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Giorno: 23 Giugno 2020

Coronavirus, l’aggiornamento: 18 nuovi positivi, di cui 8 asintomatici individuati attraverso gli screening regionali

Da: Regione Emilia Romagna

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 28.260 casi di positività, 18 in più rispetto a ieri, di cui 8 persone asintomatiche individuate attraverso l’attività di screening regionale.

I tamponi effettuati sono 4.608, che raggiungono così complessivamente quota 460.600, a cui si aggiungono altri 1.228 test sierologici, fatti sempre da ieri.

Le nuove guarigioni sono 81 per un totale di 22.935, oltre l’81% dei contagiati da inizio crisi. Continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono 1.089 (-65 rispetto a ieri).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 956, -57 rispetto a ieri, l’87,7% di quelle malate. I pazienti in terapia intensiva sono 12, come ieri, quelli ricoverati negli altri reparti Covid sono 121 (-8).

Le persone complessivamente guarite salgono quindi a 22.935 (+81): 274 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 22.661 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registra 1 nuovo decesso: una donna residente nella provincia di Forlì-Cesena, in particolare nel Cesenate. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a quota 4.236.

Questi i nuovi casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.538 a Piacenza (+1), 3.633 a Parma (+2), 4.991 a Reggio Emilia (nessun nuovo caso), 3.944 a Modena (+1), 4.778 a Bologna (+4), 403 casi positivi a Imola (+1); 1.018 a Ferrara (+6, di cui 3 asintomatici). I casi di positività in Romagna sono 4.955 (+3), di cui 1.037 a Ravenna (nessun nuovo caso), 954 a Forlì (+2), 786 a Cesena (+1) e 2.178 a Rimini (nessun nuovo caso). Un dato quest’ultimo che corregge quello di ieri – 2.179 positivi – dovuto a un caso conteggiato due volte a causa di dati anagrafici non corretti.

Europa. Al via un bando della Regione Emilia-Romagna per rafforzare la conoscenza delle istituzioni e delle opportunità europee e il senso di appartenenza all’Unione

Da: Regione Emilia Romagna

Diffondere i valori e gli obiettivi dell’Unione europea; sensibilizzare i cittadini emiliano-romagnoli e promuoverne la partecipazione civica e democratica a livello comunitario; rafforzare la conoscenza delle radici storiche e di pensiero del progetto europeo e le tappe del processo di integrazione. Ma anche sostenere gli enti del territorio nella partecipazione alle politiche comunitarie e nella possibilità di intercettare le risorse disponibili, soprattutto relative alla nuova programmazione dei Fondi comunitari e all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Per raggiungere questi obiettivi, definiti dalla Regione Emilia-Romagna nel Programma triennale per la promozione della cittadinanza europea 2019-2021, tra diversi progetti sono disponibili quasi 1,5 milioni di euro rivolti a beneficiari diversi, per il 2020 280.000 euro per comuni e società civile. E proprio per quest’anno ha ottenuto il via libera della Giunta il bando rivolto ad Enti locali, Associazioni e Fondazioni senza scopo di lucro (con almeno una sede operativa in Emilia-Romagna), che possono candidare le proprie proposte e ottenere un contributo da parte della Regione fino a 20mila euro a progetto. È possibile fare domanda da domani, 24 giugno, fino al 24 luglio.

“Con questo bando ci siamo posti l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la vocazione europea dell’Emilia-Romagna, per contribuire a ricostruire una nuova Unione, che dopo l’emergenza Covid 19 non rinunci all’ambizione di orientare i nuovi importanti investimenti verso il futuro, la dimensione sociale e la transizione ecologica e digitale – afferma la vicepresidente con delegaai rapporti con l’Ue, Elly Schlein-. Per raggiungere questo importante traguardo è importante coinvolgere le cittadine e i cittadini, l’associazionismo e i territori. Occorre che tutti assieme riflettiamo sulla storia e sul processo di integrazione europea per costruire l’Europa di domani. Un’Europa pronta e capace non solo di affrontare la ripresa dall’emergenza in maniera innovativa e inclusiva, ma anche di ridurre le diseguaglianze e intraprendere il cammino della transizione ecologica, ovvero una conversione ad un modello di società che utilizzi in modo sostenibile e consapevole le risorse a disposizione, pensando alle prossime generazioni”.

Infatti anche l’Agenza 2030 per lo Sviluppo Sostenibile – programma d’azione sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu – ha tra i suoi principali obiettivi la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico.

Il bando regionale

Il bando 2020, (pubblicato a questo link), finanzia due tipi di interventi: iniziative per la diffusione della conoscenza del progetto di Unione, del processo di integrazione europea e dei diritti e doveri derivanti dalla cittadinanza europea; iniziative di institutional building per la promozione della conoscenza dei processi di formulazione e attuazione delle politiche dell’Unione e il rafforzamento della partecipazione degli enti locali alla progettazione europea ed alle sue opportunità.

Il contributo regionale massimo erogabile è del 70% per Comuni e Unioni di Comuni, Città Metropolitana, Università, Associazioni, Fondazioni e altri soggetti senza scopo di lucro, anche a livello europeo e internazionale. Per i Comuni montani, Comuni inclusi nella Strategia nazionale aree interne, Comuni derivanti da fusione o Unioni di comuni che includano almeno un Comune con le precedenti caratteristiche, il contributo sale all’80%.

L’importo minimo del contributo regionale è di 5mila euro, che può arrivare a un massimo di 20mila.

Come presentare domanda

Le domande di contributo dovranno essere presentate via web sulla piattaforma informatica Sfinge 2020 da mercoledì 24 giugno alle ore 10, fino a venerdì 24 luglio 2020 alle ore 17.

I progetti presentati dovranno essere realizzati nell’arco del 2020 e concludersi in data successiva al 30 settembre 2020. Saranno comunque ritenute ammissibili le spese sostenute nell’anno solare 2020.

CREATURE DI UN SOL GIORNO
Camminando lungo la strada verso nessun dove

“Fragile”: questa semplice parola stampata in bella evidenza su una  confezione ci avverte di fare attenzione, di maneggiare con molta cura il contenuto.
Sin dallo sviluppo del pensiero greco dell’antichità abbiamo appreso che il contenuto più fragile per eccellenza è l’Uomo stesso; e questo perché  sostanzialmente inerente alla natura umana è la morte, in modo imprescindibile ne condiziona non solo l’esistenza ma il senso stesso dell’esserci.
Allo stesso tempo la morte mostrando così tutta la fragilità della creatura umana, sottolinea la preziosità della vita stessa.

Il poeta greco Pindaro nell’ottava Pitica chiama in modo straordinariamente evocativo e lirico le creature umane creature di un sol giorno“, ed è proprio questo verso che utilizza Mauro Bonazzi, docente di filosofia antica alla Statale di Milano, come titolo del suo ultimo saggio sul mistero dell’esistenza secondo il pensiero greco. La natura di “creature di un sol giorno”, cioè creature effimere, porta con sé due fondamentali conseguenze: l’essere mortali e quindi  il problema del senso da dare alla nostra esistenza  e l’essere soggetti al passare del tempo e quindi il senso da dare all’instabilità delle cose dentro e fuori di noi, ai cambiamenti dovuti allo scorrere del tempo stesso.
Per impedire all’angoscia, alla paura e al timore di impossessarsi dell’animo umano di fronte all’inevitabilità del termine della nostra vita, la civiltà greca, (che detto per inciso gli allievi della scuola media italiana grazie alla riforma Moratti non hanno più come oggetto del loro studio!) ha prodotto una riflessione filosofica che ha condizionato la storia del pensiero occidentale e che interroga seriamente anche noi uomini della  società post moderna. 

La tentazione: la vita del piacere

La riflessione dei greci sulla morte e sull’esistenza, seguendo il percorso suggerito da Bonazzi ,è riconducibile a tre possibilità.
Aristotele chiama la prima la vita del piacere”. E’ la vita di chi segue il godimento dei beni concreti, di chi sublima il mistero dell’esistenza nel soddisfacimento esclusivo di bisogni materiali e in tale dimensione trova adeguata realizzazione. E ‘il medesimo principio su cui si fonda la nostra società globalizzata dei consumi, caratterizzata per l’appunto, secondo la psico analista di formazione lacaniana Julia Kristeva, dal narcisismo e conseguentemente dalla rimozione della mortalità.

