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Giorno: 2 Giugno 2020

Coronavirus, l’aggiornamento: 19 nuovi positivi, 15 asintomatici individuati da screening regionali

Da: Regione Emilia-Romagna

Effettuati 4.271 tamponi, per un totale 333.629, più 1.857 test sierologici. I casi lievi in isolamento a domicilio sono 2.504 (-127), l’86% dei malati. I ricoverati nei reparti Covid scendono a 358 (-25) e quelli nelle terapie intensive a 50 (-4). Dodici nuovi decessi, nessuno nelle province di Modena, Ferrara e Ravenna

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 27.828 casi di positività, 19 in più rispetto a ieri: di questi nuovi casi, 15 sono asintomatici, esito dell’attività di screening regionale.

I tamponi effettuati sono 4.271, che raggiungono così complessivamente quota 333.629, a cui si aggiungono 1.857 test sierologici.

Le nuove guarigioni sono 163, per un totale di 20.780: oltre il 74% sul totale dei contagi dall’inizio dell’epidemia. Continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono scesi sotto i 3mila (2.912, -156 rispetto a ieri).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 2.504 (circa l’86% di quelle malate), -127 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 50 (-4). Diminuiscono anche quelli ricoverati negli altri reparti Covid, scesi a 358 (-25).

Le persone complessivamente guarite salgono quindi a 20.780 (+163): 811 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 19.969 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registrano 12 nuovi decessi: 8 donne e 4 uomini. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a 4.136. I 12 nuovi decessi sono riferiti non solo a ieri ma agli ultimi sette giorni, dal 25 maggio, casi per i quali si attendeva l’esito rispetto alla causa di morte da Covid-19: 5 si sono verificati in provincia di Bologna (nessuno nell’imolese), 2 nelle provincia di Piacenza, 1 in quella di Parma, 2 in quella di Reggio Emilia, 5 in quella di Bologna, 1 in quella di Forlì-Cesena (nel forlivese) Rimini. Nessun decesso nelle province di Modena, Ferrara e Ravenna.

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.493 a Piacenza (+4), 3.529 a Parma (+4), 4.952 a Reggio Emilia (+2 ), 3918 a Modena (+1), 4.640 a Bologna (+5); 995 a Ferrara (+ 1. Infine sono 394 le positività registrate a Imola (nessun caso in più), mentre in Romagna i casi di positività hanno raggiunto quota 4.907 (+2),  con 2 nuovi casi a Rimini (2.156) e nessun nuovo caso a Ravenna (1.028 in totale)Forlì (943)  e Cesena (780 in totale).

Simone Saletti: Bondeno e l’Emilia si rialzeranno come dal terremoto. Festa della Repubblica sia l’occasione per rinsaldare i nostri sforzi

Da: Comune di Bondeno

La Festa della Repubblica è stata la prima occasione pubblica, per tornare a celebrare valori condivisi, come quelli della Patria, dopo l’emergenza “Coronavirus”, la chiusura totale e la lenta e difficile ripartenza. Il Sindaco facente funzioni Simone Saletti ha tenuto il suo discorso davanti ad un pubblico più ristretto, rispetto a quello degli scorsi anni, quando ad animare la piazza erano soprattutto i giovani delle società sportive. Presenti, oltre al Sindaco, l’Assessore Emanuele Cestari, i comandanti dei Carabinieri Abramo Longo, della Polizia Municipale Stefano Ansaloni, il capo distaccamento dei Vigili del Fuoco Michele Marchetti, Andrea Ferrarini della Protezione civile, il Parroco don Andrea Pesci ed una rappresentanza delle società sportive e del volontariato matildeo. Assieme loro, anche i Consiglieri comunali Daniele Bernini, Michele Sartini e Tommaso Corradi. “di fronte ad un nemico invisibile e subdolo come il “coronavirus”, sono certo che la nostra Patria ed anche la nostra Bondeno sapranno distinguersi per la loro capacità di trovare dentro di sé le energie migliori per ripartire dopo l’emergenza sanitaria”. – ha detto il Sindaco davanti al monumento “La Madre” di viale Pironi – “Quella delle energie positive del nostro Paese non è una vuota retorica. Penso ai nostri medici ed alle infermiere, al personale sanitario tutto insieme, che ha fronteggiato con grande coraggio e altruismo le fasi dell’emergenza e che ora non devono essere dimenticati. Dobbiamo sempre conservare nella nostra memoria i nomi e i volti dei tanti amici, e degli operatori sanitari, che hanno perduto la vita in corsia, nel tentativo di salvare altre vite. Vorrei qui ringraziare anche le Forze dell’ordine, l’Esercito, la Protezione civile e tutti i corpi dello Stato che hanno pattugliato le nostre città, nel surreale clima creatosi a causa della chiusura totale. Ma che hanno permesso al tempo stesso, come il buon padre di famiglia, di impedire a molti cittadini di commettere sciocchezze e imprudenze. Agendo con consigli e saggezza, anziché con il metro del severo censore, attraverso turni massacranti e uno sforzo senza confini”. Davanti al monumento, si è celebrato un alzabandiera, servito a fare sventolare il tricolore su di una Città che, come tutto il Paese, sta ora lavorando per rialzarsi e ripartire.

