destinazione ad autorimessa consentì a residenti od operatori economici di usufruire di posti auto riservati a pochi passi dal centro cittadino e aumentò la capacità ricettiva del sistema parcheggi della zona centro di ulteriori 50 posti. Dobbiamo poi arrivare a luglio 2017, per vedere dapprima approvata in Consiglio Comunale la terza variante urbanistica al 1° Poc, che ha accolto, con i voti favorevoli della maggioranza (Pd, Si, Fc), la richiesta della società I.V.I. la destinazione d’uso dell’immobile, da costruire sulle macerie della palazzina Ex Enel, per realizzare non più uffici e residenze, ma un parcheggio ad alta rotazione con capienza 100 posti disposti su 5 piani. In seguito l’assessore all’urbanistica Roberta Fusari ne decanterà i pregi e il suo auspicio è “che diventi un bell’oggetto da vedere”. Nella seduta consiliare del 20 novembre poi verrà approvata in Consiglio Comunale la delibera per l’autorizzazione “al rilascio di permesso di costruire in deroga alle norme del Rue” del progetto presentato dalla Italiana Valorizzazioni Immobiliari, una delibera puramente tecnica: viene modificato il progetto originale che prevedeva la riduzione in larghezza ai piani alti.
Sin dall’inizio, il progetto è stato avversato dal M5S. Ilaria Morghen, consigliere 5S, che in questi giorni ha depositato un’interrogazione sulla mappatura acustica del comparto Sant’Etienne, dove è ubicato il multipiano, ha dichiarato: “la nostra concezione di centro urbano prevede che siano perseguibili soluzioni per produrre un maggior allontanamento delle auto verso la periferia potenziando i trasporti pubblici, mentre questa delibera fa il contrario e, soprattutto, la durata 50ennale della convenzione vincolerà le future amministrazioni a dover arginare un problema grave di inquinamento acustico e aereo”.
Ora sta prendendo forma sotto gli occhi di tutti. E le conseguenze potremo constatarle tutti una volta inaugurato. Sarà ora impegno di Laboratorio Civico elaborare una soluzione che, contemplando la concessione semi secolare, possa garantire a residenti, cittadini e turisti di poter godere di una ZTL davvero degna di questo nome.
Per Laboratorio Civico
Natascia Cristofori e Lorenzo Lazzari

Comunicato Regione: Sport

È ufficiale, assegnati i fondi: in Emilia-Romagna il nuovo Centro nazionale paralimpico del Nord Italia. Nascerà a Villanova d’Arda (Pc), 10 milioni di euro all’Azienda Usl di Piacenza. Bonaccini-Venturi: “Fieri di questo risultato, frutto di un buon lavoro di squadra con il territorio. Un riconoscimento importante per l’universo sportivo della nostra regione”

Pubblicata in Gazzetta ufficiale la delibera Cipe sulle risorse. Sarà realizzata un’area residenziale con circa 50 posti letto, mantenuto lo spazio per le attività riabilitative e sanitarie e potenziati gli impianti sportivi. Il Centro diventerà riferimento nazionale per i paratleti e le persone con disabilità fisica che vogliono fare sport. Soddisfatti il direttore generale dell’Azienda Usl, Luca Baldino, e il sindaco di Villanova, Romano Freddi

Bologna – Da presidio sanitario “storico” del territorio piacentino a moderno e innovativo Centro nazionale paralimpico. L’assegnazione delle risorse ora è ufficiale: la delibera del Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica), con i 10 milioni di euro destinati all’Azienda Usl di Piacenza per trasformare l’ospedale di Villanova d’Arda, intitolato a Giuseppe Verdi, nel nuovo complesso, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Una struttura polifunzionale a gestione pubblica, che diventerà riferimento nazionale per i paratleti e per tutte le persone con disabilità fisica che intendono fare sport, anche a scopo riabilitativo.

“Siamo fieri di questo risultato, per il quale come Regione ci siamo battuti a fondo e che è frutto di un importante lavoro di squadra insieme al territorio e agli amministratori locali- sottolineano il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e l’assessore alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. Il Centro, una volta realizzato, rappresenterà qualcosa di unico nel panorama riabilitativo del centro-nord, e arricchirà il nuovo quadro della sanità piacentina e regionale. Ma non c’è solo l’aspetto sanitario e riabilitativo: questi dieci milioni- aggiungono presidente e assessore- rappresentano un riconoscimento davvero significativo per l’universo sportivo dell’Emilia-Romagna, che la Regione sostiene e valorizza come strumento di aggregazione ed elemento di coesione. Assieme all’Azienda Usl, all’amministrazione comunale e a tutte le istituzioni coinvolte lavoreremo per concretizzare al più presto questo bellissimo progetto”.