L’immagine più significativa ed esplicita di quello che si sta dicendo la possiamo ritrovare nel videoclip Road to nowhere dei Talking Heads, nella sequenza  del giovane che insegue il carrello della spesa, segno inequivocabile di uno strumento – il consumo – che si è fatto fine e non solo necessario mezzo per soddisfare determinati bisogni.
Il titolo del videoclip, in italiano la La strada per il nessun-dove , rappresenta  con una serie di veloci sequenze della durata di pochi secondi, l’ inconsistenza dell’american dream, e riprendono i temi chiave della denuncia di Christopher Lasch affrontate nel suo  La cultura del narcisismo, opera edita nel 1979 ma talmente profetica e attuale che proprio quest’anno è stata ristampata per i tipi della Nora Pozza. L’autore, anticipando il ruolo di grandi scrittori di saggistica sociologica come J. Rifkin e Z. Bauman, riflette sulla crisi culturale che anima l’Occidente e che consacra la trasformazione del narcisismo da disturbo psicologico a format di un’intera società. “Il narcisismo impatta potentemente sulla percezione del tempo e della storia, determinando ciò che in modo diverso i teorici del postmoderno avrebbero chiamato ‘presentificazione’. Per dirla con le parole di Lasch: “Dal momento che la società è senza futuro, acquista un senso vivere solo in funzione del presente, occuparsi soltanto delle proprie ‘realizzazioni personali’, diventare fini conoscitori della propria decadenza, coltivare un’“auto-osservazione di ordine trascendentale”.[Qui]

 …altre due possibilità: la vita politica e la vita contemplativa

La vita politica e la vita contemplativa sono le altre due strade significative che, secondo Aristotele, riescono a dare senso pieno all’esistenza e  rispondere così al problema della morte. Impegnandosi nella vita politica, nella vita attiva,  l’uomo deve combattere per dar prova del suo valore e dunque mostrare che non è vissuto per niente. Omero è il primo cantore di questa concezione e Achille ne è il campione . Per l’eroe ciò che conta è il time, l’onore, espresso dal valore del bottino conquistato sul campo di battaglia ,e che conduce al kleos ,alla gloria.
Ma anche noi uomini del post moderno abbiamo la nostra Iliade: forse che non si è parlato dell’essere in emergenza da covid-19 come dell’ essere in guerra e di medici e infermieri come eroi a cui rendere pubblico onore? Ecco quindi che possiamo vedere il nostro pensiero archetipo emergere attraverso il linguaggio; scelte lessicali  che non vengono comprese  da chi rigetta giustamente tale terminologia bellica per scegliere altre prospettive  più solidali  (“siamo in cura”), ma che non permettono di capire cosa sta succedendo: sempre i cittadini affidati al sistema sanitario sono da considerarsi in cura, ma mai si era parlato, prima dell’emergenza pandemica, di medici-eroi…anzi!
Secondo questa seconda interpretazione, che si fonda sulla priorità della vita attiva, il kleos è il richiamo profondo  che davvero interessa, perché è ciò che permette di non essere dimenticati e quindi di raggiungere l’immortalità: nel momento in cui riusciamo a lottare contro la morte, lottiamo contro la nostra morte, sino a dare la vita.

Il pensiero greco ci svela che siamo esseri desideranti, perché è proprio il desiderio che ci spinge a lottare per affermarci, per non morire. E quando il mondo omerico verrà superato dal nuovo mondo della polis, la sfida diventerà quella di affermare il proprio valore insieme, non più distruggendo ma costruendo. Costruire con gli altri è l’unica attività capace di dare significato alla realtà e a noi stessi.
Tutto questo abbiamo ereditato col seguire la via della vita politica ;da qui nascerà lo Stato e la democrazia.
Tutto questo oggi è in profondissima crisi.

Ma l’uomo non è solo azione, è soprattutto  conoscenza, ragione, contemplazione.
Infatti è la razionalità, è il pensiero che ci contraddistingue come esseri umani.  Siamo fatti per conoscere. Siamo Ulisse, l’Ulisse del XXVI canto dell’Inferno di Dante. E’ con la ragione che riusciamo a comprendere noi stessi e  la realtà. La morte fa parte di questa realtà. La conoscenza ci rende liberi, anche dalla morte. E’ con la ragione che si è capaci di andare al di là dell’apparenza, cogliendo il tutto e quindi l’ordine con cui è organizzata la realtà, dove la morte è una necessità.
Conoscenza che  il socratico conosci te stesso ha posto alla base della realizzazione di ognuno di noi ma che invece viene messa dalla nostra società liquida al servizio di qualcosa d’altro.
La conoscenza serve infatti a modificare l’agire, o a direzionare la vita attiva quando questa non produce i risultati sperati. Abbiamo visto Istituzioni, autorità laiche e religiose rimettersi fiduciose a virologi, scienziati, ricercatori e seguire protocolli suggeriti dalla comunità scientifica fino alla interdizione dalla partecipazione ai riti funebri.

Se c’è un elemento che può sviluppare il senso critico questo riguarda la conoscenza. Non a caso per esempio abbiamo assistito ad un percorso di normalizzazione della scuola che l’ha portata dall’essere scuola della conoscenza a quella più funzionale agli imperativi di mercato, dI scuola delle competenze. E’ sempre il mondo della conoscenza che cambia la società, mai il contrario. Se questo non succede, come nel caso citato, allora dietro ci sono altri interessi particolaristici.
L’eredità per il pensiero occidentale della filosofia  greca è proprio questa: la possibilità inerente alla vita attiva e alla vita contemplativa di poter essere infinitamente finiti e finitamente infiniti.
‘Il fine’
‘la fine’ per i greci coincidono, la morte si concepisce all’interno della vita, la rende possibile. Nella società attuale la fine invece è un incidente che si cerca solo di rinviare, i nostri fini sono tutti nella vita.

Si può perdere la propria vita e vincere la Morte

Nel 1957 il regista Ingmar Bergman con il suo film Il settimo sigillo  rappresenta il tentativo della società occidentale di rimuovere la paura della morte. Un cavaliere, Antonius Bloch, sulla via del ritorno dalle crociate incontra la Morte e le propone una partita a scacchi: una partita la si può vincere o perdere, così come la propria vita.
Ma nel film di Bergman viene presentata un’altra soluzione…ci arriviamo da un’altra parte.

Nel 1915 Sigmund Freud scrive un breve articolo, Caducità, prendendo spunto da un episodio accadutogli due anni prima, da una conversazione avvenuta durante una escursione con due amici, il giovane poeta Rainer Maria Rilke e Lou Salomè, l’affascinante confidente di entrambi, dove il giovane poeta si rammaricava  che tutta quella bellezza  sarebbe poi finita col sopraggiungere dell’inverno.
Così commenta Cristina Cimino su Doppiozero: “La risposta di Freud al giovane poeta è che la caducità delle cose non ne sminuisce il valore, al contrario, lo accentua. Una posizione consolatoria solo a uno sguardo superficiale e che in realtà ribadisce in termini meno crudi quanto egli aveva già affermato pochi anni prima nel saggio Considerazioni attuali sulla guerra e la morte: la vita va vissuta e può essere vissuta solo accettando ciò che non è eliminabile, ossia la morte.” [Qui] Freud solo in seguito strutturerà in modo più adeguato la sua teoria sull’elaborazione del lutto e dell’estrema difficoltà che ha l’individuo ad affrontarlo e superarlo. Qui interessa proporre alcune osservazioni a margine di tale percorso.

In primo luogo il lamento di Rilke sulla caducità della natura umana sarà ripreso nelle sue Elegie duinesi del 1912 in cui arriva ad affermare che “l’esser stati, pur una volta soltanto, non pare essere revocabile”. Nessuno potrà togliere la gioia immensa derivata da tutti i momenti vissuti con la persona oggi assente.
La scrittrice americana Joan Didion nel suo struggente  L’anno del pensiero magico fa proprio  questa operazione: guardando al tempo trascorso col marito morto all’improvviso, incontra i ricordi di una vita, non fugge, ma gioca la sua partita a scacchi ,e pur nella sofferenza devastante di ogni mossa, la porta a termine.

Ed eccoci di fronte all’altro. Infatti “nessuno di noi crede fino in fondo alla nostra morte” dice Freud “anche quando ci raffiguriamo come andrà dopo la morte, chi ci piangerà… possiamo notare che noi siamo ancora lì in qualità di spettatori.”. Impariamo cosa è la morte dalla morte dell’altro. E’ quando l’altro diventa il nostro fine che ci battiamo contro la nostra fine.
L’altro è oggetto del nostro desiderio, vivere è desiderare dei desideri che moriranno nel momento in cui saranno soddisfatti. Questa è la morte, ma la morte non interrompe nulla. E’ la morte del desiderio la vera morte.

Ogni discorso sulla vita e sulla morte ha come premessa la presenza dell’altro, soggetto e oggetto del nostro desiderare. La soluzione quindi proposta nel film di Bergman è quella di un amore gratuito, infinito verso l’altro: “L’unico modo di sconfiggere la morte – e quindi di inaugurare la vita nuova – è l’amore verso il prossimo. E difatti, pur di salvare una giovane famiglia di saltimbanchi dall’incontro con la morte, il cavaliere con un gesto improvviso e premeditato rovescia le pedine degli scacchi dando così la possibilità alla morte di vincere la partita. Questa sorride perché ha raggiunto il suo scopo. Non si accorge invece di essere stata ingannata. Distratta dalla mossa del cavaliere infatti la famiglia riesce a fuggire e salvarsi .Di fatto la Morte ha perso perché sconfitta dall’amore”. [vedi qui]

Non è casuale che  alla società dell’uomo globalizzato, la società che opera per la rimozione della morte e del dolore, sia confacente invece l’espulsione dell’Altro! Questo è il titolo dell’ultimo saggio di Byung-Chul Han (L’espulsione dell’Altro, nottetempo edizioni) docente di filosofia all’università di Berlino, dove viene mostrata la destabilizzazione e il disturbo provocato, in un mondo dominato dalla comunicazione digitale e dai rapporti  neoliberistici, dalla singolarità vivificante dell’Altro.

 …finchè Amore non vi separi!

