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Giorno: 18 Aprile 2020

Coronavirus, l’aggiornamento: 22.184 i casi positivi in Emilia-Romagna, 350 in più rispetto a ieri

Da: Organizzatori

I tamponi effettuati sono 4.394 in più rispetto a ieri. 289 nuove guarigioni (5.635 in totale). Scende ancora il numero dei pazienti nelle terapie intensive (-13) e negli altri reparti Covid (-96). I nuovi decessi sono 62

In Emilia-Romagna sono 22.184 i casi di positività al Coronavirus, 350 in più rispetto a ieri. Aumentano le guarigioni: 289 le nuove registrate oggi. I test effettuati hanno raggiunto quota 121.220, 4.394 in più rispetto a ieri. Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Complessivamente, 9.166 persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (118 in più rispetto a ieri). 296 i pazienti in terapia intensiva: 13 in meno di ieri. E diminuiscono anche quelli ricoverati negli altri reparti Covid (-96).

Le persone complessivamente guarite salgono a 5.635 (+289): 2.233 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 3.402 dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Si registrano 62 nuovi decessi: 30 uomini e 32 donne. Complessivamente in Emilia-Romagna sono arrivati a 2.965. I nuovi riguardano 9 residenti nella provincia di Piacenza, 9 in quella di Parma, 10 in quella di Reggio Emilia, 9 in quella di Modena, 14 in quella di Bologna (1 nell’imolese), 2 in quella di Ferrara, nessuno in provincia di Ravenna, 4 nella provincia di Forlì-Cesena (2 nel forlivese e 2 nel cesenate), 5 in quella di Rimini; nessundecesso di persone di fuori regione.

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 3.299 a Piacenza (25 in più rispetto a ieri), 2.768 a Parma (43 in più), 4.217 a Reggio Emilia (127 in più), 3.340 a Modena (39 in più), 3.325 a Bologna (58 in più), 354 le positività registrate a Imola (2 in più), 759 a Ferrara (15 in più). In Romagna sono complessivamente 4.122 (41 in più), di cui 921 a Ravenna (11 in più), 796 a Forlì (16 in più), 600 a Cesena (come ieri), 1.805 a Rimini (14 in più).

La rete ospedaliera: 4.815 i posti letto aggiuntivi destinati ai pazienti Covid-19

Da Piacenza a Rimini, il lavoro della rete ospedaliera per il piano di rafforzamento messo a punto dalla Regione ha portato complessivamente, a oggi, a 4.815 posti letto aggiuntivi destinati ai pazienti Covid 19: 4.280 ordinari (46 in meno di ieri, perché riconvertiti ad attività no Covid) e 535 di terapia intensiva. Nel dettaglio: 630 posti letto a Piacenza (di cui 38 per terapia intensiva), 983 Parma (69 quelli di terapia intensiva), 539 a Reggio Emilia (58 terapia intensiva), 506 a Modena (74 terapia intensiva), 1.117 nell’area metropolitana di Bologna e Imola (151 terapia intensiva, di cui 16 a Imola), 333 Ferrara (38 terapia intensiva), 707 in Romagna, di cui 107 per terapia intensiva (nel dettaglio: 187 Rimini, di cui 39 per terapia intensiva; 22 Riccione; 106 Ravenna, di cui 14 per terapia intensiva, a cui si aggiungono ulteriori 8 posti messi a disposizione da Villa Maria Cecilia di Cotignola per la terapia intensiva; 24 a Faenza, al San Pier Damiano Hospital; 103 Lugo, di cui 10 per terapia intensiva; 89 Forlì, di cui 10 per terapia intensiva, a cui si aggiungono 40 letti ordinari nella struttura privata Villa Serena; 128 a Cesena, di cui 26 per terapia intensiva).

Attività dell’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile

Volontariato

Ieri, venerdì 17 aprile, sono stati 1.172 i volontari di protezione civile dell’Emilia-Romagna impegnati nell’emergenza; dall’inizio delle attivazioni del volontariato si sono accumulate 25.871 giornate complessive.

Le attività più rilevanti sono: supporto ai Comuni per l’assistenza alla popolazione (comprensiva delle funzioni di segreteria e logistica presso i COC): venerdì 17 oltre 800 volontari; supporto alle Ausl nel trasporto degenti con ambulanze, nel trasporto campioni sanitari, nella consegna di farmaci (CRI e ANPAS): 341 volontari.

Proseguono le attività presso la mensa Caritas di Reggio Emilia, e la disinfezione e sanificazione dei mezzi di soccorso a Parma, le attività di monitoraggio della temperatura degli autisti presso il Porto di Ravenna; a Piacenza, una squadra di volontari è stata impegnata nel montaggio di una tenda presso l’Ausl.

Punti triage e drive through

Restano 33 i punti triage attivi in Emilia-Romagna (10 davanti alle carceri, 23 per ospedali e cliniche): 3 in provincia di PC (Piacenza città, Fiorenzuola d’Arda e Castel San Giovanni); 3 in provincia di PR (Parma città, Vaio di Fidenza e Borgotaro); 3 in provincia di RE (Reggio Emilia città, Montecchio e Guastalla); 5 in provincia di MO (Sassuolo, Vignola, Mirandola, Pavullo e Modena città); 3 nella città metropolitana di BO (Sant’Orsola e Maggiore, e a Imola); 2 in provincia di FE (Argenta e Cento); 1 in provincia di FC (Meldola); 1 in provincia di RA (Ravenna città); 1 in provincia di RN (Rimini città), 1 nella Repubblica di San Marino.

