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Giorno: 3 Maggio 2020

DIARIO IN PUBBLICO
Il Bassani nascosto

I pelosi

Stella
Bob

Bob è di Laura Sensi, Stella di Linda Mazzoni e Claudio Gualandi. Da quando sono passato al ruolo di criceto mi osservano con sempre maggior sospetto, domandandomi con leggeri uggiolìi e leccatine discrete cosa sta succedendo. Imbarazzato, rispondo che mi sfugge un video su Bassani, che il Comune di Ferrara ha prodotto su un’idea dell’assessore alla cultura Marco Gulinelli che, in teoria, dovrebbe essere il mio superiore nella gerarchia di quell’assessorato. Ma come mai? La storia è lunga e va brevemente riassunta. Quando venne firmato l’atto di istituzione della donazione Prebys alla città di Ferrara e la nascita del Centro studi bassaniani, tra le condizioni ineliminabili c’era che chi scrive questa nota sarebbe diventato co-curatore del Centro da parte del Comune. In altre parole ho dovuto assumere il ruolo di dirigente comunale (sic!), che avrebbe dovuto sorvegliare il buon funzionamento del Centro e riferire al suo diretto superiore: l’assessore. Negli anni in cui è avvenuto, anno dopo anno, il passaggio di opere straordinarie appartenute a Bassani e donate dalla prof. Prebys e dagli altri eredi, i Liscia per la sorella Jenny e gli altri eredi del fratello Paolo, il Centro sempre più assume il ruolo di una biblioteca, che lavora in perfetta concomitanza con la maggiore delle nostre biblioteche: l’Ariostea. Qui al Centro sono custoditi alcuni manoscritti di Bassani, quadri preziosi, i mobili, i libri, materiale fondamentale, tanto da diventare l’intero complesso un punto ineliminabile di riferimento per gli studiosi dello scrittore. In più il Centro è allocato in uno dei più bei palazzi ferraresi, appartenuto alla famiglia Minerbi, il cui capostipite Giuseppe fu amico intrinseco dello scrittore e a cui Bassani dedicò L’airone.

Da una nota di un giornale locale frattanto vengo a sapere che, in tempo di celebrazioni del ventennale della morte dell’autore, sarebbe stato prodotto un video, che intendeva onorare la memoria dello scrittore. Interpellata, la prof. Prebys mi assicura che neanche a lei era stata annunciata quella iniziativa, estremamente legittima, ma a cui forse sarebbe stata auspicabile un’informazione diretta. Così, un poco sconcertato, chiedo quando avrei potuto vedere il video. Mi si dice che la visione sarebbe avvenuta nel programma di Marzullo Mille e un libro, che come molti sanno, comincia alle 1.35 di notte. Armato di pazienza punto la sveglia e alle 1 mi pongo davanti alla tv, dove alle 2.45 finalmente riesco a gustare, da buon criceto, il video in questione. Sulle note di una celeberrima poesia di Bassani, Rolls Royce, sfilano in bianco e nero le immagini di quella Ferrara che lo scrittore ricorda, immaginando quel viaggio attraverso la città compiuto da morto. La voce dello scrittore si mescola con quella della figlia Paola, della nipote, dei due fratelli Sgarbi, amici di famiglia e con quella di due attori, che Bassani conobbe allorché insegnava all’Accademia di Arte drammatica di Roma. Il tutto sotto la sapiente organizzazione dell’assessore Gulinelli.  Ma da criceto perplesso domando: “Ma perché non sono stato informato di quella lodevole iniziativa? Quali sono i motivi di questo silenzio?”

