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Giorno: 2 Novembre 2018

Il Fè in Fiera, domenica 4 novembre a Ferrara il mercatino dell’usato

Da: Organizzatori

Ritorna il “Il Fè in Fiera” il tradizionale mercatino mostra-scambio dell’usato e del modernariato che si svolge a Ferrara, ad ingresso gratuito. L’appuntamento per tutti i privati cittadini è al Quartiere fieristico di Ferrara (via della Fiera, 11 – Ferrara) domenica 4 novembre 2018 dalle 8.00 alle 19.00.

Il mercatino è organizzato da Ferrara Fiere Congressi e dallo storico settimanale di annunci “Il Fè“. Come di consueto saranno centinaia le occasioni esposte; spazio anche a stand del mondo del No profit e all’associazionismo.

La mostra mercato di Ferrara è dedicata a tutti gli appassionati di collezionismo, di oggetti vintage e usati. Gli amanti di antiquariato possono trovare pezzi molto rari.

Dunque, tutti possono essere “mercanti per un giorno” e per tutti c’è la possibilità di fare un buon affare. E’ l’occasione per svuotare soffitte, cantine, garage e armadi; gli oggetti che non si utilizzano più possono servire ad altri e vivere di una seconda vita; si evita così di doverli smaltire e portarli in discarica. La filosofia è quella di dare nuova vita alle cose e trasmettere, nello stesso tempo, un messaggio forte, legato alla cultura del riuso, all’arte del fare. Non disperdere antiche consuetudini, ricreare una “piazza” non più virtuale ma reale, dove le persone si incontrano, si scambiano esperienze, magari storie che ruotano attorno agli oggetti della loro vita. L’antiquariato, la rigatteria, il modernariato, l’hobbistica e, più in generale, qualsiasi oggetto usato e d’occasione assumono nuovo valore e nuovi significati.

La finalità principale è quella del riciclo, tema quanto mai attuale nella società odierna: per ridurre i rifiuti, conservare l’esistente, rigenerare, limitare gli sprechi.

Meis al cinema con “1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani” di Pietro Suber

Da: Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS

Il film documentario di Pietro Suber “1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani” arriva anche a Ferrara, dove sarà proiettato domani sera (sabato 3 novembre, ndr), alle 21.00, al Cinema Santo Spirito (Via della Resistenza 7).

L’iniziativa del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS, che presenta e patrocina la pellicola, s’inserisce tra le iniziative promosse in occasione dell’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali. L’evento è organizzato in collaborazione con l’Istituto Luce, produttore del film, e con l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara – ISCO.

Introdotti da Anna Maria Quarzi, Direttrice di ISCO, intervengono il regista e uno dei testimoni presenti nel film, il ferrarese Cesare Finzi.

Il lavoro di Suber ricostruisce le vicende che portarono dalle leggi antiebraiche alla deportazione degli ebrei italiani (1943-1945) attraverso cinque storie, raccontate in gran parte dai diretti protagonisti. Conosciamo così una famiglia di ebrei fascisti (gli Ovazza) che fu massacrata sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943. Poi un ebreo del ghetto di Roma, ‘Moretto’, che decise di lottare contro la persecuzione e riuscì a salvarsi flirtando con la nipote di un collaborazionista fascista. Quindi il ferrarese Franco Schonheit e i suoi genitori, tutti sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Un’ebrea di Fiume che scampò alla morte nascondendosi in casa di un incisore del Vaticano. Infine, a una famiglia di presunti delatori fascisti.

A parlare non sono, quindi, solo le vittime e i perseguitati, ma anche i persecutori. Con loro gli altri testimoni, cioè quella stragrande maggioranza di italiani che non aderì alle leggi razziali, ma neppure vi si oppose.

Oltre alle testimonianze, il racconto procede attraverso immagini d’archivio e documenti d’epoca pubblici e privati, per concludersi focalizzando su ciò che rimane oggi di uno dei periodi più oscuri della storia italiana recente.

Pietro Suber

Giornalista e documentarista. Dopo aver lavorato per molti anni a “Matrix” (Mediaset), attualmente è autore e caporedattore del programma “Viva l’Italia” (Mediaset), condotto da Gerardo Greco. Ha iniziato la sua carriera con Rai Tre (“Un giorno in pretura” e “Samarcanda”), Rai Uno (per i programmi di Sergio Zavoli) e scrivendo per la Repubblica e Il Messaggero. Alla Rai e a Mediaset si è occupato per molti anni di cronaca giudiziaria e di mafia. Per “Moby Dick” (Mediaset), di Michele Santoro, ha seguito il conflitto in Kosovo nel ’99. Successivamente le guerre in Afghanistan, in Iraq, in Libia e Ucraina (per il Tg5). Nel 2004 ha pubblicato per Laterza il saggio Inviato di guerra. Verità e menzogne, sulla manipolazione dell’informazione in guerra. Nel 2007 ha vinto il premio Saint Vincent con un reportage sul cambio di sesso in Iran.