In una intervista del 2012 Zygmunt Bauman parla con l’inviato di Repubblica della sua vita a trecentosessanta gradi nella sua casa a Leeds in Inghilterra. La stanza dove si svolge l’incontro è tappezzata di ricordi dell’amatissima moglie Janina, scomparsa nel dicembre del 2009 dopo essere stati sposati per sessantadue anni. Dopo quel lutto non scrisse più una riga per molti mesi, lui che ogni giorno alle cinque del mattino era solito aver già compilato quattro cartelle! Questa è la risposta data alla domanda del giornalista su come fosse riuscito a superare un evento del genere:
“L’inarrestabile eloquio del professore si arresta. Chiude gli occhi. Riaccende la pipa. È un’esperienza molto privata, non voglio condividerla. So bene che viviamo in una società confessionale, ma io non mi ci trovo bene. Posso solo dire che lei è ancora con me. Le sue ceneri sono al piano di sopra, nel mio studio. La sua immagine è la prima che vedo quando accendo il computer all’alba. Riesco, in qualche modo, a vivere ancora con lei. Conversiamo, e non perché sia pazzo, ma perché è il modo in cui abbiamo vissuto insieme per sessantadue anni e probabilmente non finirà mai. Mi spiace, ma è tutto quel che posso dire”.[Qui l’intervista integrale su Repubblica del 12/06/2012]

L’amore è così tanto mescolato  alla morte che non si estingue con l’assenza della persona amata ma persiste nel tempo, superandolo. Il suo passare non lenisce alcunchè, ma permette di vivere la sacralità dell’eternità anche a chi ritiene essere vuoto il cielo. E’ un dialogo che continua, che  trasforma chi è stato toccato dall’amore dell’altro, e che trova modi e forme inedite in ognuno, ma che sempre congiungono eternamente il cielo alla terra. E questo è un legame talmente profondo da rovesciare completamente ciò che ordinariamente viene considerato forte e debole, poiché riesce a metterci a nudo di fronte alla nostra fragilità.

Tutto ciò mostra la scena dell’Iliade nel XXIV canto, con la visita del re Priamo nella tenda di Achille, venuto a supplicare la restituzione del corpo di suo figlio Ettore ucciso dall’eroe acheo:
“Ma Priamo prendendo a pregare gli disse parola:
«Pensa al tuo padre, Achille … io sono infelice del tutto, che generai forti figli
e non me ne resta nessuno…,
e quello che solo restava..
tu ieri l’hai ucciso…
Ettore… Per lui vengo ora alle navi dei Danai,
per riscattarlo da te».
Disse così, e gli fece nascere brama di piangere il padre:
allora gli prese la mano e scostò piano il vecchio;
entrambi pensavano e uno piangeva Ettore, rannicchiandosi ai piedi di Achille,
ma Achille piangeva il padre… s’alzava per la dimora quel pianto”.( Iliade, XXV)

Fino a quando l’amore continua il dialogo interrotto, fino a quando l’uomo sarà capace di “piangere insieme” – la morte non avrà l’ultima parola. E questo infine è anche il messaggio che ci ha lasciato Emanuele Severino, recentemente scomparso all’età di 91 anni , non a caso definito ‘il filosofo che ha sconfitto la morte’. Intellettuale originale, tra i più autorevoli del Novecento italiano, capace di conciliare la tensione speculativa e etica alle radici del pensiero occidentale, partendo dalla filosofia greca, con le inquietudini e le problematiche della società tecnologica attuale.
Il nucleo del suo pensiero risiede nel ritorno al pensiero di Parmenide, con l’affermazione che il divenire non esiste, le cose non nascono dal nulla né ritornano nel nulla, sono invece eterne, anche se abbiamo l’impressione fallace che scompaiono.
Anche   Severino ricordava spesso nelle interviste la moglie Esterina scomparsa una decina anni prima di lui, prima lettrice delle sue opere, sempre discusse e condivise prima con lei nei lunghi intensi anni  passati assieme. In una di queste possiamo leggere che a  volte mentre Esterina rileggeva i suoi scritti, alla menzione dell’eternità dell’essere, lei gli diceva: “come vorrei che le cose stessero davvero come dici tu”. [Vedi linkiesta.it del 15/06/2019] 

Cover: Ingmar Bergman sul set de Il Settimo sigillo (Wikipedia commons)

Cinema. Riaprono i set in Emilia-Romagna, specialisti in film ma anche medici e materiale sanitario cercansi per le riprese post-Covid

Da: Regione Emilia Romagna

Elettricisti e mascherine, autisti e paramedici: riaprono i set cinema-tv in Emilia-Romagna e anche la ricerca di personale e mezzi si adegua all’emergenza Covid. Per le riprese quindi non sono necessarie solo le classiche maestranze addette ai set ma anche operatori sanitari, fornitori di dispositivi di protezione, addetti alla sanificazione per far lavorare con la massima protezione attori, registi e tecnici.

Per consentire che questo avvenga, agevolando la produzione e i servizi e le professionalità di qualità operanti in regione, Emilia-Romagna Film Commission aggiorna la Banca dati della Regione in materia di cinema e produzione e invita tutti gli interessati a registrarsi, per affrontare efficacemente questo delicato periodo.

Le produzioni audiovisive nella fase di ripresa l’attività, come tutte le altre categorie, hanno l’esigenza lavorare in linea con i protocolli di sicurezza del settore e con quelli specifici per ogni ambito, che prevedono dall’uso di protezioni personali alla sanificazione di oggetti, abiti, arredi, fino all’esecuzione di test periodici.

Da qui l’ampliamento della banca dati con servizi e professioni che potrebbero essere particolarmente utili nei prossimi mesi. Le forniture richieste vanno da dispositivi di protezione (mascherine chirurgiche, guanti, soluzione idroalcolica e disinfettanti, termo scanner) ai bicchieri personalizzati. Ma si richiedono anche personale medico, laboratori per l’esecuzione di tamponi, servizi di sanificazione (per auto, costumi di scena). Sono richieste inoltre agenzie di catering, servizi di pulizia, fornitura di toilette mobili, noleggio auto, roulottes e motorhome, parrucchieri e barbieri, autisti, sorveglianti.

La registrazione va effettuata nella banca dati della Regione Emilia-Romagna in materia di cinema e produzione cinematografica, dove i nominativi saranno attivi sino al decadimento dell’obbligo al rispetto dei protocolli di sicurezza.

Emilia-Romagna Film Commission segnala possibili esigenze nel breve-medio periodo per le aree di Bologna, Modena, Ferrara, Forlì-Cesena e Ravenna, location di importanti set cinematografici.

Per informazioni: filmcom@regione.emilia-romagna.it

Educazione alimentare. Pasti bio nelle mense scolastiche, all’Emilia-Romagna il finanziamento maggiore: 5 milioni di euro

Da: Regione Emilia Romagna

Approvato dall’Assemblea legislativa il nuovo Programma per l’orientamento dei consumi e l’educazione alimentare per il triennio 2020-2022 definito dalla Giunta. Informazione e promozione nelle scuole, fondi per altri 200 mila euro all’anno

Mangiare sano e biologico, conoscere il percorso dei cibi dalla terra alla tavola, senza inutili sprechi. L’Emilia-Romagna dà l’esempio e si fa notare, anzi premiare, con oltre 5 milioni di euro, la cifra più alta in Italia, di risorse nazionali per l’impegno nelle mense bio, cui si aggiungono oltre 200 mila euro l’anno per iniziative di informazione e promozione del biologico nelle scuole da Piacenza a Rimini.
Ma non basta: ammontano infatti a 36 mila euro l’anno per il triennio 2020-2022, i fondi destinati dalla Regione alle attività di conoscenza del lavoro nei campi attraverso le fattorie didattiche e aperte e il nuovo progetto che formerà, appunto, i futuri ‘operatori di fattoria didattica’.
E poi i benefici di uno stile di vita sano che parte dalla tavola: la Regione è impegnata in modo attivo su diversi progetti europei di promozione della dieta mediterranea, del consumo di frutta, verdura e latte nelle scuole e non solo. Infine, Stop allo spreco per una cultura più rispettosa del cibo.
Sono queste le caratteristiche del nuovo programma triennale di educazione alimentare approvato oggi dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna.

“La maggiore consapevolezza della popolazione rispetto alla propria alimentazione- afferma l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, presentando il programma di educazione alimentare- va accompagnata dalla conoscenza delle produzioni agroalimentari e delle implicazioni ambientali, etiche e sociali dei diversi sistemi produttivi e degli stili di consumo”.
“Nei prossimi anni- prosegue l’assessore- continueremo a promuovere l’utilizzo di prodotti biologici e di qualità nella ristorazione collettiva pubblica, in attuazione del decreto Mense biologiche, che premia l’Emilia-Romagna, prima in Italia per numero di pasti bio erogati nelle mense scolastiche, con un finanziamento di circa 5 milioni di euro, che vanno ad ammortizzare i costi sostenuti dalle famiglie. Ulteriori 200 mila euro, sempre di risorse nazionali, finanziano progetti di sensibilizzazione e promozione dell’educazione alimentare”.
“Ulteriori investimenti per costruire una vera a propria rete di comunicazione- spiega l’assessore- provengono dal Programma di sviluppo rurale che ha attivato bandi per oltre 335 mila euro, finanziando progetti su consumi alimentari consapevoli, stili di vita sani, favorendo la conoscenza delle produzioni agroalimentari, il contatto diretto tra cittadini, consumatori e agricoltori e la sensibilizzazione sulle tecniche produttive sostenibili. I progetti sono il frutto della cooperazione tra imprese agricole, fattorie didattiche e altri soggetti del territorio già operanti in ambito educativo”.

