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Giorno: 20 Febbraio 2020

Influencer siamo tutti

Esiste una responsabilità precisa e inequivocabile che inchioda il ‘personaggio pubblico’ nelle sue funzioni, ruolo e mandato che gli vengono attribuiti. Non è una questione arbitraria, barattabile e mutevole a seconda delle situazioni, dei casi e delle circostanze: chi rappresenta pubblicamente un modello, un’immagine, una proiezione, incarnando aspettative, speranze, aspirazioni, deve assumersi tutto questo consapevolmente, farsene carico, restituire un feedback onesto.
Il personaggio pubblico deve essere conscio della grande riconoscibilità sociale delle sue parole e dei suoi comportamenti, sottoposta ormai quasi sempre all’amplificazione dei media. Vale per gli esponenti politici e istituzionali, per le rappresentanze religiose, per i personaggi dello spettacolo e dello sport. E in un’epoca, la nostra, in cui gli ‘influencer’ nascono come funghi dalla sera alla mattina, prosperando e battendo record di followers e lauti benefici economici, la responsabilità diventa ancora più necessaria dal punto di vista etico e sociale.
In fondo, a ben vedere, siamo tutti influencer – almeno digitali – di un piccolo pubblico, gruppo di contatti o altro, perché ogni pubblicazione online, commento, articolo, apprezzamento, like o smile ha un impatto su chi legge, con valore che si protrae nel tempo e spesso senza feedback visibile e misurabile nell’immediato.
L’emulazione degli atteggiamenti più negativi è il rischio più diffuso e riscontrabile: si assiste agli eccessi di chi vomita insulti, disprezzo marcato, rabbia, frustrazione esasperata, epiteti, odio, sull’onda di sentori, pregiudizi, convinzioni fuorvianti manovrate e pilotate da linee di pensiero che demoliscono il buonsenso e la costruttività.
Viviamo nell’epoca della deresponsabilizzazione che ha il sopravvento sull’assunzione di responsabilità individuale, perché prevale il dissociarsi dal proprio carico di consapevolezza e impegno, scaricando sugli altri ogni forma di coinvolgimento personale, confondendosi nella mischia.
E’ sufficiente accedere a qualsiasi social network per evidenziare immediatamente questo riscontrare indiscriminato di ogni tipologia di sfogo senza limiti e coscienza che, aldilà dell’oscuramento e censura previsti nei casi più eclatanti, ricade a pioggia su tutti, imbrattando e compromettendo quella che potrebbe essere una fantastica possibilità di scambio, arricchimento, sana crescita collettiva e globale.
La responsabilità è un modo di essere, una filosofia di vita che parte dalla riflessione e dall’onestà intellettuale. Parte soprattutto da se stessi, con la consapevolezza delle conseguenze delle proprie
azioni, per manifestarsi con e in mezzo agli altri, con la comprensione dei sentimenti, delle ragioni e dei risultati che vengono generati. Responsabilità sottende libertà: “la libertà è la volontà di essere responsabili di noi stessi”, affermava Nietzsche.
Margherita Hack scriveva: “Ero vegetariana, ero molto più libera di tutti i miei coetanei, perché avevo dei genitori liberali il cui stile educativo faceva leva sulla mia responsabilità e non sull’imposizione di regole. Anche se avrei preferito molto restarmene in casa a leggere, la sera mi imponevo di uscire per andare a vedere i varietà. Solo per ribadire la mia libertà e la mia indipendenza come individuo e come ragazza”.

Mostra “Bruno Vidoni. Le ali di Ipnos” a Ferrara

Da: Liceo Artistico Dosso Dossi.

Aprirà al pubblico, martedì 25 febbraio 2020, presso la sala esposizioni del Liceo Artistico “Dosso Dossi” a Ferrara, in via Bersaglieri del Po, 25, la mostra BRUNO VIDONI. LE ALI DI IPNOS. La presentazione si terrà venerdì 28 febbraio alle ore 17,30.

LE ALI DI IPNOS è un racconto fotoromanzato che l’artista Bruno Vidoni (Cento, 1930-2001) completò nel 1980, dopo avervi lavorato a più riprese dai primissimi anni settanta. Pensato per essere presentato all’interno della propria personale intitolata Sogno e fotografia, allestita presso il Centro Attività Visive delle Civiche Gallerie d’Arte Moderne di Ferrara, allora dirette da Franco Farina, è rimasto inedito sino al 2018, quando venne esposto in Francia all’interno dell’undicesima edizione dei Rencontres Internationales Photographiques de Serre et d’Olt.
Nel racconto verbo-visivo costruito da Vidoni si assiste ad un intrigante gioco onirico, dove nel sogno si materializzano personaggi che a loro volta sognano…
Le ali di Ipnos si inserisce in una particolare forma di comunicazione verbo-visiva, quella dei fotoromanzi non sentimentali e sperimentali, che ebbero il loro più interessante sviluppo fra gli anni sessanta e settanta del Novecento e seppero configurare sia produzioni di tipo popolare sia artistiche.
I fotoromanzi non sentimentali (polizieschi, gialli, horror, noir, fantascientifici) furono terreno di fertile sperimentazione estetica. In Francia fu il milieu parigino che gravitava intorno al Surrealismo a cogliere le possibilità artistiche del mezzo (Ado Kirou, Le Groupe Panique, Jerome Savary, Jean Louis Brau, Claude Palmer, ecc.). In Italia furono artisti come Augusto Sanchez Queirolo, Marco Rostagno, ma soprattutto Paolo Baratella e Bruno Vidoni a percorrere le strade del fotoromanzo artistico sperimentale. La cura filologica dell’edizione è del Centro Etnografico Ferrarese, istituto che da diversi anni sta operando il riordino delle complesse produzioni vidoniane, attraverso una puntuale azione di studio e valorizzazione della figura dell’eclettico artista centese che, va ricordato, fu attivo collaboratore dell’istituto ferrarese. Il catalogo è pubblicato dall’Editoriale Sometti, Mantova (prezzo di copertina € 10,00).

La mostra attiene alle iniziative messe in atto dal Liceo Artistico Dosso Dossi, afferenti la borsa di studio istituita dalla signora Marina Ferriani, moglie dell’artista, presso il liceo ferrarese, che annualmente viene elargita a due studenti del quinto anno.

L’autore
Bruno Vidoni è entrato nella storia della fotografia italiana grazie ad alcune provocatorie produzioni d’immagini realizzate negli anni settanta del Novecento. Non fu solo fotografo, ma anche pittore, incisore, poeta, critico d’arte e ricercatore etno-storico. Nato a Cento nel 1930, iniziò la sua formazione presso l’istituto d’arte “Dosso Dossi” di Ferrara per trasferirsi poi all’istituto d’arte di Modena, ove conseguì il diploma. Nel 1956 approdò all’insegnamento di materie artistiche nelle scuole medie, rimanendo in servizio attivo sino al 1982. Si è spento per un male incurabile nel 2001.

Bruno Vidoni. Le ali di Ipnos
Sala mostre del Liceo Artistico Dosso Dossi
Ferrara, Via Bersaglieri del Po, 25
Durata: dal 25 febbraio al 9 marzo 2020
Orari: da lunedì a sabato 15,30-18
domenica 10-13 e 15,30-18
Ingresso libero

CIVL519, nuova selezione di fragola da Sud del CIV ultra precoce e con elevata qualità

Da: Consorzio Italiano Vivaisti.