Con mezzi dell’Agenzia, dei coordinamenti e consulte provinciali e il lavoro dei volontari, sono state approntate 11 strutture drive through per l’effettuazione di tamponi di verifica a chi è in via di guarigione: Reggio Emilia, Guastalla, Castelnuovo Monti (Re), Cesena, Forlì, Bagno di Romagna (Fc), Modena (2), Imola, Medicina, Ravenna.

Donazioni

I versamenti vanno effettuati sul seguente Iban: IT69G0200802435000104428964

Causale – Insieme si può Emilia Romagna contro il Coronavirus

Riaprire gli acconciatori subito

Da: Ufficio Stampa

Si è svolta oggi la riunione dei componenti del Patto per il Lavoro della Regione Emilia-Romagna, con lo scopo di condividere una posizione unitaria e rappresentativa di tutto il sistema economico regionale per l’incontro con il Governo, previsto per oggi alle ore 18.
Confartigianato Imprese Emilia-Romagna, rappresentata dal presidente Marco Granelli, che ricopre anche la carica di vice presidente vicario nazionale, ha partecipato e condivide il metodo di lavoro impostato sul confronto e sulla condivisione in seno a questo organismo distintivo della nostra regione, inteso anche come cabina di regia per la gestione di questa complessa fase storica.

Confartigianato Emilia-Romagna ha chiesto che le riaperture in questa fase di transizione siano concesse sulla base delle possibilità delle aziende di garantire adeguate condizioni di sicurezza, indipendentemente dalla filiera di appartenenza. Fra queste l’Associazione individua fra le prioritarie le imprese dell’Acconciatura e quelle dell’Edilizia, due settori pesantemente penalizzati dalle misure di blocco sociale

“E’ importante la ripresa delle attività di acconciatura – spiega il presidente Marco Granelli – non solo per i motivi evidenti di difficoltà economica di un settore che conta circa 10.000 imprese e che è completamente fermo da oltre un mese, ma anche perché una ripresa delle attività sarebbe un valido contrasto a fenomeni di abusivismo segnalati sempre più frequentemente in tutto il territorio regionale”.

Le imprese di acconciatura sono perfettamente in grado di garantire la sicurezza poiché possono ricevere per appuntamento regolando gli accessi dei clienti a turno sulla base della metratura del salone, possono far uso di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, visiere, guanti, camici monouso.

Allo stesso modo deve poter riaprire rapidamente il comparto delle Costruzioni, che conta circa 70.000 unità. Marco Granelli ribadisce la necessità di un intervento straordinario: “Occorre una celebrità assoluta per mettere in campo cantieri e opere pubbliche per rafforzare un settore dell’economia già penalizzato nel corso degli anni e che costituirebbe un importante volano di ripresa. Quando diciamo celerità intendiamo anche l’urgenza di un decisivo taglio alla burocrazia; in Italia le imprese devono muoversi fra 160 mila norme, quando in Germania solo meno di seimila. Solo dal 13 aprile a oggi sono state emesse nel nostro Paese 367 ordinanze regionali”.

Coronavirus, graduale ripartenza in alcune filiere produttive

Da: Organizzatori

Sperimentazione di aperture anticipate per alcune filiere internazionali (fra cui automotive e automazione, ceramica, moda, nautica e offshore), per salvaguardare quello straordinario patrimonio che è l’export dell’Emilia-Romagna, e nell’edilizia e costruzioni, con riferimento ai cantieri delle opere pubbliche e dei comparti operativi collegati. Inoltre, avvio dei Tavoli provinciali per l’individuazione dei protocolli di sicurezza da applicare in tutte le filiere e i settori, dalla manifattura alla logistica, dall’agricoltura alla mobilità. Il tutto, garantendo ciò che serve per avere la massima sicurezza. Questa, in sintesi, la proposta che la Regione presenterà ufficialmente al Governo, dopo averla discussa e condivisa questa mattina con il Patto per il lavoro, organismo che dal 2015 vede riuniti con la Regione stessa i rappresentanti delle categorie economiche e datoriali, sindacati, enti locali, professioni, Università e Terzo settore dell’Emilia-Romagna.

Tavolo convocato dal presidente Stefano Bonaccini:“Martedì scorso, alla prima riunione del Tavolo, ci eravamo dati sette giorni di tempo per definire un progetto che fosse dell’intero sistema socioeconomico regionale, e già oggi ci siamo trovati d’accordo: un segnale positivo e di compattezza che arriva dall’Emilia-Romagna, soprattutto in questo momento di dura crisi. Una condivisione essenziale per pensare a una ripartenza nelle massime condizioni di sicurezza. Un progetto che proporremo al Governo, dal momento che solo il Governo ha la competenza sulle attività produttive e quindi su eventuali riaperture o meno. Come perimetro temporale abbiamo il 3 maggio, valido per tutto il Paese. Qualora venisse deciso, potrebbero esserci riaperture prima, ma lo ribadisco: la salute prima di tutto. Ora abbiamo una proposta condivisa per l’Esecutivo nazionale, con l’indicazione di filiere che qui, nel caso, potranno operare sulla base di protocolli per la sicurezza di lavoratori e lavoratrici”.

