Skip to main content

Giorno: 30 Gennaio 2020

La politica va in scena
Dalle urne rovesciate alla Costituente alla citofonata di Salvini

Il valore metaforico della espressione ‘scena politica’ o ‘scenario politico’ ha perso la funzione retorica per diventare realtà. E’ diventata uno stage teatrale dove spettacoli di varietà, drammi e perfino tragedie si susseguono; uno spazio dove gag, battute, monologhi, sproloqui mescolati a ragionamenti e argomentazioni serie si susseguono per divertire o indignare, conquistare o allontanare il pubblico elettore e non.

Se un tempo il dibattito politico era sorretto dal contraddittorio di opinioni, ottiche e ideologie, dal quale emergeva una sintesi finale con una visione chiara del gioco delle parti, oggi l’azione politica si è trasformata in interventi non sempre coordinati e coerenti anche all’interno di uno stesso partito, una azione tutta volta alla rincorsa e alla conquista immediata di consenso senza esclusione di colpi. Quello che era il nobile tempio della politica, ora è spesso tappezzato di volgarità, assenza di dignità e scorrettezza che lo riducono a un triste simulacro, una campagna elettorale permanente con gran dispiego di effetti speciali per impressionare, rafforzare strumentalmente umori e sentiment del pubblico. E non è fenomeno solo e squisitamente italiano. Le modalità comunicative dei politici sono cambiate ed è profondamente mutato il modo di fare informazione; i social network sono oggi la sede privilegiata che veicola, amplifica, distorce, riporta gli aspetti, gli sviluppi, le conseguenze, le sorti della politica e di chi la pratica e la rappresenta ufficialmente.

Oggi la politica si rispecchia quotidianamente nei volti dei politici, dei giornalisti, dei conduttori, nei tweet, nelle pagine Facebook, Instagram e Youtube. Una politica ombra di se stessa, prigioniera e subordinata alle regole di tutto quanto fa spettacolo? Forse. Comincia già negli anni ’80 l’approccio della politica alla scena spettacolare e inizia a contare il ‘modo’ in cui idee e programmi vengono presentati. Il politico entra e si relaziona nei salotti, accompagnato dalla necessità di ‘bucare il video’ nei talk show, nei faccia a faccia, nelle ospitate delle trasmissioni popolari, nelle interviste televisive che sondano ogni aspetto della vita pubblica come di quella privata.

Ci sono immagini storiche e più recenti della spettacolarità di una politica che sente erroneamente il bisogno di manifestarsi in modo eclatante, perché i toni pacati e ragionevoli sembrano inefficaci. Durante l’Assemblea Costituente, era il 1947, ci fu uno scontro tra il monarchico Guelli e i comunisti Moscatelli e Moranino con insulti e bottoni di giacche sul pavimento. Il Presidente dell’Assemblea  Umberto Terracini si lasciò andare a un contrariato “Santa miseria!” che passò alla storia. Com’è cambiato il linguaggio da allora!

L’anno successivo si verificò in Aula un aspro scambio di insulti tra deputati della DC e del PCI: Gullo apostrofa i colleghi democristiani chiamandoli “beghine”, “suore sepolte vive”, “paralitici” e Tomba risponde “chi vota comunista è pregiudicato”, e “sgualdrina” se si tratta di una donna. Volano schiaffi e urli, Tomba finisce in infermeria e qualcun altro viene medicato in aula. Nel 1953, durante i lavori in Aula per la votazione della legge elettorale proposta da De Gasperi, vengono rovesciate le urne e vola una tavoletta di un seggio con relativo calamaio. Ruini, presidente del Senato, viene trascinato fuori dall’aula a braccia, sbraitando: “La legge è approvata, la seduta è tolta, viva l’Italia!”.

Una nota particolare dal sapore internazionale è legata a uno degli uomini più potenti del mondo durante la Guerra Fredda: Nikita Krusciov. Nel 1960, durante un dibattito all’ONU riguardante le accuse dell’America alla “cortina di ferro” sovietica, il segretario del Partito comunista Krusciov si piegò, si tolse la scarpa e la batté prepotentemente sul banco, gridando le sue ragioni e ribadendo, all’allibita platea, la superiorità dell’Urss.

Dell’Italia politica del 1979 rimane l’eco di quel “cocca mia” che il deputato comunista Trombadori rivolse alla radicale Emma Bonino, che scatenò la furia delle femministe dell’epoca. E’ proprio agli stessi anni appartiene un altro episodio: un famoso politico telefonò a Portobello nel corso della trasmissione, interagendo con una signora di 81 anni che parlava di anziani, esordendo così: “Sono l’onorevole Bettino Craxi, il segretario del partito socialista…”. Un colpo a  sorpresa che segna l’avvio di un nuovo modo di far politica, una forma di politica inedita. Una politica che esce dalle aule ufficiali e si manifesta in altre sedi. E ancora,  un altro esempio di visibilità spettacolare: la nascita nel 1987 del Partito dell’Amore, promosso dalle attrici pornografiche Cicciolina-Ilona Staller e Moana Pozzi, che si definiva cristiano-dionisiaco, accompagnato da un fumus scandalistico che mirava al voto di protesta con manifestazioni eclatanti.  Scomparve nel 1994, tra beghe e lotte intestine, vittima del cosiddetto “sbarramento al 4%”, che impediva alle piccole formazioni di entrare in parlamento.