Il breeder CIV Michelangelo Leis: “Prime produzioni nel sud Italia ed a Huelva in Spagna con risultati strabilianti”. Marco Bertolazzi: “Elevata produttività e precocità, molto tollerante alle malattie fogliari e radicali, oidio incluso. Frutti di ottima qualità anche a dicembre”
Nuova promettente selezione di fragola da Sud che il CIV sta testando con ottime prospettive di sviluppo, che potrebbe affiancarsi alla CIVS115* Parthenope®, è la selezione CIVL519.
“In questo inizio 2020 – spiega il breeder CIV Michelangelo Leis – presso i nostri Partner stiamo mettendo a punto nuove selezioni di fragola da sud in Italia ed in Spagna. Stiamo registrando le prime produzioni della selezione CIVL519 in Sicilia e nella provincia di Huelva con risultati strabilianti. In parallelo ulteriori produzioni sono attualmente presenti anche in Campania e nel Metapontino. La CIVL519 si sta dimostrando più precoce di altre varietà attualmente presenti sul mercato, più produttiva e con frutti di alta qualità (pezzatura costante, elevato grado brix ed ottime componenti aromatiche), molto consistenti. I frutti sono di colore rosso brillante uniforme, molto attraente con interno compatto di omogenea colorazione rossa. Le piante presentano simultaneamente frutti maturi, frutti verdi e fiori, quale segno distintivo di grande continuità di produzione.”
Marco Bertolazzi, Business Development manager CIV, aggiunge che “La nuova CIVL519 presenta un habitus semi-eretto, vigore medio, un’elevata produttività e precocità ed è geneticamente molto tollerante alle malattie fogliari e radicali, oidio incluso. CIVL519 è la più precoce tra le nuove proposte CIV. Dalle nostre sperimentazioni avanzate, svolte anche presso aziende professionali con cui collaboriamo da anni, abbiamo ottenuto risultati molto promettenti con produzioni di qualità e quantità migliori delle varietà più precoci attualmente presenti nel mercato, ottenendo il picco produttivo quando i prezzi sono ancora elevati, quindi prima del flusso produttivo di aprile. Infine, questa selezione si comporta molto bene anche da cima radicata, consentendo di raccogliere frutti di elevata qualità anche a dicembre”.
Bertolazzi aggiunge: “CIVL519 presenta anche un’ottima qualità del frutto, che ha forma conica regolare, con polpa consistente e sapore dolce. I frutti presentano colorazione rossa omogenea senza spalla bianca anche in presenza di basse temperature o scarsa luminosità. E’ importante sottolineare che queste caratteristiche organolettiche perdurano durante tutta la stagione. Infine l’omogeneità di maturazione dei frutti (in ogni pianta è presente un frutto maturo, un fiore allegato ed un frutto in accrescimento) e la fisiologia produttiva, che vede frutti portati da strutture fiorali primarie (un fiore -> un frutto), garantiscono l’omogeneità della forma e pezzatura del frutto con una raccolta semplice, veloce ed economica!”
“La selezione CIVL519 – spiega il breeder CIV Michelangelo Leis – conferma la bontà del nostro Programma Ricerca & Sviluppo nel pieno rispetto delle seguenti linee-guida: naturale rusticità delle piante; facilità di produzione secondo tecniche agronomiche convenzionali e buona adattabilità ai metodi di produzione integrata e biologica; ottime caratteristiche organolettiche e di shelf-life.”
Marco Bertolazzi conclude: “Siamo fiduciosi che la CIVL519 confermerà elevate performance per tutta la campagna di raccolta del 2020! In tal caso, potremmo pensare a nuove strategie di valorizzazione, al fine di arricchire il Portfolio CIV, con un’offerta a maturazione molto precoce, ad oggi mancante tra le varietà del CIV da climi mediterranei, quali: Flavia* (qualità del frutto), Nabila* (produttività), CIVS115*Parthenope® (precocità e qualità del frutto) e Flaminia* (qualità del frutto), e CIVS906* ELIDE® (qualità del frutto a fine stagione). Interessante la varietà CIVS906* ELIDE®, che rappresenta la proposta medio-tardiva del CIV, capace di offrire frutti di altissima qualità anche nei mesi finali della stagione (aprile-maggio-giugno)”.

● Scheda / CIV – Consorzio Italiano Vivaisti
Il CIV – Consorzio Italiano Vivaisti – è leader in Italia nell’innovazione varietale e nella produzione di materiali di propagazione certificati. Attivo dal 1983, con sede a San Giuseppe di Comacchio, in provincia di Ferrara, il CIV è composto dai tre vivai italiani leader nel settore: Vivai Mazzoni, Salvi Vivai, Tagliani Vivai. Attraverso la sinergia, l’esperienza e gli investimenti importanti nella ricerca, CIV è in grado di offrire prodotti all’avanguardia e più rispondenti alle esigenze del mercato. Il CIV, con grande lungimiranza, è impegnato da anni a selezionare varietà che possono fornire produzioni di alta qualità con ridotto fabbisogno energetico e basso impatto ambientale.

Clima: siccità del Po

Da: Coldiretti dell’Emilia Romagna.

L’anticipo di un mese delle colture da seme in Romagna ha già portato alla richiesta di irrigazione

Il livello idrometrico del Po è sceso ed è basso come in piena estate ma anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 25% di quello di Como al 28% dell’Iseo. È quanto emerge dal monitoraggio di Coldiretti dal quale si evidenzia che il livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca è di -2,4 metri, lo stesso di metà agosto scorso. Sono gli effetti – sottolinea Coldiretti Emilia Romagna – del grande caldo e dell’assenza di precipitazioni significative in un inverno bollente con una temperatura che fino ad ora è stata in Italia superiore di 1,65 gradi la media storica secondo le elaborazioni su dati Isac Cnr relativi ai mesi di dicembre e gennaio.

Il clima mite può creare problemi – fa sapere Coldiretti Emilia Romagna – sia perché favorisce la riproduzione di insetti dannosi come la cimice asiatica, sia per le fioriture anticipate, come quella degli albicocchi. “E anche con le colture da seme”, fa sapere Coldiretti regionale “siamo di fatto in anticipo di un mese; per questo in Romagna è stata richiesta l’irrigazione con acqua del Po con largo anticipo”. “La situazione fa tenuta monitorata: se la stagione si dovesse rivelare scarsa di piogge” conclude Coldiretti Emilia Romagna “andremmo incontro a un’emergenza siccità”.

La situazione critica a causa di siccità e delle alte temperature per il fiume Po – sottolinea Coldiretti regionale – ha spinto l’Autorità distrettuale di bacino a convocare per il 6 marzo l’Osservatorio sulle crisi idriche per fare il punto della situazione anche perché non si prevedono precipitazioni se non di scarsa entità, per cui potrebbero verificarsi ulteriori riduzioni dei livelli idrometrici anche del 20%.