Il programma di educazione alimentare 2020-2022

Previsto dalla legge regionale 29 del 2002 su educazione alimentare e qualificazione dei servizi di ristorazione collettiva, si articola su diverse linee di lavoro. In primo luogo, la conoscenza dell’agricoltura e del territorio, valorizzando la cultura rurale e le tradizioni locali. In sostanza proseguiranno le attività delle Fattorie didattiche, quali presidi fondamentali per l’educazione al consumo agroalimentare sul territorio, le iniziative di Fattorie aperte, la Giornata dell’Alimentazione in fattoria indetta dalla Fao in ottobre, e infine il sostegno del ricambio generazionale in agricoltura, facilitando l’accesso alla formazione, anche attraverso modalità on line, affinché più soggetti, soprattutto giovani, possano entrare in possesso dell’attestato di ‘operatore di fattoria didattica’. Il progetto è finanziato con risorse regionali che ammontano a 36 mila euro per il triennio.

RITORNA LA NOTTE ROSA:
dal 7 al 9 agosto a Comacchio e in tutta la Costa Romagnola

Ufficio Stampa Ascom Confcommercio – Comacchio 

La Notte Rosa si farà e verrà realizzata su tutta la Costa Romagnola (da Comacchio a Misano Adriatico come da tradizione) e relativi entroterra, centri urbani compresi.
Quando ? Nel secondo week end di agosto (7/8/9). A darne notizia Gianfranco Vitali, presidente di Ascom Confcommercio di Comacchio ma sopratutto in questo ambito coordinatore della cabina di regia di Destinazione Turistica Romagna:
“La Notte Rosa si farà – spiega Vitali – anzi sarà una vera e propria Pink Week perché gli eventi partiranno già da lunedì 3 agosto. Era necessario sopratutto in questo momento complesso per l’economia turistica anche del nostro territorio dare continuità ad un appuntamento importante per creare flussi di visitatori. Si tratterà di eventi diffusi sia nell’entroterra come sulle spiagge, insomma una Notte Rosa …soft allo scopo da un lato di salvaguardare la sicurezza ma dall’altro di richiamare turisti in un appuntamento entrato ormai stabilmente nell’immaginario collettivo. La Notte Rosa è uno stimolo in più”.
Una filosofia di piccoli eventi (cene romantiche al lume di candela….appuntamenti musicali più confidenziali, per fare solo due esempi…) che comunque permetteranno alla costa romagnola di promuoversi con entusiasmo e professionalità, con la madre di tutte le notti unendo sicurezza e divertimento. Un appuntamento che verrà lanciato come Pink Week a livello europeo (a breve saranno disponibili i programmi) e che testimonia la volontà di non rinunciare alla promozione in grande stile.

CIA FERRARA: per il radicchio prezzi in picchiata e produttori in perdita

Da: Ufficio Stampa

Se il mercato continuerà ad avere questa tendenza i produttori di radicchio del mesolano non copriranno i costi di produzione e andranno sicuramente in perdita. Una situazione difficile che preoccupa Cia – Agricoltori Italiani Ferrara, perché riguarda una delle colture orticole più importanti del territorio e complessa da invertire perché generata dalla chiusura di alcuni sbocchi del mercato durante l’emergenza sanitaria e dall’accumulo di scorte di prodotto invernale, come spiega Giuliano Mangolini, consigliere di un’importante cooperativa del territorio, che raccoglie e lavora mediamente 30.000 quintali di radicchio ogni anno.
“Durante il lockdown – spiega Mangolini – abbiamo dovuto eliminare 2.000 quintali di prodotto invernale destinato alla IV Gamma perché l’azienda che doveva ritirarlo è di Bergamo ed è stata chiusa a causa dell’emergenza. Nessuno ha naturalmente alcuna colpa, ma il danno alla filiera ferrarese del radicchio rimane. Anche le richieste della GDO sono diminuite perché i consumatori preferivano prodotti più conservabili, come le patate, tanto che il radicchio e altre orticole più deperibili sono quasi sparite dai banchi dei supermercati. Il graduale ritorno alla normalità a livello di abitudini di consumo non ha coinciso una normalizzazione del mercato e della situazione commerciale, perché nei mesi scorsi abbiamo accumulato radicchio invernale e abbiamo già il nuovo prodotto estivo pronto per essere trasformato e venduto. Il risultato – conclude Mangolini – è una situazione fortemente penalizzante per la filiera e soprattutto per i produttori che conferiscono il radicchio, quotato a 15-25 cent/kg, un prezzo troppo
basso perché la coltura sia remunerativa. Il minimo, infatti, per avere un ritorno a livello reddituale è di 40 centesimi, perché i costi di produzione sono elevati, soprattutto per via della manodopera”.
Difficoltà di mercato di radicchio e orticole vanno ad aggiungersi ai problemi della frutta e dei seminativi,
creando notevoli problemi all’agricoltura del territorio.
“Siamo consapevoli che questa situazione commerciale penalizzante per i produttori– afferma Stefano Calderoni, presidente di Cia Ferrara – è imputabile all’emergenza sanitaria. Ma il problema dei prezzi per il radicchio e le altre colture c’era anche prima, nelle annate diciamo “normali”. Il problema è solo uno: le colture da “reddito” si contano, forse, sulle dita di una mano e le orticole, che in passato avevano dato una certa “sicurezza” ai produttori – anche perché richiedono investimenti e costi di produzioni elevati visto che c’è poca meccanizzazione dei processi – subiscono delle oscillazioni di prezzo veramente consistenti da una campagna all’altra. Come possiamo pensare, in questo contesto, che gli agricoltori continuino a investire e produrre, assicurando prodotti di qualità ai consumatori? Come Cia stiamo facendo pressione perché ci sia a livello interno ma anche europeo, un maggiore controllo dei prezzi e delle speculazioni di mercato. Ma i risultati ancora non arrivano e anche quest’anno, sul territorio, rischiamo di ritrovarci con molte colture non remunerative, a partire dalle orticole, per continuare con le pere già colpite dalla cimice, ai seminativi che probabilmente avranno performance qualitative non eccezionali. E finché il settore agricolo non diventerà una priorità di chi ci governa, non riusciremo a uscire davvero dalla crisi e a tornare a fare reddito con i nostri prodotti d’eccellenza”.

L’Emilia Romagna “on the road” con Lonely Planet: Tre tappe in Regione nel racconto dell’Italia più bella e invitante

Da: Organizzatori

La Regione è protagonista di “Italia on the Road”, live tour della regina delle guide di viaggio che partirà il 29 giugno dalla Val d’Aosta alla scoperta dell’Italia più bella e insolita in un viaggio attraverso 7 regioni, raccontato sui canali social di Lonely Planet Italia – Tappe a Ferrara e a Comacchio (2-3 luglio), Ravenna (4 luglio) e Rimini (5 luglio), ma anche insolite “tips” in Emilia nel racconto itinerante del team composto da un instagrammer , un videomaker, due rappresentanti di Lonely Planet e due tecnici

La Bibbia delle guide di viaggio si appresta ad andare alla scoperta dell’Italia e non poteva certo mancare l’Emilia Romagna nella sua road map.

Partirà da Aosta lunedì 29 giugno “Italia on the Road”, il live tour di Lonely Planet Italia (con il patrocinio di ENIT) alla scoperta della penisola da nord a sud: 7 regioni, 22 tappe e 3 settimane di viaggio per il team composto da un Instagrammer, un videomaker, due rappresentanti di Lonely Planet e due tecnici che giornalmente racconteranno via web la loro esperienza di viaggio. Il portate lonelyplanetitalia.it registra ogni mese punte di 500.000 visite, mentre giornalmente i profili social di Lonely Planet Italia coinvolgono più di 250.000 follower (124.000 su Facebook, 89.000 su Instagram e 42.000 su Twitter).

Il tour nei primi giorni di luglio attraverserà l’Emilia Romagna, con “istantanee” dal Ponte di Bobbio (Pc) e dal Labirinto della Masone di Fontanellato (Pr) e tappe a Ferrara e nel Ferrarese (giovedì 2 luglio, con Comacchio e l’Abbazia di Pomposa venerdì 3 luglio), Ravenna (sabato 4 luglio) e Rimini (domenica 5 luglio).

Il team itinerante di Lonely Planet andrà alla scoperta di Ferrara attraverso le testimonianze del passato estense della città, ma anche visitando la mostra su Banksy attualmente in corso a Palazzo dei Diamanti, e con tappe a Palazzo Schifanoia e alla Galleria Cloister. Non mancheranno una piccola ed esclusiva anteprima in musica del Ferrara Buskers Festival e un aperitivo all’Enoteca Al Brindisi, il più antico locale della città. Il giorno successivo sarà protagonista Comacchio, con la suggestione del centro storico, il Museo del Delta Antico e la Manifattura dei Marinati. In programma anche un’escursione in barca nelle valli, con sosta al Bettolino di Foce per un pranzo tipico della tradizione marinara locale, e la visita in bicicletta della Saline di Comacchio. La giornata si concluderà con la visita dell’Abbazia di Pomposa.