Anche gli anni ’90 va in scena la politica spettacolo: nel 1993, in piena Tangentopoli, P2 e servizi segreti deviati, il leghista Luca Leoni Orsenigo mostra in Aula un grosso cappio e i deputati missini esibiscono le manette. Urla e spintoni fanno da contorno. Qualche anno più tardi, nel 1998, l’Aula si trasforma in Bar Sport dopo la partita Inter-Juve per lo scudetto: interventi infuocati, discussioni, interrogazioni parlamentari. Lascio il resto alla immaginazione dei lettori.

Siamo nel 2007, l’anno del celebre V-Day (abbreviazione di vaffanculo-Day), l’ iniziativa promossa dal comico Beppe Grillo  in diverse città italiane e anche all’estero: si raccoglievano firme per la presentazione della legge di iniziativa popolare sulla candidabilità ed eleggibilità dei parlamentari. Si avanzò all’epoca il sospetto – seguito da smentita – che l’operazione costituisse l’avvio di una campagna elettorale per la candidatura di Grillo alle Europee 2009.

Nomi dalla fantasia sconfinata, azioni senza ritegno e risparmio, un’escalation che prende sempre più vigore man mano che i tempi cambiano. Show must go on. Siamo arrivati ai citofoni, allo squillo dei campanelli sotto il sorriso compiaciuto e piacione di qualche giornalista che segue l’operazione “Lei spaccia?”.ve  Ma questa è un’altra storia, la storia di oggi.

Sabato 1/2 è di scena Broken Shadows, quartetto stellare formato da Tim Berne, Chris Speed, Reid Anderson e Dave King

Da: Jazz Club Ferrara.

Il Jazz Club Ferrara apre il mese di febbraio – sabato 1 – con Broken Shadows, stellare quartetto americano composto dai sassofonisti Tim Berne e Chris Speed, dal contrabbassista Reid Anderson e da Dave King alla batteria, nato per omaggiare artisti quali Ornette Coleman, Julius Hemphill, Dewey Redman e Charlie Haden.

Il Jazz Club Ferrara apre il mese di febbraio – sabato 1 inizio ore 21.30 – con Broken Shadows, geniale quartetto americano di spiriti affini che comunicano amori condivisi e idee, irradiando non solo omaggi ma aspirazioni per far sì che musica con radici profonde raggiunga il nostro presente.
I sassofonisti e leader Tim Berne e Chris Speed, protagonisti da oltre trent’anni della scena downtown di New York, hanno scelto di unirsi al contrabbassista Reid Anderson e al batterista Dave King, ovvero i 2/3 dei Bad Plus, per reinterpretare i suoni senza tempo evocati dai grandi uomini del sud rurale e del cuore del paese: Ornette Coleman, Julius Hemphill, Dewey Redman e Charlie Haden. Figure iconiche che hanno creato le basi dell’avanguardia jazzistica utilizzando un canone che comprende l’hard blues, il lamento profondo e la protest song peculiare di quel suono. Una ricerca nelle radici americane più profonde della storia del jazz.
Tim Berne è senza alcun dubbio da includere nell’alveo degli artisti e compositori più lungimiranti ed impavidi del panorama jazzistico contemporaneo. L’approdo nella Grande Mela del 1974, insieme alle lezioni impartite da mentori del calibro di Antony Braxton e Julius Hemphill, costituisce la chiave di volta che conduce Berne ad intraprendere la carriera di musicista. Da sempre avulso alle luci della ribalta e al business tout court, Berne fonda sin dai primi anni ’80 una propria etichetta, la Empire Label, con cui pubblica ben quattro dischi in solo che non tardano a ricevere prestigiosi riconoscimenti. Succedono, di lì a poco, la formazione di un proprio quartetto e la proficua collaborazione con il chitarrista Bill Frisell. Ma è con l’uscita di Fractured Fairy Tales (JMT Records, 1989), definito dal New York Times come un autentico capolavoro, che la carriera di Berne subisce un’impennata sancita ulteriormente da composizioni richieste, tra gli altri, dal Kronos Quartet. Risale al 1996 il varo di un’altra etichetta, la Screwgun Records, che vanta un ampio catalogo di musica composta dallo stesso Berne e dai suoi fedeli collaboratori. Il 2013, invece, segna il debutto del sassofonista alla ECM Records con Shadow Man.
Nato nel 1967 e cresciuto a Seattle, Chris Speed si trasferisce a Boston alla fine degli anni Ottanta per studiare al New England Conservatory. Da lì, nel 1992, sbarca a New York, dove si trova presto al centro di una scena musicale allora pionieristica ma che presto sarebbe passata alla storia come l’evoluzione postmoderna del jazz. Notevole è la sua partecipazione ai gruppi di Tim Berne (i leggendari Bloodcount), Dave Douglas, John Zorn, Erik Friedlander, Myra Melford.
Oltre a lanciarsi nella carriera solistica, Speed ha preso parte a numerose formazioni paritetiche di grande spessore: Pachora (con, tra gli altri, Jim Black), Human Feel (con Black e Kurt Rosenwinkel), The Clarinets (con Oscar Noriega), yeah NO (con Black e Cuong Vu), Trio Iffy (con Ben Perowsky e Jamie Saft), Endangered Blood (con Black, Noriega e Trevor Dunn). Se a queste band aggiungiamo la sua presenza nel Claudia Quintet di John Hollenbeck, negli AlasNoAxis di Jim Black e in alcune recenti formazioni di Uri Caine, Speed emerge definitivamente come una delle voci più rappresentative della scena avant newyorkese.