L’eccezionalità degli eventi atmosferici – evidenzia Coldiretti – è ormai diventata la norma anche in Italia tanto che siamo di fronte ad una evidente tendenza alla tropicalizzazione in Italia dove il 2019 – sottolinea la Coldiretti – è stato il quarto anno più caldo per il nostro Paese dopo i record di 2014, 2015 e 2018 secondo le elaborazioni su dati Isac/Cnr che effettua le rilevazioni dal 1800. L’andamento anomalo di questo inverno conferma dunque – continua la Coldiretti – i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa. L’agricoltura – conclude la Coldiretti – è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali.

Intervento sulle politiche culturali del comune di Ferrara

Da: Alberto Ronchi, Francesco Ruvinetti, Massimo Maisto.

L’attività, riconosciuta a livello internazionale, delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara e di Ferrara Arte, attività che, sia pur in tempi diversi, abbiamo conosciuto in modo approfondito nei ruolo di Assessori alle Politiche Culturali del Comune, è stata costruita, si è sviluppata e ha coinvolto almeno tre generazioni di cittadini.
Essa si è basata essenzialmente sulla produzione e organizzazione di mostre originali con collaborazioni e prestiti nazionali ed internazionali; la crescita di un personale specializzato in ogni settore, dallo studio e ideazione, all’allestimento, dall’accoglienza del pubblico, allo sviluppo della biglietteria e del bookshop, fino alla preziosa attenzione per le attività didattiche; la pubblicazione di cataloghi originali editi da una propria casa editrice con importanti interventi di esperti, ancora una volta, nazionali ed internazionali.
Le tre direzioni che si sono succedute dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso ai giorni nostri, Farina, Buzzoni, Pacelli, hanno certamente espresso modelli culturali e organizzativi diversi che, a volte, hanno suscitato vivaci dibattiti cittadini, ma sempre, in ogni caso, hanno garantito, ognuno a modo loro, la ricerca, la qualità e l’originalità delle mostre proposte.
Questo lungo lavoro ha portato Ferrara ad essere riconosciuta come una delle città più importanti nel panorama nazionale sul versante espositivo e, di conseguenza, ha fatto crescere in modo esponenziale il turismo con fondamentali ricadute economiche.
Proprio in questo periodo sono in corso due mostre che confermano e raccontano quanto stiamo descrivendo. “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo” è una splendida esposizione che, collegando il lavoro del pittore di Barletta alla nascita della fotografia e del cinema, rivela aspetti inediti nell’opera dell’artista.
“La collezione Franco Farina. Arte e Avanguardia a Ferrara 1963/1993” è incentrata sull’inizio di un percorso prestigioso che con, tra gli altri, Man Ray, Andy Wharol, Robert Raushenberg, solo per citare alcuni degli artisti presenti in città all’inaugurazione delle loro personali, ha imposto Palazzo dei Diamanti all’attenzione della critica e del pubblico. Presente e passato, certamente diversi, ma sempre caratterizzati dall’originalità e dalla qualità delle proposte.
La nuova amministrazione e il Sindaco, dopo aver assicurato continuità a questa fondamentale esperienza, hanno, di fatto, completamente cambiato rotta. Dopo la nomina dell’On. Vittorio Sgarbi a Presidente di Ferrara Arte, hanno decapitato la struttura non confermando, come direttrice, Maria Luisa Pacelli, nonostante gli ottimi risultati ottenuti, e non prevedendo una nuova nomina in questo ruolo. Lo stesso debordante Presidente ha attaccato pubblicamente l’esposizione dedicata a De Nittis, lamentando “costi eccessivi” e inaugurando l’inedita formula di un Presidente che critica aspramente e ripetutamente il lavoro della Fondazione che presiede. Non solo, lo stesso Presidente ha ritenuto opportuno, fatto inedito e, dal nostro punto di vista, molto grave, di utilizzare Palazzo dei Diamanti, nella propria campagna elettorale per le recenti elezioni regionali.
Attualmente non risulta vi sia alcuna programmazione delle prossime attività, con un conseguente, possibile, grave danno per l’organizzazione del turismo in città. L’unica mostra annunciata è dedicata allo street artist Banksy che, per le sue caratteristiche, sconvolge completamente e rischia di danneggiare l’immagine, faticosamente costruita, di Palazzo dei Diamanti. Dal 2016 sono state organizzate solo in Italia sette mostre dedicate all’artista inglese e “Metamorfosi” che produce l’esposizione ferrarese ne ha programmate e/o ne ha in programma altre tre, oltre la nostra, in diverse città italiane. Quel che è peggio è che lo stesso Banksy, sul proprio sito, definisce tutte le “personali” a lui dedicate, compresa quella di Ferrara, con l’aggettivo “fake” che si traduce con “falso”. Tutto questo ci trasforma da produttori e, spesso, esportatori in semplici contenitori promiscui di esposizioni realizzate fuori Ferrara, ci toglie il prezioso marchio dell’originalità, rischia di pregiudicare i rapporti con i musei internazionali.
Non possiamo poi non sottolineare come recentemente la Giunta abbia approvato una convenzione con la Fondazione Cavallini Sgarbi per l’utilizzo del Castello. Altri hanno evidenziato le contraddizioni e i punti deboli di questa delibera. Noi ci limitiamo a notare come, anche nel caso di questa Fondazione, la presidenza sia assunta dall’On. Vittorio Sgarbi. Ci pare evidente il rischio di un conflitto di interessi, soprattutto nel caso in cui Ferrara Arte venga chiamata a collaborare, per qualsiasi funzione, con le diverse esposizioni previste in Castello e realizzate con le opere d’arte possedute dalla Fondazione Cavallini Sgarbi.
In conclusione, riteniamo legittimo che una nuova amministrazione proponga alla città una diversa politica culturale, ma questo non può significare lo smantellamento di una eccellenza come Palazzo dei Diamanti, né la consegna monopolistica ad un unico soggetto dell’intera attività espositiva della città.
Per tutte queste ragioni chiediamo al Sindaco di intervenire, riassumendo, in questa delicata fase, la carica di Presidente di Ferrara Arte e individuando, nei modi che ritiene più opportuni, nel rispetto della legge e degli statuti vigenti, un direttore che sia garante della qualità e dell’originalità delle mostre allestite a Palazzo dei Diamanti, permettendo di proseguire un percorso virtuoso che da più di cinquant’anni caratterizza positivamente la nostra città.

22 Febbraio con il Roberto Gatto Perfect Trio jazz sul crinale tra tradizione e sperimentazione

Da: Jazz Club Ferrara.

Jazz sul crinale tra tradizione e sperimentazione. Sabato 22 febbraio al Jazz Club Ferrara è tempo del Roberto Gatto Perfect Trio. Affiancano il celebre batterista capitolino Pierpaolo Ranieri al basso elettrico e Alfonso Santimone alle tastiere.