Ha vinto tre volte il premio Ilaria Alpi, l’ultima volta nel 2008 con un documentario sulla crisi economica e il boom della psicoanalisi in Argentina. Gli ultimi documentari (Meditate che questo è stato, 1938 – Quando scoprimmo di non essere più italiani) riguardano il tema della Shoah e delle leggi razziali. Dal 2013 è vicepresidente dell’Associazione Carta di Roma che si occupa del rapporto tra media italiani e immigrazione.

Salute. Influenza, al via lunedì 5 novembre in tutta l’Emilia-Romagna la campagna di comunicazione della Regione per la vaccinazione gratuita.

Da: Regione Emilia Romagna

Salute. Influenza, al via lunedì 5 novembre in tutta l’Emilia-Romagna la campagna di comunicazione della Regione per la vaccinazione gratuita. L’assessore Venturi: “Vogliamo proteggere dalle gravi complicanze le persone più a rischio”

“Non farti influenzare: proteggi la tua salute” lo slogan scelto. Disponibili locandine, uno spot video e una pagina web con tutte le informazioni utili per i cittadini. L’anno scorso 681.400 persone colpite da influenza e oltre 735.500 vaccinate, ma si può fare di più

Bologna – “Non farti influenzare: proteggi la tua salute”: il messaggio, forte e chiaro, arriva dalla campagna di vaccinazione gratuita del Servizio sanitario regionale, che prenderà il via lunedì 5 novembre in tutta l’Emilia-Romagna.

Uno spot video diffuso on line e sui social media, una pagina web con le informazioni utili, una locandina distribuita negli ambulatori vaccinali, dei medici e pediatri di famiglia, ma anche nelle sedi delle Aziende sanitarie, nei punti Cup, nelle Case della salute, nelle farmacie e nei Centri anziani del territorio regionale. Materiale pensato e realizzato con un preciso obiettivo: sensibilizzare i cittadini più a rischio sull’importanza della vaccinazione per proteggersi dall’influenza, che ormai è alle porte e può provocare complicanze anche gravi.

Bambini e adulti con patologie croniche, donne in gravidanza, anziani, persone con più di 65 anni, operatori sanitari e socio-sanitari, donatori di sangue: queste le principali fasce di persone per le quali la vaccinazione è raccomandata e gratuita. Ad effettuarla sono i medici e i pediatri di famiglia e i servizi vaccinali delle Aziende Usl, dove stanno arrivando i primi 815mila vaccini; meglio muoversi per tempo, tra novembre e dicembre, perché i picchi epidemici si raggiungono tra gennaio e febbraio.

Sono state circa 681.400, in Emilia-Romagna, le persone colpite da influenza nella scorsa stagione (2017-2018), il 15,3% della popolazione residente; sul totale, 82.000 erano bambini tra 0 e 4 anni: quasi la metà (45,7%) di questa fascia d’età. 135, tra tutti gli ammalati, sono stati i casi gravi, per la maggior parte si trattava di persone over 55enni e con fattori di rischio, e 48 i decessi. In crescita il numero deivaccinati, 735.527, mentre erano stati 722.937 la stagione precedente (2016/2017). L’incremento delle vaccinazioni antinfluenzali riguarda soprattutto gli over 65enni, che si attestano al 53,1%: un risultato comunque lontano dal 73% raggiunto nel 2009/2010 e dall’obiettivo del 75% posto dal livello nazionale.

“La vaccinazione è un mezzo sicuro ed efficace per prevenire l’influenza e per ridurne le possibili complicanze, temibili soprattutto per le persone con malattie croniche o anziane e per le donne in gravidanza- sottolinea l’assessore alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. Insisto su questo, perché si tende a considerarla come una malattia di stagione, innocua e passeggera, ma non sempre è così. È bene che i cittadini conoscano i rischi e sappiano che il Servizio sanitario regionale è a disposizione per dare tutte le informazioni necessarie”.

Per avere chiarimenti, infatti, si può contattare il numero verde gratuito 800-033033 (tutti i giorni feriali dalle 8.30 alle 18, il sabato dalle 8.30 alle 13), rivolgersi al proprio medico di medicina generale o pediatra di libera scelta, consultare la pagina web dedicata (online da lunedì 5 novembre all’indirizzo: http://www.vaccino-antinfluenzale.it/). È stato inoltre predisposto del materiale specifico per gli operatori dei servizi socio-sanitari, per i quali la vaccinazione è fortemente raccomandata.

Cosa c’è da sapere
La vaccinazione antinfluenzale (gratuita per determinate categorie di persone) viene effettuata negli ambulatori dei medici e dei pediatri di famiglia e dei servizi vaccinali delle Aziende Ausl. Quest’anno la Regione offre gratuitamente anche quella contro l’Herpes Zoster, il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio” per i 65enni (quindi i nati nel 1953): si tratta di una vaccinazione che conferisce una protezione duratura e pertanto viene eseguita una sola volta nella vita e si effettua solo negli ambulatori di igiene e sanità pubblica. I cittadini interessati sono stati contattati con una lettera dell’Azienda Usl di residenza.