Emergenza Coronavirus: via al bando Acer per contributi agli studenti universitari

Da: Organizzatori

Sarà attivo da domani mattina, 3 giugno 2020, l’avviso pubblico per la concessione di contributi a favore di studenti universitari fuori sede iscritti all’Università di Ferrara per l’anno accademico 2019/2020. Il bando è rivolto a studenti che occupano alloggi di proprietà privata o  pubblica, i quali, a causa dell’attuale emergenza  nazionale,  si trovino in condizioni di inadempienza  rispetto al pagamento del canone di locazione.

“Abbiamo lavorato per dimostrare in modo concreto e immediato la nostra vicinanza ai giovani che studiano nella nostra città e alle loro famiglie, ben consapevoli di quello che l’emergenza sanitaria ha causato in termini economici e del valore che la presenza studentesca ha nella nostra città da tanti punti di vista -. spiega l’assessore alle Politiche Abitative, Cristina Coletti che si è occupata direttamente del progetto -. Abbiamo chiesto e ottenuto dalla Regione Emilia Romagna di poter destinare parte dei contributi regionali per l’emergenza abitativa proprio a quei giovani universitari fuori sede le cui famiglie, a causa dell’emergenza sanitaria, non sono riuscite a far fronte all’affitto nei mesi del lockdown. La somma complessiva, pari a circa 36,5 mila euro, verrà erogata in quote massime di 350 euro a fronte di richieste motivate che verranno consegnate direttamente al proprietari degli immobili che non hanno ricevuto i pagamenti dovuti”. Per Coletti “si tratta, dunque, di uno strumento utile ad incentivare non solo la presenza degli universitari nella nostra città garantendo loro un supporto in un momento difficile, ma anche di un modo per sostenere l’economia di chi sul mercato immobiliare destinato a questa fascia di popolazione ha fatto investimenti anche importanti”.

Il Comune di Ferrara, in collaborazione con l’Azienda Casa Emilia-Romagna (ACER) di Ferrara che si occuperà delle procedure gestionali, darà il via da domani al bando con l’apertura dei termini per la presentazione delle domande, che rimarrà in vigore fino al 2 luglio 2020. In particolare, come si legge nel bando, Comune di Ferrara ha stabilito di concedere i contributi agli studenti universitari fuori sede, regolarmente iscritti all’Università di Ferrara per l’anno accademico in corso che siano conduttori di alloggi o porzioni di alloggi ad uso abitativo situati nel Comune di Ferrara, di proprietà privata o pubblica, a canone di mercato (libero o concordato), con contratto regolarmente registrato. All’atto della domanda i richiedenti devono dimostrare di versare in una situazione di morosità incolpevole, consistente nel mancato pagamento di una  mensilità di canone causata dalla rilevante riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare, anche a seguito della situazione di emergenza sanitaria legata al Covid 19, con un ISEE non superiore ai 35.000 euro e non devono essere beneficiari di alcun contributo provvidenza per la casa in corso di erogazione al momento della presentazione della domanda.