Prenotazioni alberghiere a Ferrara…gli effetti dovuti alla situazione in Cina.

Da: ASCOM Ferrara.

“E’ necessaria considerare con attenzione – dichiara il presidente provinciale di Federalberghi Ferrara, Zeno Govoni – quanto sta accadendo in Cina per effetto del Coronavirus e quali conseguenze – nei prossimi mesi – potrebbe avere in Italia ed anche qui a Ferrara sulle prenotazioni alberghiere. Sia chiaro dobbiamo evitare l’inutile allarmismo ma considerare che i primi segnali di contrazione nelle prenotazioni stanno già arrivando in quelle strutture ricettive ferraresi che si occupano in particolare di seguire quel mercato a seguito delle cancellazioni e disdette di singoli o di gruppi provenienti dalla Cina. Sono arrivate anche disdette da gruppi business che dovevano fare un meeting qui a Ferrara per il settore chimico. Le soluzioni immediate che si possono mettere in campo – chiarisce il presidente Govoni – sono quelle atte ad arginare le perdite di presenze del mercato cinese puntando in primissima battuta ad aumentare il mercato italiano. Attivando campagne sui social, sulla stampa per dare ancor più risalto e informando ancora di più sui prossimi eventi in programma a Ferrara. Nulla deve essere sottovalutato come propulsore di stimoli per venire a visitare Ferrara ed il suo territorio”
Due delle più grandi agenzie di prenotazioni on line come Booking.com e Trip.com (l’equivalente di Booking.com per il mercato cinese) – hanno già inviato ai partner europei, intesi come strutture ricettive, una informativa in merito a questa epidemia: hanno chiesto collaborazione avvisando che è stata attivata la procedura relativa alle “cause di forza maggiore” sulle prenotazioni fino all’8 febbraio. Una data che probabilmente verrà prorogata. “Chiediamo pertanto all’Amministrazione comunale di attivare in via preventiva un monitoraggio attento e puntuale sulle conseguenze economiche e su quali eventuali contraccolpi potrebbero crearsi sulle presenze turistiche” conclude il presidente provinciale di Federalberghi.

Fabio Bergamini: “Allarme del settore rimasto inascoltato per mesi, ma per Bonaccini il grido di allarme degli agricoltori è solo l’occasione di un comizio!”

Da: Fabio Bergamini.

«La campagna elettorale è finita, ma per Stefano Bonaccini ogni occasione è buona per fare un comizio e fingere di preoccuparsi del settore». Non risparmia critiche al neo-eletto presidente della Regione, il consigliere della Lega Fabio Bergamini. Dalla piazza ferrarese, che ha radunato la protesta di agricoltori e associazioni di categoria, si è alzato un grido di protesta forte, «ma mentre le Istituzioni sono state assenti e silenti per lungo tempo, si è voluta utilizzare quella stessa piazza per inscenare la solita comparsata di Bonaccini». Nel merito: «Il danno economico globale, per un settore nostrano che vale il 70% della produzione nazionale della pera, è stato di oltre 267 milioni di euro. Lo scorso anno è stato caratterizzato dal terribile incrocio di maltempo, cimice asiatica e maculatura bruna, ma gli amici di Bonaccini a Roma perdono tempo in inutili chiacchiere senza costrutto: il Ministro all’ambiente Costa non ha ancora diffuso le linee guida per l’inserimento sul territorio degli antagonisti naturali, che servono a contrastare la cimice asiatica. Per la quale ci vorranno anni, prima di vedere i primi effetti. Sui ristori promessi alle aziende del settore – rincara la dose Bergamini – attendiamo il promesso decreto per sbloccare i fondi e anche le misure di cui si è parlato per la sospensione dei mutui alle aziende colpite. La Regione ha messo qualche pezza, in maniera confusa, ma non mi pare che la campagna elettorale di Bonaccini sia stata incentrata sulla difesa delle nostre eccellenze agricole, mentre noi – al contrario – abbiamo incontrato quotidianamente associazioni ed agricoltori. I produttori chiedono alla Regione misure concrete di snellimento della burocrazia, per esempio, ma il presidente dell’Emilia-Romagna è venuto in piazza unicamente per mettersi in mostra, con l’ennesimo comizio fuori luogo».

Commemorazione vittime del bombardamento del campanile

Da: Comune di Copparo.

