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Giorno: 12 Dicembre 2020

SCHEI
Banchieri, marchesi e plebei

Lo abbiamo già detto: dal primo gennaio 2021 le banche applicheranno le nuove (più restrittive) regole europee sulle “controparti inadempienti”, che in parole povere siamo noi che non riusciamo a rimanere dentro il fido, o sconfiniamo senza fido, o non riusciamo a onorare alla scadenza una rata del prestito. Se siamo un privato o una PMI, lo sconfino di oltre 100 euro per più di 90 giorni ci rende automaticamente inadempienti verso quella banca e segnalati sul sistema; se siamo un’impresa, idem se il nostro ritardo di oltre 90 giorni ci porta a sconfinare per più di 500 euro. L’ esposizione in mora deve anche superare l’1% del totale dell’esposizione verso la banca. Se poi sistemiamo le cose, in teoria la segnalazione viene cancellata. Dico in teoria, perchè la lista di coloro che, per misteriose ragioni, rimangono segnalati in Centrale Rischi per ritardi di mesi o anni prima, poi sistemati, è lunghissima ed è uno dei sintomi dell’inefficienza delle organizzazioni bancarie quando non si tratta di piazzare prodotti ai propri clienti, ma di occuparsene come utenti bisognosi di un servizio. La customer care in banca, purtroppo, somiglia sempre più a quella delle aziende con un numero verde unico per l’assistenza, in cui riesci a parlare con un operatore dopo aver attraversato un labirinto minato; con l’aggiunta che, in banca, se sconfini non sei più un cliente, ma un cattivo pagatore. E queste nuove regole autorizzano, implicitamente, la banca a trattarti come l’equivalente del paria induista, un reietto, un fuori casta.

Molti istituti in questi giorni hanno comunicato ai loro clienti che tra pochi giorni applicheranno le nuove regole. Scelta meritoria, almeno in termini di trasparenza: uomo avvisato, mezzo salvato. Continuo peraltro a chiedermi – per una volta, come fa il capo dei banchieri italiani, Patuelli – per quale ragione l’Europa non abbia ancora deciso di rinviare l’entrata in vigore di queste norme. Le ragioni della opportunità di un simile rinvio sono molteplici, ma si possono compendiare in un solo vocabolo: pandemia. Questa testardaggine è ancora più ottusa se consideriamo che si sta votando, in Europa, la possibilità che per evitare il fallimento di una banca il Fondo Unico di Risoluzione possa chiedere soldi al MES(Meccanismo Europeo di Stabilità). Inoltre, a partire dal 28 giugno 2021, cambia la ponderazione dei prestiti garantiti da una quota di stipendi e pensioni – la cosiddetta “cessione del quinto”: l’assorbimento di capitale associato a questa tipologia di finanziamenti sarà abbassato dall’attuale 75% al 35%.Questo perchè la rischiosità complessiva di tali finanziamenti è considerata più bassa delle altre tipologie di crediti al consumo, per due motivi: 1.esiste una polizza assicurativa che protegge il credito della banca in caso di morte o perdita del posto di lavoro; 2. il rimborso del prestito è direttamente trattenuto alla fonte (ovvero presso il datore di lavoro, pubblico o privato).

Per semplificare: da un lato abbiamo un sistema di regole che cambia “in meglio”, liberando capitale disponibile alle banche(che devono accantonare meno patrimonio per tutelarsi dal rischio dei crediti non pagati) e apprestando una rete di salvataggio (il MES, appunto) in caso di rischio di fallimento. Il combinato di queste due misure consente alle banche di avere più denaro da impiegare, e di poter ricorrere a soldi “pubblici” di fonte europea per evitare di saltare in aria. Questo “lato” è coerente con l’aggravarsi della situazione socio-economica, poichè consente, almeno in teoria, ad una banca di non chiudere il rubinetto del credito proprio quando c’è maggior bisogno che da quel rubinetto esca acqua fresca, risorsa fondamentale per un assetato. Dall’altro lato, invece, si inaspriscono le regole di rimborso, in modo tale da creare pressochè inevitabilmente, in periodo di pandemia, una nuova valanga di crediti inesigibili, che peseranno come un macigno sui bilanci bancari. Questo secondo “lato” appare quindi incoerente con l’aggravarsi della situazione socio-economica, e rischia di vanificare in buona parte l’effetto positivo delle misure espansive.