Infine, rimane gratis, sempre per i 65enni residenti in Emilia-Romagna ma anche per le persone con patologie croniche di tutte le età, anche quella contro lo pneumococco, un batterio che può provocare malattie gravi come polmoniti, meningiti e sepsi. La vaccinazione, che è possibile fare recandosi dal proprio medico di famiglia, sarà riproposta ogni anno, sempre gratuitamente, per tutti i 65enni residenti in Emilia-Romagna, così come quella contro l’Herpes Zoster; inoltre, i cittadini nati dal 1952 in poi, conservano la gratuità anche se eseguono la vaccinazione negli anni successivi alla chiamata. La nuova campagna di vaccinazione gratuita contro lo pneumococco è rivolta a 51.116 donne e uomini di 65 anni, cioè tutti gli emiliano-romagnoli nati nel 1953, che riceveranno una lettera a casa inviata dalle Aziende sanitarie. A differenza della vaccinazione contro l’influenza, che le persone a rischio devono ripetere tutti gli anni, quella contro lo pneumococco viene fatta una sola volta nella vita perché conferisce una protezione duratura.

Come riconoscere e prevenire la diffusione dell’influenza
Nel materiale della campagna sono indicate anche alcune semplici misure di protezione personale per prevenire la diffusione dell’influenza: lavarsi spesso le mani con il sapone; coprirsi naso e bocca ogni volta che si starnutisce o tossisce, usare fazzoletti monouso, gettarli e poi lavarsi le mani; in caso di sintomi influenzali, limitare i contatti con altre persone. Per quanto riguarda la diagnosi, naturalmente è sempre importante contattare il proprio medico, ma tra i sintomi più importanti ci sono tosse, mal di gola, febbre, mal di testa, inappetenza, dolori muscolari o articolari. I sintomi respiratori (tosse, mal di gola e raffreddore) possono presentarsi anche in caso di altre infezioni virali, non dovute al virus dell’influenza.

Comunicato rifondazione comunista Ferrara contro atto prevaricatorio del segretario comunale della Lega

Da: Partito della Rifondazione Comunista di Ferrara

Rifondazione Comunista condanna l’ennesimo atto di prevaricazione messo in atto dal segretario comunale del Carroccio, Nicola Lodi nella notte tra 31 ottobre e 1 novembre. Il suo gesto volutamente provocatorio è stato inoltre immortalato in una videodiretta su facebook, a sfregio di qualsiasi rispetto istituzionale, lo stesso ha impropriamente utilizzato il pennone per le celebrazioni della Repubblica in piazza Trento Trieste, per far sventolare la bandiera della Lega; si tratta di un atto irregolare contro lo stato, ovvero vilipendio alla bandiera italiana.

Non si può liquidare come una goliardata della notte di Halloween tutto ciò, infatti non siamo dimentichi, delle bravate nella notte delle elezioni politiche del 4 marzo, delle barricate innalzate a Goro, delle modalità irregolari nel chiedere documenti a ragazzi migranti, né dei suoi successivi atti di dileggio sui social nei confronti di colei che ad esempio, ha reso pubblici i suoi atti illegali.

Le modalità da sceriffo, non sono bene accette in una Ferrara che non vuole divenire scenario da Far West e che soprattutto non dimentica i tempi bui di quella lunga notte del ’43, ricordata sia nel racconto di Bassani, sia nella trasposizione cinematografica di Florestano Vancini e proiettato all’aperto poco più di un mese fa, in centro città. Un eccidio il cui ricordo è impresso a imperitura memoria su un’iscrizione posta sul muretto del castello, a monito dell’assassinio di undici uomini inermi “caduti per la libertà” ad opera di un gruppo di fascisti.

Come Rifondazione Comunista riteniamo del tutto intollerabili atti di questo genere, soprattutto se messi in atto da uno di coloro che auspicano la guida della nostra città a seguito delle prossime elezioni amministrative, ancor più se esponenti di un partito, il cui leader ricopre la carica di Ministro degli Interni.

Probabilmente il segretario comunale leghista, si rifà alle affermazioni di fine anni novanta, dell’allora segretario Umberto Bossi, infatti lo stesso affermò durante un comizio, che lui con la bandiera italiana ci si sarebbe pulito il deretano…

Evidentemente ad ognuno i propri modelli culturali di riferimento…

“L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.” (Pier Paolo Pasolini)

Bandiera della Lega issata sul pennone di Piazza Trento Trieste: Commento del sindaco Tagliani

Da: Sindaco Tagliani

“Sarebbe davvero umiliante per i Ferraresi tutti accettare l’ennesimo atto di disprezzo gratuito delle istituzioni da parte di Nicola Lodi come una goliardata esuberante da parte di chi, in questi ultimi tempi, ha già dato ampia prova di buffoneria pseudo squadristica.