Jazz sul crinale tra tradizione e sperimentazione. Sabato 22 febbraio (inizio ore 21.30) al Jazz Club Ferrara è tempo del Roberto Gatto Perfect Trio. Con i piedi ben saldi alle radici del jazz, la formazione conduce il pubblico nel mondo dell’elettronica e dell’improvvisazione, dando vita ad una performance di grande energia, groove, lirismo e sonorità progressive. Affiancano il celebre batterista capitolino Pierpaolo Ranieri al basso elettrico e Alfonso Santimone alle tastiere. Impostosi sulla scena jazzistica nazionale a metà degli anni ’70 quale co-fondatore del Trio di Roma insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli, Gatto – classe 1958, con un percorso che non conosce battute d’arresto da circa quarant’anni – non ha mai esaurito la sete di ricerca e sperimentazione. Caratteristica quest’ultima che, unita a straordinaria perizia, ha condotto il batterista a scrivere parte della storia del jazz italiano. Tolte le vesti di prestigioso sideman a fianco di protagonisti nazionali (Enrico Rava, Enrico Pieranunzi) ed internazionali (Johnny Griffin, John Abercrombie, Chet Baker, Steve Lacy, Pat Metheny, Bob Berg, Curtis Fuller, George Coleman, Joe Zawinul ecc.), Gatto ha intrapreso con maggior vigore l’attività di leader dando vita a proprie formazioni foriere di progetti originali, mai scontati. Da citare in tal senso il New York Quartet, indice dei sempre più frequenti soggiorni nella Grande Mela, che vede il batterista dialogare con gli ottoni della giovane sassofonista cilena Melissa Aldana, accanto a Nils Felder e Joe Lepore.1

Torna nelle scuole di Ferrara La Grande Macchina del Mondo del Gruppo Hera: quasi 7mila gli studenti coinvolti

Da: Gruppo Hera.

Sono iniziate in questi giorni nelle scuole del ferrarese le attività de La Grande Macchina del Mondo, la proposta didattica completamente gratuita che il Gruppo Hera rivolge alle scuole dell’infanzia, primarie e Tsecondarie di primo grado del territorio servito. Un progetto che in questa nuova edizione festeggia i 10 anni e che testimonia l’impegno della multiutility a sostegno dell’istruzione, nell’intento di offrire a studenti e insegnanti nuovi spunti e strumenti per favorire buone pratiche quotidiane per il rispetto dell’ambiente.
Come sempre, sono state numerose le richieste di partecipazione: complessivamente in Emilia-Romagna saranno coinvolte 3.600 classi e quasi 76.000 alunni, di cui quasi 7.000 nella sola area ferrarese. Il programma esce dai libri scolastici e affronta, con metodologie all’avanguardia, tematiche ambientali, idriche ed energetiche attraverso spettacoli, laboratori e giochi a squadre. Tra i temi focus dell’anno ci sono l’economia circolare e gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, con un‘attenzione particolare alla plastica monouso.

Ferrara: quasi 7.000 ragazzi a lezione con Hera
A Ferrara e provincia le attività promosse da Hera, che quest’anno coinvolgono 113 scuole, 343 classi e quasi 7.000 studenti, hanno preso il via in questi giorni dalla primaria Masi Torello, con il laboratorio Le Magie della Natura, sul tema acqua.
I temi richiesti dalle classi ferraresi vedono al primo posto l’ambiente (rifiuti), al secondo l’energia e al terzo l’acqua. Le attività che contano più adesioni sono
“Coding dell’ambiente” con 68 classi, “Senza parole” con 45 classi e “Trash robot” con 43 classi.
Durante le attività di quest’ultimo laboratorio, bambini e ragazzi provvedono a smontare alcuni RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), riassemblandone poi i pezzi in simpatici robot. Con “Senza parole”, gli operatori di Hera propongono la lettura di suggestivi silent book, libri illustrati senza parole dedicati a tematiche ambientali, e si invitano i bambini ad osservarli per elaborare collettivamente la storia suggerita dalle immagini. Quello sul coding, infine, è un laboratorio in cui la digitalizzazione e la programmazione informatica, che sviluppano il pensiero computazionale e la predisposizione a risolvere problemi riconoscendo il ruolo positivo dell’errore, vengono associate alle tematiche ambientali in modo trasversale sui temi acqua, energia e rifiuti. I bambini si interrogano su pratiche e comportamenti sostenibili e sono incoraggiati a scegliere in modo condiviso i percorsi da compiere e le soluzioni da adottare.
Il nuovo approccio didattico utilizzato permette di lavorare in gruppi e apprendere in modo cooperativo e divertente.

Si ripropone inoltre come ogni anno l’itinherario Invisibile, ciclo di visite, virtuali e non, ai principali impianti gestiti da Hera, per scoprire il dietro le quinte della gestione di servizi importanti per i cittadini, accompagnati e orientati dagli operatori Hera e da educatori esperti. I ragazzi conosceranno da vicino il funzionamento del potabilizzatore di Pontelagoscuro, degli impianti di selezione, trattamento e recupero dei rifiuti, del termovalorizzatore e della centrale di teleriscaldamento di via Diana, la Stazione Ecologica di via Caretti.

In Emilia-Romagna coinvolte 3.600 classi
Complessivamente, ai 39 percorsi didattici della Grande Macchina del Mondo hanno aderito quest’anno 1.049 scuole, più di 3.600 classi e quasi 76.000 studenti delle province da Modena a Rimini in cui opera la multiutility. I percorsi come sempre si sviluppano in un incontro a scuola, a cui è sempre associata un’attività propedeutica che anticipa e prepara l’esperienza diretta in classe coinvolgendo direttamente bambini e ragazzi, e un’attività finale, che conclude e integra il lavoro fatto insieme all’educatore, con proposte di approfondimento per insegnanti e/o stimoli di condivisione con le famiglie.

Un progetto costantemente in evoluzione: quest’anno disponibili le videopillole di Mario Tozzi sull’ambiente, da usare in classe,
Il progetto viene ogni anno aggiornato e rivisto, anche grazie alla preziosa collaborazione e al contributo apportato da insegnanti e alunni, cercando di arrivare alle menti e al cuore dei ragazzi, per farli appassionare e aiutarli a sentirsi responsabili.
Quest’anno per tutti gli insegnanti sono disponibili sette brevi video sui temi ambientali con il Prof. Mario Tozzi, da guardare o scaricare dal sito www.gruppohera.it/scuole come strumento di approfondimento e riflessione per le loro lezioni. Il primo ricercatore CNR e divulgatore scientifico, propone un’interessante sintesi sulle principali emergenze ambientali del Pianeta, offrendo informazioni, curiosità e dati utili a insegnanti e ragazzi per riflettere sull’esigenza di cambiare il nostro stile di vita. Tra i temi toccati: le ragioni del cambiamento climatico, la disponibilità e lo sfruttamento delle risorse e l’uso della plastica, con qualche consiglio su che cosa può fare concretamente ciascuno di noi.

Tante attività e materiali anche sul web: un’opportunità in più per tutti
Sul sito del Gruppo Hera dedicato alle scuole, tutti gli insegnanti, anche quelli che non sono riusciti ad accedere ai laboratori, possono poi trovare educational box da scaricare per realizzare in autonomia percorsi didattici personalizzati, scegliendo quale tematica sviluppare e scaricando i materiali a supporto. I docenti hanno a disposizione anche schede stampabili per verificare la ricaduta dei progetti e valutare i temi da approfondire in classe. Tante attività su acqua, energia e rifiuti anche nell’area famiglie per imparare e per giocare insieme ai propri figli grazie a educational kit con esperimenti, laboratori, video.

L’elenco completo delle attività è disponibile su www.gruppohera.it/scuole

Ultimi appuntamenti nell’ambito della mostra “Spazio 2019. Scienza e immaginario a cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna”

Da: Università degli Studi di Ferrara.

