Skip to main content

Giorno: 28 Giugno 2020

Coronavirus, l’aggiornamento: 21 nuovi positivi, di cui 16 asintomatici individuati attraverso gli screening regionali e l’attività di tracciamento

Da: Regione Emilia Romagna

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 28.456 casi di positività21 in più rispetto a ieri, di cui 16 persone asintomatiche individuate attraverso l’attività di screening regionale. 

nuovi tamponi effettuati sono 3.421, che raggiungono così complessivamente quota 486.730, a cui si aggiungono altri 1.129 test sierologici, fatti sempre da ieri.

Le nuove guarigioni sono 19 per un totale di 23.161, l’81% dei contagiati da inizio crisi. Stabili i casi attivi, cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono 1.042 (uno in più rispetto a ieri).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 922, due in meno rispetto a ieri, l’88,4% di quelle malate. I pazienti in terapia intensiva sono 12, uno in più di ieri, quelli ricoverati negli altri reparti Covid sono 108 (+2).

Le persone complessivamente guarite salgono quindi a 23.161 (+19): 249 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 22.912 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registra 1 nuovo decesso (un uomo), residente in provincia di Bologna. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a quota 4.253.

Questi i nuovi casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.545 a Piacenza (+1, asintomatico), 3.649 a Parma (+4, di cui 3 asintomatici), 4.892 a Bologna (+4, di cui 3 asintomatici), 1.022 a Ferrara (+5, di cui 3 asintomatici). I casi di positività in Romagna sono 4.996 (+7), di cui 1.049 a Ravenna (+1, sintomatico), 794 a Cesena (+3, asintomatici), 2.194 a Rimini (+3, asintomatici, anche questi individuati grazie agli screening regionali) e 959 a Forlì (stesso numero di ieri).

Invariati i casi di positività a Reggio Emilia: 5.002; a Modena: 3.946 e a Imola: 404.

DIARIO IN PUBBLICO
Nel parlamento dantesco non c’è posto per lo Sgarbi vociante

Il malizioso criceto mi sussurra all’orecchio di commentare il ‘fatto’ per eccellenza avvenuto in Parlamento il 25 giugno. Esito, mi schermisco, ma il mio spirito dantesco prende il sopravvento e decido di rifarmi agli anni gloriosi in cui per tre giorni alla settimana mi lanciavo nell’esegesi del sommo poeta.
Il IV canto dell’Inferno si apre con questa ambientazione: una valle nella quale si erge un nobile castello. Ci troviamo nel luogo che ribadisce la condanna spirituale del maestro di Dante, Virgilio, in quella valle del Limbo ove s’erge il castello degli Spiriti Magni. Un luogo nobile dunque che Dante così descrive:

Di lungi n’eravamo ancora un poco,
ma non sì ch’io non discernessi in parte
ch’orrevol gente possedea quel loco.

La gente onorevole potrebbe frequentare il Parlamento? Certamente. Qui infatti:

Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne’ lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.

Come si sa nei luoghi del potere e soprattutto alla Camera si discute con garbati modi; mai s’alza la voce e, Parlando cose che il tacere è bello, si opera per il bene della Patria! Sono loro, gli “Spiriti Magni”, a cui è stato affidato la conduzione dello Stato che, nell’alternarsi delle diatribe, riescono a regolare e ad approvare le difficili leggi della politica. Talvolta però s’alzano cartelli irridenti, si mangia appetitosa mortadella, ci si azzuffa, si strepita. Ma solo per il bene della Nazione.

Certo, chi come nel caso dell’onorevole di cui si parla,  nel suo modus operandi è investito dalla nobile causa per cui, possedendo un eloquio superiore e volendo far prevalere le sue tesi deve e può, con evidente funesta ira, o minaccioso richiamo alle regole della somma auctoritas, arrivare a trascendere. Ecco allora l’arringa si fa urlo. Il guardiano, anzi in questo caso la guardiana, del loco minaccia, strepita, ammonisce. Nulla da fare, finché in un impeto di punizione si arriva all’estremo castigo e l’oratore è trascinato da quattro commessi a braccia fuori dai ‘bank(s)y’. [La boutade ovviamente non è mia]. Così si conclude la dantesca vicenda, anche se le conseguenze ancora palpitano nei commenti, nei social, nelle discussioni a viso aperto cioè senza l’invisa mascherina.