Solenne commemorazione dei caduti a causa del bombardamento del campanile, in occasione del 75° anniversario del bombardamento avvenuto il 30 gennaio 1945. Al termine della funzione religiosa officiata da don Daniele Panzeri, con brani musicali sacri eseguiti dalla soprano Carla Cenacchi con Vincenzo Sangiorgi all’organo, il sindaco Fabrizio Pagnoni ha pronunciato un breve saluto ai parenti delle 93 vittime e a chi è sopravvissuto al bombardamento. Il sindaco si è rivolto infine ai numerosi studenti presenti in chiesa, sottolineando l’importanza di “Non Dimenticare”, perché simili avvenimenti luttuosi non avvengano più. Ricordando questi momenti dolorosi si rafforza il nostro sentimento di Pace e di Comunità.
Un breve cenno di quanto accaduto quel 30 gennaio 1945 è stato descritto dal responsabile del Museo della Seconda Guerra Mondiale del fiume Po, Simone Guidorzi e da Luca Milan di Aerei Perduti Polesine, associazione che ha ricostruito i fatti di quel giorno basandosi su documenti dell’epoca, quando due squadriglie di bombardieri leggeri della RAF, decollati dall’aeroporto di Cesenatico, bombardarono Copparo, con l’obiettivo di colpire la stazione ferroviaria e la fabbrica Berco, che in quel periodo si trovava a poche centinaia di metri dal campanile.
Al Sacrario dei caduti, posto alla base del campanile, il sindaco ha deposto una corona di alloro mentre veniva eseguito da Piergiorgio Vanzini il “silenzio fuori ordinanza”.

2 Febbraio: riapre la casa Beethoven al Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara.

Da: Ferrara Musica.

Nuovo appuntamento con Casa Beethoven domenica 2 febbraio alle 11 al Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara. La rassegna promossa da Orchestra Città di Ferrara e da Associazione Bal’danza per la stagione di Ferrara Musica 2019/2020 metterà in scena i due Quintetti per pianoforte e fiati di Spohr e Beethoven. Due capolavori assoluti della musica cameristica tra Sette e Ottocento, comunicativi e immediati, da sempre di grande soddisfazione per l’ascoltatore. Spohr è una figura di transizione fra Classicismo e Romanticismo, noto soprattutto per i suoi Concerti per violino e popolarissimo all’epoca. Il Quintetto op. 16 di Beethoven, scritto in esplicito omaggio a quello di Mozart, è un’opera giovanile tutta da gustare, soprattutto per l’eleganza dell’Andante e per il carattere di danza rustica del Finale. Protagonisti del concerto saranno il pianista Denis Zardi assieme a Nicola Guidetti (flauto), Giovanni Polo (clarinetto), Vittorio Ordonselli (fagotto) e Massimo Mondaini (corno). “Casa Beethoven” proseguirà domenica 16 febbraio con i Solisti OCF impegnati nel Nonetto di Lachner, altro magnifico caposaldo del repertorio di inizio Ottocento, ingiustamente considerato “minore” come il Quintetto di Spohr.

Attività produttive. Saeco, “La Regione si attiverà immediatamente con i lavoratori e la proprietà, che deve dare garanzie su continuità aziendale e occupazionale”

Da: Regione Emilia Romagna.

L’assessore regionale Palma Costi interviene sulle notizie di una possibile vendita che coinvolgerebbe lo stabilimento di Gaggio Montano, sull’Appennino bolognese

“La Regione si attiverà immediatamente incontrando sia i rappresentanti dei lavoratori sia per conoscere le intenzioni direttamente dalla proprietà”. Così l’assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi, nel merito della possibile vendita dello stabilimento Saeco di Gaggio Montano, nel bolognese, trapelata ieri.

“La vicenda Saeco- dice l’assessore- evoca una difficile trattativa che negli anni scorsi ha segnato un pezzo della storia produttiva e occupazionale dell’Appennino bolognese, i sacrifici fatti dai lavoratori e le azioni intraprese dalle istituzioni, come il fondo regionale per la formazione destinato ai lavoratori in esubero e il patto territoriale per facilitarne la ricollocazione, per mantenere in quell’area una realtà produttiva radicata”.
“Anche per queste ragioni- dichiara Palma Costi- mi sarei aspettata una comunicazione da parte dalla proprietà, in modo da poter conoscere le modalità con le quali intendono agire e quali garanzie offrono per tranquillizzare i lavoratori e il territorio, in merito alla continuità aziendale e occupazionale”.

“Una operazione di vendita- conclude- non deve necessariamente innescare preoccupazioni, ma da parte nostra ci sarà la massima attenzione e la richiesta assoluta della garanzia occupazionale, per un territorio che ha già subito un ridimensionamento dei posti di lavoro”.

AVIS e Istituto Montalcini uniti in una sinergia solidaristica e altruistica che si dimostra vincente

Da: Istituto Montalcini.

In questi giorni molte sono le classi dell’Istituto Montalcini che si sono recate presso le sedi AVIS di Argenta e Portomaggiore per verificare, mediante esami del sangue, se possono diventare o meno donatori.