Polizia locale: La Prefettura blocca i pagamenti delle indennità di servizio esterno e i test sierologici per gli agenti dei comandi della provincia. il 10 giugno Flash Mob dei Sindacari

Da: DICCAP e SULPL Ferrara

Blocco delle indennità di servizio esterno, e nessun test sierologico svolto dagli Agenti della Polizia Locale della Provincia di Ferrara, sono le due recriminazioni che i Sindacati SULPL e DICCAP avanzano nei confronti della Prefettura di Ferrara.
Nonostante le linee guida Regionali, quella di Ferrara è l’unica Prefettura della Regione Emilia-Romagna, che non ha ancora dato il via, tramite l’AUSL, ai test sierologici per gli Agenti di Polizia Locale dei Comandi della Provincia di Ferrara.
Decisione ancor più drastica è stata quella di inoltrare apposita comunicazione a tutte le amministrazioni della nostra provincia per bloccare le liquidazioni delle indennità di servizio esterno per gli Agenti di Polizia Locale impegnati nell’emergenza COVID.
Queste due azioni hanno dell’incredibile e vanno di fatto a colpire gli Agenti in divisa che sono stati e sono in prima linea per l’Emergenza COVID.
I Sindacati Autonomi hanno sollevato nelle amministrazioni il problema dei pagamenti, ma i Comuni nelle delegazioni trattanti hanno comunicato di aver ricevuto direttamente dalla Prefettura le istruzioni sulla liquidazione delle indennità.
Sia per i test sierologici, sia per le indennità i Sindacati autonomi hanno chiesto, tramite comunicazioni e lettere inviate alla Prefettura di Ferrara, chiarimenti non ricevendo tuttavia alcun riscontro.
Si è deciso quindi di organizzare per il 10 Giugno a partire dalla ore 09.30 un flash-mob davanti alla Prefettura di Ferrara per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle evidenti mancanze della Prefettura.

Festa della repubblica, il Sindaco: “Una giornata storica e ricca di valori da dedicare a medici e infermieri, che con il loro impegno ci hanno permesso, oggi, di guardare al futuro con speranza”

Da: Organizzatori

“E’ un 2 Giugno molto particolare quello che celebriamo quest’anno. La Festa della Repubblica assume oggi, infatti, un significato ulteriore di orgoglio e coesione che sento di dover dedicare a tutti coloro che in questi mesi hanno fatto fronte comune contro il diffondersi del Covid 19 e, in particolare ai nostri medici e ai nostri infermieri, che hanno lottato con grandi sacrifici per l’Italia, per gli ammalati, per le famiglie e per tutti noi. In questa lotta contro il virus, in questo cammino verso un ritorno alla normalità, la giornata di oggi è anche un traguardo: da domani, infatti, si riapre la possibilità di viaggiare tra le regioni italiane, mentre a Ferrara, in particolare, da domani, non sarà più obbligatorio indossare la mascherina all’aperto. Dalla mezzanotte scatterà, infatti, l’ordinanza sindacale di revoca del provvedimento che si era reso necessario a causa di situazioni potenzialmente a rischio, che si erano create nelle scorse settimane. Oggi, i numeri parlano di una situazione migliore e positiva in termini di contagio, ed è il momento di guardare davvero ad un domani migliore ad una rinascita economica e sociale, prendendo, ancora una volta, come riferimento per il futuro i valori di questa data storica che segna per l’Italia un passaggio tanto importante”.

Così il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri, a latere della cerimonia che si è tenuta oggi per la Festa della Repubblica, prima a Palazzo Giulio d’Este con la Cerimonia di imbandieramento del Palazzo a cura dei Vigili del Fuoco, poi in Piazza Trento e Trieste con la deposizione corona alla Torre della Vittoria. Dopo la cerimonia il sindaco si è recato a Palazzo Giulio d’Este per la cerimonia di consegna delle onorificenze OMRI, durante la quale ha premiato Franco Perinati, artigiano e già cavaliere dell’Ordine al merito dal 1995. Perinati dopo il pensionamento si è dedicato attivamente alle attività di volontariato, impegnandosi in attività civili e sociali.