Tuttavia uno potrebbe dire che questo rigore è benvenuto, perchè gli impegni vanno rispettati e un debito è un impegno che va onorato nei tempi stabiliti. In linea teorica è un ragionamento sensato, introdotto però nel periodo più insensato: sono già milioni gli italiani che, a causa della paralisi dell’economia mondiale e locale, non sanno come sbarcare il lunario nei prossimi mesi, e che, una volta espulsi dal sistema del credito, non vi potranno più accedere per anni. Sarà un disastro per i territori, che vedranno trasformare il rapporto dei privati e delle piccole imprese col sistema del credito, fino ad una situazione (che già evolve, giorno per giorno, in questa direzione) nella quale saranno le agenzie criminali a finanziare l’economia “legale”, in quanto dotate di ingenti somme di denaro riveniente dal traffico di droga, di armi, di rifiuti e di esseri umani. Si realizzerà in questo modo una completa fusione tra economia legale e illegale(anzi, criminale): un salto di qualità da una economia ufficiale innervata da elementi criminali, ad un corpo socioeconomico nel quale non avrà nemmeno più senso distinguere tra economia legale e criminale, perchè la sola economia che sopravviverà sarà quella capitalizzata con o finanziata da soldi sporchi.

Ma se non bastasse questo, c’è anche una gigantesca ipocrisia dietro questo rigorismo di facciata, come si può agevolmente appurare da tutte le statistiche sul tema delle sofferenze bancarie. La Cgia di Mestre ha mostrato già nel 2016 chi sono i “cattivi pagatori” delle banche.  Le grandi imprese rappresentavano l’80% del credito complessivamente erogato alle società non finanziarie, nonostante esse siano appena l’1% del totale. Ebbene, esse erano responsabili del 78% dei crediti sofferenti, mentre il restante 99% delle imprese detiene il restante 22% dei debiti a rischio. Ripeto: l’ 1% dei finanziati ha causato il 78% dei debiti impagati. Le grandi imprese hanno ottenuto grande fiducia, ma dimostrano di averne fatto strame. Anche a Ferrara lo sappiamo molto bene: la Cassa di Risparmio è saltata per la sconsiderata mole di denaro prestata fuori dai nostri territori e a pochissimi debitori, non per i piccoli prestiti dei ferraresi (che però alla fine sono quelli che hanno pagato il prezzo della risoluzione, con buona pace dei professorini di economia che impartiscono lezioni su come si amministrano le banche). Li conosciamo, quelli che succhiano denaro dalle banche restituendolo a loro piacere. Sono la classe dirigente italiana, i Caltagirone, i De Benedetti, i Marcegaglia, i Marchini, gli alfieri di quel capitalismo relazionale che significa: siedo nel CdA di chi mi presta i soldi, quindi i soldi me li prendo e se non mi va non te li restituisco. Tanto a me, qualcuno che presta i soldi ci sarà sempre. Alberto Sordi – con la forza iconica che l’arte trasmette, molto meglio di un saggio di economia – ha mostrato il nocciolo della nostra classe padronale, condensandolo nella battuta del Marchese del Grillo: “io so’ io e voi non siete un cazzo”.

 

Lavori di completamento della pubblica illuminazione in aree del Comune di Codigoro ancora sguarnite