Il vilipendio alla bandiera italiana che ha visto issarsi sul pennone di piazza Trento Trieste quella leghista – prima del 4 novembre giorno dell’ Unitá Nazionale – è un reato, un’ offesa alla Stato.

Così come è grave impedire ai Carabinieri, con barricate, di accompagnare dove stabilito dal Prefetto nove ragazze di cui una in attesa; girare per le strade di Ferrara chiedendo i documenti ai passanti o girare davanti al Duomo con uno slittino trainato da un’ auto.

La bandiera italiana che il 4 novembre sventola per le forze armate è stata anticipata di notte, come ladri, da un vessillo di partito, un atto vigliacco, ma non sarò io a presentare denuncia. Piuttosto, perché non appaia mera diatriba di parte, valuterà il gesto chi a Ferrara rappresenta la Repubblica, anche se la violazione all’art.292 C.P. è reato che si persegue d’ufficio e la notizia è pubblica.

Quello che la nostra città non tollererà, è un crescendo di prepotenza illegale proprio da parte di chi rappresenta in città la Lega: il partito che ha il proprio leader seduto sulla poltrona di Ministro degli Interni. Stiamo attenti a non scambiare per mero buffone chi minaccia le dipendenti comunali di essere trasferite dopo la sicura prossima vittoria elettorale, piuttosto diciamo a Salvini come ad Alan Fabbri che se copriranno, ancora una volta, lo squadrismo da operetta del loro rappresentante ne trarremo tutti il giudizio su quello che è il loro modello: quello in cui lo Stato è governato dal partito con la sua bandiera non dalla democrazia con il tricolore offeso da Bossi. Il loro silenzio sarà inequivoco.

Noi a Ferrara abbiamo ben memoria di come vanno a finire avventure con questo profilo, se ce ne fossimo dimenticati c’è sempre il muretto del Castello a ricordarlo

“Elezioni provinciali Ferrara, alla Paron maggioranza risicata: il PD travolto dal vento del cambiamento”

Da: Ufficio Stampa Lega Nord Emilia e Romagna

“Quella della Paron è una vittoria risicata che toglie autorevolezza al ruolo di presidente. E’ l’ultimo colpo di coda del renzismo a cui il Pd di Ferrara continua a rimanere ancorato. Il nome della Paron è strettamente legato all’ex presidente del consiglio e questi sono i risultati: su 244 voti validi si è aggiudicata appena 133 preferenze e, nella composizione del consiglio, il centrosinistra risulta in maggioranza solo grazie alla presenza del presidente. Evidentemente sono molti i piddini che hanno deciso di non votarla. Finalmente il vento del cambiamento ha svegliato anche i sindaci e i consiglieri, che da buoni amministratori non votano più per partito preso ma guardano a chi può davvero fare il bene dei loro territori con risposte concrete e buonsenso”.

Alan Fabbri, capogruppo Lega Nord in Regione Emilia Romagna e segretario provinciale Lega Ferrara, commenta così i risultati delle elezioni provinciali che hanno portato Barbara Paron ad essere la nuova presidente della Provincia di Ferrara, una valutazione condivisa anche da Matteo Fornasini capogruppo Forza Italia in consiglio comunale e Mauro Malaguti, consigliere comunale Fratelli d’Italia.

“Il flop della sinistra è evidentissimo. Se confrontiamo i voti che prese la lista del Pd alle scorse provinciali rispetto a quelli che si è aggiudicata oggi c’è una differenza importante”, sottolinea Fornasini “il Pd è calato moltissimo mentre il centrodestra cresce: avevamo due consiglieri uscenti e ce ne aggiudichiamo quattro: di fatto la Paron non ha la rappresentatività per guidare la Provincia”.

Anche per Malaguti “il risultato per il centrodestra è andato oltre le aspettative e il Pd si trova a dover governare con una maggioranza risicata garantita solo grazie alla presenza del presidente”, continua il consigliere “evidentemente o la candidata non era particolarmente gradita o gli elettori sentono aria di cambiamento e immaginando che qualcuno dovrà andare presto a casa… si mettono avanti e a casa ci restano da soli invece che andare a votare”.

I DIALOGHI DELLA VAGINA
A DUE PIAZZE – Coppia: lo scoglio delle aspettative

Puntata di inizio mese con A due piazze, scambio fra Riccarda e l’amico Nickname: tra un uomo e una donna tertium non datur, ma quando è l’aspettativa ad accomodarsi mettendosi in mezzo?

N: Due umani si annusano, si conoscono, si piacciono, una cena romantica, finiscono a letto. Invitano a tavola il piacere. Poi passa il tempo (il tempo ha questa cosa, che passa sempre) e il piacere non è più seduto tra loro. Le aspettative, con il loro culo pesante, hanno spinto il piacere giù dalla sedia. Sono loro il nuovo invitato. Stavolta, un terzo incomodo.