2 GIUGNO: UNA REPUBBLICA DA DIFENDERE …
e una Costituzione da applicare in tutte le sue parti.

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, inizia così il testo approntato dagli uomini e delle donne della Costituente. La Carta Costituzionale è la Pietra d’angolo della nostra Repubblica, la legge fondamentale a cui tutti gli atti e le leggi del Parlamento devono obbedire. In molti, non solo in Italia, l’hanno definita ‘La Costituzione più bella del mondo”. E per essere bella ,è sicuramente bella: da conservare con cura, da difendere in ogni situazione (Covid-19 incluso), da consegnare alle generazioni future. Tutto qui? No, c’è dell’altro. C’è un dovere da assolvere. Sarebbe il caso che, a partire dall’articolo Uno – quello con al centro il Lavoro – che ci dessimo da fare per riempirne gli spazi rimasti ancora vuoti. Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti universali. Per non lasciarli sulla carta.
(La Redazione di Ferraraitalia)

PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 1.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Art. 6.
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Art. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Art. 10.
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
NB: La Legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 ha disposto che l’ultimo comma del presente articolo non si applica ai delitti di genocidio.

Art. 11.
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 12.
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

I RITI CAMBIATI:
nella pandemia reinterpretiamo la nostra esistenza

Quando si dice che è ‘un rito’, si intende qualcosa che stancamente ripete se stessa. Poi ci sono ‘i riti’, i riti al plurale che sono cerimonie, celebrazioni, culti con le loro liturgie, laiche e religiose. Non possiamo fare a meno dei riti, perché i riti confermano le nostre appartenenze. La famiglia ha i suoi riti, una volta legati al desco. Il corteggiamento ha i suoi riti, fino all’anello di fidanzamento e alla promessa. Il lavoro ha i suoi riti, le entrate e le uscite, le divise come paramenti sacerdotali, le ore di fatica. Anche la memoria ha i suoi riti negli anniversari. A guardarci intorno scopriamo che tutta la nostra esistenza è una costante di riti, procedure, recite, rappresentazioni, liturgie, copioni.

Poi, un giorno accade che il grande palcoscenico della vita improvvisamente prende la forma del coro del dolore e della cavea della paura. Il rito si spezza, si frantuma, il complesso delle norme che lo definiscono e lo descrivono viene meno. È accaduto in questi giorni di eccezionalità, in cui abbiamo dovuto difenderci dal rischio del contagio.
I riti sono cambiati, altri ne sono stati confezionati come l’uso della mascherina e il distanziamento fisico. Altri ancora sono stati negati come la condivisione del lutto. La morte, che una volta era accompagnata dai vivi, per confermare che la vita non si ferma, è stata lasciata sola, tenuta a distanza, perché non sapevamo se la vita avrebbe continuato a scorrere, tanto la morte dominava incontrastata sui nostri timori e sui nostri rifugi.

Le comunità si riconoscono nei loro riti, che sono il racconto dei loro miti e la costruzione delle loro simbologie, le forme che abbiamo dato alla narrazione della nostra cultura. Al posto dei riti sono rimaste le autobiografie, quelle che lasciamo scritte ogni giorno sui social a cui accediamo, a cui affidiamo la trasmissione dei messaggi come parte di noi stessi, di quello che siamo. Lasciamo testimonianza della qualità delle nostre biografie. Qualcuno un giorno studierà le forme che hanno assunto i nostri racconti e i prodotti dei nostri pensieri come l’espressione di una cultura indigena.

Non ci siamo resi conto che si è aperta la porta per uscire dal rito, per uscire dalle nostre autobiografie. Che non abbiamo più nulla da celebrare. Perché quella che abbiamo vissuto non è una pausa, non è una sospensione, ma è stata una rottura delle nostre sacralità, dei riti a cui eravamo convocati, dei nostri sacerdozi. Forse l’ultimo episodio di una stagione che ha rincorso le ombre delle costruzioni che ci siamo eretti. Abbiamo dovuto dismettere le nostre anime colpite dallo stupore della sorpresa, dall’imprevedibilità dell’imperscrutabile, abbiamo scoperto di tremare, di essere come la tribù ancestrale che teme l’ira delle divinità. Abbiamo veduto e ascoltato lo sciamano pronunciare la sua preghiera agli dei, agli idola specus, nello spazio lasciato vuoto pure dal tempo, sotto le intemperie della natura.