Dal 21 al 23 febbraio appuntamento con le ultime iniziative organizzate nell’ambito della mostra “Spazio 2019. Scienza e immaginario a cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna”, promossa dal Laboratorio di ricerca in Storia e comunicazione della scienza – Design of Science e dal Sistema museale dell’Università di Ferrara (Palazzo Turchi di Bagno, 31 ottobre 2019 – 23 febbraio 2020).

Ecco il calendario degli eventi che si tengono nell’Aula 1A di Palazzo Turchi di Bagno, (c.so Ercole d’Este, 32)

Venerdì 21 febbraio dalle ore 17 alle ore 19

Incontro pubblico con Alessandro Pascolini, Università di Padova, sul tema Strategie spaziali: il confronto militare nello Spazio.

La conferenza, a ingresso libero, fa parte del ciclo di incontri “Non voglio mica la Luna”.

Sabato 22 febbraio dalle ore 15.30 alle ore 17.30

Proiezione gratuita di “Apollo 11” (2019) di Todd Douglas Miller, nell’ambito della rassegna cinematografica “La Luna al cinema”, curata dal Prof. Alberto Boschi del Dipartimento di Studi Umanistici di Unife.

Sabato 22 febbraio dalle ore 17.30 alle ore 19

Incontro pubblico con Matteo Guainazzi, Study e Project Scientist, European Space Agency (ESA), sul tema Dalla Luna ai confini dell’Universo: il programma scientifico dell’Agenzia spaziale europea. Nell’ambito del ciclo di incontri “Non voglio mica la Luna”

Domenica 23 febbraio dalle ore 11.45 alle ore 13

Incontro pubblico con Giovanni Mongini, scrittore, Memorare: ricordi di un sognatore di stelle.

Sostenibilità: La camera di Commercio aderisce al manifesto di Assisi.

Da: Camera di Commercio di Ferrara.

La Giunta della Camera di commercio, all’unanimità, ha aderito al Manifesto di Assisi per promuovere l’agire sostenibile quale vero e proprio volano dello sviluppo e della creazione di valore per il sistema Paese. “Un approccio realmente sostenibile è quello in cui vengono prese decisioni avendo ben chiaro il senso della prospettiva, non preoccupandosi solo degli effetti di breve periodo ma proiettandosi in un orizzonte di più ampio respiro”. Cosi il presidente della Camera di commercio, Paolo Govoni, che ha aggiunto: “In uno scenario decisamente preoccupante, i settori legati alla sostenibilità sono anche per la nostra provincia leve sempre più determinati non soltanto per uscire dalla crisi e far ripartire la crescita economica, ma anche per generare occupazione, grazie ad un modello di sviluppo che si fonda sui valori tradizionali dei territori e dei sistemi produttivi di piccola impresa: qualità, innovazione, eco-efficienza, rispetto dell’ambiente. Una coesione – ha concluso il presidente della Camera di commercio – che coinvolge tante piccole e medie imprese ferraresi, sempre più spesso operanti in rete tra loro”.

Il Manifesto di Assisi, promosso da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, insieme a numerosi rappresentanti di istituzioni, del mondo economico e produttivo e della cultura, e di molti amministratori locali, nasce per sostenere lo sviluppo di un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica. Affrontare con coraggio la crisi climatica – si legge nel documento – non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere l’economia e la società italiane più competitive e capaci di produrre posti di lavoro affondando le radici, spesso secolari, in un modo di produrre legato alla qualità, alla bellezza, all’efficienza, alla storia delle città, alle esperienze positive di comunità e territori.

La sostenibilità – ambientale, sociale ed economica – è uno dei principi alla base del Piano pluriennale e delle attività della Camera di commercio. L’Ente di Largo Castello, per dare concretezza al proprio impegno sul tema della sostenibilità, partecipa anche al raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, con l’Agenda 2030 e ha allo studio un pacchetto integrato di interventi e di politiche proprio a favore di imprese e professionisti della Green Economy, con l’obiettivo di attivare, in collaborazione con istituzioni ed associazioni imprenditoriali, iniziative volte a facilitare il trasferimento di conoscenze scientifiche e tecnologiche dalle Università, dal mondo della ricerca e delle professioni al tessuto delle piccole e medie imprese.

Il 24,4% del totale delle imprese ferraresi dell’industria e dei servizi ha investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale. Una propensione che abbraccia tutti i settori dell’economia locale – da quelli più tradizionali a quelli high tech, dall’agroalimentare all’edilizia, dalla manifattura alla chimica, dall’energia ai rifiuti – e che sale al 29% nel manifatturiero. L’orientamento green si conferma, dunque, un fattore strategico per la nostra provincia: alla green economy si deve poco meno del 10% del valore aggiunto del PIL provinciale, ed oltre il 6% delle assunzioni previste dalle imprese ferraresi per i prossimi mesi riguarderà figure professionali legate alla sostenibilità, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’. Tra le professioni più richieste dalle imprese, l’installatore di impianti termici a basso impatto, l’ingegnere energetico, l’auditor esperto in emissioni di gas serra in atmosfera, lo statistico ambientale, l’operatore marketing delle produzioni agroalimentari biologiche, il risk manager ambientale, l’ingegnere dell’emergenza, il progettista di architetture sostenibili, l’esperto in demolizione per il recupero dei materiali, l’esperto del restauro urbano storico, il serramentista sostenibile e l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo.

Le aziende green hanno, inoltre, un dinamismo sui mercati esteri nettamente superiore al resto del sistema produttivo ferrarese: esportano nel 16,9% dei casi, a fronte dell’8,7% di quelle che non investono nel verde. Nella manifattura, il 41,4% contro il 23,5%. E sono più presenti nei mercati extra-europei. Ancora, le imprese green innovano di più delle altre: il 18% ha sviluppato nuovi prodotti o servizi, contro il 9% delle non investitrici. Spinto da export e innovazione, il fatturato è aumentato, fra 2013 e 2014, nel 19% delle imprese che investono green, contro il 13% delle altre.

Copparo: L’elisir d’amore

Da: Comune di Copparo.

Appuntamento con l’opera al Teatro Comunale De Micheli: venerdì 21 febbraio, alle ore 21, l’Associazione Operiamo, l’Orchestra Città di Ferrara e l’Accademia Corale Vittore Veneziani presentano “L’elisir d’amore”, di Gaetano Donizetti, sotto la direzione di Maria Elena Mazzella e con la partecipazione dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Copparo, diretti da Renato Vanzini; regia Maria Cristina Osti.

In un’ambientazione bucolica s’avvia la narrazione di cinque singolari personaggi riconducibili alle maschere della commedia dell’arte: una ricca fanciulla, bella e capricciosa, un umile e ingenuo giovane innamorato, un truffatore intraprendente, un goffo e borioso soldato, una comare pettegola. Il loro agire di concerto caratterizza l’elemento buffo di una delle opere donizettiane più famose. Corona il gioco melodico la celeberrima romanza “Una furtiva lagrima” riflessione illusoria dell’innamorato, d’altronde perché non concederci almeno il lusso di sognare…

22 Febbraio: il club amici dell’arte inaugura una collettiva dedicata al gatto

Da: Club Amici dell’Arte.