“Oggi abbiamo circa 500mila lavoratori in cassa integrazione- ha ricordato l’assessore allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla-. Un dato senza precedenti nella storia dell’Emilia-Romagna, ne va della tenuta sociale dei nostri territori. Il calo dei contagi sta funzionando, ma serve prudenza. Non vogliamo tutto aperto o tutto chiuso: dobbiamo portare avanti una ripresa governata. Consegniamo quindi al Governo una proposta, ma perché siamo in grado di governarla. Il tema della responsabilità del processo in questa fase di transizione è fondamentale”.

Sviluppo dei protocolli di sicurezza: le filiere proposte

Il documento condiviso nel Patto per il Lavoro individua le filiere per lo sviluppo dei protocolli di sicurezza. Si va dalla manifattura – centrale nell’economia regionale, con un peso sul valore aggiunto prodotto del 28% e un valore dell’export di 64 miliardi di euro – alle costruzioni (oltre 65.000 imprese con prevalenza della piccola dimensione), al complesso universo del turismo, commercio e pubblici esercizi, al comparto dei servizi alla persona (con imprese che vanno dalla micro-dimensione alle grandi cooperative di servizi). Questo l’elenco degli ambiti individuati nel dettaglio: manifatture e industria; edilizia e cantieri; trasporto merci e logistica; servizi pubblici locali; mobilità delle persone; cultura; commercio, pubblici esercizi, turismo, sport e wellness; agricoltura, industria agroalimentare e pesca; servizi alla persona, terzo settore e sociosanitario; servizi ambulatoriali privati; professionisti e attività di servizio.

In relazione alle diverse filiere, partendo dai protocolli nazionali, potranno essere indicate possibili soluzioni da sperimentare anche con il supporto dei cluster regionali e sulla base degli esiti dei progetti di ricerca finanziati dalla Regione.

I Tavoli provinciali

Diffusione delle linee guida e dei protocolli per la sicurezza dei luoghi di lavoro, garantendo omogeneità di comportamento a livello territoriale. Promozione, dove necessario, di accordi tra parti sindacali e datoriali per garantire l’applicazione, in sede aziendale, delle linee guida; implementazione di tutte le misure possibili per semplificare l’adozione di misure per la sicurezza, così da garantire tempi rapidi e certi al processo di riapertura. Questi i compiti principali che dovranno svolgere, all’interno della regia e del coordinamento del Tavolo regionale del Patto per il lavoro, i Tavoli provinciali. Spetterà sempre a loro, inoltre, un ruolo attivo rispetto all’approvvigionamento delle mascherine e dei dispositivi di protezione individuali, oltre al monitoraggio e alla condivisione di accordi innovativi aziendali o di gruppo.

La riapertura in sicurezza delle prime filiere internazionali

La Regione Emilia-Romagna proporrà al Governo una possibile sperimentazione per la riapertura anticipata di alcune filiere di valenza internazionale. Si tratta di filiere di grande valore e prestigio per l’intero Paese, come quelle dell’automotive e dell’automazione, in grado di garantire l’applicazione di protocolli avanzati e innovativi grazie all’impegno delle parti sociali e delle imprese; della nautica e dell’offshore, che hanno già definito protocolli avanzati per la sicurezza; della ceramica, della moda; dell’impiantistica alimentare, parte integrante della filiera agroalimentare nazionale ed internazionale, e della meccanica agricola, direttamente collegata alla produzione primaria. Infine, la filiera dell’edilizia e delle costruzioni, con particolare riferimento ai cantieri delle opere pubbliche e di supporto alle filiere manifatturiere già operative, oltre alle attività ancora in corso nelle aree del sisma.

Imprese individuali, microimprese, turismo, ristorazione, strutture sportive

I firmatari del Patto hanno condiviso la necessità di assicurare quanto prima un impegno particolare, insieme alle associazioni e ai Tavoli provinciali, per l’implementazione dei protocolli di sicurezza da adottare a favore delle imprese individuali e delle microimprese impegnate nelle attività di supporto alle altre filiere. Uno sforzo rilevante dev’essere dedicato alla ricerca di soluzioni di sicurezza adeguate per i servizi alberghieri e turistico-ricettivi, della ristorazione e dei pubblici esercizi, del wellness, delle strutture sportive, ricreative e culturali, che richiedono standard particolari non solo per i lavoratori ma anche per l’utenza. Per questi ambiti è necessario operare da subito per l’adozione di standard e soluzioni di livello nazionale ed europeo.

L’israeliano Yoram Hazony sostiene “Le virtù del nazionalismo”.
Ma la storia d’Europa ci insegna l’esatto contrario

In tempi di costrizione in casa da pandemia, mi sono preso il tempo di leggere Le virtù del nazionalismo, il libro di Yoram Hazony presentato fresco di stampa a Ferrara lo scorso 12 dicembre 2019.
Dico subito che sono tante le cose che non so, per avere la pretesa di fare il pelo e contro pelo a chi è ritenuto fra i più vivaci intellettuali israeliani contemporanei: filosofo, pensatore politico, biblista, presidente del The Herzl Institute di Gerusalemme. Eppure qualche osservazione si può osare, rispetto a uno studio che entra senza giri di parole in un tema di bollente attualità.