Da: Karia Romagnoli, Comune di Codigoro

In questi giorni sono partiti i lavori di completamento dell’impianto di pubblica illuminazione in alcune aree del territorio ancora sguarnite. I punti luce in fase di installazione sono situati a sud della località Comuni sino all’intersezione con Dosso Cavalle e a nord della località Fronte I° Tronco, lungo la strada provinciale sino a Pontelangorino, all’altezza dei binari della ferrovia.
Il costo complessivo dei lavori, progettati dall’ing. Demil Leonardi, è di circa 110mila euro, finanziati da risorse comunali. Nelle prossime settimane saranno realizzati ulteriori punti luce a Mezzogoro (corte Ernestina, corte Seminiato, località Barce – rotatoria), a Caprile, (tratto di località Canal Ippolito), a Pontelangorino, nel tratto di località Viebasse (a nord) e a Pontemaodino. “Sin dal proprio insediamento, questa Amministrazione, si è prefissata alcuni obiettivi strategici, – sottolinea il Sindaco Sabina Alice Zanardi – garantendo, prima di tutto, la massima sicurezza nelle scuole, dando il via ad importanti interventi di adeguamento impiantistico. Ma si è voluto investire tanto anche nelle opere necessarie, come lo è il completamento dell’illuminazione pubblica sul territorio. Sono consapevole dei disagi che deriveranno dalla posa di pali e cavi elettrici e per questo mi scuso sin da ora, a nome dell’Amministrazione Comunale. I disagi di oggi saranno compensati dall’utilità di un servizio pubblico indispensabile. Stiamo, inoltre, preparando un ulteriore progetto, per completare gli interventi di illuminazione pubblica sul territorio comunale.”
Il termine ultimo di conclusione dei lavori in corso è fissato alla fine dell’anno. Per informazioni e delucidazioni, i cittadini sono invitati a scrivere all’indirizzo di posta elettronica sindaco@comune.codigoro.fe.it o a contattare la Segreteria del Sindaco al numero: 0533-729518.

Dalla Regione 250.000 euro per potenziare la tecnologia nelle scuole di musica dell’Emilia-Romagna

Cultura e istruzione. Dalla Regione 250.000 euro per potenziare la tecnologia nelle scuole di musica dell’Emilia-Romagna: finanziati 17 progetti e 66 istituti per favorire la didattica a distanza. Salomoni e Felicori: “Rispondiamo all’emergenza ponendo le basi per scuole più innovative e inclusive”

Con i contributi saranno acquistate anche attrezzatture, da tablet a microfoni, per gli studenti, che potranno portarle a casa in comodato d’uso. Il valore totale dei progetti supera i 360.000 euro

Bologna – Nessuno spenga la musica: per 66 scuole di educazione e formazione musicale dell’Emilia-Romagna, da Piacenza a Rimini,sono infatti in arrivo dalla Regione quasi 250.000 euro come contributi per l’acquisto di dispositivi tecnologici per la didattica a distanza, in modo da favorire la massima partecipazione e la continuità dei percorsi di crescita artistica delle ragazze e dei ragazzi in condizioni di assoluta sicurezza durante la pandemia.

A fine ottobre la Giunta regionale, in attuazione della legge del 2018 sullo sviluppo del settore musicale, aveva lanciato, e approvato con una delibera, un invito pubblico a presentare progetti di investimento per la qualificazione dell’offerta educativa e formativa musicale: ne sono arrivati 17, tutti giudicati ammissibili, per una spesa totale di 360.782,90 euro di cui 249.253,26 sostenuti dalla Regione.

Un contributo che non riguarderà solo le scuole ma anche gli studenti: l’investimento infatti permetterà agli istituti l’acquisto di dotazioni tecnologiche, dalle cuffie ai microfoni passando per i software per la didattica e i tablet, adeguati e specifici per l’attività musicale, che saranno anche resi disponibili per gli allievi in comodato d’uso. Una scelta che, oltre a sostenere la prosecuzione in sicurezza e con attrezzatture adeguate delle lezioni, vuole innovare, e quindi valorizzare, la pratica musicale, introducendo nuovi strumenti e nuovi metodi di insegnamento.

I 17 progetti coinvolgono complessivamente 66 scuole di musica: 4 a Piacenza, 7 a Parma, 10 a Reggio Emilia, 8 a Modena, 15 a Bologna, 5 a Ferrara, 5 a Ravenna, 7 in provincia di Forlì-Cesena e 5 a Rimini.

“Fare musica non è solo suonare uno strumento o esercitarsi nel canto: dedicarsi a un’arte significa per le ragazze e i ragazzi sviluppare qualità fondamentali per la loro crescita come la creatività, la dedizione, la collaborazione- commentano Paola Salomoni, assessore alla Scuola, e Mauro Felicori, assessore alla Cultura-. Sono questi i motivi per cui due anni fa abbiamo creduto in una legge dedicata allo sviluppo della musica e solo tre mesi fa abbiamo investito significativamente, per oltre 1,5 milioni di euro, per sostenerne l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado. Ed è continuando su questa linea che oggi andiamo a stanziare contributi che permettono di non interrompere il fondamentale lavoro delle scuole di musica in questi tempi di pandemia”.