Resta un interrogativo senza risposta (per ora): Quali cose si saranno detti tra loro i reggitori dello stato, qui alla Camera, o in Senato, o nella delizia della palazzina della Algardi a Villa Pamphili, il Bel Respiro. Cose di cui il tacere è bello?
Il criceto mi lancia un’occhiata di cautelosa approvazione e si ritira nel suo angolo pronunziando parole gaudiose, dove riesco a sentire un continuum di frasi che ripetevano in continuazione un solo nome: Parigi.
E sì! perché, mentre lentamente s’apre l’estate portatrice di gioia e mentre conto i giorni che mi separano dalla partenza per Vipiteno, arriva la notizia inattesa. Parigi mi aspetta. Mi vuole nell’autunno, si spera non più funestato dal covid. A lui, al mio Cesarito si dedica una giornata di festa europea, a cui sono chiamato a partecipare: Parigi e Pavese. Che si vuole di più?

Allora, dopo essermi consultato con il mio Saint-Laurent sulla necessità di riparare ancora una volta il capriccioso e vetusto portatile, ne compro uno nuovo in cui riversare le mie noterelle estive e attendo fiducioso di partire per noti lidi (anzi montagne).
Buone vacanze ai miei 5 lettori!!!

 

UN FANTASMA SI AGGIRA PER IL MONDO
Contro lo sterile e violento esercizio iconoclasta

Da qualche settimana sui giornali appaiono titoli che riguardano abbattimenti o rimozioni di statue di alcuni personaggi che hanno segnato la storia di molti paesi del mondo.
All’epoca di Gorbaciov, presidente dell’Unione Sovietica, che stava progettando di introdurre un inizio di democrazia nel suo Paese, avevo ammirato e condiviso la sua decisione di non rimuovere la statua di Lenin sulla piazza Rossa. In quel gesto, in quella scelta, si poteva leggere la consapevolezza del capo del Cremlino di che cosa fosse la democrazia e, soprattutto, del valore della Storia come fondamento di un progetto comune e reale di trasformazione costruttiva del procedere storico di una nazione e di un popolo.

Gorbaciov aveva capito che la democrazia non si esporta, ma si costruisce con il cammino faticoso e allo stesso tempo creativo e coinvolgente di chi vuole costruire un ambiente sociale di collaborazione e di intenti comuni, verso un obiettivo reale di convivenza nella giustizia. Chi abbatte le statue, come hanno fatto i componenti jihadisti con la statua gigante del Buddha, ha una concezione dell’umanità dipendente da volontà superiori e non in grado di crearsi la propria vita lasciando tracce.

Come dice il Presidente francese Macron, la storia non si cancella, per il semplice motivo che ciascuno di noi è figlio di quella storia e le attuali società sono il frutto di scelte precedenti e di vite precedenti, in poche parole come dice la mistica, scrittrice e promotrice culturale Angela Volpini: la storia è un progetto di comunicazione tra le generazioni (vedi: “L’uomo creatore” ed. Castelvecchi, 2016). Conoscere la propria storia da parte di un popolo è segno di maturità e di civiltà perché significa aver capito che ogni atto che, facciamo sia singolarmente che come società, ha delle conseguenze su tutti noi nel bene e nel male, poiché gli uomini sono liberi e perciò possono decidere della loro vita e del loro futuro.

La libertà, caratteristica specifica degli esseri umani, qualifica la singolarità di ciascuno e per questo possiamo conoscerci e definire la nostra identità. Questa identità segnerà di noi ogni nostra azione, perciò è tanto più libera quanto più è consapevole, quanto più è una scelta per la volontà di costruire il proprio posto nel mondo.
Niente e nessuno può decidere di noi, se non lo vogliamo; perciò chi distrugge i simboli del passato, anche se raccontano momenti non condivisibili o addirittura esecrabili, dimostra soltanto di non considerarsi un cittadino libero in quanto in grado di distinguere ciò che a lui corrisponde, ma si considera parte di una massa che avanza soltanto per l’inerzia del proprio peso e, in quanto tale, può essere orientata nella direzione decisa o dal caso o da qualcuno a cui conviene una adesione emozionale e acritica.

Questi gesti così clamorosi e violenti rappresentano in modo inequivocabile la violenza meno appariscente, ma altrettanto distruttiva, di coloro che voglio cancellare i progressi storici che hanno costituito il processo di democratizzazione delle nostre società.
Perché non ci si interroga e non si riflette sulla gravità della proposta di coloro che predicano il ritorno alle autonomie regionali rispetto alle organizzazioni statali? Di coloro che vogliono ricostituire il Lombardo-Veneto in Italia, la Catalogna in Spagna, la Vallonia in Belgio, e così via? O alla sovranità nazionale rispetto alla costruzione europea? Questi vogliono cancellare anni, se non secoli, di faticose conquiste di uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita per realizzare i loro sogni e lasciare un’eredità preziosa ai loro figli.