Questa mattina è stato il turno della classi quinte A dell’Ipsia indirizzo sociosanitario e manutenzione assistenza tecnica del Montalcini di Argenta, che dopo aver assistito ad una lezione teorica da parte dei medici e dei volontari Avis in cui si é parlato di prevenzione, di sani stili di vita, di controlli medici a cui il donatore viene sottoposto mediante, esami ematici e vaccinazioni gratuite hanno deciso di diventare donatori.

Lo studente-donatore contribuisce alla società direttamente facendo risparmiare il Servizio Sanitario Nazionale e diffondendo i valori di universalità e solidarietà sanciti anche nel nostro dettato Costituzionale.

Molti alunni colpiti dagli aspetti positivi della donazione hanno maturato la decisione di voler diventare loro stessi donatori ed hanno iniziato il percorso che li condurrà a questo gesto esemplare.

Una lodevole e meritevole iniziativa, che apre le porte ad un percorso di solidarietá, di cittadinanza attiva e partecipativa di cui gli studenti sentono fortemente l’esigenza.

Ferrara Film Corto: secondo appuntamento.

Da: Ferrara Film Commission.

31 gennaio 2020, si conclude la proiezione dei cortometraggi in Concorso al Ferrara Film Corto 2020, che si svolge presso la Sala Estense (Piazza del Municipio 2, Ferrara).
Nel pomeriggio, dalle ore 16.00, ne sono in programma quattro:
– “L’eterna lotta” di Andrea Montuschi (13’): un moderno Adamo vuole rilassarsi e appi-solarsi in un piccolo angolo di paradiso, ma la natura è in agguato…
– “Terra nostra, ho fatto un sogno” di Maurizio Antonelli (20’): un docufilm di riflessione naturalistica supportato da speciali riprese girate in Alto Polesine e mantovano, in Valle d’Aosta, nella laguna di Grado e con un servizio subacqueo all’isola del Giglio.
– “Last memories” di Dino Marsan (7’): uno dei pochi superstiti trova un tablet che trasmette un filmato della natura prima del disastro ecologico.
– “Apocalypse” di Andrea Cecconati (20’): il mondo finirà tra 12 minuti. Una coppia di giovani amanti deve decidere come passare il tempo restante.
Al termine delle proiezioni, si terrà un Incontro con gli autori presenti condotto da Cesare Bastelli (Regista e Direttore della fotografia di alcuni film di Pupi Avati) e Giorgio Ricci (Filmmaker Nazionale FEDIC – Federazione Italiana dei Cineclub).
In programma, a seguire, quattro opere Fuori concorso realizzate nell’ambito del corso “Cinema d’impresa” da alcuni allievi dell’Università IULM di Milano, che da quest’anno collabora fattivamente con Ferrara Film Commission.
Ecco i titoli dei cortometraggi che saranno presentati dal docente Mauro Conciatori:
• “This is us” di Mauro Conciatori (4’):
• “Chiara disegna” di Alice Isamìbela Vercesi, Chiara Niclini, Laura Piazzotta, Nicole Toffolet (2’)
• “Storia di Rio” di Gregorio Mattiocco (6’)
• “Ultimo sguardo” di Zoe Benatti, Lisbeth Carpio, Eleonora Pizzamiglio, Elena Tonon (2’)
Le proiezioni riprenderanno alle 21.00 con altri quattro cortometraggi in Concorso:
– “99.9%” di Achille Marciano (15′): il rispetto dell’ambiente è per Andrea la missione quotidiana, turbata dall’arrivo del vicino Pasquale, che non si preoccupa dell’ambiente.
– “Autopsis” di Lisa Capitani (5′): un viaggio nella mente della protagonista, un mondo onirico, inquietante e solitario.
– “Una bella giornata” di Gian Paolo Mai (8′): un cortometraggio che vuole sottolineare in modo ironico e provocatorio l’effetto del cambiamento climatico.

– “Announced tragedy” di Fulvio Arrichiello (10′): Una donna entra in un ufficio piccolo e poco illuminato. Un uomo la sta aspettando e inizia a porle alcune domande. La donna scoprirà un’amara verità.
Seguirà un Incontro con gli autori presenti condotto da Cesare Bastelli e Giorgio Ricci.
Alle 22.30 circa saranno proiettati sei cortometraggi Fuori concorso introdotti da Gaetano Capizzi, Direttore del Festival CinemAmbiente di Torino, con il quale la Ferrara Film Commission ha allacciato una nuova collaborazione.
Queste le opere che saranno proiettate:
• “Dulce” di Guille Isa e Angelo Faccini (Colombia, 2018, 11’): in un isolato villaggio della costa colombiana, una madre insegna alla figlia a nuotare in un mare che, per via dell’innalzamento dovuto al cambiamento climatico, è diventato una minaccia per gli abitanti.
• “The sky underwater” di Maria Gallini Dyrvik (Norvegia, 2018, 10’20”): nel 2050 la città di Bergen è sommersa dall’acqua e protetta da una cupola di vetro. Un gruppo di bambini decide di salire in superficie per vedere per la prima volta la Luna…
• “Two °C” di Maxime Contour (2017, 4’): una New York sommersa dall’acqua, disastrosa conseguenza del riscaldamento globale.
• “Plantae” di Guilherm Gehr (2017, 11’): una reazione inaspettata a seguito dell’abbattimento di un albero da parte di un boscaiolo nella foresta amazzonica; una riflessione sulle conseguenze della deforestazione.
• “Oil slick” di Don Millar (2017, 6’): un’indagine sulla società petrolifera Exxon e sulle campagne mediatiche che hanno insabbiato fondamentali ricerche sul devastante impatto climatico causato dall’azienda stessa.
• “Laatash” di Elena Molina (Spagna, 2018, 14’): le donne Saharawi affrontano quotidianamente la siccità del deserto garantendo la distribuzione dell’acqua secondo le necessità di ogni famiglia della tribù.