Sarà interamente dedicata al gatto la mostra collettiva che il Club Amici dell’Arte inaugura sabato 22 Febbraio 2020 (vernissage ore 17.30) presso lo spazio espositivo di Via Boccacanale di S.Stefano 19/B.
In parete le opere pittoriche e fotografiche di quattordici artisti, soci del Club Amici dell’Arte, che hanno voluto omaggiare il gatto in occasione della giornata internazionale del gatto dello scorso 17 febbraio.
Proprio a questo “Amico di Famiglia” è dedicata la collettiva che il club cittadino ha organizzato proprio per il prossimo 22 febbraio e che resterà in parete fino al 1 Marzo p.v.
Pittura e fotografia che si accompagneranno l’un l’altra in questo percorso ideale nel rapporto tra l’uomo e l’animale domestico per antonomasia.
In parete saranno le opere di: Gian Luca Amaroli, Maura Berti, Francesca Bianchini, Paola Braglia Scarpa, Lisetta Capozzi, Wanda Formigoni, Sara Gazzotti, Francesca Lanzoni, Lorenzo Lorenzetti, Franco Marchesi, Joaquin Molina, Cinzia Reggiani, Pietro Regnani, Mauro Ruggeri.
La mostra, ad ingresso libero, è visitabile tutti i giorni dalle 11 alle 12 e dalle 17 alle 19.

22 Febbraio: In occasione del Decennale dell’associazione Gruppo del Tasso, Paolo Rumiz presenta “Il filo dell’infinito”

Da: Libraccio.

Dopo Appia e Come cavalli che dormono in piedi, un nuovo grande viaggio. Da Norcia e ritorno, attraverso l’Europa dei monasteri, alla riscoperta dei nostri valori fondanti.

«Che uomini erano quelli. Riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza della fede. Con l’efficacia di una formula semplicissima, “ora et labora”. Lo fecero nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell’Impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Unni, Vandali, Visigoti, Longobardi, Slavi e i ferocissimi Ungari. Li cristianizzarono e li resero europei con la sola forza dell’esempio. Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio devastato e in preda all’abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione. Sono i discepoli di Benedetto da Norcia, il santo protettore d’Europa. Li ho cercati nelle loro abbazie, dall’Atlantico fino alle sponde del Danubio. Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le abitano vivono secondo una ‘regola’ più che mai valida oggi, in un momento in cui i seminatori di zizzania cercano di fare a pezzi l’utopia dei loro padri: quelle nere tonache monacali ci dicono che l’Europa è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. Una terra ‘lavorata’, dove – a differenza dell’Asia o dell’Africa – è quasi impossibile distinguere fra l’opera della natura e quella dell’uomo. Un paradiso che è insensato blindare con reticolati. Da dove se non dall’Appennino, un mondo duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva venire questa formidabile spinta alla ricostruzione dell’Europa? Quanto è conscia l’Italia di questa sua centralità se, per la prima volta dopo secoli, lascia in macerie le terre pastorali da dove venne il segno della rinascita di un intero continente? Quanto c’è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal materialismo? Sapremo risollevarci senza bisogno di altre guerre e catastrofi?». All’urgenza di questi interrogativi Paolo Rumiz cerca una risposta nei fortini dove resistono i valori perduti, in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore. I guardiani dell’arca costituisce, insieme al canto epico «Evropa», un dittico dedicato all’Europa, alle sue origini, al suo futuro.

Paolo Rumiz è scrittore e giornalista triestino, inviato speciale del «Piccolo» di Trieste ed editorialista de «La Repubblica».
Esperto del tema delle Heimat e delle identità in Italia e in Europa, dal 1986 segue gli eventi dell’area balcanico-danubiana. Nel 2001 invece segue, prima da Islamabad e poi da Kabul, l’attacco statunitense all’Afghanistan. Vince il premio Hemingway nel 1993 per i suoi servizi dalla Bosnia e il premio Max David nel 1994 come migliore inviato italiano dell’anno.
Ha pubblicato, tra l’altro, Danubio. Storie di una nuova Europa (1990), Vento di terra (1994), Maschere per un massacro (1996), La linea dei mirtilli (1993), La secessione leggera (2001), È Oriente (2003), Gerusalemme perduta (2005), La leggenda dei monti naviganti (2007), Annibale. Un viaggio (2008), L’italia in seconda classe, con i disegni di Altan e una Premessa del misterioso 740 (2009), La cotogna di Istanbul (2010), Il bene ostinato (2011), A piedi (2012), Trans Europa Express (2012), Morimondo (2013), Maledetta Cina (2012), Il cappottone di Antonio Pitacco (2012), Come cavalli che dormoni in piedi Ambra sulla corrente (2014), Appia (2016), Dal libro dell’esodo (con Cécile Kyenge) e Il filo infinito (2019).

Gli alunni del ” Montalcini” parlano di impresa e di green-economy

Da: IIS Montalcini.

Questa mattina gli alunni dell’indirizzo tecnico economico dell’Istituto Rita Levi Montalcini di Portomaggiore hanno partecipato alla Conferenza dal titolo ” IMPRESA E SOSTENIBILITA'”, nell’ambito della XIV Edizione del progetto ” Un pozzo di scienza “, promosso da HERA.

L’intervento si è posto come finalità prioritaria , la sensibilizzazione degli studenti delle ultime classi nei riguardi degli obiettivi dell’Agenda 2030 , sottoscritti dai 193 paesi membri dell’ONU , in particolare , gli obiettivi n. 12 e 17 , incentrati sul consumo e sulla produzione responsabile.

Relatore dell’incontro il Prof. Matteo Mura , docente presso il Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Bologna, che ha sviluppato ed approfondito i temi della sostenibilità nel business e dell’importanza dell’ economia circolare nell’attuale tessuto sociale.

Il Dott. Mura ha illustrato agli studenti del Montalcini i rischi sempre più concreti a cui sta andando incontro il nostro pianeta, rischi dovuti principalmente alle radicali quanto sorprendenti mutazioni climatiche di questi ultimi tempi.

Di fronte a questi scenari che vedono sempre più frequentemente fenomeni metereologici estremi, oltre al rischio ogni giorno più pressante dell’esaurimento delle risorse disponibili, il mondo dell’impresa ha dovuto adattare e modificare i propri sistemi di produzione nell’ottica dell’Economia Circolare.
A tale riguardo , l’esperto ha riportato gli esempi di alcune aziende del territorio emiliano-romagnolo che hanno improntato le proprie modalità d’azione sull’ ecosostenibilità e sull’ottimizzazione delle risorse.

Investire nello sviluppo ecosostenibile significa compiere una scelta innovativa ed appagante che può avere inaspettati ritorni economici nel budget dell’azienda stessa.

Le aziende che hanno abbracciato questa linea di condotta hanno cercato di basare il proprio impianto strutturale sulla riduzione degli sprechi e sull’ottimizzazione delle risorse disponibili. Molte di esse riutilizzano gli scarti di produzione per creare oggetti originali ed innovativi , ma soprattutto non inquinanti e biodegradabili.

La Conferenza ha rappresentato per gli studenti del Montalcini un’occasione unica e preziosa per allargare i loro orizzonti verso le nuove frontiere dell’economia, sempre più indirizzate al rispetto e alla salvaguardia del pianeta e alla predisposizione di un futuro ” a misura d’uomo” per le generazioni attuali ma, soprattutto , per quelle che verranno.