“Ma in questa misura non vediamo solo una risposta all’emergenza, con questi finanziamenti pensiamo anche al futuro delle scuole di musica: vogliamo contribuire in maniera significativa all’innovazione della didattica grazie alle nuove tecnologie digitali, vogliamo che le ragazze e i ragazzi sviluppino competenze digitali che anche quando torneremo alla normalità saranno utili per completare e arricchire la formazione in gruppo e in presenza, e soprattutto- concludono Salomoni e Felicori- crediamo che ampliando le possibilità di fruizione, introducendo la modalità da remoto, avremo scuole di musica più inclusive, dando a tutti gli allievi pari opportunità”.

Un progetto di Ferrara Musica con Enzo Restagno, a cura di Nicola Bruzzo

Da: Ufficio Stampa Ferrara Musica

VIDEO CONVERSAZIONI SUL SIGNIFICATO DELLA MUSICA

In questo momento di sospensione temporanea della stagione concertistica, Ferrara Musica ripensa la sua funzione e sceglie di approfondire assieme al suo pubblico i contenuti più fondanti della propria attività. Per la prima volta l’associazione concertistica proporrà un ciclo di conversazioni fra il violinista e consigliere d’amministrazione Nicola Bruzzo e il direttore artistico, il musicologo Enzo Restagno. L’oggetto è la musica degli ultimi sessan’tanni con i suoi protagonisti e le sue curiosità, i grandi artisti e i più importanti compositori, il mondo di cui Restagno è stato ed è testimone diretto.
L’iniziativa è stata intitolata “Riflessioni” e vuole stimolare sia il pubblico più fedele che quello di appassionati più recenti a scoprire la musica classica in modo nuovo: quale sia stato il panorama musicale del dopoguerra e come sia cambiato negli ultimi anni per meglio capire come sarà il futuro della nostra cultura. Un’indagine sul significato della musica colta tra ieri, oggi e domani.
«Con queste ‘pillole’ – ha dichiarato il presidente Francesco Micheli – abbiamo voluto invitare il nostro pubblico a una riflessione sulla musica d’arte di oggi, non quella ‘da ascensore’ ma quella di sublime qualità. A bocce ferme, passato il Covid, tutto cambierà, incerto il come. Per la musica dovrà essere reinventato il modo di programmarla, di porgerla e di eseguirla: ripensando sopratutto alla didattica».
«Ascoltare la musica – ha sottolineato a sua volta Enzo Restagno – è una delle cose più belle che esistano, e questo piacere unico dell’ascolto si prolunga e si approfondisce attraverso la discussione».
Soddisfatto Nicola Bruzzo, che ha ideato il ciclo e ne ha curato la realizzazione: «In questo periodo così difficile, ascoltare i pareri di Enzo Restagno – attento testimone di un’epoca, forse più felice e ottimista dell’attuale, che era slanciata verso il futuro e agganciata al proprio presente – mi ha permesso di capire meglio il passato e dato più fiducia nel futuro».
La rassegna video, che si articola in dieci mini puntate di cinque minuti circa, sarà trasmessa sui canali social di Ferrara Musica – Facebook, Instagram e YouTube – con un primo teaser di lancio che è online da venerdì 11 dicembre, e un appuntamento settimanale, che sarà disponibile al pubblico ogni martedì alle 11, a partire dal 15 dicembre, fino alla fine di febbraio 2021.