Per quel poco di sintesi che si può fare di 323 pagine, Hazony sostiene che il miglior ordinamento politico sia un ordine mondiale di stati nazionali e indipendenti, mentre il peggiore è quello che si vuole basare su istituzioni internazionali: dall’ONU fino all’Unione Europea. Il motivo di fondo è che questo secondo modello è la costante riedizione di un potere imperiale che, inesorabilmente, finisce sempre per soggiogare e umiliare i legittimi interessi nazionali. Questa convinzione si fonda a partire dalla Bibbia ebraica (la TaNaK, sigla delle iniziali delle raccolte di libri che la compongono: Torah,  ossia i cinque libri del Pentateuco – Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio -, Neviim, i Profeti, e i Ketuvim, tutti gli altri Scritti).
Secondo Hazony, la storia biblica è un lineare e costante anelito alla fondazione dello stato (regno) nazionale d’Israele, contro le brame imperialiste del tempo (dalla schiavitù e della fuga dall’Egitto, con il celebre episodio del passaggio del Mar Rosso, alla cattività babilonese). Le radici religiose delle ‘virtù’ del nazionalismo proseguono con la Riforma protestante, in opposizione, ancora, all’imperialismo della Chiesa di Roma, incarnato nel principio espansionista della sua cattolicità, cioè universalità. Anche il milieu protestante viene ricondotto alle sorgenti del testo sacro d’Israele, dal momento che la Bibbia (in volgare), unitamente alla rivoluzione della stampa, per Lutero fu il cardine della sua svolta.
A sostegno di questo secondo movimento della storia, l’autore legge lo scontro tra Elisabetta (figlia di Enrico VIII) e l’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna (1588), ossia contro l’imperialismo cattolico stile Sacro romano impero. Così presero le mosse le storie nazionali d’Inghilterra (con una chiesa nazionale), cui l’autore aggiunge altri paesi come l’Olanda e la nascita degli Stati Uniti d’America. Esattamente come la Bibbia ebraica sarebbe all’origine anche del peculiare itinerario del cattolicesimo nazionale francese, “testardamente resistendo – scrive – a papi e imperatori”.

Già questo primo basamento nella tradizione biblica a sostegno della causa nazionalista, merita una prima riflessione. Piero Stefani  nel suo Il grande racconto della Bibbia (2017) ricorda che, nonostante le aspirazioni, fu breve l’unità d’Israele, divisosi poi nei regni del Nord e di Giuda, non certo a causa di un’aggressione esterna.
Silvia Zanconato, biblista ferrarese, fa inoltre notare come la Torah, ovvero la Legge al cuore dell’identità e fedeltà ebraica, si chiuda con la visione della Terra promessa, non con la sua conquista e il suo possesso. In altre parole, nella Bibbia convivono e discutono chiavi di lettura in tensione: quella nazionalista, certo, ma anche quella che s’interroga sulla iineliminabile presenza dell’ ‘altro’, compagno, fratello, amico, straniero o nemico, ma sempre imprescindibilmente in rapporto.

Universalismo uguale Imperialismo

Continuando a seguire le tesi di Hazony, si arriva al pensiero liberale-illuminista (da Locke a Kant), messo sul banco degli imputati perché reo di essere anch’esso imperialista. Vediamo perché.
Non convince il filosofo israeliano nemmeno la teoria classica del contratto sociale, in base alla quale dallo Stato Naturale di libertà, l’uomo si emancipa, dando vita alla società per via del consenso, cioè facendo appello alla ragione. Una teoria che sfocia in un universalismo, perché accomuna tutti gli uomini nella cifra della ragione che ne fonda la libertà e, quindi, l’uguaglianza.
Anche in questo caso, universalismo viene letto come imperialismo, al quale Hazony oppone il principio del “patto di mutua fedeltà”, ossia il senso di appartenenza dell’uomo alla famiglia, clan, tribù e, infine, alla Nazione. Un ragionamento che si basa sulla sfera del sé, nel senso che ciascuno sente ogni minaccia come rivolta a se stesso, ai propri genitori, fratelli, parenti, nonni, comunità (clan, tribù) e alla Nazione di cui si sente parte, per cultura, tradizione, educazione e religione.
Viceversa, l’uomo non sentirebbe la medesima intima appartenenza verso una astratta comunità internazionale. Un’analisi che trae forza dalle lezioni filosofiche dello scetticismo ed empirismo anglosassoni, in opposizione all’astrattismo illuminista. Da qui il senso della Nazione che, tradotto, pare l’espressione della triade dio, patria, famiglia. E in difesa della Nazione, ogni uomo sarebbe disposto a qualsiasi sacrificio, mentre non proverebbe alcuna temperatura morale per un universalismo percepito come un’imposizione. E, come tale, imperialista.
Gli esempi storici di Napoleone e di Hitler, sarebbero, secondo questa lunghezza d’onda, compresi nel novero dell’imperialismo, perché intimamente connotati da un espansionismo estraneo al nazionalismo, più tendenzialmente geloso di tutelare-conservare i propri confini, innanzitutto culturali. Il fatto stesso che il Terzo Reich nazista fosse un richiamo esplicito al Primo Reich, si concepisse cioè come la riedizione del Sacro romano impero, è portato come conferma del ragionamento.