A Ravenna spazio alla vita di spiaggia, con la biciclettata sulla diga foranea di Marina di Ravenna e il pranzo vista mare in uno stabilimento balneare. Nel pomeriggio visita ai mosaici UNESCO della Città e ai suoi monumenti, per concludere la giornata nella suggestiva atmosfera della Darsena con i suoi locali, dove il team di Lonely Planet si fermerà per aperitivo e cena.

Ultima tappa emiliano romagnola di “Italia on the road” sarà Rimini, che a fine agosto ospiterà anche la terza edizione dell’Ulisse Fest, il festival di viaggio di Lonely Planet. Dopo un itinerario in bici alla scoperta della testimonianze felliniane in città (che quest’anno celebra i cento anni dalla nascita del Maestro), dal Grand Hotel al Cinema Fulgor, dal Borgo San Giuliano alla Casa Natale del regista senza dimenticare il Museo diffuso a lui dedicato proprio per il Centenario e di prossima apertura, la squadra di Italia on the Road si concederà un po’ di vita di spiaggia. La giornata riminese proseguirà con il sopralluogo negli spazi in allestimento del PART, il Museo di Arte Contemporanea della Città, che ospiterà la collezione d’arte di San Patrignano donata a Rimini da Letizia Moratti.

Assieme all’Emilia Romagna sono protagoniste del progetto Val d’Aosta, Piemonte, Marche, Toscana, Campania e Basilicata. A ispirare “Italia on the road” è la Guida dal titolo omonimo, da pochi giorni in libreria, di cui il live tour arricchisce le proposte, portando alla scoperta di nuovi ed originali itinerari da vivere in auto, moto, bicicletta e a piedi.

Coronavirus, Rancan (Lega ER): Terapia iperimmune: basta ritardi, subito la banca regionale del sangue

Da: Ufficio Stampa Lega Emilia-Romagna

“Siamo in ritardo, rischiamo di arrivare impreparati a una eventuale seconda ondata di epidemia da Coronavirus, mentre molti cittadini emiliano romagnoli sono costretti ad andare in Lombardia per donare il loro plasma iperimmune”. Così il capogruppo della Lega Emilia Romagna, Matteo Rancan, ha replicato all’assessore regionale alla Salute, Raffaele Donini, che ha ammesso che la Regione sta ancora lavorando alla creazione di una banca del plasma iperimmune in applicazione di un protocollo che non ha ancora avuto la sua definitiva approvazione a livello nazionale. “Di questa vicenda – ha detto Rancan – se ne parla ormai da più di un mese e con delusione abbiamo visto che l’Emilia Romagna ha scelto di non audire in commissione il dottor Giuseppe De Donno che, a Mantova, è stato il primo a mettere in pratica questa metodica come cura efficace contro il Coronavirus. Ai donatori emiliano romagnoli che, sulla scorta di quanto fatto da De Donno a Mantova, volevano donare il loro sangue una volta guariti dalla malattia, dal servizio sanitario regionale è stato risposto che non ce n’era bisogno. Adesso – ha aggiunto Rancan – l’assessore Donini ci conferma che la Regione sta ancora lavorando, si attende la definizione di un protocollo condiviso, di raccolta di plasma ancora non si parla, i donatori saranno avvertiti. Insomma, siamo in ritardo mentre, come si sa, prima si interviene, come già fanno a Mantova e a Pavia meglio è. Noi siamo disponibili a collaborare, ma servono risposte concrete”. L’assessore Donini ha anticipato che, a livello regionale, la banca del plasma verrà realizzata a Cesena, unico centro di stoccaggio dell’area vasta.

Fiscaglia e l’operazione Margherita

Da: Comune di Fiscaglia

Sabato 20 giugno i cittadini di Fiscaglia hanno incominciato a segnalare alcune decorazioni floreali comparse in tutte le località del territorio, accompagnate da un messaggio che recitava: “X TE”.
Sui social e nelle piazze sono iniziate ad avanzare ipotesi più o meno verosimili: la riconquista di un amore, l’abbellimento di alcuni punti delle frazioni, uno scherzo, un compleanno speciale e ironicamente l’arrivo degli
alieni.
La cosa che accomuna ogni teoria è che le margherite blu sono state un dono gradito.
Cosa si cela dietro questi fiori è stato rivelato martedì 23 giugno dall’Amministrazione: “Oggi i Fiscagliesi hanno trovato una nuova sorpresa in giro per le strade” – dichiara l’Assessore alla Comunicazione Alessandra Giaquinto –    Circa 150 margherite blu sono state distribuite sul territorio, di queste realizzazioni in cartoncino ogni petalo è ‘staccabile’ e contiene un invito a partecipare all’incontro che si terrà il 27 giugno dalle 9 alle 13
presso la biblioteca di Migliarino e che rientra nel percorso partecipato per la costituzione della Consulta sul Welfare.”
Quindi sì alla riconquista di un amore, quello di Fiscaglia verso i suoi abitanti; sì all’abbellimento e sì a un evento speciale. I Fiscagliesi hanno vinto tutti (tranne chi tendeva per gli alieni), ma per vincere di più bisognerà che accettino l’invito e portino le loro idee a questo ‘primo appuntamento’.

Turismo e Cultura. ‘La Milanesiana’ sceglie la Romagna: ospiti e incontri nelle piazze e negli spazi aperti di Gatteo a Mare, Santarcangelo di Romagna, Forlimpopoli e Cervia-Milano Marittima

Da: Regione Emilia Romagna

Ha uno spiccato accento romagnolo la ventunesima edizione della Milanesiana, il festival di letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro, diritto ed economia ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, che dal 29 giugno al 6 agosto partirà da Milano, viaggerà l’Italia e terminerà il suo percorso, appunto, in quattro località della Romagna.

Incontri, concerti, dialoghi e grandi ospiti, dal 3 al 6 agosto, coloreranno le piazze e gli spazi aperti di Gatteo a Mare, Santarcangelo di Romagna, Forlimpopoli e Cervia-Milano Marittima, quattro luoghi simbolici dell’estate romagnola che, nonostante i mesi di emergenza, puntano ad accogliere turisti da tutta Italia e non solo puntando anche sulla sperimentazione artistica e l’originalità che da sempre contraddistingue lo stile del Festival. Soprattutto, quattro momenti per ricordare grandi personalità dell’Emilia-Romagna in occasione di altrettanti anniversari: la Notte Romagnola di Gatteo a Mare rende omaggio al musicista Secondo Casadei a cinquant’ anni dalla morte; Santarcangelo di Romagna ricorda i centenari di Federico Fellini e Tonino Guerra mentre è a Pellegrino Artusi, nei duecento anni dalla nascita, che è dedicato l’appuntamento di Forlimpopoli. L’edizione 2020 de La Milanesiana terminerà poi il suo viaggio il 6 agosto nel Comune di Cervia a cui la Fondazione Elisabetta Sgarbi donerà l’opera d’arte realizzata da Marco Lodola “La Rosa”, che troverà la sua ideale collocazione proprio nella località romagnola nota come “Città giardino”.

La presentazione del programma oggi in Regione nel corso di una videoconferenza con il presidente, Stefano Bonaccini, insieme all’assessore al Turismo, Andrea Corsini, all’ideatrice della Milanesiana, Elisabetta Sgarbi e, collegati da remoto, i sindaci delle quattro città coinvolte: Gianluca Vincenzi (Gatteo), Alice Parma (Santarcangelo), Milena Garavini (Forlimpopoli) e Massimo Medri (Cervia).

“Negli ultimi cinque anni in Emilia-Romagna abbiamo investito sulla cultura, raddoppiando i fondi, anche come elemento di sviluppo e valorizzazione dei nostri territori. Scelta ancor più strategica oggi, sia per sostenere i nuovi mestieri e chi nell’economia arancione, quella della creatività, ha e aveva trovato un’occupazione, sia per sostenere la ripartenza dopo il lungo lockdown- commenta Bonaccini- Gli eventi di qualità rimettono a valore l’attrattività della nostra regione, sono quindi contento che un festival consolidato come ‘La Milanesiana’ abbia scelto la Romagna e la Riviera per quattro giornate della rassegna. Credo non sia un caso: disponiamo di un’identità e una reputazione che ci rendono un territorio ‘desiderabile’ per i turisti, che qui possono provare esperienze uniche, dal mare alla montagna, dai cammini e gli itinerari alle città d’arte, con eccellenze e marchi conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. E anche con ‘La Milanesiana’ possiamo dire che L’Emilia-Romagna c’è, è ripartita e guarda al futuro con fiducia”.

“L’arrivo in Romagna della Milanesiana è una novità importante e gradita- afferma l’assessore Corsini-. Il 2020, così come il 2021 con Dante, doveva essere, e in parte comunque sarà, per la nostra regione e per l’intero Paese un anno di grandi eventi e celebrazioni all’insegna della cultura. Oltre a Parma Capitale italiana della cultura, che si protrarrà fino a tutto il 2021, cadono quest’anno i centenari di Federico Fellini e Tonino Guerra e il bicentenario di Pellegrino Artusi. Ora La Milanesiana ci consente di aggiungere un prezioso tassello al nostro cartellone”.