Il direttore generale dell’Azienda Usl di Piacenza, Luca Baldino, nel ricordare la soddisfazione provata lo scorso 23 dicembre – quando venne data per la prima volta notizia che il ministero aveva inserito Villanova tra le priorità degli interventi a favore dello sport paralimpico – estende il ringraziamento alle istituzioni, ai tecnici dell’Azienda e ai funzionari della Provincia: “Tanto è il lavoro già fatto e massimo sarà l’impegno della Direzione per la realizzazione di questo progetto, così altamente qualificante per il nostro territorio e per l’intera area del nord Italia: porteremo a nuova vita- spiega Baldino- lo storico ospedale voluto da Giuseppe Verdi; l’Unità Spinale posta nel nuovo ospedale di Fiorenzuola continuerà ad essere struttura di riferimento per le province vicine e potrà contare su un centro di elevatissimo livello per completare la riabilitazione dei pazienti e attraverso lo sport far ritrovare loro motivazione e speranza”.

“È la buona notizia che aspettavamo- commenta il sindaco di Villanova d’Arda, Romano Freddi-. All’iniziale perplessità per il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera piacentina, che prevedeva di delocalizzare quest’ospedale, è subentrata una speranza di riconversione, che oggi si appoggia finalmente su una concretezza. Disponibilità totale d’ora in poi a lavorare, dunque, da parte dell’amministrazione comunale: siamo fiduciosi nell’appoggio di tutti i portatori d’interesse, ed esprimiamo anche il desiderio di poter partecipare e avere un ruolo costruttivo per la funzionalità del centro”.

Il nuovo Centro paralimpico
L’intervento prevede la ristrutturazione della struttura sanitaria di Villanova d’Arda, attualmente sede dell’Unità Spinale dell’Azienda Usl di Piacenza, in modo da creare un’area residenziale con circa 50 posti letto, mantenere uno spazio per le attività riabilitative e sanitarie e rafforzare la parte degli impianti sportivi: oltre agli elementi già esistenti (palestre, palazzetto, piscine riabilitative) verranno costruite una piscina, una pista di atletica e altri spazi pensati per i paratleti. Il Centro sarà in grado di attrarre paratleti e atleti paralimpici, e dunque persone con disabilità fisica già avviate allo sport, ma anche le persone con disabilità fisica che hanno terminato le fasi di cura e riabilitazione e vogliono iniziare un’attività sportiva. La struttura è pensata anche per tutti i pazienti delle Unità Spinali in fase di pre-dimissione, che hanno dunque superato la fase acuta sanitaria e che si trovano nella coda finale della riabilitazione prima di tornare al proprio domicilio. L’idea di fondo del Centro, dunque, è che la presenza di atleti, anche paralimpici, possa motivare altre persone con disabilità fisica a iniziare un’attività sportiva, in un circolo virtuoso in cui tutti i soggetti riescono a trarre beneficio psico-fisico.

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Comunicato Regione: Infrastrutture

L’appello del Patto per il Lavoro: “Irrinunciabili per l’Emilia-Romagna. Si vada avanti completando quelle avviate e sbloccando quelle programmate e finanziate, a partire da Cispadana, Campogalliano-Sassuolo e Passante autostradale di Bologna”

Seduta del Patto in Regione con il presidente Bonaccini. Dalle parti sociali giudizio positivo sia sul metodo della condivisione sia, nel merito, sulle priorità ricordate nella relazione dell’assessore Donini. L’elenco delle opere concluse, dei cantieri in corso e di quelle con già le risorse disponibili, per oltre 3 miliardi di euro, e delle quali si chiede l’avvio dei lavori

Bologna – Avanti sulle infrastrutture, “fattore irrinunciabile per rafforzare lo sviluppo sostenibile del territorio”, completando quelle avviate e sbloccando quelle programmate, a partire dalle “più rilevanti: l’autostrada Cispadana, la Bretella Campogalliano-Sassuolo e il Passante autostradale di Bologna”.

A chiederlo è il Patto per il Lavoro, l’organismo che riunisce tutte le parti sociali dell’Emilia-Romagna, sindacati e imprese, gli enti locali, le categorie economiche, le università e le associazioni, voluto dalla Regione a inizio legislatura, nel luglio 2015, per condividere misure e strategie per crescita e occupazione.

Il Patto si è riunito questa mattina a Bologna, nell’Aula magna della Regione, per fare il punto sulla programmazione delle infrastrutture strategiche del territorio in materia di viabilità e mobilità. Dopo la relazione dell’assessore regionale ai Trasporti e Infrastrutture, Raffaele Donini, l’intervento del presidente della Giunta, Stefano Bonaccini, e quello di diversi rappresentanti delle organizzazioni e degli enti firmatari il Patto, fra cui sindacalisti e amministratori, è stato letto e condiviso un documento nel quale si chiede che “tutte le istituzioni coinvolte cooperino attivamente affinché le opere in corso di realizzazione possano essere completate nei tempi previsti, mentre quelle programmate possano finalmente essere sbloccate, a partire da quelle più rilevanti quali l’autostrada Cispadana, la Bretella Campogalliano-Sassuolo e il Passante autostradale di Bologna”.