Una tesi di destra che non convince

Non convince, almeno me, come si possa trascurare che la follia nazista si sia compiuta nel nome di una ‘tedeschità’ sacralmente investita di dominare il mondo, sulla scorta di una degenerata superiorità razziale, verrebbe da dire, della tribù germanica. Come, del resto, il disastro bonapartista non è stato perpetrato tanto nel nome dei principi illuministi, quanto di un’esondante grandeur tutta francese.
Non sarebbe il caso di ammettere che il verme dell’odio espansionista e oppressivo ha abitato (e abita) sia il pensiero nazionale che quello sovranazionale?
Le nazioni che Hazony annovera virtuosamente alla tradizione della Bibbia ebraica, non hanno forse un passato (e un presente) colonialista: Gran Bretagna, Olanda e Usa?
Non esiste forse una linea tragicamente sottile nel nazionalismo, fra le legittime istanze di liberazione dall’oppressione imperialista (il Risorgimento italiano), e le tentazioni di dominio (la Serbia di Milosevic e di Mladic)?
E quanto la spietata pulizia etnica messa in opera da Tito con le foibe, è da attribuire all’imperialismo marxista,e quanto è invece riconducibile a un nazionalismo slavo?

La parabola autoritaria dittatoriale di Viktor Orban e il 

Arrivando alla cronaca di questi giorni, cosa dire della parabola dell’Ungheria di Orban che, approfittando cinicamente dell’emergenza pandemica, invoca e ottiene i pieni poteri mettendo sotto chiave libertà e garanzie democratiche, tanto che la stessa destra magiara ha gridato al colpo di Stato?
Gli organismi internazionali dovrebbero astenersi dallo stigmatizzare questa pericolosa e inquietante deriva, solo perché sarebbe ‘un’indebita intromissione imperialista’ negli interessi inviolabili di quella nazione?
E sarebbero imperialiste le tante voci che, in tempi di contagio pandemico, lamentano la mancanza di organizzazioni internazionali autorevoli per fare fronte comune ed evitare che ogni Paese vada per conto proprio, ripetendo i tragici errori del passato?
Resto dell’opinione che l’Unione europea, per quanto oggi onestamente inguardabile, debba la sua nascita non alla mai sopita tentazione imperiale, ma al desiderio di prevenire i disastri di un egualmente pericoloso nazionalismo, anch’esso tutt’altro che immune dal virus dell’odio razziale e dell’oppressione. Esattamente come, all’opposto, nell’opzione sovranazionale sarebbe il caso di riconoscere diritto di cittadinanza alla libera e pacifica collaborazione tra i popoli, come possibilità di ordine internazionale e non come voce esclusiva e necessaria della tentazione imperiale.

 

Comacchio: buoni spesa e manutenzione cimitero

Da: Organizzatori

Buoni spesa – Covid 19: dati aggiornati

Il 2 aprile scorso il Comune di Comacchio ha dato avvio la procedura permettere ai cittadini di presentare le domande dei buoni spesa – Covid 19, il Governo infatti ha stanziato i fondi a favore dei Comuni per supportare coloro che stanno subendo le conseguenze delle misure restrittive messe in atto per limitare la diffusione del contagio.
Ad oggi sono state presentate 895 domande, di cui 840 in via telematica, con la procedura online sul sito istituzionale e 45 telefonicamente. Le valutazioni delle richieste sono state 495 (450 on line e 45 telefoniche). Gli uffici comunali hanno dunque predisposto i plichi dei buoni spesa – Covid da consegnare alla famiglie: la consegna è affidata agli operatori della Protezione Civile, che si presentano presso il domicilio dei cittadini muniti di tesserino di riconoscimento. Sono stati raggiunti 421 nuclei familiari e assegnati complessivamente 4.576 buoni spesa – covid.
L’elenco delle attività commerciali convenzionate con il Comune, che ritirano i buoni spesa – covid per il pagamento dei beni di prima necessità acquistati, è costantemente aggiornato e consultabile sul sito www.comune.comacchio.fe.it e sulla pagina Facebook istituzionale.

Cimitero di Comacchio: manutenzione impianto elettrico settore storico

Con l’ordinanza del sindaco del 19 marzo scorso, in osservanza alle disposizioni regionali, i cimiteri del territorio comunale sono stati chiusi al pubblico, pur garantendo il mantenimento dei servizi legati alla sepoltura dei defunti.
Tuttavia, la chiusura prevede l’attività di vigilanza e manutenzione da parte del Concessionario e il Comune si è riservato la possibilità di realizzare, se necessario, opera di manutenzione straordinaria.
In questi giorni la ditta Ercolani Group ha infatti realizzato un’attività di manutenzione all’impianto elettrico nel settore più antico del cimitero di Comacchio, e l’intervento ha reso necessario lo spegnimento delle luci votive.

Coronavirus e diritto allo studio

Da: Organizzatori

L’assessore Salomoni: “Grazie ad Er.Go e ai Comuni non abbiamo lasciato soli gli studenti, anche questo è diritto allo studio”

Mascherine protettive a tutti gli studenti rimasti nelle residenze universitarie dell’Emilia-Romagna.

I dispositivi di protezione individuale sono stati distribuiti nei giorni scorsi, in tutte le sedi universitarie della regione, grazie alla straordinaria disponibilità dei Comuni, che si sono prodigati per fornire le dotazioni necessarie ai quasi 1.600 studenti rimasti in Emilia-Romagna nonostante l’emergenza per il coronavirus.

“Anche azioni come queste fanno parte dei servizi garantiti dal diritto allo studio, in cui l’Emilia-Romagna si pone ai primi posti in Italia per attenzione ed efficienza- spiega l’assessore regionale all’università, Paola Salomoni-. Il mio personale ringraziamento va all’Azienda regionale per il diritto allo studio Er.Go., che ha coordinato la distribuzione, come a tutti i Comuni che hanno consentito di non lasciare senza dotazioni in questo particolare frangente gli studenti universitari rimasti nelle residenze”.