“La Milanesiana arriva in Emilia-Romagna, o meglio, in Romagna- spiega la direttrice, Elisabetta Sgarbi-. Quattro momenti, quattro città per ricordare grandi personalità di questa regione, in altrettanti anniversari (Secondo Casadei, Federico Fellini, Tonino Guerra, Pellegrino Artusi), tra arte, letteratura, musica, cinema. E, in tempi di finti regionalismi, io, orgogliosamente emiliana e orgogliosamente milanese, ho auspicato questo connubio, questa “Milanesiana di Riviera”, come si intitola la sigla che gli Extraliscio (gruppo romagnolo con un album alle spalle e uno in arrivo) hanno voluto donarci proprio per questi quattro appuntamenti. E non c’è Regione più pertinente al tema di questa ventunesima Milanesiana: i colori. Lo spirito di questa regione, che mi anima, sarà d’esempio per superare ogni difficoltà”.

I colori sono il tema scelto da Claudio Magris per questa edizione del festival, il collegamento di un lungo viaggio fatto di oltre 40 appuntamenti e cento ospiti che, come di consueto, parte dalla Lombardia per poi proseguire nelle Marche, Veneto, Campania, e terminare con una quattro giorni di omaggi ai colori della Romagna, dove i protagonisti saranno personalità e artisti come Paolo Fresu, Vittorio Sgarbi, Piero Chiambretti, Oscar Farinetti, Giulio Ferroni, Orietta Berti, Antonio Dipollina e tanti altri.

Infine, saranno romagnole anche le sigle, “Il Ballo della Rosa”, “Milanesiana di Riviera”, “E la nave arriverà”, composte ad hoc per l’edizione 2020 dal gruppo musicale romagnolo e apolide che ha radici nella grande tradizione del liscio, Extraliscio – Punk da balera.

APPUNTAMENTO A VILLA MENSA
27 e 28 giugno: Giornate FAI all’Aperto nella Delizia Estense

Da: FAI Giovani Ferrara

Nelle settimane di lockdown la bellezza dell’Italia ci è mancata, per questo il FAI – Fondo Ambiente Italiano propone un doppio appuntamento per tornare a scoprirla in sicurezza. Il 27 e 28 giugno, da nord a sud, le delegazioni di tutta Italia proporranno ai visitatori una formula speciale ed inedita, le Giornate FAI all’aperto. Una formula che permetterà di rispettare il necessario distanziamento sociale, grazie alla partecipazione su prenotazione, senza però perdere il tradizionale spirito di gioia e serenità che da sempre contraddistingue le Giornate FAI.
La delegazione FAI di Ferrara e il Gruppo FAI Giovani Ferrara accompagneranno i visitatori tra le bellezze paesaggistiche e la storia di Villa La Mensa, facente parte del circuito delle delizie estensi, a Sabbioncello San Vittore (Copparo). Accanto al Po di Volano, i visitatori potranno, nella magica quiete della rigogliosa campagna ferrarese, ammirare questa residenza di origine quattrocentesca, attualmente oggetto di un importante cantiere di restauro, il cui sontuoso passato è testimoniato dalle sue stratificazioni architettoniche ed artistiche, come la torre, il bel loggiato, le articolate decorazioni pittoriche di pareti e soffitti e gli stucchi, tracce raccolte in un palinsesto tutto da interpretare.
Villa Mensa sarà visitabile tramite prenotazione obbligatoria, da effettuare online (sul sito giornatefai.it) fino a esaurimento posti, e non oltre le ore 15.00 del 26 giugno. Al momento della prenotazione online verrà richiesto un contributo per il FAI (a partire da 3 euro per gli iscritti, da 5 per i non iscritti): un aiuto importantissimo per permettere di continuare quelle attività di restauro, tutela, valorizzazione del patrimonio d’arte e natura italiano in cui il FAI si impegna da 45 anni.
I turni di visita a Villa Mensa saranno sette in ognuna delle due giornate (durata visita 1 ora compresi accrediti e protocollo covid-19), con partenza rispettivamente alle ore 10-11-12 in mattinata e 14-15-16-17 durante il pomeriggio. Il percorso di visita individuato convivrà con la presenza del cantiere di restauro (si consigliano quindi calzature appropriate), concentrandosi per motivi di sicurezza in aree defilate dal vivo dei lavori, ovvero nell’area verde che circonda la villa e nella loggia. Come sempre, anche in questa occasione sarà possibile in sito iscriversi al FAI o rinnovare la propria iscrizione.
Importante ricordare inoltre che Villa Mensa, per la quale apertura si ringrazia il Comune di Copparo, è stata scelta in questo 2020 come LUOGO DEL CUORE sostenuto dalla Delegazione FAI Ferrara e dal suo gruppo Giovani. La campagna “I Luoghi del Cuore” promossa dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo, è il più importante progetto italiano di sensibilizzazione sul valore del patrimonio del nostro paese, che permette ai cittadini di segnalare al FAI attraverso un censimento biennale i luoghi da non dimenticare. C’è tempo fino al 15 dicembre prossimo per partecipare alla 10ª edizione del censimento, votando il proprio luogo preferito sul sito https://www.fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/i-luoghi-del-cuore/
Per restare aggiornati sulle iniziative del FAI sul nostro territorio o diventare volontari, seguite la pagina facebook del gruppo FAI Giovani Ferrara!

Mobilita’ casa-lavoro, possibilità estesa al trasporto privato a sostegno delle fasce deboli

Da: Comune di Bondeno

Le misure di inclusione per garantire il lavoro ai soggetti diversamente abili sono sempre preziosi. In tal senso, la Giunta Comunale di Bondeno ha predisposto una apposita Delibera per sostenere con aiuti concreti le forme di mobilità casa-lavoro. Un tema che è destinato a diventare sempre più centrale, da qui al futuro, in particolare dopo l’emergenza COVID-19. Il progetto viene riproposto, dopo le esperienze degli ultimi anni, ed è seguito dall’Assessore alle Politiche sociali, Francesca Piacentini: “L’opportunità è garantita anche quest’anno da risorse derivanti dal Fondo regionale per l’occupazione delle persone con disabilità e che permetterà di andare in aiuto in misura forfettaria non solo a chi si è spostato per motivi di lavoro con i mezzi pubblici, ma anche attraverso l’aiuto di privati, che affiancano i soggetti diversamente abili nel loro percorso verso una parziale autonomia”, dice l’assessore. Il provvedimento approvato dal Comune di Bondeno permetterà di abbattere il costo di abbonamenti ai treni o agli autobus, rimborsando inoltre chi ha sostenuto spese con mezzi propri. Il Comune di Cento è capofila per il Distretto sociosanitario Ovest del progetto, ma sarà cura dei singoli comuni occuparsi della raccolta delle domande di contributo. I beneficiari delle agevolazioni sono le persone con disabilità inserite in percorsi lavorativi, ma anche il coniuge, i parenti o affini fino al terzo grado di parentela. I quali, pur non essendo necessariamente conviventi, siano di supporto della persona disabile negli spostamenti casa-lavoro, anche se questo supporto si concretizza con l’uso di un’auto privata. La Delibera include nella casistica prevista dalla procedura ad evidenza pubbliche le stesse Associazioni di volontariato del Terzo settore, che si occupino di un servizio di questo tipo. L’ammontare del contributo che la Regione ha destinato al Distretto Ovest è pari a poco meno di 21.580,30 euro. Dopo che le domande saranno raccolte dai singoli municipi, sarà cura del Comune capofila, ovvero Cento, provvedere a stilare una graduatoria. Le domande verranno accolte fino ad esaurimento del fondo disponibile. “In questo modo” – aggiunge il Sindaco facente funzioni Simone Saletti – “viene messo in campo un nuovo strumento di sostegno alle famiglie in condizioni di difficoltà. Non si tratta, questa volta, di una misura di sostegno al reddito, ma di facilitazione per quelle categorie più fragili, che possono essere sostenute nel loro percorso lavorativo”.

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
La scuola s’è persa per strada

In questi giorni operosi per mettere a fuoco il domani del paese, pare che la scuola si sia persa tra Colao e Villa Pamphili. Non so se ad andare perduti siano stati i fogli o le idee, ma noi, che siamo zelanti e che non manchiamo di idee, vorremmo dare una mano, permetterci qualche suggerimento che, a conti fatti, potrebbe rivelarsi utile.
Da tempo conoscenza, competenze, patrimonio di saperi non solo hanno cambiato volto, hanno pure mutato percorso, abbandonando i sentieri tradizionali per intraprendere strade nuove. Anziché bagaglio nozionistico, riserva di erudizione da esibire, si sono trasformati in risorsa preziosa per le donne e gli uomini dell’epoca che viviamo. Imparare è il risultato di un’orchestrazione, non è monocorde, anzi direi che è stereofonico, con una collocazione spaziale ampia, dilatata, dinamica, ma questo spartito ci siamo scordati di suonarlo.

Ora che sarebbero necessari più spazi questi ci mancano, perché non ne abbiamo approntati altri, a partire da musei, biblioteche, archivi e gallerie, teatri, dimore antiche e ancora se ne potrebbero aggiungere, luoghi spesso ostinatamente più di conservazione che di azione. Non li abbiamo attrezzati come avremmo dovuto con spazi interattivi, modulari, con ambienti per fare didattica, con la rigidità prussiana che un museo e una biblioteca non sono una scuola. Idea davvero stravagante visto che ciò che ospitano e conservano ha fatto scuola nei secoli e ancora fa scuola. L’esperienza dei laboratori didattici ancora non si è tradotta in consuetudine, in modo che sia più che naturale l’intercambiabilità tra spazi scolastici e spazi delle istituzioni culturali.