Inoltre, si legge sempre nel testo, “fatto il punto sulle opere e gli interventi completati, su quelli in corso di realizzazione e su quelli il cui iter amministrativo è in attesa di perfezionamento (anche per il coinvolgimento di altri enti e istituzioni)”, il Patto per il Lavoro esprime “una valutazione positiva sul metodo della condivisione, riconoscendo tali infrastrutture elemento cruciale del Patto stesso e fattore irrinunciabile per rafforzare lo sviluppo sostenibile del territorio”.

Una “valutazione positiva” che è stata espressa anche “sul merito e sulle priorità indicate”, evidenziando appunto “la necessità che tutte le istituzioni coinvolte cooperino attivamente affinché le opere in corso di realizzazione possano essere completate nei tempi previsti, mentre quelle programmate possano finalmente essere sbloccate”.

Quanto alle opere di cui si sta parlando, nella sua relazione l’assessore Donini ha ricordato sia quelle avviate, alcune completate, molte con i cantieri aperti e in corso, e quelle programmate e finanziate di cui si chiede si possa procedere per arrivare al via ai lavori.

Opere sbloccate – Detto dell’inaugurazione della Variante di valico con la nuova edizione delle opere di compensazione nel territorio (costo: 4 miliardi di euro) e del Casello di Valsamoggia, aperto nel novembre 2016 (28 milioni), fra le principali i cantieri aperti riguardano: People Mover di Bologna (fine prevista marzo 2019, costo 120 milioni); Nodo di Rastignano 1^ lotto (fine entro il 2019, 27 milioni); Nuova Bazzanese (fine entro 2019, 51 milioni); Tirreno-Brennero 1^ Lotto (fine entro 2020, 321 milioni), Trasporto Rapido Costiero (fine entro 2019, 92 milioni), Velocizzazione Linea Adriatica (fine entro 2020, 140 milioni). A queste va aggiunto il piano industriale per l’acquisizione di nuovi treni e bus, investimento da 1 miliardo.

Opere programmate e finanziate – Cispadana (1,3 miliardi); Passante di Bologna (750 milioni); Campogalliano-Sassuolo (506 milioni); Porto di Ravenna (220 milioni); IV corsia A14 (360 milioni); Complanare Nord di Bologna (37 milioni); Nodo di Rastignano 2^ lotto (31 milioni); completamento Sistema ferroviario metropolitano di Bologna (332 milioni); Nodo di Casalecchio (220 milioni). A queste vanno aggiunti i Fondi di sviluppo e coesione sulla mobilità e la rigenerazione urbana da cantierare entro il 2020, per 300 milioni di euro.

All’incontro hanno partecipato anche gli assessori Patrizio Bianchi (Formazione, lavoro, politiche europee), Palma Costi (Attività produttive), Massimo Mezzetti (Politiche per la legalità) ed Emma Petitti (Bilancio e organizzazione territoriale”.

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Autori a Corte- Estate 2018

Continua la manifestazione di Autori a Corte- Estate 2018, che gode del Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ferrara, della collaborazione con l’Istituto Città del Ragazzo e del sostestegno di Pressup Srl, Banca Mediolanum, Sara Assicurazioni, Hotel Carlton e della testata giornalistica Estense.com, è organizzata dall’Associazione Culturale Charles Bukowsky. La serata di Mercoledì 25 luglio si aprirà alle ore 19.45 con la presentazione del nuovo libro di Gian Pietro Testa “Il vestito di taffetà” (Este Edition). Il nuovo romanzo dell’ autore comincia in forma apparentemente frivola per terminare in autentica tragedia: metafora della nostra società.
Modererà la giornalista Riccarda Dalbuoni.
A partire dalle ore 20.30 Fabio Anselmo, consulente giudiziario di alcuni grandi casi italaiani, presenterà la sua nuova opera “Federico” (Fandango Libri). Fabio Anselmo è un avvocato di Ferrara, specializzato in casi di malasanità.
Il 25 settembre 2005 riceve una telefonata che cambierà per sempre la sua vita e quella di molti intorno a lui. Quella mattina infatti un giovane studente ferrarese di 18 anni, Federico Aldrovandi, muore di asfissia posturale in seguito ai colpi ricevuti durante un fermo di polizia. A chiamare Anselmo è Patrizia Moretti, la madre di Federico. Questo è l’inizio di uno dei più importanti casi giudiziari degli ultimi anni che ha mosso e sconvolto l’opinione pubblica nazionale.
Modererà il Direttore di Estense.com Marco Zavagli.
Ospite d’onore della serata sarà l’attrice, regista, sceneggiatrice, Michela Andreozzi che presenterà il suo nuovo libro ” Non me lo chiedete più” (Harper Collins Edizioni).