“Anche questo è un modo concreto per far sentire gli studenti fuori sede parti integranti delle nostre comunità- osserva la direttrice di Er.Go, Patrizia Mondin-. È un bel segnale, soprattutto in un periodo così complicato in cui le Istituzioni sono chiamate a tanti sforzi per garantire la loro vicinanza ai cittadini”. /BM

Coronavirus: Coldiretti, servono voucher e macchine, sos raccolti

Da: Coldiretti

“Lo stop prolungato al settore della meccanica agricola aggrava la situazione di difficoltà nelle campagne dove alla mancanza di lavoratori per i raccolti si aggiungono le difficoltà per le forniture di macchine, attrezzature e ricambi agricoli necessari per la lavorazione nei terreni”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che chiede al più presto i voucher per il settore e di riaprire la meccanica agricola come hanno già fatto molti Paesi.

Per garantire l’approvvigionamento alimentare – sottolinea Prandini – la meccanizzazione diventa una scelta necessaria in questo momento in cui è venuto a mancare l’apporto lavorativo di molti degli stagionali stranieri che ogni anno arrivavano dall’estero garantendo ¼ delle giornate lavorative nei campi, a causa del blocco delle frontiere. Le imprese agricole – continua Prandini – necessitano di macchine, attrezzature e ricambi per arare il terreno, seminare, mantenere sane le colture, irrigare e raccogliere ma anche per dar da mangiare agli animali, mungere e conservare il latte.

Sul piano nazionale è necessario però subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne afferma il presidente della Coldiretti nel precisare che l’Italia non ha bisogno di posizioni ideologiche o di scorciatoie, ma di scelte pragmatiche per il bene del Paese, come quelle che riguardano l’agricoltura e la produzione alimentare. Secondo l’analisi della Coldiretti quasi 1/3 dei lavoratori stagionali agricoli che veniva in Italia temporaneamente lavorava in sole 6 province e quelle che registrano i valori assoluti più elevati sono Bolzano (6%), Verona (5%), Foggia (5%), Latina (4%), Trento (4%) e Cuneo (4%) dove i voucher rappresentano l’unico realistico strumento per intervenire concretamente.

Per combattere le difficoltà occupazionali, garantire le forniture alimentari e stabilizzare i prezzi con lo svolgimento regolare delle campagne di raccolta in agricoltura la Coldiretti ha varato la banca dati “Jobincountry” autorizzata dal Ministero del Lavoro” precisa Prandini nel sottolineare che si tratta di piattaforma di intermediazione della manodopera autorizzata che offre a imprese e lavoratori un luogo di incontro, prima virtuale on line e poi sul campo.

In pochi giorni sono giunte migliaia di richieste di cittadini italiani in difficoltà e tra questi per le difficoltà dell’industria, del turismo e di api settori del commercio – rileva la Coldiretti – molti beneficiano di un ammortizzatore sociale che perderebbero se fossero assunti nei campi. E per questo che –conclude la Coldiretti – servono in voucher limitatamente a certe categorie e solo strettamente per il periodo di emergenza del coronavirus al termine del quale è auspicabile la ripresa del mercato del lavoro.

25 aprile 2020

Da: PREFETTURA U.T.G. di FERRARA

Con lettera indirizzata al Presidente della Provincia, ai Sindaci ed ai dirigenti degli Uffici Pubblici della provincia, il Prefetto Michele Campanaro ha oggi comunicato che l’Ufficio del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto per sabato 25 aprile, 75° anniversario della Liberazione, il consueto imbandieramento civile degli edifici pubblici con le bandiere italiana ed europea. Sugli edifici già quotidianamente imbandierati potranno essere esposti ulteriori esemplari della bandiera nazionale e di quella europea.
In ragione dei provvedimenti restrittivi legati all’emergenza sanitaria per la diffusione del coronavirus Covid-19, quest’anno non si terrà la tradizionale deposizione all’Altare della Patria da parte del Presidente della Repubblica, né sono previste cerimonie coordinate dai Prefetti.
Eventuali iniziative di deposizione di corone presso i monumenti ai caduti da parte di Istituzioni territoriali o locali dovranno prevedere la presenza della sola Autorità deponente, evitando il coinvolgimento di altre autorità o formazioni militari e comunque escludendo qualsiasi forma di assembramento della popolazione.

Coronavirus. Il taglio della legna

Da: Organizzatori

L’assessora Lori: “Con questa precisazione diamo una risposta alle tante esigenze che ci sono state rappresentate in questi giorni”

È possibile uscire per occuparsi del taglio della legna per autoconsumo, ma solo in caso di comprovato stato di necessità, rimanendo all’interno del territorio del proprio Comune di residenza e rispettando i termini previsti dal Regolamento forestale regionale (n. 3/2018).

È la precisazione dell’assessorato alla Montagna e Programmazione territoriale, alla luce del vigente divieto di spostamenti previsto in seguito all’emergenza Covid-19, che limita le possibilità di uscire solo alle situazioni di effettivo bisogno.

“Con questo chiarimento, nell’ambito delle disposizioni del decreto del Governo, e in relazione al regolamento forestale regionale, diamo riscontro alle tante esigenze che ci sono state rappresentate in questi giorni- sottolinea l’assessora Barbara Lori-. In questo momento di emergenza è particolarmente importante rispondere alle necessità significative delle persone e dei comuni”.