Il Presidente Franco Dalle Vacche sul progetto che coinvolge Poggio Renatico e Terre del Reno.

Da: Consorzio di Bonifica Pianura Padana di Ferrara.

“Dopo anni di lavoro e di attesa, finalmente possiamo annunciare il finanziamento del sistema irriguo Ciarle ed il conseguente prossimo inizio dei lavori”. A dare la notizia è Franco Dalle Vacche, il presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara che si era particolarmente impegnato per questo importante progetto atteso fin dal lontano 1983.

“Per riuscire a completare quest’opera per i territori di Terre del Reno e Poggio Renatico, abbiamo candidato un progetto di oltre 9 milioni di euro, nel bando per l’assegnazione dei fondi finalizzati alla realizzazione di progetti irrigui nell’ambito del Piano per lo Sviluppo Rurale Nazionale – spiega Dalle Vacche – era entrato in graduatoria tra i progetti ammessi, ma i fondi si erano esauriti. Ora, durante un recente incontro a Roma, il Ministero dell’Agricoltura ci ha preannunciato che con un imminente decreto dello stesso dicastero verrà formalmente assegnata un ulteriore disponibilità di fondi. Entro l’anno contiamo dunque di procedere con gli espropri ed avviare la gara d’appalto per aprire i cantieri presumibilmente nel 2021”.

Il progetto prevede di completare il Condotto Distributore Sud e impianto di sollevamento, con le opere necessarie per consentire l’irrigazione in una zona del comprensorio consorziale di 5.586 ettari, luogo dove peraltro vi sono importanti coltivazioni di Pera Abate del Consorzio Interregionale Opera. Sarà dunque completato e adeguato l’impianto di derivazione e sollevamento della dotazione disponibile dal Canale Emiliano Romagnolo (Cer), in destra Reno e sito in corrispondenza del ponte di via Ciarle a Sant’Agostino poi si proseguirà verso Poggio Renatico, con tratti a cielo aperto e tubati. E’ anche previsto l’inserimento di un terzo gruppo di pompaggio per l’impianto di sollevamento e l’ampliamento della vasca di scarico, la costruzione del Condotto Distributore Sud comporterà anche la realizzazione di alcuni attraversamenti speciali di strade e ferrovie, un canale per l’alimentazione dello Scolo Canali e il ripristino del rivestimento di un breve tratto del Condotto Distributore Nord a San Carlo. Infine, vi sarà la gestione automatica, tramite paratoie regolate che manterranno i livelli delle acque costanti e il deflusso minimo, consentendo anche il mantenimento delle falde per la durata della stagione estiva.

“Con questo intervento vi sarà un deciso miglioramento del sistema di distribuzione con incrementi nel risparmio di volumi di acqua a fini irrigui – spiega Mauro Monti, direttore generale – Oggi per approvvigionare d’acqua le aziende agricole, è necessario mantenere livelli idrici molto elevati, obbligando lo svaso dell’intero sistema al prospettarsi di una potenziale emergenza idraulica, con conseguente forte perdita di risorsa. Inoltre, la rete sarà alimentata da acqua di qualità meno esposta da contaminazioni perché esente da scarichi di qualunque tipo e questo al fine di garantire la salubrità delle colture irrigate. Con l’impermeabilizzazione di un tratto, infine, si riducono le perdite idriche provocate dalla stessa natura delle attuali infrastrutture con sponde in terra permeabili”. Sarà in seguito attivato dal Consorzio, un servizio di assistenza e formazione specifico per migliorare le tecniche irrigue delle aziende agricole presenti nell’area.

Multimedialità e azienda: come il digitale ha cambiato i sistemi di commercializzazione

Da: IIS Montalcini.

In un contesto sociale indiscutibilmente contrassegnato dalla crisi economica che investe, in particolar modo, la piccola e media impresa , il settore aziendale viene a trovarsi inserito all’interno di una dimensione sempre più competitiva, dove sono le modalità di promozione dei propri prodotti a fare la differenza.

L’utilizzo del digitale per individuare insolite forme di promozione pubblicitaria sempre più sorprendenti ed accattivanti è stata la tematica di fondo al centro dell’incontro , svoltosi presso l’Aula Multimediale dell’Istituto Tecnico “Montalcini”, a cui ha partecipato la classe 4° dell’Indirizzo Economico.