R: Le aspettative, con tutto il loro ingombro, non sono mai invitate. Anzi, la premessa è sempre quella di bandirle, dire stavolta no, non entrano, prendiamo il piacere per quello che è. Ma poi non so come, c’è uno spiffero, una fenditura invisibile nella nostra pretesa di leggerezza che fa insinuare le aspettative che crescono e si autoalimentano allo stesso banchetto da cui il piacere è stato cacciato. Le aspettative arrivano a precederci, anticipano nella nostra testa ciò che vogliamo succederà e che non potrà mai essere così. Mi sembra quasi un moto naturale che si innesca in automatico come se fossimo portati a generare aspettative, come se il piacere non esistesse senza conseguenti immaginazioni. Perché?

N: Gli umani hanno coscienza del loro vivere. È la drammatica consapevolezza di sé il problema. Sono consapevoli del tempo che vola, sanno che qui e ora si consuma qualcosa di passeggero, di effimero. È anche un modo di difendersi dagli assalti della tristezza: tutto passa, anche le emozioni negative. Tuttavia prevale l’impulso al progetto, alla costruzione di una struttura. Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che, presto, tutto questo progettare colora di insoddisfazione la nostra esistenza. Più progettiamo la vita ideale, meno ce la gustiamo. Temo sia un ineluttabile peccato.

R: Ineluttabile, ma ridimensionabile caro Nickname. Ho fatto una prova: quando un’aspettativa subdola, minima e infida, si prepara a strozzare il piacere senza lasciargli il tempo di gustarsi quel che c’è, io mi metto a fare qualcosa, una cosa in particolare: tolgo le foglie secche dalle piante di casa, le faccio respirare, le libero da ciò che non serve e le oscura inutilmente. È un’azione minima che mi pulisce la mente, ridimensiona i balzi in avanti, quelli senza paracadute.

Voi conoscete le aspettative? Fate loro posto oppure cercate di smorzarle al primo sintomo di insoddisfazione?

Scrivete a parliamone.rddv@gmail.com

Disastri naturali campanello d’allarme per un’umanità che non ascolta

Il rumore del torrente che diventa rombo, un’anomala aria calda, pesante, umida che porta l’odore intenso di terra smossa, una pioggia battente che insiste senza tregua. E il livello di quell’acqua che sale, sale rapidamente a vista d’occhio mentre il fluire assume una potenza furiosa e travolge tutto ciò che trova sul suo percorso, precipitando a valle, assumendo sempre più velocità e portata. Erode argini, ruba spazio ai prati e ai campi, si innalza in onde spaventose che qualche passante guarda affascinato come fosse uno spettacolo allestito per quella sera.
Poi cominciano a passare gli alberi divelti con le zolle in cui erano ben piantati e i tronchi che galleggiano seguono la furia dell’acqua sembrando tante navi fantasma su quella superficie liquida che ormai non conosce limiti. E dopo la notte insonne a fissare il livello che non smette di salire, arrivano i conti del day after, come in quei film post apocalittici dove il paesaggio non è più lo stesso e non sarà mai come prima.
La montagna che si vedeva e respirava aprendo le finestre la mattina, appare tristemente spelacchiata dopo lo schianto di moltissime piante, perdendo la sua identità e disorientando chi si riconosceva in essa; frane sulle arterie di comunicazione, allagamenti e crolli di tetti e caseggiati più vetusti, cumuli di detriti depositati sulle strade, cambiano anche l’aspetto urbano. Mentre squadre di operatori e volontari danno il meglio del volto umano, di quella solidarietà e partecipazione fattiva di cui c’è estremo bisogno, instancabili, presenti, rassicuranti. Ma questo non è un film e la realtà supera per certi versi di gran lunga la fantasia. E se non si parla della montagna, è il mare il protagonista di altrettanti cataclismi con maremoti, tsunami e tempeste che invadono e colpiscono coste e litorali lasciando dietro di sé relitti e devastazione.