Spazi sono le classi o, meglio, le aule, come horti conclusi, senza il fascino del giardino. Classe è termine da coscritti della leva. Qualcosa di militare, che ancora resiste alle radici delle nostre scuole. L’alzarsi in piedi quando entra l’insegnante in aula, l’allineamento dei banchi, le classi assemblate per età anagrafica, il numero degli alunni, tanti plotoni pronti ad ingaggiare la lotta con il sapere, per non parlare di coloro che ancora vorrebbero bambini e bambine in divisa, con il loro grembiule. Sembra di raccontare di un altro secolo, eppure è la registrazione di quello che, incredibilmente, ancora resiste oggi, e spesso incontrando il compiacimento di tanti a partire dai laudatores temporis acti. E non ci si rende conto degli anacronismi, della muffa che pervade il proprio cervello, del vulnus di non essere riusciti ad immaginare finora altro. Non ci sono più gli ospedali con le camerate, forse le camerate hanno abbandonato anche le caserme, le classi no, le classi sono un pilastro che come ogni cariatide che si rispetti sfida i tempi.

Patti formativi, piani di studio, crediti, tutoraggio, un linguaggio che non è mai appartenuto alla scuola, ma che l’università ha da tempo fatto suo. Flessibilità e differenziazione dei percorsi consentirebbero di eliminare la diseconomicità delle bocciature, potrebbero costituire gli elementi di una istruzione rinnovata a partire dal primo grado del ciclo secondario. Non più studenti che attendono il cambio dell’ora seduti in aula, ma studenti che al cambio d’ora si muovono da un laboratorio all’altro specificamente dedicato alle singole discipline o transdisciplinare. Gli esami a conclusione del primo e del secondo ciclo potrebbero essere sostituiti da progetti concreti, la cui realizzazione dovrebbe accompagnare l’intero curricolo dello studente e che dovrebbe essere il risultato dell’interazione tra scuola e  territorio. Oppure si potrebbe pensare qualcosa che assomigli a una vera tesi, sinossi dell’intero ciclo di studio. Quanto è ancora indispensabile la pratica degli scritti e degli orali? È proprio necessario che tutti studino le stesse discipline o si potrebbe dare spazio ad opzioni più legate ai propri interessi, alle proprie attitudini, ai propri progetti? Le discipline devono continuare a resistere come discipline o è meglio ‘dematerializzarle’ nella  tessitura dell’intreccio dei saperi?

In territori ricchi di strutture sportive, piscine e palestre, è ancora necessario proseguire nella cultura della mens sana in corpore sano, che tradizionalmente ha dato luogo alla pratica scolastica dell’educazione fisica? Movimento, sport, educazione motoria non potrebbero essere delegati al territorio anziché alla scuola? Allo stesso modo sarebbe finalmente ora di far uscire l’insegnamento della religione cattolica dall’orario scolastico.
Liberare ore dell’orario scolastico sarebbe importante ad esempio per dare spazio ad apprendere seriamente la musica, a suonare uno strumento che non sia il flauto dolce, anziché continuare nella pratica della musica come attività per i soli baciati da dio. Socialità e appartenenza, invece di passare per le classi e le sezioni identificate con le lettere dell’alfabeto, potrebbero essere coltivate dal partecipare a gruppi orchestrali e corali scolastici o compagnie teatrali o a gruppi di filmmaker.

Educazione lungo l’intero arco della vita e scuola a “pieno tempo”, come la voleva Lorenzo Milani, avremmo voluto che si incontrassero e si intrecciassero. Non sono utopie, attendono solo il momento che la storia ce ne imponga la scrittura. Non si tratta, dunque, di invenzioni, neppure di idee tanto nuove, semmai di esperienze e riflessioni che sono andate accumulandosi negli anni, nate non dal nulla, ma dal vivere spesso le contraddizioni del nostro sistema formativo, dal pensare come si sarebbe potuto fare meglio, senza che mai fossero prese realmente in considerazione. Ora sarebbe il tempo.

Continuiamo a reclutare insegnanti precari per una scuola precaria, perché al di là delle nostre volontà la scuola non potrà rimanere così com’è, così come l’abbiamo conservata finora. Non è che la scuola può cambiare da un giorno all’altro e neppure che ci possiamo permettere di buttar via il bambino con l’acqua sporca. Ciò che non ci possiamo assolutamente permettere è quello di perdere la Scuola per strada, continuare a ignorare l’urgenza di dare avvio a un discorso corale sull’istruzione, capace di raccogliere il contributo di idee e esperienze accumulate negli anni, di chiamare all’appello innanzitutto gli insegnanti, che sono i professionisti della cultura, e le migliori intelligenze di cui disponiamo, archiviando per sempre ogni nostalgia per le predelle e per le classi, perché è proprio ciò di cui non sentiamo assolutamente il bisogno. Discorso è discorrere, è percorrere una strada, è darsi un percorso, è disegnare il percorso dell’istruzione nel nostro paese.

Il Club Alpino Italiano riparte

Da: CAI Ferrara

A seguito delle disposizioni relative alla fase 3 dell’emergenza Coronavirus, il Club Alpino Italiano ha elaborato un protocollo volto a regolamentare la ripresa dell’attivita’ escursionistica e cicloescursionistica, di conseguenza la sezione Cai di Ferrara ha proposto un calendario di uscite estive, in attesa di tornare presto alla consueta programmazione annuale.
Finalmente si riprende a camminare e pedalare insieme, nel rispetto delle regole imposte dalla legislazione, al fine di garantire la sicurezza di partecipanti e accompagnatori.
Si ricomincia sabato 27 giugno con una sgambata in MTB nel Parco delle Foreste Casentinesi, seguiranno trekking in Appennino, Alpi e Dolomiti, e ancora un’uscita in bici a meta’ luglio, per arrivare a Ferragosto con una escursione in Valsugana: percorsi di una sola giornata, su tracciati di difficoltà bassa o media, per permettere a tutti di ritrovare il ritmo, dopo mesi di lontananza dall’ambiente montano.
Le principali novità riguardano il numero di partecipanti, limitato a 10 e di conseguenza dedicato ai soli soci, l’utilizzo di mezzi propri per raggiungere la località di partenza dell’escursione e l’iscrizione tramite email; per il resto, si tratta perlopiù di attenersi a regole che sono ormai diventate consuetudine nei recenti mesi, come il rispetto della distanza interpersonale e l’uso di mascherine e gel disinfettante.
Per info su calendario delle escursioni e iscrizioni: http://bit.ly/2FNJ4rN

La ballerina di Pontalba

Sono le sedici. Oggi a Pontalba ha appena smesso di piovere. Nelle pozzanghere si vede la luce del sole e le  nuvole bianche che corrono come pecore.
Io esco  a fare una passeggiata. E’ il momento migliore per farlo.
Pontalba è un paese lombardo di pianura. Conta circa duemilacinquecento abitanti. Ha due frazioni:  Cominella e Milzuno.  Vicino a Pontalba scorre uno degli affluenti del Po: il Lungone. Per questo il paese fa parte del parco del Lungone Nord. Abbiamo una miriade di vincoli architettonici e paesaggistici, volti a fare in modo che l’insediamo umano non rovini la bellezza naturale del parco.

Esco e mi incammino verso il centro del paese, dove c’è la piazza principale con il suo monumento ai caduti della seconda guerra mondiale. Sull’angolo di via Santoni Rosa, c’è una forneria. Sull’insegna si legge “Da Camilla”. La fornaia si chiama Camilla. La conosco da sempre, ha un solo anno più di me, abbiamo frequentato lo stesso liceo e ci conosciamo da allora. Dopo la maturità lei ha ereditato la forneria del padre e ha cominciato a sfornare meravigliosi panini, mentre io facevo tutt’altro.

Guardo nelle pozzanghere e mi ritrovo a pensare a quando ero bambina. Anche allora amavo le pozzanghere trasparenti. Quelle dentro le quali si vede il cielo. Dopo una pioggia violenta, il cielo è limpido e l’aria  pulita. Guardando verso nord, si vedono le Alpi con le loro creste perennemente innevate. L’aria profuma d’acqua e di foglie. Faccio altri due passi e mi avvicino ad un’altra pozzanghera. Vi guardo dentro e vedo una piccola Costanza. Sono io da piccola.
Una bambina mora, con i capelli lunghi e lisci e gli occhi color delle foglie d’autunno. Un po’ verdi e un po’ nocciola. Una volta Tito sentenziò che quello strano color d’occhi faceva di me una persona speciale. Grande Tito, come sempre.
Da piccola ero una bambina musicale e ballerina. Il mio tempo libero era in buona parte dedicato ad ascoltare musica e a danzare.