Rientro a scuola e trasporti, se ne è parlato al tavolo di coordinamento presieduto dal prefetto Campanaro

Da: Gianni Molinari, Prefettura di Ferrara

RIENTRO A SCUOLA E TRASPORTI, SE NE È PARLATO AL TAVOLO DI COORDINAMENTO PRESIEDUTO DAL PREFETTO CAMPANARO

Presente all’incontro anche l’Assessore regionale ai trasporti Andrea Corsini

Coordinare gli orari di ingresso e uscita dalle scuole e quelli del trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, in funzione della disponibilità di mezzi di trasporto a tal fine utilizzabili. Di questo, in previsione della ripresa della didattica in presenza nella misura del 75% dopo le festività di capodanno, si è parlato questa mattina durante la riunione dell’apposito Tavolo di coordinamento istituito nell’ambito della Conferenza provinciale permanente e presieduto dal Prefetto Michele Campanaro, in videoconferenza da Palazzo don Giulio d’Este.
Erano presenti all’incontro l’Assessore regionale ai trasporti Andrea Corsini con il Direttore generale Paolo Ferrecchi, il Presidente della Provincia Nicola Minarelli, l’Assessore all’istruzione del Comune di Ferrara Dorota Kusiak, il Sindaco di Cento Fabrizio Toselli, il Direttore dell’Ufficio Scolastico Provinciale Veronica Tomaselli, l’Amministratore Unico di Ami Giuseppe Ruzziconi con il Direttore Michele Balboni e la Presidente di TPER Giuseppina Gualtieri con il Direttore Paolo Paolillo e il Dirigente dell’esercizio automobilistico Riccardo Cappelli.
La riunione ha costituito il primo importante step di un percorso – previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre scorso – che affida ai Prefetti il compito di coordinare specifici momenti di confronto tra tutti gli Enti a vario titolo coinvolti, condividendo e mettendo a punto un piano operativo in condizione di garantire, dal 7 gennaio 2021, la ripresa delle lezioni in presenza per il 75% degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, utilizzando mezzi del trasporto pubblico locale con capienza massima stabilita al 50 %.
“Condividendo pienamente le considerazioni dell’Assessore regionale ai trasporti Andrea Corsini, devo rimarcare che la situazione attuale resta di piena emergenza e, come tale, va affrontata con approccio e misure straordinarie per garantire il rientro in sicurezza dei ragazzi delle scuole superiori della provincia di Ferrara. Cionondimeno, resto convinto che, con piena condivisione d’intenti e leale collaborazione da parte di tutti gli attori presenti al Tavolo, riusciremo pure nei tempi particolarmente stringenti a disposizione a garantire il risultato che, con salvaguardia del diritto alla salute, riporti i nostri ragazzi nelle aule” ha dichiarato il Prefetto Campanaro nell’introdurre i lavori della Conferenza.
Nel corso dell’incontro, sono state, quindi, sviluppate le prime ipotesi di lavoro che terranno conto, da un lato, di uno scaglionamento degli orari di ingresso e di uscita dalle scuole superiori (nella fascia oraria 8.00/10.00 e 13.00/15.00), partendo dal monitoraggio effettuato dall’Ufficio Scolastico Provinciale, relativo all’utilizzo dei mezzi di trasporto da parte degli studenti; dall’altro, di un eventuale, possibile potenziamento del servizio di trasporto pubblico locale. Gli Amministratori dei Comuni di Ferrara e Cento, per parte loro, hanno assicurato piena disponibilità nel mettere a disposizione delle Aziende di trasporto idonee aree supplementari di fermata dei mezzi pubblici per favorire l’incarrozzamento degli studenti ed evitare possibili situazioni di assembramento.
“Valuto positivamente questo primo confronto allargato – ha affermato il Rappresentante del Governo al termine dell’incontro – I tempi molto ristretti per arrivare alla stesura di un piano operativo impongono lavori serrati, sicchè oggi ho condiviso con i componenti del Tavolo la necessità di costituire ed insediare immediatamente un ristretto ‘Gruppo di lavoro’ coordinato dal Vice Prefetto Vicario e composto da tecnici dell’Ufficio Scolastico Provinciale e dell’Agenzia per la mobilità, che si riunirà con frequenza quotidiana e porterà una bozza di pianificazione sul Tavolo di coordinamento, già riconvocato per il prossimo 18 dicembre”.