In particolare, con il dpcm 10 aprile 2020 le attività silvoculturali di tipo professionale (codice Ateco 02) sono state inserite tra quelle essenziali: il settore forestale ha quindi già potuto riprendere le proprie attività.

Per quanto riguarda, invece, i tagli boschivi per autoconsumo, la normativa non ha subito modifiche in quanto non si tratta di attività produttive. I tagli per l’uso personale di legname pertanto sono al momento consentiti solo in presenza di una effettiva situazione di necessità, limitando gli spostamenti dalla propria abitazione entro il territorio del proprio Comune di residenza e rispettando i termini del 30 aprile (15 maggio per i faggeti) previsti dal regolamento forestale regionale, oltre i quali tali attività dovranno interrompersi.

PRESTO DI MATTINA
SIAMO TUTTI CLAUDICANTI, TUTTI MIGRANTI:
Non cerchiamolo in cielo, è sulla Terra che troviamo Cristo

Anni fa, quando m’imbattei nell’opera pittorica di Georges Rouault (1871-1958), ne rimasi sorpreso. Le sue tele ‒ pensai ‒ riflettono bensì la disumanità dell’uomo, ma testimoniano al contempo anche il volto umano di Dio nel mondo. È nella realtà del suo tempo, segnata da profonde disuguaglianze sociali mascherate da un’ipocrisia dilagante, che egli trova la sua ispirazione, intrecciando il tutto con una spiritualità incarnata. Emerge così nella sua narrazione pittorica un carattere sacro generato da una duplice polarità: fede e vita, spiritualità e realtà, si fondono assieme inducendo lo stesso autore a definire la propria opera come un’ardente testimonianza della compassione di Dio per gli uomini. Con gli occhi della sua pietà, il pittore ritrae questa vicinanza di Cristo agli uomini e alle donne del proprio tempo sull’orlo di un abisso esistenziale; una prossimità che lo porta a condividere con loro, tanto l’esclusione e il rifiuto, quanto la speranza di un riscatto che proviene dalla Sua stessa vita.
Domani è l’ottava di pasqua. La settimana vissuta come fosse un solo giorno, quello di Pasqua, in cui facciamo memoria dell’incontro di Gesù Risorto con Tommaso: un episodio dipinto più volte proprio da Georges da Rouault in quadri che egli intitolò “Seigneur, c’est vous, je vous reconnais”. Vi si ritrae il riconoscere di un altro irriconoscibile, uno straniero del quale, come a Emmaus, il Risorto assume le sembianze. «Sei tu Signore, ti riconosco»: da allora questa frase risale in me ogni volta che accade un incontro, specie se difficile, l’incontro con il dolore e la sofferenza. Perché ormai queste parole si sono inestricabilmente intrecciate alle altre ‒ che parimenti tengono insieme fede e vita riflettendo l’opera di giustizia su cui riposa la benedizione del Signore ‒: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…».

Colpisce il fatto che nel Tommaso di Rouault alla fine le ferite non vengono toccate; il riconoscimento accade prima, senza dipendere dal vedere le piaghe nelle mani e nei piedi del Cristo o nel mettere la mano nel suo costato. Il riconoscimento del Risorto scaturisce dalla pietà, da quella compassione, da quell’amore verso la condizione umana calpestata  che supplisce ogni vedere e toccare ed è generativa del credere. L’amore come forma di fede, propria di quei credenti cui si rivolge la beatitudine finale di questo brano del vangelo: «beati quelli che non hanno visto ‒ e potremmo anche dire: amato ‒ e hanno creduto!».
Ecco l’invito della Pasqua: quello di vedere con il cuore, di riconoscere nell’altro noi stessi, e in lui vedere anche la nostra fragilità, il nostro dolore. Nel Risorto convergono, in fondo, il suo e il nostro destino, così come quello di ogni uomo. Per questo, come narrato ne La leggenda del Grande Inquisitore (il manifesto del pensiero religioso di Dostoevskij ndr.), Egli non è da cercare in cielo. Lo ricorda anche l’evangelista Luca negli Atti degli apostoli.«Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”». È qui, dunque, sulla terra, che Cristo va cercato e incontrato, perché egli è già qui e viene sempre. È da cercare claudicante con chi zoppica, sulle strade della nostra quotidianità, che egli percorre per rialzarci e così disvelare il valore della nostra claudicanza.
Pasqua è un essere rialzati: o meglio innalzati proprio perché, prima, ci si è abbandonati, come Gesù, nelle mani del Padre. Innalzati perché siamo stati amati e perché riusciamo ad amare nonostante la nostra fragilità, comprendendo che cercare le cose di lassù significa cercare il Risorto tra noi.