Relatrice del dibattito, un’esperta del centro di formazione Demetra che ha saputo coinvolgere gli studenti attraverso divertenti attività di tipo laboratoriale a piccoli gruppi.

All’interno dei singoli gruppi di lavoro, i giovani studenti sono stati invitati a progettare un’azienda start up e ad individuare le forme di promozione dei loro prodotti che ritenevano più intriganti per la diffusione sul mercato

Gli studenti hanno così creato ” virtualmente”un’azienda, le hanno dato un nome , attribuito un logo, ricercato le modalità più consone alla pubblicizzazione del prodotto.

L’attività, inserita nell’Offerta Post-diploma che l’Istituto ” Montalcini” propone agli studenti ormai vicini al traguardo finale, si è posta come finalità principe quella di indirizzare i ragazzi verso le nuove frontiere della commercializzazione di prodotti o servizi.

In seconda istanza, ha contribuito a far comprendere ai giovanissimi diplomandi come all’interno dell’odierno panorama lavorativo , oltre alle competenze di carattere meramente tecnico sicuramente necessarie, contano soprattutto la fantasia, la creatività , la voglia di mettersi in gioco attraverso l’utilizzo della digitalizzazione quale strumento per dare forma alle proprie idee.

Quando citofonare è di sinistra…

Da: Mauro Marchetti.

Matteo Salvini è stato messo in croce per l’ormai celebre “citofonata” al quartiere Pilastro di Bologna. Penso che abbia sbagliato, ma ricordo altri episodi in cui la censura dell'”intelligentsia” non scattò affatto.

A Ferrara, durante una manifestazione per la pace, i dimostranti si recarono fin sotto le case delle famiglie dei militari dell’Aeronautica, vicino all’aeroporto.

A Bologna fu preso di mira il giudice Catalanotti (indicato sui muri come “Katalanotti”) che indagava sugli estremisti di sinistra dopo i fatti del marzo 1977, a Bologna. Vi fu un corteo che si recò presso la sua abitazione privata e molti manifestanti citofonarono e suonarono il suo campanello, sostando a lungo davanti al condominio in cui abitava.

Non ricordo,al riguardo,parole di condanna per i manifestanti o di solidarietà per Bruno “Katalanotti”. La sua privacy, evidentemente,non interessava a nessuno.

E uno studente ritenuto di destra (in realtà era un liberale) si trovò sul muro di casa la scritta “Qui abita un fascista”.

Infine un ricordo personale. Quartiere Arianuova, anno 1960. In un modesto condominio di periferia si presentarono due militanti dell’ U.D.I. (Unione Donne Italiane), associazione che raggruppava le donne comuniste.

Le due “udine d’assalto” (per usare una definizione di Giovanni Guareschi) suonarono a tutti i campanelli e chiesero alle donne che avevano aperto di sottoscrivere un abbonamento a “Noi Donne” (periodico dell’U.D.I.). Una di esse teneva in mano una copia del periodico mentre l’altra reggeva una specie di quaderno dove segnava, con fare vagamente intimidatorio, i nomi e i cognomi di chi si abbonava (nella colonna delle “buone”) e soprattutto, con gesto vistoso,i nomi e i cognomi delle “cattive” (come mia madre, elettrice democristiana) che non si abbonavano. In tal modo si realizzava una mappatura del territorio, con schedatura di chi la pensava diversamente.

Va bene stigmatizzare il gesto di Salvini ma,in conclusione, sarebbe il caso di ricordarsi anche di gesti similari compiuti da chi aveva scelto di militare a sinistra. Usare due pesi e due misure, come sempre, non fa bene nè alla verità nè alla democrazia.

Frequenze Vagabonde racconta Cabernardi

Dopo la prima esperienza con “Vajont, un viaggio intorno alla diga” prosegue il progetto Frequenze Vagabonde, ideato e realizzato da Dario Nardi, Mattia Antico e Pietro Perelli, e edito da Web Radio Giardino. Nella seconda puntata (“Ferrara – Cabernardi, tra miniera e migrazioni”) in uscita domenica 2 febbraio alle ore 11 si racconta di un viaggio a Cabernardi, il paese di 240 anime in provincia di Ancona da cui proviene gran parte della comunità marchigiana di Pontelagoscuro.

Da: Web Radio Giardino.

Frequenze Vagabonde è il racconto radiofonico di un viaggio intorno e dentro una storia. Non ha la pretesa di erigersi a inchiesta ma vuole cercare entrare in contatto con i protagonisti e vivere i luoghi che racconta.

“Alla nostra maniera – dicono gli ideatori –, un po’ seri un po’ scanzonati, partiamo per questo secondo viaggio; vogliamo raccontare la storia di questo paese, di una miniera e dei suoi operai, ma anche dei sepolti vivi, coloro che scioperarono contro la chiusura e furono licenziati”.