Alluvioni, terremoti, eruzioni, ondate di calore, drastici cambi climatici: non siamo mai completamente pronti ad affrontare questi eventi perché, come scriveva Seneca, “Nessuna cosa privata e pubblica è stabile: il destino corre veloce e imprevisto per gli uomini e per le città. Proprio mentre tutto è calmo e placido sorge il terrore […]. Quante volte le città dell’Asia, le città dell’Acaia crollarono per un solo tremito della terra? E quanti paesi in Siria e in Macedonia furono inghiottiti dal suolo? […] E non soltanto cadono le opere innalzate dall’ingegno dell’uomo: si disgregano giogaie di montagne, si abbassano intere regioni, si trovano esposte alle onde terre che prima erano lontane anche al cospetto del mare e del fiume […]. Un qualsiasi accidente può togliere te alla patria o la patria a te, può gettarti nella solitudine di un deserto e fare il deserto in un luogo dove ora c’è la folla”.
L’Italia è un Paese fragile, esposto per sua conformazione – e troppo spesso per l’errato intervento umano – a terremoti e disastri idrogeologici e altre situazioni di rischio, per il 77% conseguenza diretta dei cambiamenti climatici, come ci ricordano i dati Unisdr, l’agenzia delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi catastrofe, la quale rileva anche come le catastrofi naturali siano triplicate negli ultimi 30 anni. Nessuno può negare che i segni di rapidi cambiamenti in atto siano ormai evidenti e se teniamo conto delle recenti dichiarazioni dell’Economist, condivise dagli scienziati, le prospettive diventano ancora più catastrofiche. Il Mediterraneo, scrive la prestigiosa testata, scomparirà riducendosi a una pozzanghera d’acqua. Nascerà un solo continente abnorme, l’Eurafrica, una massa di terre emerse. In alternativa al corrugamento della crosta terrestre – e sarà ancora più spaventoso – nascerà una catena montuosa alta come l’Himalaya e le Alpi non saranno che minuscoli contrafforti. Un mondo che emerge dagli studi geologici del movimento delle placche terrestri. Altre ipotesi portano a considerare una frattura asiatica che spaccherà in corrispondenza di India e Pakistan oppure finiremo tutti a Nord, a ricreare un maxicontinente dove ora regnano solo iceberg. Se consideriamo proiezioni possibili riferite all’Italia, Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, lancia un grido d’allarme: il nostro Paese è a rischio desertificazione nell’arco di un secolo, con la Pianura Padana come il Pakistan e la Sicilia deserto africano.

Questo lo scenario, se non applicheremo subito gli impegni dell’accordo di Parigi sul clima. Nel frattempo, le coste del Mediterraneo si stanno avvicinando l’una all’altra di due centimetri all’anno, i cataclismi diventano frequenti, irrompono nella nostra vita quotidiana e richiedono sempre più preparazione nella gestione dell’emergenza. I nuovi obiettivi tassativi del millennio e dello sviluppo sostenibile evidenziati dall’Unisdr devono indurre tutti gli Stati e la comunità internazionale a collaborare a uno sviluppo in funzione dei rischi, affrontando seriamente le tematiche della comprensione dei rischi di disastro, il potenziamento della governance dei rischi stessi, l’investimento per la riduzione del rischio ai fini della resilienza, il miglioramento nella preparazione alle catastrofi, la capacità di dare risposte efficaci e realizzare pratiche di ‘Build Back Better’ nelle fasi di recupero, ripristino e ricostruzione.

CollettivO CineticO: il dialogo fra danza e realtà

Lo dice il loro stesso nome: CollettivO CineticO. Una tribù costantemente mobile, che si ridiscute continuamente, un’esplosione orizzontale di possibilità.
Ecco allora una nuova sfida per il gruppo guidato da Francesca Pennini, Angelo Pedroni e Carmine Parise: lasciarsi contaminare, infettarsi con i linguaggi e le poetiche di altri artisti. Tre dialoghi, uno all’anno a partire da questo 2018, per una fertilizzazione incrociata che non rinneghi le identità di origine, ma ampli le capacità e le possibilità creative ed estetiche. Il primo a essere scelto e ad aver accettato di mettersi alla prova con i corpi allo stesso tempo rigorosi e insubordinati, precisi e imprevedibili, eccentrici e spregiudicati del Collettivo è l’israeliano Sharon Fridman: “Quella di Sharon è stata una scelta mia – racconta Francesca Pennini – Prima di tutto volevo che fosse un autore diverso da noi, con un segno e una poetica diversi e che tecnicamente ci chiedesse di imparare cose nuove, che ci desse stimoli nuovi. Sharon ha parametri tecnici molto chiari e rigorosi: mentre Collettivo Cinetico prende dalla realtà e rielabora, Sharon insegna a chi ha davanti il suo codice e come affronta il movimento. Oppure ancora lui lavora moltissimo su una condizione di grande fragilità del corpo in scena, molto diversa rispetto al nostro lavoro, che ha sempre una dimensione quasi sportiva per trovare una fragilità diversa. Potremmo dire che è il modo opposto di guardare alla stessa cosa”. “L’ho conosciuto nel 2009, abbiamo fatto progetti internazionali insieme, e so che lavora con corpi anche non della sua compagnia – continua Pennini – Mi è sembrata la personalità adatta per iniziare questo percorso con il quale vogliamo diversificare molto: non è nemmeno detto che i prossimi due artisti siano ancora coreografi, anzi vorremmo trovare nomi legati ad arti limitrofe, come la prosa o le arti visive, sempre invitandoli a fare un lavoro sul corpo”. Anche Francesca è fra gli interpreti di questa nuova creazione: “È stato bellissimo ‘cedere lo scettro’, era da quando lavoravo con Sasha Waltz che non mi trovavo in questa condizione ed essere dall’altra parte è stato piacevolmente liberatorio e nutriente. Mi piace potermi mettere nel ruolo solo di interprete. E questa mobilità, secondo me, aiuta le dinamiche interne della compagnia”.