Questi progetti di destrutturazione storica sono peggiori del revisionismo o del negazionismo perché    agiscono sulla realtà, rendendo tutti profughi, estranei al loro contesto, catapultandoli in una realtà ormai passata, rendendoli di fatto incapaci di vera autonomia e di vedere il futuro.
Ormai dovremmo aver capito che non è distruggendo ciò che non ci piace, ma è costruendo che si trasforma la realtà e si realizza una nuova storia che ci soddisfi pienamente.
Dovremmo aver capito non solo che la violenza non trasforma niente, ma che l’umanità ha bisogno di creare relazioni sempre più finalizzate a rendere la terra un ambiente aperto per tutti, la vera costruzione non chiude i confini, ma li supera. La memoria è parte sostanziale dell’essere umano, non è il ritorno al passato; avere memoria significa capire la profondità della propria realtà, la complessità della propria natura e riconoscere e possedere gli strumenti necessari a trasformare i sogni in desideri, i desideri in aspirazioni e le aspirazioni in possibilità concrete in un mondo finalmente accogliente per tutti.

LO CUNTO DE LI CUNTI
Harry Wilmans

Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini

Sulla collina sul fiume Spoon c’è un piccolo cimitero. Da quell’angolo sperduto della Grande America si levano, una ad una, le voci di vite dimenticate. Voci che, solo per la grazia della poesia, diventano indimenticabili. Il racconto del soldato Harry Wilmans si chiude con un grido amaro – “Now there’s a flag over me in Spoon River! A flag! A flag” – dove la bandiera, simbolo e feticcio di ogni nazionalismo guerriero, si muta nel suo contrario e diventa denuncia della follia della guerra e dello stato militare. Spoon River Anthology nasce nel pieno della Prima Guerra Mondiale, Edgar Lee Masters pubblica le sue poesie in versi liberi sul Mirror tra il 1914 e il 1915.
Da allora la sua Antologia è stata tradotta, letta, commentata in tutte le lingue del mondo. In italia, dopo la censura fascista, la prima edizione porta la data del 9 marzo 1943 e la traduzione e curatela di una ragazza che sarebbe diventata un mito, Fernanda Pivano, la quale era stata sollecitata dal suo maestro Cesare Pavese. La presentiamo qui nella nuova traduzione e con la voce di Andrea Barsotti, 

(I Curatori)

Edgar Lee Masters, Harry Wilmans (1918), traduzione e lettura di Andrea Barsotti

Vuoi leggere il testo?

Incipit in lingua originale:
I was just turned twenty-one,
 And Henry Phipps, the Sunday-school superintendent,
Made a speech in Bindle’s Opera House. 
“The honor of the flag must be upheld,” he said, 
“Whether it be assailed by a barbarous tribe of Tagalogs
 Or the greatest power in Europe.”

HARRY WILMANS 

Avevo appena compiuto ventuno anni,
ed Harry Phipps, il sovrintendente della scuola valdese,
fece un discorso al teatro dell’opera Bindle.
“L’onore della bandiera deve essere tenuto in alto”, disse,
“sia che venga attaccato da una barbata tribù di Tagalog
o dalla più grande potenza europea.”
E noi esultammo, esultammo al discorso e alla bandiera che aveva sventolato mentre parlava.
Ed andai in guerra a dispetto di mio padre,
e seguii la bandiera fino a che la vidi issata
accanto al nostro campo in una risaia vicino Manila,
e tutti noi esultammo e esultammo.
Ma c’erano mosche e cose velenose;
E c’erano acque mortali,
e il caldo crudele,
e il cibo disgustoso, putrido;
e la puzza della trincea proprio dietro le tende
dove i soldati andavano a liberarsi;
e c’erano le battone che ci venivano dietro, piene di sifilide;
e atti bestiali tra di noi o da soli,
e prepotenza, disprezzo, abbrutimento,
e giorni di disgusto e notti di paura
fino all’ora dell’attacco attraverso la palude fumante
seguendo la bandiera,
fino a che caddi con un grido, trapassato nelle budella.
Adesso c’è una bandiera sopra di me a Spoon River!
Una bandiera! Una bandiera!

Edgar Lee Masters, Harry Wilmans, fa parte di Antologia di Spoon River, prima edizione 1915, prima edizione italiana 1943, qui nella traduzione di Andrea Barsotti (aprile 2020)

Guarda le altre videoletture del Cunto de li Cunti [Qui] 

Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi

PER CERTI VERSI
A V.

Ogni domenica Ferraraitalia ospita ‘Per certi versi’, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca
[Qui]

A V.

Eri un amico
Di un mio amico fraterno
In parte infermo
In una casa di riposo
Ah il riposo
È diventato sonno eterno
Il covid fu un soffio
A una farfalla morta