Questa rottura è una ferita benefica che ha sollevato il velo sulla nudità che siamo, sulla  fragilità delle nostre liturgie, sull’insensato abbarbicarci alle ridondanze che si infrangono contro l’inatteso e l’improvviso, e non ci sono altari da innalzare e numi da pregare. La nostra solitudine è fuori e dentro di noi, temere la solitudine è come temere se stessi, l’unica speranza è quella di non coltivare speranze per prendere la vita nelle nostre mani. Senza fingerci cammini e mete, continuare ad arare, a coltivare la terra, a piegarci alla fatica per coloro che verranno dopo di noi e forse ce ne saranno riconoscenti, come si usa, nella memoria.

Siamo usciti dai riti e dalle nostre autobiografie per ritrovare il cielo stellato sopra di noi e la legge morale dentro di noi. Occorre fare igiene nelle nostre menti, provvedere alla raccolta differenziata dei cascami delle nostre certezze, correre il rischio della pulizia delle nostre presunzioni. Sgombrarle dall’occupazione dei pensieri sedimentati, dagli incartamenti degli incanti. Dimenticare le usanze per far spazio alle incognite, svuotare gli abiti della zavorra di cui li abbiamo caricati, seminare per dare inizio a nuovi raccolti. Ripartire dall’interrogativo socratico Ti Esti, che cos’è? Che cos’è quello di cui parliamo, che cos’è quello che facciamo, che cos’è quello che siamo, che cos’è quello che vogliamo essere.

Il nuovo secolo ancora non aveva posto nell’urna le ceneri del venir meno del sentimento religioso, del tramonto della metafisica e della crisi delle ideologie. La dimensione globale della pandemia ci ha posto con inesorabile prepotenza innanzi al nostro Essere e al nostro Tempo, per dirla con il filosofo, alla sfida nuova, alla capacità di saperla cogliere, alla necessità di dare una svolta ermeneutica alle nostre vite, al coraggio di reinterpretare l’intera dimensione umana. E questo con ogni probabilità è solo il primo capitolo, perché altri ben presto se ne aggiungeranno, e non potremo correre se non ci libereremo delle pastoie che ancora legano le nostre menti.

Il camino e lo spirito di Roman

Mio nipote Enrico dice che nel nostro camino vive lo spirito di un bambino.

Il nostro è un grande camino di mattoni a vista appoggiato a uno dei muri portanti del cortile. Ha una cappa che finisce con una apertura sul tetto, un grande piatto centrale per il fuoco e due piccoli piatti laterali per tenere in caldo le vivande quando si fa la grigliata.  A casa mia si usa  il fuoco del camino per cucinare la carne oppure per bruciare le sterpaglie dell’orto o qualche grande cartone che non sta nei nostri contenitori della raccolta differenziata.

Enrico dice che nel camino abita lo spirito di un bambino. Non si vede di giorno, perché di giorno gli spiriti sono trasparenti e nemmeno si sente perché non vuole essere scoperto. Sta zitto zitto perché solo così può continuare a vivere nel nostro camino e farsi i fatti suoi. Uno spirito anarchico.
Enrico dice che se di notte ci si alza lo si può vedere. Ha le dimensioni di una farfalla ma è tutto rosa, ha braccia  e gambe lunghe che gli permettono di muoversi con molta agilità. E’ lo spirito di un bambino che si chiama Roman. Abita nel nostro camino perché si trova bene lì e fra un po’, quando Enrico sarà più grande, uscirà definitivamente dal camino e giocherà tutto il giorno con lui. Ecco spiegato il perché dello spirito. Enrico vuole un bambino della sua età con cui giocare, in questo periodo di Covid-19 non è andato all’asilo e può stare solo con sua sorella Valeria che ha nove anni più di lui.
Chissà perché mio nipote ha posizionato lo spirito di Roman proprio nel camino e non sotto un albero, in una delle sue casse di giocattoli, nella legnaia.

Eppure è sempre stato così, gli spiriti stanno nei camini. Escono da là nei momenti più impensati e attraversano improvvisamente la vita delle persone. Compiono azioni bizzarre e poi ritornano nel camino da dove sono venuti ricominciando, come se niente fosse,  a fare i silenti spiriti.