Negli anni ‘50 la miniera di zolfo della Montecatini, fonte di lavoro imprescindibile per Cabernardi, viene chiusa e molti degli operai sono costretti a emigrare per poter continuare a lavorare. Alcuni vanno in Sicilia, alcuni a Roma, altri in Belgio, ma la maggior parte viene a Ferrara per trovare lavoro in quello che oggi è il petrolchimico. Nonostante la distanza che separa Pontelagoscuro e Cabernardi i legami sono rimasti molto forti e le nuove generazioni mantengono amicizie fraterne.

“Cabenardi – dice un estratto del podcast – non è una storia che finisce, non può avere una conclusione perché ha ancora vita. Resta in una memoria collettiva di poco più di 200 anime. Resta in un paese intero reso museo. Resta in vita nelle terze generazioni figlie di altre città che sentono comunque scorrere nel loro sangue il perfetto accento marchigiano. Nelle quarte generazioni che nascono con questi continui ritorni e abbandoni. Cabernardi ha vissuto un isolamento, la scoperta di una miniera, la sua puzza, l’arido, la guerra che non cita i piccoli paesini nei suoi libri di storia ma che rastrella, bombarda e crea miseria. Cabernardi vive nella migrazione di una miniera chiusa, nelle morti sul lavoro. Cabernardi è paesello, paesello di tante province”.

A questo link potete riascoltare il primo podcast mentre da domenica alle 11 sarà disponibile anche il secondo, “Ferrara – Cabernardi, tra miniera e migrazioni”.
https://www.webradiogiardino.com/frequenze-vagabonde

Occhi a cui non puoi sfuggire.
Perchè la giornata della memoria continua a interrogarmi

Non so se succede a tutti, ma ogni volta che arriva il 27 gennaio, giornata internazionale della memoria, provo una resistenza interiore forte. Guardare gli orrori accaduti soli 80 anni fa, perpetrati e voluti con una logica agghiacciante e premeditata, fa così male, fa così paura che viene voglia di sfuggire al ricordo, anche se è solo un ricordo che arriva tramite il racconto di altri.

Dunque mi interrogo: se io, che non ho parenti ebrei o comunque finiti nei campi di concentramento, provo una resistenza così forte a guardare quell’orrore inimmaginabile persino nei più terribili incubi, chissà quale resistenza deve aver accompagnato i sopravvissuti? Chissà il combattimento interiore che ha vissuto chi quell’orrore l’ha vissuto e ne è stato testimone. Chissà quanto avrà vacillato: da una parte il desiderio profondo, l’istintivo di rimuovere e cancellare, dall’altra il senso del dovere di urlare che l’indifferenza uccide quasi più della logica aberrante dello sterminio. Molti testimoni del lagher parlano del silenzio che ha sigillato, nel profondo di se stessi, quel pezzo della loro vita. L a stessa Liliana Segre con coraggio ha raccontato di un silenzio durato 40 anni e della rivelazione che fu per lei la lettura di “Se questo è un uomo“ di Primo Levi.

La battaglia, dunque, di chi ha voluto che non si seppellissero queste storie, di chi ha filmato, di chi ha raccontato e continua a battersi perché questi racconti circolino, vengano proiettati alla televisione e nelle scuole, diventino film (quante storie ci sono ancora da raccontare!) è una battaglia del coraggio che coinvolge tutti noi.
Parlare di sterminio attraverso i numeri non restituisce, non può restituire la realtà di quanto è avvenuto. È necessario vedere gli occhi di quei bambini, di quelle madri, di quei giovani e di quelle giovani, di quei padri, occhi, occhi e occhi. Occhi smarriti che quando ti fissano, ti terrorizzano perché ci vedi i tuoi stessi occhi.

Non so se succede a tutti, ma io mi sento quel bambino o quella bambina strappata alla mamma per pura ferocia, mi sento quella madre a cui strappano un figlio appena nato e lo affogano davanti ai suoi occhi, e l’urlo di disperazione mi muore ancora prima di giungere alla bocca, mi entra nelle viscere e me le attorciglia. Mi sento anche quei soldati guardiani, i loro occhi raramente sono inquadrati, eppure non oso guardarli, ho paura di vederci i miei occhi, vigliacchi. Avrei mai avuto il coraggio di ribellarmi agli ordini dei superiori?

Gli occhi che guardano dietro il filo spinato hanno fornito le parole a chi poi ha scritto e raccontato. Anche gli occhi spalancati dei morti ammucchiati come roba vecchia, ci parlano. A quegli occhi interrogativi anche se vitrei, non puoi sfuggire. Quegli occhi devono restare impressi dentro di noi perché orientano il nostro sguardo sulla vita presente, ci aiutano a individuare dove si insinua una narrazione che può portare alla giustificazione di tali orrori, a identificare i luoghi in cui, sotterranea, continua a sopravvivere. Ecco perché la giornata della memoria per me è così importante, perché mi mostra con chiarezza le mie paure, perché mi mette a nudo, ma anche perché mi conferma che non dimenticare è necessario non solo per onorare la sofferenza di tanti, troppi, bambini, donne e uomini, ma per l’oggi che viviamo, perché quell’indifferenza alla sofferenza umana non abbia il sopravvento.