Sognavo d’essere una ballerina del Teatro Bol’šoj, piroettavo trasognata sul cemento del mio cortile sognando le luci della ribalta.  Il Bol’šoj di Mosca è un teatro tra i più famosi e blasonati al mondo. E’ il tempio del balletto classico russo. La sua compagnia di danza, famosa ovunque, conta più di duecento ballerini. Uno dei primi ballerini della compagnia  è stato Rudol’f Nureev, considerato uno tra i più grandi danzatori del XX secolo insieme a Nizinskj e Bariysnikov. Per la sua velocità nel danzare e l’abilità nel compiere acrobazie di ogni genere era soprannominato the flying tatar, cioè “il tataro volante”.  Anch’io avrei voluto essere una tatara volante. Mi dedicavo a esercizi acrobatici con una certa assiduità e mettevo musica classica a tutto volume, costringendo gli abitanti di Via Santoni Rosa al supplizio della stessa musica riascoltata all’infinito.

Nella pozzanghera di oggi c’è quella bambina che mi è tornata alla memoria con molto vigore, sembra viva dentro l’acqua trasparente.

Il Sogno del Bol’šoj non esiste più. Solo i sogni alimentati da aspettative importanti, impegno, costanza, dedizione, fedeltà hanno qualche possibilità di realizzarsi. Tutti gli altri se ne vanno un po’ alla volta e, un bel giorno, spariscono. A dire il vero io un piccolo Bol’šoj  ce l’ho avuto.  Qui in paese c’era il teatro della parrocchia. Un teatrino piccolo che serviva per proiettare degli vecchi film la domenica pomeriggio e che, un paio di volte all’anno, accoglieva spettacoli di personaggi locali. Alla fine del mio primo anno di scuola elementare, le maestre organizzarono uno spettacolo per i genitori. A me fu assegnato il ruolo di prima ballerina. Un vero balletto classico con una parte da solista. La nonna Adelina, che da giovane aveva fatto la sarta,  mi fece un tutù bianco come la neve, riutilizzando il velo da sposa di mia madre. Io danzai magnificamente, per quel che può fare una bambina di sei anni autodidatta, ce la misi proprio tutta. I presenti applaudirono entusiasti e chiesero anche il bis, che naturalmente fu concesso. I bambini che parteciparono come protagonisti a quello spettacolo ora hanno tra i quaranta e i cinquant’anni, mentre gli spettatori dai cinquant’anni in su. Fu un successo, tanto che andammo anche in trasferta a Cominella, la nostra frazione più grande e ci invitarono per il Natale dell’anno seguente alla Casa di Riposo di Pontalba.
Alla fine dello spettacolo furono buttate sul palco una valanga di caramelle di zucchero. Dei fruttini duri come proiettili. Uno colpì un bambino sulla fronte con tale vigore che gli fece crescere il bernoccolo.

Credo che nella distanza di performance che c’è  tra una bambina che danza sul palco  del teatro dell’oratorio di Pontalba e una ballerina  del Bol’šoj di Mosca, ci stia tutto l’universo. Per fare i ballerini professionisti occorre una dedizione, una determinazione e un coraggio che la Costanza bambina non aveva. Era tutto sommato un po’ fragile. Poi quella bambina è cresciuta, ha imparato che la convinzione e la tenacia sono fondamentali, ed è riuscita a realizzare altri suoi sogni. Ma non quello.

Riguardo nella pozzanghera, la piccola Costanza sta volteggiando sulle note del Lago dei cigni di Čajkovskij. Entrambi i piedi sulle punte, fa passetti piccoli e agili, mentre le braccia sono alzate verso il cielo e si muovono leggere come le ali di una libellula. Il tutù è fatto di vere piume di cigno bianco e le sta rigido intorno alla vita, forma una corolla rovesciata intorno ai fianchi. Calzamaglia bianca, capelli legati e altre piume di cigno che incorniciano il volto.
Danza, ballando una specie di omaggio alla vita, un’interpretazione  della musica che sta ascoltando. Il cigno nasce, muore e rinasce ancora. I passi accompagnano la danza come fedeli esecutori di un copione già scritto, come il tramite tra il pensiero e ciò che il  corpo permette di fare.
Piedi che si muovono senza risparmiarsi, in maniera disciplinate ed elegante. Braccia che sembrano ali, che si librano in cielo. Un vortice di bianco, di piume, di leggerezza e d’infanzia. Un sogno d’eternità, di capacità di vincere la forza di gravità. Una magia, una favola unica. ll Lago dei Cigni è uno dei più famosi e acclamati balletti del XIX secolo musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij. La prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro Bol’soj di Mosca il 20 febbraio 1877 con la coreografia di Julius Wenzel Reisinger.

Riprendo la mia passeggiata e lascio la bambina che danza felice. Arrivo sull’angolo della via, di fronte al negozio di Camilla e poi faccio dietro front, ritorno verso la pozzanghera, sono assalita dalla nostalgia per la Costanza ballerina. Voglio guardarla ancora un po’.

N.d.A.
I protagonisti dei racconti hanno nomi di pura fantasia che non corrispondono a quelli delle persone che li hanno in parte ispirati. Anche i nomi dei luoghi sono il frutto della fantasia dell’autrice.

FOGLI ERRANTI
SCAMPOLI DI LOCKDOWN (2) – La bugadara solidale

di Giovanna De Simone

“Ciao Isa!”, video-chiamo la mia amica del cuore che abita solo a quindici minuti di bicicletta da qui, ma che ora è distante come anni luce.
“Ciao!”, mi risponde in tuta di felpa rosa, secondo me la stessa che usava alle medie, dalla cucina buia della sua casa. “…scusa”, mi chiede sospettosa, “ma dove sei, che quel posto lì non l’ho mai visto? Confessa! Sei uscita di casa!”.
Oggi è l’innumerevole sabato pomeriggio di isolamento nazionale. Nel Mondo di Fuori è sbocciata una meravigliosa primavera che mai nella storia recente aveva degnato il mese di marzo di cotanta grazia, e io non so neanche come abbia fatto ad arrivare fino a questo punto senza aver compiuto una strage familiare degna dell’Overlook Hotel.
Durante la settimana riesco ad attutire il peso della reclusione perché ne evado legittimamente, andando al lavoro. Nel mio tragitto a piedi fino all’ufficio, scorgo le tendine delle finestre che si scostano e gli sguardi invidiosi dei più, che non hanno avuto il permesso premio.
Ma durante il week end, quando anche i supermercati sono chiusi, quando hai rinvasato anche le piante dei vicini, quando hai pulito dopo quindici anni il garage e la cantina, ti accorgi che gli spazi domestici sono diventati improvvisamente troppo stretti. Una frase del Talmud diceva che gli esseri umani sono come le olive, solo quando vengono schiacciati esprimono il meglio, così oggi sono andata in esplorazione dell’immenso condominio in cui abito.
“Eh no cara mia, non sono uscita oggi!” sorrido attraverso il telefonino alla mia amica, con il vento tra i capelli. “Ho scoperto che ho un terrazzo condominiale!”
Più che un terrazzo, è una colata di cemento, eternit e cacche di piccione, posta alla sommità di questo mostruoso palazzone di sessanta unità che deturpa, come una ferita, il glorioso ingresso dei Duchi nel medioevale centro cittadino.
Per disattendere l’immaginario della maggior parte dei cittadini che lo conoscono, esso non è un blocco di cemento armato, monolitico e compatto anche al suo interno. Il centro del palazzone è invece un tondo vuoto in cui si affacciano i balconi delle cucine delle sessanta famiglie che lo abitano.
La bugadara, in quest’epoca di coronavirus, è quanto mai popolata di un umanità di cui prima non ci era mai accorti.
Ah…ma la dirimpettaia del 4 piano, così seria ed integerrima, si fa le canne?!?
Ma quant’è carino lo studente di fronte?
E da dove l’ha uscita la moglie, quel cretino che abita sopra? Mai vista in quindici anni. La teneva chiusa in soffitta?
I primi saluti, mentre si stendevano le lenzuola, sono iniziati solo dopo il quinto giorno di reclusione. Era un sabato di sole e la fame d’aria ci aveva fatto affacciare tutti alla bugadara.
Chi stendeva le tende, chi dipingeva le ringhiere, chi travasava le piante, altri semplicemente prendevano il sole.
Dalle finestre aperte delle cucine arrivavano profumi di ragù alla sedicesima ebollizione e musica. Qualcuno canticchiava.
“Signora Tinaaaa!”, mi urla la vicina del piano di sotto. Mi affaccio che sto quasi per cadere.
“Salve signora Anna!”
“Volevo ringraziarla per la pianta che mi ha messo ieri davanti alla porta. E’ bellissima!”
“Di niente”
“Senta, sto facendo i maccheroni pasticciati. Ne vuole due porzioni? Gliele metto davanti alla porta.
Tutta la bugadara ascolta interessata e partecipe.
“Scusi lei”, urla il vecchietto della scala B dal terzo piano. “Lei che sta armeggiando con lo smerigliatore”
“Si?”, il novello sposino alza lo sguardo. “Salve, mi dica”, dice così piano che tutta la bugdara di sporge dai balconi per ascoltare.
“Quando ha finito con quella finestra, non è che me lo può prestare?”
“Ma certamente! Ma…come faccio a darglielo? Abita dall’altra parte del palazzo!”
“Guardi, me lo può lasciare stasera vicino ai bidoni della spazzatura. Verso le 21.30…”, poi si gira verso la platea tutta della bugadara, “e che nessuno me lo prenda!”.
Alle 21.30, dopo l’ultima sigaretta affacciati al balcone, le sessanta famiglie della bugadara si augurano collettivamente la buonanotte.