Prevedere il terremoto? Una ricerca italiana apre una nuova strada.
Ne parliamo con Angelo De Santis e Andrea Moccia

È di qualche settimana fa la pubblicazione di un articolo scientifico che apre la strada a nuove possibilità sulla previsione degli eventi sismici. La scoperta mira a far luce su un sistema di ‘comunicazione’ che ci sarebbe tra la litosfera, la parte “solida” più esterna della Terra, e la ionosfera, una regione dell’atmosfera che si trova tra i 60 e i 1000 km di altitudine. A spiegarci il perché dell’importanza di questa scoperta, e come si è arrivati, il professor Angelo De Santis, dirigente di ricerca dell’Ingv e primo firmatario dell’articolo apparso sulla rivista Nature, e Andrea Moccia, geologo e divulgatore scientifico, creatore della pagina socialGeologiaPop”.
Partiamo proprio da quest’ultimo, il quale ha dedicato proprio un video a questa scoperta (per vederlo cliccate qui), per avere un’infarinatura generale sui fenomeni sismici e sul perché in Italia ci sono tanti terremoti.

Puoi spiegarci cos’è, in parole semplici, un terremoto?
Ti rispondo in maniera “Pop”, cioè poco tecnica, così anche i non esperti potranno capire. Il terremoto è l’effetto, la conseguenza della rottura delle rocce. Sicuramente tutti hanno sentito parlare di faglie: bene, le faglie sono proprio quelle “rotture”. Perché avvengono? Beh, la risposta sarebbe complessa, ma riducendo ai minimi termini potremmo rispondere: “Perché le placche tettoniche si scontrano e si separano; lì dove si scontrano e separano avvengono rotture”. Quando avviene una rottura, cioè quando si muove una faglia, c’è liberazione di onde sismiche, che arrivano fino in superficie.

Perché è così difficile poterli prevedere?
Perché in realtà conosciamo ancora poco il sistema terrestre nel suo interno. Voglio dire che l’interno della terra e le sue dinamiche sono ancora per lo più sconosciute. Abbiamo fatto passi da gigante in poco più di un secolo, abbiamo teorie (vedi la deriva dei continenti), che in realtà spiegano tante cose, ma abbiamo ancora tanta strada da fare.
Spesso il pensiero comune tende a credere che conosciamo tutto, che abbiamo il controllo su tutto, anche sui fenomeni naturali. In realtà non è cosi e dovremmo ogni tanto mettere da parte il nostro egocentrismo.

Come mai in Italia ce ne sono così tanti?
Ho fatto un video a tal proposito, è piaciuto tanto. L’Italia si trova nel bel mezzo di un’area geologicamente complessa, fatta di tante placche e placchette tettoniche che si scontrano e si allontanano. Come vi ho detto nel filmato, dove ci sono placche che si allontanano e si avvicinano, ci sono faglie che si attivano. Dove ci sono faglie attive, ci sono terremoti.

Ci sono zone non sismiche?
Ci sono sicuramente zone con bassissimo rischio sismico. Un esempio è la nostra Sardegna. Guarda caso proprio in questi giorni ho pubblicato un video sul perché in Sardegna ci sono così pochi terremoti. La risposta è semplice: non ci sono scontri tettonici. La Sardegna non fa parte dell’Italia dal punto di vista geologico. Un tempo, infatti, era letteralmente attaccata alla penisola Iberica, per intenderci, alla Francia e alla Spagna. Questa differente origine fa sì che oggi la Sardegna non sia interessata dall’attivazione di faglie. In termini più generici, più siamo lontani dai cosiddetti “margini di placca”, meno terremoti avremo. Ovviamente ci sono eccezioni. Sappiate che esistono delle carte che mostrano dove sono situati i margini di placca. Per i più interessati, ho proposto un video anche su questo tema. Basta cercare su youtube.

A parere tuo, qual è la portata di questa recente scoperta?
Più grande di quel che si è percepito. È sicuramente un grande passo in avanti che ci permette di spingere i nostri orizzonti. Però si faccia ben attenzione a non credere che oggi i terremoti siano prevedibili. Abbiamo appena scoperto una relazione tra i terremoti e la ionosfera. Serviranno decenni per capirci qualcosa in più, e non è detto che potremo prevedere i terremoti cosi come prevediamo il meteo nell’arco di 48 ore.

Un giorno saremo in grado di poter prevedere un terremoto a parere tuo?
Personalmente sono fiducioso e sono sicuro che ce la faremo. Poco più di un secolo fa se avessimo detto a qualcuno che avremmo potuto telefonare in ogni punto della terra, avrebbe riso per ore. Oppure, se gli avessimo detto che avremmo creato un mondo digitale (internet) non avrebbe avuto neanche gli strumenti per capirci.
Sono dell’idea che le capacità umane hanno enormi potenzialità. Dobbiamo solo cercare di utilizzarle al meglio, cercando di distaccarci ogni tanto dai meccanismi e dalle dinamiche economiche.

Il professor De Santis ci ha, invece, spiegato più nel dettaglio come si è arrivati a questa scoperta, i suoi significati e quali sono le prospettive future.

Cosa significa questa scoperta e quali prospettive apre professore?
In poche parole abbiamo confermato che nella fase di preparazione di forti terremoti, con una magnitudo di 5.5 o superiore, la litosfera, attraverso dei fenomeni specifici, in qualche modo “comunica” attraverso l’atmosfera fino alla ionosfera, dove abbiamo analizzato i dati magnetici e di plasma ionosferico dai tre satelliti della missione “Swarm” dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa).

Come ha operato questa missione?
Sono stati lanciati dall’Esa tre satelliti gemelli, dotati di magnetometro e un misuratore di particelle di densità elettronica nella ionosfera. Questi satelliti volano a 500 km circa di quota, effettuando delle misure proprio all’interno di questa fascia. Quindi, con un approccio molto rigoroso, analizzando questi dati da satellite, abbiamo confermato, facendo una correlazione statistica, che c’è appunto corrispondenza tra anomalie ionosferiche e successivi terremoti. In pratica qualche mese prima del sisma ci sono delle concentrazioni di anomalie nella ionosfera che precedono i terremoti. E queste concentrazioni sono fortemente significative, in pratica non possono essere dovute ad un andamento casuale.

Può chiarire cosa sia la ionosfera?
La ionosfera è uno strato ionizzato dell’alta atmosfera, siamo oltre i 50 km. Ionizzato vuol dire che non abbiamo soltanto atomi neutri ma ci sono anche atomi ionizzati, cioè con ioni positivi ed elettroni.

Le “concentrazioni” di cui parla, cosa sarebbero?
Generalmente le chiamiamo “anomalie”. Si analizzano il segnale magnetico e di densità elettronica: quando i segnali sono molto diversi da quelli tipici di fondo, allora li consideriamo anomali.
Per essere precisi: analizzando i dati pervenuti durante la semi-orbita dei satelliti (un’orbita completa è di circa un’ora e mezza), questi dati possono subire delle variazioni, quando queste superano due volte e mezzo la variazione tipica nella ionosfera, possiamo dire che si tratta di un’anomalia ed analizziamo questa piccola “finestra” nel tempo e nello spazio. Quello che rileviamo è che c’è una concentrazione di queste anomalie prima dei terremoti, come detto.