Alzarsi è il verbo della risurrezione; non più disteso ma in piedi, libero dalle bende, perché liberato dai legami della morte. Colui che si è abbassato fino alla morte e alla morte di Croce è stato innalzato dal Padre, che gli ha dato il nome sopra ogni altro nome, affinché in Gesù ciascuno di noi venga rialzato e rimesso in cammino.
La fede a Pasqua non è una fede trionfante ma claudicante: cammina zoppicando. Parola nuova per dire la nostra fragilità, il nostro farci e divenire, progredendo nella vita come nella fede. E se ci pensate bene, anche l’amicizia ‒ che «è metà della vita» come mi disse una volta don Ones , parroco prima di me a S. Maria in Vado ‒ è esperienza di claudicanza. Perché l’amicizia autentica ci rende consapevoli che senza l’altro si è zoppicanti. E parimenti anche la fede è zoppa senza uno a cui affidarsi.
Ma questa debolezza del credere è anche la nostra forza, rendendoci capaci di distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo oltre, al di fuori, vero l’incontro con l’altro.
È nella relazione, nella compagnia della fede, scoprendo che l’altro mi manca e non posso vivere senza, che avviene la crescita che ci trasforma. Come la pasta in compagnia del lievito, il cibo del sale, il seme in compagnia della terra, così anche noi in compagnia della dolce amicizia del Cristo che come uno straniero si accompagna mentre siamo in cammino, trasformiamo la nostra vita. Nella nostra condizione umana sta fortunatamente una claudicanza che ci impedisce di esistere da soli, come una torre senza porte e finestre, una vita vuota in solitudine.

Lo constatiamo anche in questa situazione di quarantena: cosa saremo senza gli altri? I malati senza i medici, noi senza farmacie e alimentari aperti, senza i vicini che ci rivolgono una voce. La nostra realtà più profonda, quella di esseri incompiuti ma orientati, in trasformazione verso una pienezza, in movimento verso un compimento, ci viene allora manifestata proprio dalla claudicanza: essa ci spinge a cercare sempre di nuovo e oltre, in profondità e fuori, in avanti e al di sopra. Ci distoglie dal nostro io, e se in apparenza ci sottrae a noi stessi, in realtà ci completa nella relazione, come il seme che diventa spiga, o il fiore frutto.
In fondo, siamo pellegrini e ospiti anche in questa città, di cui pure siamo responsabili. Lo sguardo resta però rivolto alla città di lassù, nella consapevolezza ‒ altro aspetto della nostra claudicanza umana ‒ che non abbiamo qui una città definitiva. Una condizione che ci rende per definizione precari, tutti indistintamente migranti, ridimensionando la nostra illusione di onnipotenza, scalzata dal desiderio di condividere e moltiplicare con gli altri il pane della Pasqua, che è pane per tutti, anzi pane di tutti.

Spezzate il pane alla vostra tavola oggi, e ricordate che così ha fatto anche Gesù condividendo con chiunque desiderasse stargli accanto. Forse che non ci si restringe quando nasce un figlio? E quando vien un ospite, non ci si rimpicciolisce e gli si lascia il posto più bello? Il tutto senza sacrificio, perché la loro presenza ci completa, ci fa evolvere, ci darà la stessa gioia che emozionò i due di Emmaus nel riconoscere il Signore. Vedete che si può rimpicciolire senza diminuirsi.
I discepoli a Pasqua sono come i bambini che hanno appena iniziato a vedere o a camminare, che stanno in piedi a malapena. È l’esperienza di Pietro e Giovanni: uno corre e arriva prima, ma si ferma e lascia entrare il secondo claudicante che lo segue. Vedete: la fede di uno aiuta la fede dell’altro, e così si completano. Per questo dobbiamo pensare  che anche la Chiesa è una realtà claudicante.
Ce lo ricorda il Concilio che paragona la Chiesa alla luna. Cosa sarebbe infatti la luna senza la luce del sole; resterebbe buia, non diminuirebbe ma non crescerebbe nemmeno, rimanendo spenta e invisibile. Così anche la Chiesa, senza rimpicciolirsi e far posto a Cristo e ai fratelli, non potrebbe riflettere colui che è la luce delle genti; non sarebbe più inviata né missionaria; non sarebbe più niente.

Per concludere, una piccolissima parabola nella quale ci si ricorda che chi si rimpicciolisce, come la luna, per fare spazio agli altri, ascoltarli ed aiutarli, e donare anche la vita, avrà la gratitudine di molti e la vita per sempre nel Signore risorto.
Si racconta che quando il Creatore fece i due grandi luminari del cielo, la luna protestò: “Due sovrani non possono fregiarsi della medesima corona.”
“Hai ragione”, rispose il Creatore, “non ci avevo pensato, vai e rimpicciolisciti.”
La luna rimase a dir poco mortificata, allora il creatore riprese. “Vai, la tua incompiutezza ti darà una moltitudine di sorelle e fratelli. Rimpicciolirsi non significa diminuirsi ma aprirsi e fare spazio all’intero universo.”
La luna esitò un momento e in quell’attimo, come ogni chicco di grano che sta per essere gettato nella terra od ogni uomo che sta per morire, sentì una grandissima solitudine ed ebbe paura. Ma fu solo un attimo, perché subito ricordò quella parola, “Sia la luce”, che aveva illuminato ogni cosa, e senza più indugiare si tuffò nella luce. In quel momento l’oscuro denso orizzonte del nulla si aprì all’infinito, e una moltitudine di stelle, pianeti, galassie si dispiegò a perdita d’occhio, senza fine, sotto il suo sguardo, incredulo per la gioia.
Sono i mistici, i genitori e i poeti i più sensibili al dovere di rimpicciolirsi davanti al mistero della vita, al mistero di Dio e al mistero della parola generatrice di senso. La scrittrice Lalla Romano così ci racconta la fede: “Fede non è sapere / che l’altro esiste /  è vivere dentro di lui / Calore / nelle sue vene / Sogno / nei suoi pensieri / Qui aggirarsi dormendo / in lui destarsi.”.
Destarsi in lui: questa è la Pasqua.