Il pensiero di Michela Andreozzi, identificato con il termine #Childfree è chiaro, rivendicare un diritto di scelta e di emancipazione. #Childfree sottolinea marcatamente la libera scelta, la volontà consapevole e piena di non voler diventare madre. Il libro rappresenta un inno alla libertà di scelta, allo spezzare le catene della pressione sociale. Una pressione sottile e invisibile ma che serpeggia, fatta di giudizi, allusioni, confronti.
Modererà l’autore Paolo Franceschini.
L’evento ha beneficiato di un sopporto importante offerto da Trattoria Due Comari, Fioreria Isabella, Beauty Club Estetica, Mobili Milani, IBS+Libraccio Ferrara.
L’intera serata sarà accompagnata dalla degustazione di vino offerto dalla rinomata azienda agricola Mariotti.
Nei poderi sabbiosi del Delta del Po, in vecchie vigne a piede franco, allevano il Fortana, un raro vitigno autoctono la cui storia si perde nella leggenda e lo vinificano in ogni sua declinazione, dal rosso frizzante al rosato al metodo classico, per portare nel bicchiere tutte le sue peculiarità.

Da: Autori a Corte

Essere genitori: si può insegnare a sbagliare, e a chiedere scusa

Non è facile essere genitori: sono tanti i modi di esserlo e non ce ne sono di perfetti. Si tratta di un’esperienza che arricchisce l’esistenza ma che mette di fronte a sfide quotidiane, alcune delle quali possono anche essere perse. È importante per l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna sottolineare come i genitori non debbano colpevolizzarsi per eventuali errori commessi, piuttosto sarebbe utile invitarli a riconoscere dove si è sbagliato, per la crescita psicologica personale e dei figli.
Essere genitore comporta garantire protezione, insegnare i limiti, far sviluppare la capacità di interazione nel contesto sociale e di gestione dei conflitti, favorire esperienze di autonomia, conservando una condizione di sicurezza. Azioni che richiedono un impegno psicologico costante, non facile da sostenere nella quotidianità. “Esserci”, mantenere una relazione costruttiva con i figli, riconoscere il proprio ruolo e anche i propri limiti non è semplice ma è molto importante: il buon esempio, infatti, è più importante di molti insegnamenti verbali. E tutto questo è tanto più valido quando si parla di “imparare a sbagliare”.
Oltre alla complessità del compito genitoriale in sé, padri e madri avvertono anche una significativa pressione psicologica e sociale nell’esercitare la loro funzione educativa. Alle volte rincorrono un ideale di genitore perfetto, un genitore sempre all’erta, che non sbaglia mai e che deve sempre trovare la risposta giusta al momento giusto. Tuttavia siamo esseri umani imperfetti e l’errore è inevitabile.
Non esiste dunque il genitore perfetto, e per fortuna perché accettando i propri errori e trasformando il proprio comportamento il genitore può dare un esempio concreto di umanità matura. L’ideale, infatti, piuttosto che nell’assenza di errore, è nell’essere consapevoli e nel tentare di correggere i comportamenti negativi, insieme ai figli. Un genitore consapevole dei propri limiti dà un insegnamento prezioso al figlio che impara così a crescere accettandosi nella propria soggettività e limitatezza fisica e psicologica.
Alla capacità di riconoscere dove si è sbagliato dovrebbe poi seguire la richiesta di scuse, che sono lo strumento di salvaguardia di tutti i rapporti umani e soprattutto di quello con i familiari. In assenza di tale richiesta di fronte a errori che colpiscono le persone può sorgere infatti malessere, sofferenza e rancore. Spesso, ciò che fa più soffrire nelle relazioni non è l’ingiustizia subita, ma la mancanza di riparazione da parte di chi l’ha commessa, cosa che può comportare una crescita del risentimento della persona offesa, causando in alcuni casi un impoverimento del rapporto e perfino la sua chiusura, con possibile profondo turbamento per le persone coinvolte.
Molti genitori possono pensare che scusarsi con un figlio li faccia apparire deboli e meno autorevoli ai suoi occhi. Dimostrare invece di avere capito di aver sbagliato, di essere dispiaciuti di non aver avuto un comportamento rispondente al proprio ruolo e al bisogno del figlio, è indispensabile per dare un’immagine positiva. Un ragazzo che fa esperienza di figure genitoriali consapevoli, coerenti e rispettose della sua dignità sviluppa un senso di sé positivo e avrà più fiducia nelle relazioni significative.
Si insegna che la consapevolezza dello sbaglio aiuta a tollerare la frustrazione associata a esso. Si può apprendere anche guardando l’altro che sbaglia, in un confronto reciproco, crescendo insieme. In conclusione, la volontà e l’atto di riparare possono promuovere il perdono, che è l’esito di un lavoro psicologico spesso non facile. Il figlio può sperimentare così sia che si può sbagliare, sia che si può perdonare e apprendere l’importanza di una relazione basata sul rispetto e la fiducia.