Lo so Bob e Stella. Non sempre le ragioni di questa città collimano con l’evidente interesse (culturale) della stessa. Mi ricordo che in un bellissimo romanzo di Eshkol Nevo, Nostalgia, di questo sentimento si dà una definizione assai pregnante, che si riassume nel concetto dell’altrove. ‘Essere altrove’ è nostalgia. Così alle tre città a cui ho dedicato il mio lavoro: Ferrara, Firenze, Bassano forse avrei potuto cedere alla nostalgia. Essere a Venezia per esempio e fare di Ferrara il luogo dell’altrove. Vivissimo ricordo è quello che mi affiora alla memoria in un colloquio fiorentino con Giorgio. Io abitavo a Bellosguardo, in un luogo sublime. L’architetto che restaurò quella casa aveva creato a Fiesole una abitazione per Bassani, che non volle mai andare ad abitarvi. Per lui il luogo della sua ‘ferraresità fiorentina’ era il Grand Hotel, o l’Hotel de la Ville, dove ricreare la sua nostalgia di Ferrara. Che nulla ha a che fare con, per me, improprio paragone che Vittorio Sgarbi crea tra Ariosto e Bassani. Ma si sa, amici pelosi, queste riflessioni possono essere tenute in considerazione da un povero criceto?
Ferrara quanto mi costi ancora oggi. Vado a dormire presto. Devo recuperare la notte insonne alla ricerca del Bassani perduto, o reso invisibile.

LO CUNTO DE LI CUNTI
Il treno ha fischiato

Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini

La ribellione al superiore, la pazzia, il viaggio di una vita, tutto in tre paginette. Luigi Pirandello e la sua splendida novella Il treno ha fischiato entrano di diritto nel catalogo di Lo Cunto de li Cunti. La lettura a voce alta è affidata all’attrice Barbara Pizzo.
Siamo alla settima puntata, e ormai
Lo Cunto non è più uno strano esperimento, ma un appuntamento fisso. Che lettori e ascoltatori, almeno così ci pare, hanno incominciato ad apprezzare. Tornerà puntuale ogni domenica a farvi compagnia.
(I Curatori)

Luigi Pirandello, Il Treno ha fischiato (1914) – letto da Barbara Pizzo.

Vuoi Leggere il testo?

IL TRENO HA FISCHIATO

Farneticava. Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo ripetevano tutti i compagni d’ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall’ospizio, ov’erano stati a visitarlo.
Pareva provassero un gusto particolare a darne l’annunzio coi termini scientifici, appresi or ora dai medici, a qualche collega ritardatario che incontravano per via:
Frenesia, frenesia.
Encefalite.
Infiammazione della membrana.
Febbre cerebrale .
E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajo azzurro della mattinata invernale.
Morrà? Impazzirà?
Mah!
Morire, pare di no…
Ma che dice? che dice?
Sempre la stessa cosa. Farnetica…
Povero Belluca!
*E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime condizioni in cui quell’infelice viveva da tant’anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e che tutto ciò che Belluca diceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia, poteva anche essere la spiegazione più semplice di quel suo naturalissimo caso.

*Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s’era fieramente ribellato al suo capo ufficio, e che poi, all’aspra riprensione di questo, per poco non gli s’era scagliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse d’una vera e propria alienazione mentale.
Perché uomo più mansueto e sottomesso, più metodico e paziente di Belluca non si sarebbe potuto immaginare.
*Circoscritto… sì, chi l’aveva definito così? Uno dei suoi compagni d’ufficio. Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione di computista, senz’altra memoria che non fosse di partite aperte, di partite semplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni; note, libri mastri, partitarii, stracciafogli e via dicendo. Casellario ambulante: o piuttosto, vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d’un passo, sempre per la stessa strada la carretta, con tanto di paraocchi.
Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza pietà, cosi per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po’, a fargli almeno drizzare un po’ le orecchie abbattute, se non a dar segno che volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S’era prese le frustate ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo com’era da anni e anni alle continue solenni bastonature della sorte.
Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto d’una improvvisa alienazione mentale.
*Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva il diritto di fargliela, il capo ufficio. Già s’era presentato, la mattina, con un’aria insolita, nuova; e cosa veramente enorme, paragonabile, che so? al crollo d’una montagna era venuto con più di mezz’ora di ritardo.
Pareva che il viso, tutt’a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi gli fossero tutt’a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d’improvviso all’intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt’a un tratto gli si fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.
Così ilare, d’una ilarità vaga e piena di stordimento, s’era presentato all’ufficio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.
La sera, il capo ufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte:
E come mai? Che hai combinato tutt’oggi?
Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza, aprendo le mani.
Che significa? aveva allora esclamato il capo ufficio, accostandoglisi e prendendolo per una spalla e scrollandolo. Ohé, Belluca!
Niente, aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza e d’imbecillità su le labbra. Il treno, signor Cavaliere.
Il treno? Che treno?
– Ha fischiato.
Ma che diavolo dici?
Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare…
Il treno?
Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia… oppure oppure… nelle foreste del Congo… Si fa in un attimo, signor Cavaliere!
Gli altri impiegati, alle grida del capo ufficio imbestialito, erano entrati nella stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi.
Allora il capo ufficio che quella sera doveva essere il malumore urtato da quelle risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima di tanti suoi scherzi crudeli.
Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore di tutti, s’era ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva fischiato, e che, perdio, ora non più, ora ch’egli aveva sentito fischiare il treno, non poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo.
Lo avevano a viva forza preso, imbracato e trascinato all’ospizio dei matti.

*Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva:
Si parte, si parte… Signori, per dove? per dove?
E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, di solito cupi, senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d’un bambino o d’un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite; espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in bocca a lui, cioè a uno che finora non s’era mai occupato d’altro che di cifre e registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo; parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite.
*Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell’improvvisa alienazione mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma neppur una lieve sorpresa.

Difatti io accolsi in silenzio la notizia.
E il mio silenzio era pieno di dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca contratti in giù, amaramente, e dissi:
Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche cosa dev’essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché nessuno sa bene come quest’uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mi spiegherò tutto naturalissimamente, appena l’avrò veduto e avrò parlato con lui.

*Cammin facendo verso l’ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a riflettere per conto mio:
“A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita “impossibile”, la cosa più ovvia, I’incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d’un ciottolo per via, possono produrre effetti straordinarii, di cui nessuno si può dar la spiegazione, se non pensa appunto che la vita di quell’uomo è “impossibile”. Bisogna condurre la spiegazione là, riattaccandola a quelle condizioni di vita impossibili, ed essa apparirà allora semplice e chiara. Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla per se stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma quale dev’essere, appartenendo a quel mostro.
Una coda naturalissima. ”

*Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.
Ero suo vicino di casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si domandavano con me come mai quell’uomo potesse resistere in quelle condizioni di vita.
Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste due, vecchissime, per cataratta; I’altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa; palpebre murate.
Tutt’e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perché nessuno le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti, l’una con quattro, l’altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo né voglia da badare ad esse; se mai, porgevano qualche ajuto alla madre soltanto.
Con lo scarso provento del suo impieguccio di computista poteva Belluca dar da mangiare a tutte quelle bocche? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa: carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli indiavolati di quelle cinque donne e di quei sette ragazzi finché essi, tutt’e dodici, non trovavan posto nei tre soli letti della casa.
Letti ampii, matrimoniali; ma tre.
Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli, tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano anch’esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava quando veniva la sua volta.
Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte, finché la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé.
Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, e subito sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più intontito che mai.

Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto naturalissimo.
*Quando andai a trovarlo all’ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per segno. Era, sì, ancora esaltato un po’, ma naturalissimamente, per ciò che gli era accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che lo credevano impazzito.
Magari! diceva Magari!
Signori, Belluca, s’era dimenticato da tanti e tanti anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva.
Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come una bestia bendata, aggiogata alla stanga d’una nòria o d’un molino, sissignori, s’era dimenticato da anni e anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva.
Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per l’eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d’addormentarsi subito. E, d’improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno.
Gli era parso che gli orecchi, dopo tant’anni, chi sa come, d’improvviso gli si fossero sturati.
Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d’un tratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s’era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme tutt’intorno.
S’era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era corso col pensiero dietro a quel treno che s’allontanava nella notte.
C’era, ah! c’era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c’era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava… Firenze, Bologna, Torino, Venezia… tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentr’egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s’era chiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell’arida, ispida angustia della sua computisteria… Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L’attimo, che scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l’immaginazione d’improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari… Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C’erano, mentr’egli qua viveva questa vita ” impossibile “, tanti e tanti milioni d’uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch’egli qua soffriva, c’erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti… sì, sì, le vedeva, le vedeva, le vedeva cosi… c’erano gli oceani… Ie foreste…
E, dunque, lui ora che il mondo gli era rientrato nello spirito poteva in qualche modo consolarsi! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere con l’immaginazione una boccata d’aria nel mondo.
Gli bastava!
Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S’era ubriacato. Tutto il mondo, dentro d’un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era ancora ebbro della troppa troppa aria, lo sentiva.
Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo ufficio, e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capo ufficio ormai non doveva pretender troppo da lui come per il passato: doveva concedergli che di tanto in tanto, tra una partita e l’altra da registrare, egli facesse una capatina, sì, in Siberia… oppure oppure… nelle foreste del Congo:
Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato…