Come avviene l’analisi?
L’analisi è rigorosa perché la andiamo a confrontare con diverse centinaia di simulazioni analoghe, in cui confrontiamo sempre lo stesso ‘set’ di terremoti. Abbiamo analizzato 5 anni di dati satellitari su quasi tutta la superficie terrestre, considerando 1500 terremoti di magnitudo di 5.5 o superiori, eseguite le correlazioni e quindi confrontati i risultati dell’analisi di correlazione con quelli ottenuti andando a ridistribuire casualmente le anomalie negli stessi intervalli di spazio e tempo: si trova nettamente che gli indici di concentrazioni di anomalie reali sono una volta e mezza o due volte superiori alla norma. Non possono, perciò, essere una casualità.

Quindi questo apre la possibilità e la speranza nel prossimo futuro di poter prevedere e in qualche modo avvisare la popolazione di un possibile terremoto di forte intensità?
La cosa non è così semplice. Per fare ciò dobbiamo passare da un approccio statistico, che è quello che abbiamo applicato noi, ad un approccio deterministico. Si tenga conto che l’approccio statistico ci ha permesso di affermare con sicurezza che la litosfera comunica, in caso di forti terremoti, con la ionosfera. Ma non in tutti i casi, solo in gran parte di questi i due strati sono in comunicazione. Il passaggio dall’analisi statistica a quella deterministica è, però, molto complicato. Una cosa è dire che in media le anomalie sono legate ai terremoti, ma un’altra cosa riconoscere quali singole anomalie sono attribuibili ad un certo terremoto.

Quanto tempo ci vorrà per passare da un approccio statistico ad uno deterministico?
Questo è un passaggio che richiede molto tempo, non escludo che possa essere molto difficile o quasi impossibile da fare. Sicuramente il primo passo per fare delle conclusioni attendibili era quello di assicurarsi che, in occasione di forti terremoti, ci sia comunicazione tra la litosfera e la ionosfera, cosa che abbiamo fatto. Questo è quello che ha messo la parola fine a una serie di studi che duravano da almeno 20 anni, iniziati da diversi colleghi di team internazionali. Averlo fatto ci permette di avere le speranze, ma serve ancora molto lavoro.

Quindi un giorno avremmo la possibilità di fare delle previsioni sui terremoti?
Non ci sarà mai la possibilità di affermare con certezza dell’arrivo di un terremoto, ma comunque per avere dei dati sempre più attendibili penso che ci vorranno almeno altri 30 o 40 anni, sicuramente più di un’altra generazione di ricercatori, perché il problema è davvero molto complesso. Quello che posso prevedere è che si arriverà ad una soluzione simile a quella delle previsioni meteorologiche, dove si dà una probabilità che piova o che ci sia il sole, ad esempio. In questi termini credo che nel giro di una o due generazioni, gli scienziati potranno dire: “Tra una settimana o, al massimo tra un mese, potrà esserci in quella certa regione un terremoto forte (ad es. di magnitudo uguale o superiore a 6), con una probabilità dell’80-90% che realmente accada”. Probabilmente, tale previsione migliorerà tanto più ci si avvicinerà al momento dell’evento, proprio come per le previsioni meteo.

Da cosa è nata l’idea di guardare verso il cielo per studiare i terremoti?
In realtà quello che stiamo facendo ci fa capire che prima di un forte terremoto anche la ionosfera è perturbata, ma questo non vuol dire che sarà l’unica a fornire segnali precursori, ma invece che è una delle tante sentinelle possibili di un terremoto imminente. La sentinella più famosa, però, rimane il sismografo, che può indicare già l’inizio di una certa sismicità dopo un periodo di calma in una certa regione. Questo può essere un utile strumento per mettere in allerta la Protezione Civile e le popolazioni che vivono in zone a rischio. In tal senso ci sono già, negli Usa e in Giappone, delle procedure di “allerta precoce”, le quali si basano sull’arrivo di “onde P”, che sono le prime ad arrivare dall’ipocentro, dove avviene la “rottura” della faglia che causa i terremoti. A seconda poi della distanza dall’ipocentro, si può avere qualche decina di secondi di tempo, che non è molto, ma può far interrompere tutta una serie di attività a rischio, come far rallentare i treni super-veloci, o bloccarne il passaggio sui ponti.
Tornando alla ionosfera, questa zona si è fatta conoscere ancora prima di essere scoperta, poiché la sua esistenza ci permette di trasmettere da un punto all’altro della superficie terrestre senza perdere il segnale nello spazio, il principio che ha sfruttato Guglielmo Marconi nel 1901 con la prima trasmissione radio transcontinentale, anche se quest’ultimo non sapeva di cosa si trattasse, ma che lo portò al premio Nobel nel 1909. In tutto questo soltanto negli ultimi 10-15 anni si è appreso che la Terra non è affatto un pianeta fatto di tanti strati che non comunicano tra loro, in realtà è un sistema in cui, non solo la parte solida, ma anche le sue parti fluide, come l’atmosfera e la ionosfera, hanno un ruolo importante nella dinamica e nella sua evoluzione.
Quindi quando qualcosa di estremamente energetico, come un terremoto, avviene nella parte solida, la litosfera, in qualche modo, innesca meccanismi di comunicazione anche con i vari strati sovrastanti.

L’Italia è stata in prima fila in questo studio?
L’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è uno dei migliori istituti di ricerca a livello europeo. Abbiamo dato sempre priorità allo studio dei fenomeni fisici terrestri, non solo ai terremoti, ma anche alle eruzioni vulcaniche.
Abbiamo acquisito molta esperienza nello studio del campo magnetico terrestre, con esperti che hanno approfondito lo studio anche delle parti alte dell’atmosfera, il che ci ha permesso di arrivare a questo risultato.
È un lavoro che si è venuto a creare dagli investimenti che sono stati fatti sia a livello nazionale che internazionale. Devo dire che fondamentale è stato anche l’apporto dell’Agenzia Spaziale Europea, la quale ha messo a disposizione i dati dei satelliti ed ha anche finanziato il progetto, ma anche l’Agenzia Spaziale Cinese ha dato un contributo rilevante al nostro team di ricerca, coinvolgendoci nelle attività legate al primo satellite cinese (Cses, Chinese Seismo-Electromagnetic Satellite) per lo studio dei terremoti dallo spazio.

Per concludere possiamo dire che la parte più rilevante resta la prevenzione?
Certo! Proprio come nella vita, dove si deve essere pronti ad affrontare ogni problema possibile. La prevenzione è sicuramente la prima cosa che ci preoccupa, e in questo il nostro ente è sicuramente all’avanguardia perché prepara, per le istituzioni, la carta della pericolosità sismica. Prima di tutto bisogna conoscere quali siano le zone pericolose e quindi prepararci ad affrontare il problema nelle regioni riconosciute come sismiche. Dopo la conoscenza delle regioni dove ci possiamo aspettare maggiore sismicità, allora possiamo intraprendere lo studio della previsione. I modelli fisici che tentano di spiegare la fenomenologia che avviene in occasione di un terremoto, non potrebbero essere costruiti senza una dettagliata ed approfondita conoscenza dei terremoti.
La prevenzione resta la parte più importante.