Da: 
Ufficio Stampa Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna
a cura di Rizoma Studio Giornalistico Associato

BORDO PAGINA
Elogio di Marchionne: la sinistra aut aut

La clamorosa vicenda letteralmente live e streaming di Marchionne, artefice principale della rinascita Fiat, in Italia, Usa (Fiat Chyrsler) e nel mondo, quasi all’improvviso costretto a rinunciare per una probabile malattia anzitempo terminale (con fuori da ogni protocollo, comunicazioni ufficiali e dirette dei vertici Fiat (e Ferrari) per la sua senza ritorno sostituzione) già evidenzia la grande eredità per il futuro industriale italiano tout court post-Marchionne (non solo la Fiat).
Nello specifico, secondo logica cognitiva e commerciale e banale lealtà umana, basta un elogio di Marchionne per chiudere qualsiasi analisi storica: o meglio basterebbe, perché, incredibile nel 2018 e era piaccia o meno dell’automazione e di Elon Musk (e le auto robot o google car), ancora prima della probabile scomparsa anche “biologica” di Marchionne (le cronache sembrano purtroppo semplicemente in attesa della tragica fine annunciata) da certo magmatico e inquietante inconscio collettivo da un lato e dai media della fu sinistra superstiti, emergono già flagranti il peggior odio e invidia di classe che per quindici anni ha già caratterizzato in modulazioni appena formalmente meno eclatanti le cosiddette analisti della fu sinistra, di certi sindacati e della solita Intellighenzia modello Capalbio rossa (tranne Renzi invero).
Mai perdonato a Marchionne di avere salvato la Fiat, di averla con la sinergia Chyrsler fatta emergere persino in Usa, risanando la parallela griffa storica automobilistica, rispettando in pieno il business plane vincente programmato e premiando i lavoratori stessi americani: di avere evidenziato solarmente anche in Italia la fine del mito del sindacalese, vero e proprio virus contro il progresso italiano e il benessere stesso potenziale dei lavoratori. Marchionne ha fatto saltare la casta rossa, sinistra e sindacalismo ideologici e obsoleti e nei fatti i principali nemici dei lavoratori, peggio persino di certo – come si diceva – padronato ancora primitivo strutturale dell’industria/imprenditoria italiana.
Neppure la stima di Obama (insopportabile per la fu sinistra italiana) ha illuminato i tre neuroni che caratterizzano da un pezzo sindacalisti e catto/post/estremo comunisti, profani politici/sindacalisti sacri intellettuali con i conti rigorosamente a Monte Paschi di Siena (e a più zeri!)
E ora neppure una tragedia umana neppure è rispettata dai soliti paraterroristi 2.0 attuali: la prima pagina del Manifesto, sempre da premio Maria Teresa di Calcutta quando scrivono di Ong e migranti, è un vergognoso esempio di nazionalsocialismo rosso senza se e senza ma, potrebbero averla firmata Robespierre e Saint Just.
E sui Social Network una epidemia di siffatta civiltà umanistica a firma tutti i centro sociali uniti contemporanei, siano profili apparentemente privati o meno: quanto alla fu sinistra alla De Benedetti i soliti orwelliani post golpe Napolitano/Monti e clonazioni venute male fino allo stesso cattorenzismo.
Se il trend è questo e continuerà anche se…, Allora Marchionne persino dal Paradiso centrerà la sua ultima corsa vittoriosa su una immaginaria (e non a caso) Ferrari: salvo appunto attualmente non prevedibili cambi di rotta al pitsop degli ultimi falsi prolet della fu sinistra, sarà proprio lui, paradossalmente a staccare la spina e per decenni alla generazione Pd e – o postcomunista e simili, nicchia di amebe e parameci nell’era dell’Auto elettrica o robot prossime venture!

info
http://www.ilgiornale.it/news/economia/piove-lodio-su-marchionne-insulti-social-e-titoli-choc-1556509.html

Master on-line in “Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” Aperte le iscrizioni per il nuovo anno accademico

Fino al 5 novembre è possibile iscriversi alla diciottesima edizione del Master universitario di I livello in “Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza”, attivato dall’Università di Ferrara con modalità didattica on-line e laboratori facoltativi in presenza.
Il Master si rivolge sia a coloro che intendono esercitare una professione nell’ambito della comunicazione scientifica (giornali, media digitali, istituzioni ed enti di ricerca, URP, uffici stampa, aziende pubbliche e private, musei, case editrici, scuola), sia a persone già inserite nel mondo del lavoro che desiderano acquisire competenze e strumenti di comunicazione per promuovere o riqualificare la propria figura professionale.
Tutta l’attività didattica on-line è seguita da docenti e tutor di classe e contenuto (elenco dei docenti e dei corsi nel sito dell’Università). Le uniche attività obbligatorie in presenza sono gli esami, che si svolgono sempre nel fine settimana. Le attività facoltative (seminari, laboratori, conferenze, spettacoli) sono organizzate in coincidenza con le sessioni di esame.
Il Master, con più di 600 iscritti dalla sua fondazione, rappresenta non solo una delle iniziative più longeve in questo settore, ma anche l’unico percorso di formazione a distanza in Comunicazione della scienza nel panorama nazionale.
Il Master è a numero chiuso: verranno accettate le prime 40 iscrizioni e l’attivazione è subordinata al raggiungimento di 30 iscrizioni. Le iscrizioni si possono effettuare esclusivamente on-line all’indirizzo https://studiare.unife.it/Home.do

docenti delle scuole di ogni ordine e grado che intendono iscriversi possono utilizzare il buono messo a disposizione dal MIUR.
La tassa di iscrizione è pari a Euro 2.400,00. Infowww.unife.it/master/comunicazione. Contatti
coordinatrice didattica: Mariasilvia Accardo, email ccrmsl@unife.it, tel dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12, +39 3475938884

Università degli Studi di Ferrara
Ripartizione Marketing e Comunicazione
Ufficio Stampa, Comunicazione Istituzionale e Digitale

Chi ha fermato la migrazione?