Luigi Pirandello, IL Treno ha Fischiato, apparso sulle colonne del Corriere della Sera nel febbraqio del 1914), sta in La Trappola, Treves, 1915

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Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi

Supporto per sordi, ciechi, ipovedenti e stranieri del servizio consegna spesa e farmaci a domicilio

Da: Sala Operativa Locale
Croce Rossa Italiana – Comitato di Ferrara

Con la presente abbiamo il piacere di informarvi che è stata potenziata l’accessibilità del servizio di consegna spesa e farmaci a domicilio gestito dal Comitato di Ferrara della Croce Rossa Italiana, attivato per supportare le persone che, a causa dell’emergenza Coronavirus Covid-19, non siano in grado di provvedervi autonomamente.

Grazie alla collaborazione con l’Associazione per l’Inclusione di Udenti e Sordi Aidus Ferrara, l’Ente Nazionale Sordi ENS Ferrara, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti UICI sezione di Ferrara sono stati predisposti specifici protocolli d’intervento per garantire alle persone sorde, cieche o ipovedenti di fare richiesta del servizio senza ostacoli (in allegato un’immagine esemplificativa).

La competenza linguistica e la disponibilità di Volontari di Croce Rossa consente inoltre di erogare, su richiesta, il servizio in altre 11 lingue: arabo, bosniaco, serbo, tedesco, inglese, francese, spagnolo, croato, moldavo, portoghese, rumeno.

Anziani, persone con fragilità, soggetti immunodepressi presenti sul territorio ferrarese e che si trovino nell’impossibilità di accedere ai beni di prima necessità, anche a causa di quarantena o di positività al contagio, possono fare richiesta del servizio tutti i giorni dalle 10 alle 12 al numero 0532-1823196.

Le persone sorde possono richiedere il servizio attraverso la pagina Facebook @spesaEfarmaciSordiFerrara o alla mail domiciliare@criferrara.it.

Gli stranieri possono inviare, nella loro lingua madre, una mail a domiciliare@criferrara.it con i loro rifermenti e saranno contattati da un mediatore linguistico.

Ulteriori dettagli e il supporto audio video descrittivo del servizio sono disponibili sulla pagina dedicata del nostro sito www.criferrara.it/domiciliare.

Coronavirus, l’aggiornamento: 26.016 i positivi in Emilia-Romagna dall’inizio della crisi, 166 in più rispetto a ieri, incremento fra i più bassi in assoluto

Da: Organizzatori

Quelli lievi in isolamento a domicilio sono 6.131 (-165). Salgono a 197.075 i tamponi effettuati: 4.940 in più rispetto a ieri. In diminuzione i ricoverati nei reparti Covid (- 36). I nuovi decessi sono 28

In Emilia-Romagna, dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus si sono registrati 26.016 casi di positività, 166 in più rispetto a ieri: incremento fra i più bassi in assoluto fra quelli registrati finora. I test effettuati hanno raggiunto quota 197.075 (+4.940).

Importante il dato sulle nuove guarigioni, che oggi sono 416 (13.329 in totale), e quello sul calo dei casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -278, passando dai 9.323 registrati ieri ai 9.045 odierni. Per un differenziale fra guariti complessivi e malati effettivi di 4.284, fra i più alti nel Paese.

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 6.131, -165 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 197, pressoché in linea col dato di ieri (+1). Diminuiscono quelli ricoverati negli altri reparti Covid (- 36).