Dialogo Primo: Impatiens Noli Tangere
Dialogo Primo: Impatiens Noli Tangere
Dialogo Primo: Impatiens Noli Tangere
Dialogo Primo: Impatiens Noli Tangere
Dialogo Primo: Impatiens Noli Tangere

Foto di Marco Caselli Nirmal. Clicca sulle immagini per ingrandirle

Il risultato di questa prima contaminazione è ‘Dialogo primo: Impatiens noli tangere’, che ha debuttato a metà ottobre al Teatro la Cavallerizza di Reggio Emilia e del quale alcuni estratti sono stati portati in anteprima al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, mentre sabato 3 novembre sarà in scena qui a Ferrara, nel Teatro Comunale Claudio Abbado che è ormai dal 2007 la casa di questo gruppo di performers.
“Ho proposto io questo titolo a Sharon – spiega Francesca – Lui fa un lavoro principalmente basato sul contatto fisico e la corporeità, ma allo stesso tempo molto spirituale, in senso lato non strettamente religioso, e così mi è venuto in mente il titolo di un libro che avevo letto di Jean Luc Nancy ‘Noli me tangere’. Inoltre, il nome di una pianta che perde tutti i semi quando viene toccata: si chiama Impatiens noli tangere, fa parte di quella famiglia che in italiano è nota anche come ‘begliuomini selvatici’. Mi è sembrata perfetta per descrivere i corpi un po’ selvaggi di Collettivo Cinetico e un rapporto con il contatto preso da un punto di vista anomalo”.
Fridman è conosciuto per i suoi ‘paesaggi umani’ e la potenza espressiva della sua danza e ha trovato nell’esuberanza fisica e intellettuale dei danzatori del CollettivO un terreno fertile: duttile, ma nello stesso tempo capace di contaminarne la tecnica, suggerendo prospettive sempre nuove. In ‘Dialogo primo: Impatiens noli me tangere’ Fridman offre forme coreografiche che sono espressione di paesaggi emotivi e stati di coscienza con cui ogni individuo è chiamato a confrontarsi. Una traiettoria ciclica e un moto perpetuo, fra cadute e riprese; corpi alla costante ricerca di un equilibrio, per quanto precario, in un continuo fluire. A questo proposito Francesca ammette: “Dovremmo chiedere a Sharon. C’è sicuramente una volontà di ciclicità legata al ciclo vitale come paradigma di lettura dell’universo e quindi di perdita, recupero, abbandono. Qualcosa che è legato a una distruzione e ricostruzione costante: fa parte della sua visione poetica”.
Nella stessa serata le tavole del palcoscenico del Teatro Comunale diventeranno anche il ring di ‘How to destroy your dance’ di Francesca Pennini in e Angelo Pedroni: una sfida contro il tempo, un manuale per il boicottaggio di ogni decoro coreografico, un gioco al massacro dove i danzatori diventano wrestlers della relatività e la scena è messa a nudo nella distruzione di ogni artificio formale. Si ritrova quell’intreccio fra toni pulp e gusto ludico che è un po’ la cifra distintiva del Collettivo, che anche in questa piéce struttura un gioco a essere e a mettere alla prova le proprie capacità e resistenza.
Una volontà ironicamente dissacrante di portare alla luce e mettere a nudo i meccanismi di costruzione di uno spettacolo, come bambini che smontano un giocattolo, che permetterà anche agli spettatori, a partire dalle 19.30, di entrare nella sala teatrale assistendo a tutte le fasi di training e riscaldamento e preparazione dei danzatori.

How to destroy your dance ©Benedetta Stefani
How to destroy your dance ©Giulia Di Vitantonio
How to destroy your dance ©Giulia Di Vitantonio

Everything that will be is already there’ di Fridman al Meis e, ancora prima in giugno, ‘How to be exactly on time’ sul Listone sono solo gli ultimi due esempi. Alla tribù dei Cinetici piace portare il teatro – inteso come performance e come momento e spazio condiviso con il pubblico – fuori dal teatro: “Lo trovo molto stimolante dal punto vista creativo – afferma Francesca – per il pensiero che uno spazio richiede per ospitare un lavoro, per rivederlo e ripensarlo, se esiste già in un’altra forma. Anzi quel lavoro può dare nuove risposte perché lo si mette in una nuova condizione e se ne scoprono aspetti che non ci si aspettava. Se poi la performance viene creata ad hoc per uno spazio che non è quello del teatro, a maggior ragione richiede una complessità di ragionamento perché non si è di fronte alla neutralità di un palcoscenico dove si possono compiere molte scelte: questa interazione con la realtà di un luogo che è fatto anche di sue proprie regole e di suoi modi di essere vissuto e abitato, di elementi e simboli, è da una parte uno stimolo e una ricchezza, dall’altra un enigma da risolvere”. “Poi – continua Pennini – c’è un arricchimento anche dal lato performativo: è un’esperienza forte e diversa perché spesso gli spettatori sono più vicini, spesso non sai aspettarti come reagiranno, non sai se succederà quello che hai immaginato, proprio perché ci sono regole, o meglio perché non ce ne sono più, dato che vengono infrante. Quindi ci si trova a interagire con lo spettatore in un modo insolito”. Dal punto di vista dello spettatore, invece, “si aprono nuove dimensioni dello sguardo e del vissuto riguardo i luoghi che le persone sono abituate ad abitare e vivere in un certo modo e che, vivendoli con la performance, rimangono segnati dall’esperienza di ciò che visto e fatto. Uscire dal teatro è quindi lasciare anche segni di esperienze”.