Questa è una storia esemplare di poche verità, di cose non dette, di uso interessato dell’informazione e di varia disonestà intellettuale, una storia che forse contiene una morale e un insegnamento.
Inizia poco più di un anno fa quando le proiezioni sugli sbarchi avevano cominciato a fare paura veramente, superando nel solo mese di giugno la quota di 25.500 arrivi. In quei giorni di governo Gentiloni, il ministro Minniti, rientrato d’urgenza dai suoi impegni istituzionali all’estero, attivò un intervento sulla sponda opposta del Mediterraneo con forza tale da abbattere in brevissimo tempo i flussi migratori nel mediterraneo diretti verso l’Italia: secondo i dati UNHCR essi calarono a 11.461 a luglio, per assestarsi poi a poche migliaia mensili: 3.914 ad agosto, 6.291 a settembre, 5.979 ad ottobre, 5.645 a novembre e 2.427 a dicembre. A seguito dell’intervento gli sbarchi passarono da 83.742 nel primo semestre 2017 a 35.717 nel secondo, con una diminuzione di oltre il 60%
Non è dato sapere se l’intervento così risolutivo fosse dovuto ad una presa d’atto dell’emergenza, al mutamento di certi equilibri geopolitici o più prosaicamente ad una valutazione politica realista, che vedeva nel problema immigrazione un tema chiave da affrontare in vista delle future elezioni. Quel che conta è che a fine anno 2017 si registravano 119.459 arrivi a fronte dei 181.436 dell’anno precedente.
Non è ben chiara la ragione di un simile successo che sicuramente si fondava su accordi già firmati in precedenza dal ministro con la Libia ma che, con ogni probabilità, avrà richiesto anche altri tipi di azioni (intelligence? contratti di fornitura? aiuti economici?) per risultare efficace in una realtà caotica come quella del paese africano.
Ma tant’è. Il trend inaugurato dagli interventi di Minniti è continuato per tutto il primo semestre del 2018, confermando il consistente calo registrato in tutti i mesi per i quali sono disponibili i dati UNHCR: 4.189 a gennaio, 1.058 a febbraio, 1.049 a marzo, 3.171 ad aprile, 3.963 maggio, 3.136 a giugno. per un totale di 16.919 sbarchi (praticamente un quinto rispetto a quelli registrati nell’anno precedente). Un dato sbalorditivo se confrontato con i precedenti (non) risultati dello stesso governo e del precedente governo Renzi, periodo in cui l’accoglienza forzata ed imposta sembrava essere diventata un obbligo imprescindibile.
Tale tendenza di per se evidentissima è passata piuttosto sotto traccia fino all’insediamento del nuovo governo Conte, dopo quasi tre mesi dalle elezioni del 4 marzo, per poi riemergere con forza all’attenzione dell’opinione pubblica a partire dalle esternazioni del ministro Salvini e dal lancio dei provvedimenti di chiusura dei porti. A partire da quei recentissimi eventi si è scatenato l’inferno: da un lato manifestazioni pro-migranti, magliette rosse, interventi di intellettuali, religiosi e moralisti vari improvvisamente svegliati alla causa del più nobile umanitarismo, come se, quanto fatto dal precedente governo per fermare (con successo) gli sbarchi non fosse mai accaduto.
Dall’altro tifo pro Salvini, non di rado condito di trivialità e venato di atteggiamenti xenofobi, da parte di coloro che nella migrazione hanno sempre visto un grave problema, come se la diminuzione degli sbarchi fosse dovuta all’impegno del neoeletto ministro e non all’opera del passato governo.
Ovviamente, guerra aperta sui social con l’uso consueto delle fonti più improbabili, accuse feroci, insulti da ambo le parti, qualche considerazione meritevole quanto poco ascoltata, e, soprattutto, l’esplosione virulenta di rancori e veri odii che in non pochi casi hanno fatto ricordare il clima di violenta contrapposizione ideologica che dalla fine della seconda guerra ha attraversato per più volte il paese.
Impagabile poi l’atteggiamento della Francia (causa tra le principali di molti dei disastri che stanno martoriando i paesi Africani dai quali provengono i flussi migratori e prima responsabile della catastrofe libica), paese che del respingimento violento (sul confine italiano) ha fatto una missione e che pure, per bocca del premier Macron, non ha mancato di definire vomitevole la scelta decisa del nuovo governo.
Impagabile anche il tono di alcuni giornali mainstream nostrani che sono riusciti ad additare la Spagna come esempio di accoglienza da cui prendere lezione di umanità (caso della nave Aquarius) dimenticando che questa nazione (che pure può vantare ancora il suo bel muro spinato in terra Africana: la barriera di Ceuta e Melilla) ha accolto negli ultimi 4 anni circa 67.000 persone a fronte delle quasi 650.000 accolte dall’Italia.
Oggi non sappiamo bene come proseguirà questa storia e come andrà a finire: possiamo però essere ragionevolmente certi che, nell’immediato futuro, non cambierà il modo con cui gli eventi vengono costruiti e raccontati dai media; non cambierà il modo con cui le forze politiche proporranno le loro narrazioni né il modo con cui le persone reagiranno a questi racconti.
Ma da questa storia poco edificante possiamo trarre, forse, qualche utile insegnamento.
La strana perdita di memoria o meglio, di connessione con gli eventi passati e con la continuità se non della storia almeno della cronaca, è infatti tipica dei tempi presenti insieme a quell’atteggiamento acritico da ultras (del calcio) che sembra ormai animare e regolare quello che dovrebbe essere invece un avveduto ragionare politico; ammesso ma non concesso che uno scopo della politica sia ancora quello di guardare nel lungo periodo per garantire sicurezza (reale) e prosperità per tutti i cittadini.
Altrettanto caratteristico è l’uso politico delle informazioni (nel senso peggiore del termine), ammesso ma non concesso che i fatti nudi e crudi possano ancora in qualche modo avere diritto di cittadinanza, sia rispetto alle opinioni del momento, sia rispetto alle realtà virtuali costruite ad hoc per raggiungere obiettivi (geo) politici specifici.
Segni evidenti, di una sorta di degrado che sembra colpire le democrazie e le persone man mano che aumentano le possibilità di costruire, diffondere e reperire informazioni grazie alle onnipresenti tecnologie digitali.
Ma si sa, l’arte dell’inganno, la manipolazione delle coscienze, la dissimulazione, la rappresentazione di contesti fasulli, rappresentano da sempre strategie retoriche usate da ogni tipo di potere per influenzare, convincere, obbligare; di questo non ci si deve né stupire né scandalizzare, si deve piuttosto cercare di capire.
A queste retoriche, chi vuole, può sempre rispondere con l’apprendimento, imparando il funzionamento del grande gioco della strategia, esercitando l’arte del discernimento ed avendo l’ardire di mettere in discussione i riti e i miti che vengono dati per scontati nella nostra società.