Le persone complessivamente guarite salgono quindi a 13.329 (+416): 3.176 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 10.153 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registrano 28 nuovi decessi: 19 uomini e 9 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.642.
I nuovi decessi riguardano 3 residenti nella provincia di Piacenza, 1 in quella di Parma, 5 in quella di Reggio Emilia, 3 in quella di Modena, 5 in quella di Bologna (nessuno nell’imolese), 6 a Ferrara, nessuno a Ravenna, 4 in quella di Forlì-Cesena (tutti nel forlivese), 1 nel riminese. Nessun nuovo decesso da fuori regione.

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.214 a Piacenza (39 in più rispetto a ieri), 3.204 a Parma (5 in più), 4.765 a Reggio Emilia (32 in più), 3.737 a Modena (33 in più), 4.164 a Bologna (40 in più), 386 le positività registrate a Imola (3 in più), 934 a Ferrara (2 in più). In Romagna sono complessivamente 4.612 (12 in più), di cui 986 a Ravenna (3 in più), 904 a Forlì (2 in più), 695 a Cesena (2 in più), 2.027 a Rimini (5 in più).

La rete ospedaliera: 4.139 i posti letto aggiuntivi destinati ai pazienti Covid-19

Da Piacenza a Rimini, il piano di rafforzamento messo a punto dalla Regione ha portato complessivamente a oggi 4.139 posti letto attivati per i pazienti Covid-19: 3.712 ordinari (uno meno di ieri) e 427 di terapia intensiva (confermati quelli della giornata precedente). Nel dettaglio: 478 posti letto a Piacenza (di cui 34 di terapia intensiva), 894 a Parma (50 di terapia intensiva), 451 a Reggio Emilia (45 di terapia intensiva), 502 a Modena (70 di terapia intensiva), 925 tra Bologna e Imola, e dunque nell’area metropolitana (118 terapia intensiva, di cui 8 a Imola), 322 a Ferrara (38 di terapia intensiva), 567 in Romagna, di cui 72 per terapia intensiva. Nel dettaglio: 166 a Rimini (di cui 27 per la terapia intensiva), 88 a Ravenna (di cui 14 per la terapia intensiva), 97 a Lugo (di cui 10 per la terapia intensiva), 24 a Faenza, al San Pier Damiano Hospital; 89 a Forlì (di cui 10 per la terapia intensiva), 73 a Cesena (di cui 11 per la terapia intensiva) e 30 posti letto a Villa Serena.

L’attività dell’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile

Dispositivi di protezione individuale
Questa notte non ci sono state consegne di dispositivi o materiali da parte del Dipartimento nazionale della protezione civile. Gli arrivi odierni sono previsti per il tardo pomeriggio e saranno rendicontati nel rapporto di domani.

Sui siti del Dipartimento e del Ministero della Salute, è possibile seguire l’aggiornamento quotidiano dei dati complessivi su DPI e apparecchiature elettromedicali distribuiti dalla Protezione Civile a Regioni e Province autonome (sistema informatico ADA – Analisi Distribuzione Aiuti): https://bit.ly/3cSrAci.

Nissan Italia ha messo a disposizione del sistema di protezione civile, in comodato d’uso gratuito, 244 vetture modello Qashqai per il periodo riferito all’emergenza. In Emilia-Romagna, sono state destinate 9 auto: 2 a San Lazzaro di Savena (Bo), 2 a Ravenna, 2 a Rimini, 2 a Modena e una a Parma.

Personale sanitario volontario da altre regioni
Dall’inizio dell’emergenza, sono pervenuti in Emilia-Romagna 5 contingenti di infermieri (totale 84, di cui 15 giunti a Bologna tra l’1 e il 2 maggio) e 4 di medici (totale 56).