Vorrei vedere anch’io Roman con gli occhi di Enrico e invece lo vedo con i miei ed è molto diverso. Quello spirito ha poco di reale e molto di fantasioso, esprime un sogno e forse anche un po’ di malessere per tanta reclusione. Eppure con quel suo continuo parlare dello spirito di Roman mio nipote si connette al mondo. Attraverso quella strada recupera un senso di collettività e di appartenenza  alla terra che sa di saggezza. Intercetta  parte della nostra storia. Attraverso quel sogno compone i tasselli del suo vivere adesso  e i anche i tasselli di quello che tutti siamo e siamo stati. Riesce ad  entrare nell’essenza dell’esistere,  quella calda che appartiene alla vita. Corre verso un desiderio che è sia suo che di molti e, attraverso questo, mantiene salda la sua identità di bambino un po’ solo e anche la sua appartenenza al cosmo che sta fuori, che evolve, spera, crede. Enrico e Roman si incontrano in una mescolanza di desideri che appartiene a loro adesso quanto è appartenuta ad altri in passato. Quei due esprimono, in quel loro surreale mondo, un bisogno di condivisione che sa di necessità e risposta.

Dentro lo spirito di Roman c’è il cuore del mondo che pulsa, che vive molte delle sue contraddizioni ma anche delle sue possibilità. C’è la spinta verso una trascendenza che sa molto di umano e poco di eternità.
Dentro lo spirito di Roman c’è una possibilità di fuga, un desiderio che trova risposta. In un cammino umano che porta a cercare l’altro e a trovarne lo spirito, c’è la creatività della persona che si mette a servizio della sopravvivenza e della felicità.  C’è tutta la fantasia possibile e anche un impulso alla fratellanza che sa di universalità.  C’è l’espressione di un bisogno che trova terreno fertile per nascere, crescere e morire e proprio in questo esprime la sua essenza. C’è la genialità di una soluzione. Lo spirito di Roman è molto  umano, permette di rispondere a un bisogno di socialità e di aiuto.

Una scrittrice che di spiriti ha capito molto è Isabel Allende. In uno dei suoi libri più famosi  La casa degli spiriti riesce a fondere realtà e fantasia, esoterismo e razionalità. E proprio in questa fusione sta la sua genialità. Toglie un confine e annulla molta paura. Alza un tappo, apre la strada al sogno, alle infinite risposte che i cuori delle persone sanno porre alle avversità.  Proprio con quel libro la Allende si è affermata come una delle più importanti voci della letteratura sudamericana. Non a caso. Chi sa oltrepassare un confine mina un muro, apre una nuova via, legittima una nuova conoscenza, una nuova sperimentazione, un nuovo modo di essere tolleranti. La tolleranza insegna molto. Arriva a ciò che è essenziale, a ciò che davvero si può insegnare, tramandare a chi verrà. La Allende è riuscita a spiegare il perché di alcune scelte umane, il senso un po’ allegorico e balzano di alcune abitudini strane. Nel suo mondo è vero ciò che in altri mondi non esiste. E’ santo ciò che permette una preghiera che accompagna il tempo del vivere, che apre spazi di sollievo ad un contorno paesaggistico e di relazioni umane che altrimenti sarebbe disperato e nichilista.

Enrico nel suo mondo di bambino ha creato Roman perché lo aiuta a passare meglio le giornate,  a sognare, a sperare nel futuro. Roman è una parte di lui, della sua vita di adesso. Io che so della sua esistenza e con un po’ di presunzione ne posso capire il motivo, mi sono scoperta ad amare Roman. Quello spirito di bambino deve essere simpatico, diventerà sicuramente un buon compagno di giochi per Enrico. Immagino che saprà fare qual che piace ad entrambi e quindi: correre col monopattino, nuotare, andare a cavallo, in bicicletta, fare le costruzioni, inventarsi storie popolate di animali, aerei e strani mezzi di trasporto che movimentano tutto o niente, dipende dai momenti. Se assomiglia a Enrico, Roman è bellissimo. Incanta.  Come dice Isabel Allende: “Noi Siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo” (Isabel Allende: Il regno del drago d’oro).

Anche i miei pensieri costruiscono il mondo, anche quelli di Enrico. A noi piace Roman anche se io so che esiste solo in funzione di una necessità.  Oppure non è così, Roman è vero.  E’ arrivato da noi e ama stare nel nostro camino perché così nessuno lo disturba e può fare quello che vuole. Uno spirito anarchico, appunto.