La terza alba

Spectral Mornings (Steve Hackett, 1979) – Versione cantata, 2015

Un luogo bellissimo, una terra incantata. Ogni cosa intorno si rivela in tutto il suo insolito fascino: crepuscolare, plumbeo, tenebroso… come piace a me.
Farsi attrarre dagli anfratti più bui e misteriosi per il gusto temerario dell’ignoto, e quel piacevole, titillante brivido al richiamo di un pericolo nascosto, imminente, circostante.
Tutto questo è l’Isola di Drüme. Brulla, desolata, remota. Nessuno ci vive… a parte me.
Nessuno vorrebbe mai abitarci. La paura ne è la ragione. Ed è certamente giustificata direi!

Quando ho deciso di trasferirmi quaggiù, tentarono di dissuadermi in ogni maniera.
“Tu sei pazzo! Come puoi fare sul serio?” mi dicevano.
Molti m’avevano accennato di storie tragiche e poco chiare, successe tanto tempo fa proprio su questo roccioso costone affiorante tra le morbide dune liquide dell’oceano, quando ancora gli uomini l’abitavano. Tutti conoscevano la reputazione infausta dell’isola e alcuni ne avevano fatto le spese. E fu proprio quando ho avuto la prova della fondatezza di queste dicerie che ho scelto di venire in questo posto.
Il giorno della mia partenza, l’ultima voce umana che sentii alle mie spalle mi gridò: “Pazzo, torna indietro finché puoi!”

Un villaggio, un tempo florido e popolato da famiglie di pescatori coraggiosi, dominava il centro dell’isola che spuntava in mezzo a un mare tempestoso per gran parte dell’anno. Ma ai pescatori questo non importava, perché erano acque ricche e pescose e ogni giorno regalavano un grasso bottino di pesci, molluschi e crostacei. All’alba i pescatori partivano con le loro barche per ritornare a tarda sera, stanchi ma soddisfatti. Ogni giorno sfidavano le grandi onde, le secche improvvise e le forti correnti per rincorrere i branchi argentei dei pesci che proprio in quelle acque facevano tappa nelle loro incessanti migrazioni. Tutti i giorni, per tanti anni.
Poi un mattino comparve una nebbia fitta, un muro grigio e profondo. Così l’intera isola si trovò come immersa in un limbo spettrale, una bambagia umida e impalpabile che rendeva invisibile tutto quanto, vicino o lontano che fosse.
E il mare stesso s’intuiva dal rumore della risacca.