Volontariato
Sabato 2 maggio sono stati 819 i volontari di protezione civile dell’Emilia-Romagna impegnati nell’emergenza; dall’inizio delle attivazioni del volontariato, si sono accumulate 38.762 giornate complessive. I coordinamenti provinciali con più volontari impegnati risultano quelli di Piacenza, Parma, Rimini e Reggio Emilia.
Tra le attività più rilevanti il supporto ai Comuni per l’assistenza alla popolazione; estesa su tutto il territorio regionale, questa attività ha coinvolto circa 540 volontari; il supporto alle Ausl nel trasporto degenti con ambulanze, nel trasporto campioni sanitari e tamponi, nella consegna di farmaci (Cri e Anpas; 206 volontari).
Volontari di protezione civile sono occupati anche in funzioni di segreteria e supporto logistico presso i Centri operativi (Coc) dei vari Comuni o presso le sedi dei Coordinamenti provinciali; i volontari sono stati coinvolti nella distribuzione di generi alimentari, oltre che mascherine alla popolazione nel piacentino e nel bolognese (qui anche col supporto degli scout Agesci che su tutta la regione ieri erano 120); nel parmense, prosegue la sanificazione dei mezzi di soccorso. Nel reggiano è ripreso l’aiuto dei cuochi volontari presso la mensa Caritas. Un paio di volontari attivati direttamente dal Dipartimento nazionale ha proseguito l’attività di sorveglianza dei passeggeri in transito all’aeroporto Marconi di Bologna.

Drive Through e Pre-Triage
Sono 13 le strutture per effettuare i tamponi di verifica a chi è in via di guarigione, approntate con il concorso dell’Agenzia e dei coordinamenti provinciali del volontariato di protezione civile: da tempo sono attive postazioni a Parma (2, l’ultima presso il Campus universitario), Castelnovo ne’ Monti (Re), Guastalla (Re), due a Modena (di cui una davanti al PalaPanini per gli screening sierologici), Bologna, Imola (Bo), Cesena (FC), Forlì (FC), Bagno di Romagna (FC), Rimini (Rn) e Faenza (Ra). Strutture che si aggiungono alle altre presenti sul territorio regionale allestite dalle Aziende sanitarie.

Tali strutture si aggiungono a tutte le altrepresenti sul territorio regionale allestite dalle Aziende sanitarie.

Sono 34 i punti di pre-triage attivi in Emilia-Romagna (11 davanti alle carceri, 23 per ospedali e cliniche): 3 in provincia di Piacenza (Piacenza città, Fiorenzuola d’Arda e Castel San Giovanni); 3 in provincia di Parma (Parma città, Vaio di Fidenza e Borgotaro); 3 in provincia di Reggio Emilia (Reggio Emilia città, Montecchio e Guastalla); 5 in provincia di Modena (Sassuolo, Vignola, Mirandola, Pavullo e Modena città); 3 nella città metropolitana di Bologna (Sant’Orsola e Maggiore, e a Imola); 2 in provincia di Ferrara (Argenta e Cento); 1 in provincia di Forlì-Cesena (Meldola); 2 in provincia di Rimini (Rimini città, fra cui quella appena montata davanti alla Casa di cura “Villa Maria”); 1 nella Repubblica di San Marino (la postazione davanti all’Ospedale di Stato è composta dal pre-triage per i pazienti in ingresso e dalla nuova tenda per gli screening sierologici alla popolazione).

Donazioni
I versamenti vanno effettuati sul seguente Iban: IT69G0200802435000104428964
Causale – Insieme si può: l’Emilia-Romagna contro il Coronavirus

PER CERTI VERSI
Philosophenweg (parte 1)

Ogni domenica Ferraraitalia ospita Per certi versi, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio, all’interno della sezione ‘Sestante: letture e narrazioni per orientarsi’,

PHILOSOPHENWEG (PARTE 1)

se tu fossi con me in una città
Oggi saresti nella mia mano
Alla lieve salita del philosophenweg
Mentre Heidelberg si apre
Ai cancelli degli occhi
Il castello di Hoelderlin sa di sambuco
Discutere con te di poesia
E una birra leggera in cima al sentiero
Dei filosofi
Il fiume dei poeti
La valle del medioevo
Trasognato
Nei cinguettii
Di amore e morte
Vita che taglia i ponti
Con l’azzurro
Sentire la morte
Come un basso continuo
Dove l’amore profondo
Affibbia le perdite
Tutte le notti
Che non tornano più