©Camilla Caselli

Come compagnia in residenza stabile al teatro comunale Claudio Abbado di Ferrara, CollettivO CineticO porta avanti sul territorio un lavoro di formazione alla visione e di relazione con il pubblico, basti pensare alle esperienze del progetto ‘Age’ nel 2012 e 2014, fino al prossimo workshop di Francesca del 16 novembre: ‘The day before the day after tomorrow’, un training fisico e in pratiche teatrali e performative per stimolare la consapevolizzazione corporea e la percezione delle dinamiche di visione e azione in uno spazio scenico. La proposta della programmazione coreutica del teatro di tradizione estense è, è il caso di sottolinearlo, qualitativamente molto alta, da diversi anni e specie in questa stagione: Aterballetto è una presenza praticamente fissa in cartellone, come il Junior Balletto di Toscana di Cristina Bozzolini, per non parlare di Dada Masilo, Wayne McGregor, Amedeo Amodio, Angelin Preljocaj, Leonardo Cuello e i suoi tangueros, dei Trocadero, solo per citare alcuni nomi nazionali e internazionali dell’arte coreutica che hanno portato le loro creazioni al Teatro Claudio Abbado, spesso in date uniche in Italia. Quest’anno la stagione è iniziata con Saburo Teshigawara e la MM Contemporary Dance Company, e nel prosieguo arriveranno la Batsheva Dance Company, Mario Martone e la statunitense Parsons Dance Company. Ma allora perché si ha l’impressione che gli spettatori non rispondano a queste proposte? Davvero il pubblico pensa che la danza sia ancora solo una questione di cigni sulle punte o di candide ed eteree silfidi?
Francesca ammette subito che è “un argomento veramente complesso e con tanti versanti diversi. Penso comunque che ci siano responsabilità da condividere tra le istituzioni in generale, le organizzazioni dei teatri e gli artisti. Parto da me stessa, da chi sta sul palco: per un po’ di anni si è completamente ignorato il problema, se non addirittura creato danni, del tipo di rapporto con lo spettatore, che era diventato qualcosa di assolutamente non importante. Questo ha allontanato dalla danza e dal teatro contemporaneo di ricerca che non hanno una lettura così immediata”. “Dall’altro lato sicuramente il tipo di investimento che viene fatto per renderli accessibili e per supportarne l’attività, in altre parole il tipo di valore che viene dato loro, è molto basso. Ecco perché diventano elitari dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista della capacità di fruizione da parte del pubblico. Per quanto riguarda i finanziamenti, la situazione è veramente annichilita, perciò ci si confronta costantemente con compromessi e l’investimento sulla creazione di nuovo pubblico, quando già riuscire a fare il minimo per la programmazione è un’impresa, passa in fondo alla classifica delle priorità, perché è un lavoro a lungo termine che non dà subito i suoi frutti. Si crea così una sorta di circolo vizioso poco lungimirante perché supplire alle necessità di sopravvivenza del momento significa non investire sull’autonomia nel futuro. Purtroppo la differenza con paesi esteri, come il Nord Europa, è devastante – continua Francesca – conseguentemente, anche il tipo di risposta di presenze del pubblico: dipende dagli stimoli culturali trasversali più ampi che vengono dati. Non dovrebbero essere solo gli attori, gli appassionati e gli operatori del settore ad andare a teatro, dovrebbe essere un pubblico principalmente di spettatori reali. Io comunque non sono dell’opinione che Ferrara risponde male perché è Ferrara, mi sembra molto facile come affermazione e ciascuno critica la propria città: penso che a Ferrara ci siano tantissime risorse culturali, purtroppo non fruite come meriterebbero”.

E per mantenere fede al suo nome, il CollettivO CineticO ha già in cantiere (almeno) due nuove creazioni: ‘U’ di Margherita Elliot, che è parte della compagnia, creazione per numero limitato di spettatori in programma dal 16 al 18 novembre in un luogo ancora misterioso e poi “stiamo ragionando sul formato dell’opera lirica ma nello stile di CollettivO CineticO”. “Sta collaborando di nuovo con noi Francesco Antonioni, che ha già creato le musiche di Silphydarium; siamo ancora agli inizi e avrà una gestazione lunga, credo sarà pronta fra fine 2019 e 2020. Dovrebbe chiamarsi ‘Gli uomini chiari’”.