Ma anche quel mattino i pescatori non si arresero alla perfidia del tempo. Con coraggio e fiducia andarono alle loro barche e salparono, attraversarono il muro di bruma e subito scomparvero alla vista di chi restò a terra.
Quel giorno il villaggio rimase immobile nell’attesa. Per ore la gente non fece nulla se non aspettare il ritorno dei figli, dei mariti, dei padri. Alla sera la febbre dell’inquietudine salì inesorabile quando iniziò a far tardi e nessuna barca era ancora giunta al porto.
Per tutta la notte le donne del villaggio stettero a vegliare il buio, con lo sguardo a quel mare invisibile e la disperata speranza a scalciare nel petto.
L’alba seguente, la nebbia era entrata nell’anima stessa del villaggio, nelle case, nelle stanze, ovunque. Un silenzio tombale era sceso sull’isola, nemmeno gli uccelli marini si udivano, solo il lento, ipnotico sciabordio della risacca restava l’unico ovattato sottofondo.
Tutta la vita superstite era sospesa, tra angoscia e rassegnazione.
Arrivò la seconda notte d’assenza e d’attesa. Alcune donne vagavano con occhi smarriti tra le vie del villaggio a cercare ragione di tanto strazio. Altre, più anziane, restavano in casa a pregare il dio della misericordia. Le spose più giovani inveivano contro quel mare che le circondava e che le condannava all’infelicità e alla solitudine.
La terza alba, nel villaggio bagnato di nebbia e lacrime, s’udì il suono di un corno. I cuori sussultarono, le donne corsero al porto e videro le barche spuntare dal muro fosco. Una dopo l’altra approdarono tutte, e tutti i pescatori a bordo, esausti e assetati, giunsero a terra sani e salvi.
Poco dopo la nebbia si diradò e, da est, un sole potente cominciò ad asciugare le pietre delle case, a scaldare le anime che le abitavano. Tutto tornò a illuminarsi e a colorarsi di nuovo: prima il cielo e il mare, poi gli sguardi e i sorrisi della gente…

Questo accadde tanto tempo fa.
Ora l’isola è diventata uno scoglio deserto, frustato dalle burrasche d’inverno, avvolto dalle nebbie d’estate, evitato dagli uomini tutto l’anno.
Io ne ho fatto casa mia. Da qui posso contemplare la sublime crudeltà dei suoi elementi. Posso espiare i miei peccati godendo della più perfetta solitudine. In attesa, casomai, di qualcosa che arrivi dal mare, di un riscatto, dell’anima che ho perso…
In attesa della mia terza alba.

Spectral Mornings (Steve Hackett, 1979) – Versione strumentale originale, 1979

La fortuna e la paura d’esser giovani

di Federica Mammina

Perché si ripensa alla gioventù con nostalgia? Perché si consiglia a chi la sta vivendo di godersela appieno per evitare rimpianti futuri? Perché la giovinezza è libertà, è una pagina bianca da riempire a piacimento, è un assortito buffet dal quale attingere a sazietà; è avere la sfrontata consapevolezza di non avere limiti di tempo o di possibilità; è un intero vocabolario dove non trovi mai la parola fine.
Eppure sono sempre più diffusi tra i giovani comportamenti che evidenziano l’incapacità di godere di questa fase unica della vita, comportamenti che mettono in serio pericolo la vita e che possono essere sotto diversi aspetti irreversibili.
In effetti, a pensarci bene, navigare in mare aperto da un senso di libertà, ma senza mappe e strumenti ci si sente sperduti e in balia delle onde. E così magari, senza una guida o un aiuto, molti giovani non hanno il coraggio di inoltrarsi nel mare aperto della vita.

“Molti oggi parlano dei giovani, ma non molti, ci pare, parlano ai giovani”
Giovanni XXIII

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Lo spot della discordia… ma facciamoci una risata!

di Federica Mammina

Una volta si diceva che ogni giorno ha la sua croce. Oggi invece potremmo sostituire questo modo di dire affermando che ogni giorno ha la sua polemica. Nella maggior parte dei casi confesso che mi entrano da un orecchio ed escono dall’altro perché prevalentemente pretestuose. Ma ne è stata sollevata una, di recente, che mi ha davvero divertita. La polemica in questione è stata scatenata dallo spot della nota azienda Chicco, nel quale si invitano gli italiani a fare tanti bambini.
L’enfasi di certe affermazioni, alcune immagini fumettistiche e il collegamento con il calcio rendono evidente il tono allegro e spensierato con cui si rivolge l’invito a procreare. E d’altronde cosa mai dovrebbe dire un’azienda che produce solo prodotti per bambini? Secondo molti avrebbe dovuto invitare uomini e donne a procreare, ma anche coppie omosessuali ad adottare bambini, o magari ad averli con l’utero in affitto, ricordando però che anche non fare figli va benissimo. Così, per accontentare tutti. Sì, perché oltre che per il carattere fascista (per l’invito a fare figli per l’Italia!), lo spot è stato additato per discriminazione nei confronti di chi non può avere figli. Che sarebbe come dire, per esempio, che le aziende che producono dolci non potrebbero sponsorizzarli perché altrimenti tutti coloro che per motivi di salute non possono assumere zuccheri ne verrebbero discriminati, e che le case automobilistiche non dovrebbero offendere chi non può guidare.
Ma in effetti, ora che ci penso, una polemica potrei sollevarla anche io, perché in un mondo in cui si prende tutto troppo sul serio io mi sento profondamente discriminata.