PRESTO DI MATTINA
Il richiamo della Parola di Dio: risacca e balbettio di onde

Come bambini che non parlano ancora, sommersi da suoni che non comprendono e tuttavia tentano e ritentano di imitare, così si sta, balbettanti, la domenica dopo l’ascolto del vangelo. Una mareggiata di parole, onda dopo onda, si riversa sull’assemblea, lasciando in ciascuno il suono e, forse, non sempre il senso. Il rintocco pare però sufficiente a risvegliare il desiderio e l’attesa che si manifesti, una volta o l’altra, pure il senso, così da consentire a Colui che nella calca della folla sentì qualcuno toccargli di nascosto il mantello di rivolgere anche a noi le parole dette a una donna da dodici anni malata: «Figlia, la tua fede ti ha salvata, va in pace!» (Luca 8,43-48).

A messa si sta allora fiduciosi come bambini, come infermi che in quel balbettare, rimuginando dentro e fuori, sanno che nascerà la parola, che sgorgherà la sua luce che guarisce. La parola di Dio, il vangelo restano sempre gli stessi, affidabili e compassionevoli come il mare: «Tutto viene a noia, solo a te [mare] non è dato abituarsi, passano i giorni, e gli anni, e mille, mille anni» (Boris Pasternak). Non c’è tempesta che non si calmi, non c’è mare su cui non ritorni la bonaccia per la parola del maestro risvegliato. Non c’è minaccia o guaio nel vangelo che non si muti in un “venite, ritornate a me, affaticati e stanchi, con tutto il cuore”. L’onda invece, direbbe Marina Cvetaeva, non è mai uguale a se stessa e ritorna sempre, ma diversa, quasi fosse la mia onda personale, venuta apposta per me, la parola di qualcuno rivolta solo a me, in intimità, cuore a cuore.

Penso a Pietro e ai suoi amici quella volta che ospitarono il maestro sulla loro barca, come un pulpito di chiesa, un ambone all’aperto sullo sconfinato mare. Parlava a tutti, alla gente sulla spiaggia. Ma poi la parola del maestro si rivolse diretta proprio a Pietro, senza lasciare spazio a una generica risposta. Egli lo chiamò per nome – Simone che poi cambierà in Pietro – fiaccato da una notte di pesca infruttuosa, reti e mani vuote. Ma quel giovane rabbi non si accontentò: voleva lui, e gli chiese di ritornare al mare. Penso che si sentì allora come onda che muore sulla spiaggia. Un uomo venuto dalle alture di Nazaret, falegname per giunta, gli chiedeva di riprendere il largo, di rinascere “onda nuova”. Decise di fidarsi; di affidarsi come al vento le vele in mare a quella parola: «duc in altum», prendi il largo; e avendolo fatto riempì le sue mani e le reti di pesci da non credere. Una sorte identica – ne sono convinto – a quella di coloro che la domenica, divenuti uditori della parola, proveranno a pescare nell’immenso mare del vangelo.

Non ci è dato comprendere del vangelo tutte le parole che ascoltiamo; ma di stare attenti e di intenderne qualcuna almeno, questo sì. Come quando lo sguardo dalla riva vede arrivare le onde e qualcuna più distesa e coraggiosa arriva a bagnarci i piedi. Sentendola tiepida e invitante si fa qualche passo incontro ad essa, aspettandone un’altra e così, onda dopo onda, cresce l’irresistibile richiamo del mare: risacca e balbettio d’onde. All’improvviso un tuffo, e si prende il largo senza sapere chi è abbracciato per primo, tu o l’onda. Così accade con le parole del vangelo.

O come quando da bambino passavo per i campi a giugno, e le spighe indorate e brunite al sole sembravano tutte ugualmente belle, tutte in una, una in tutte, e dopo uno sguardo grato passavo oltre. Poi, una volta, in un ondeggiare di messi alla brezza di terra – quella leggera aria che ritorna durante le ore del giorno fino a sera a sparpagliate un poco i ranghi delle spighe – mi accorsi spuntare tra le cime ondeggianti, sorpresa, i petali scarlatti di un papavero. Allora mi fermai, attendendo che il vento ne scoprisse un altro e poi un altro ancora. Ed insieme a quei piccoli rubini, si palesarono pure intensi lapislazzuli, i fiordalisi, coronati di un blu come il mare nel suo profondo di mistero che non puoi mai dire per intero. Così, allo stesso modo, non allo sguardo ma all’udito, capita talvolta di comprendere l’inesprimibile: il venire a te della Sua parola, inaspettata, ma pure attesa. Bernardo di Chiaravalle cistercense ricorda che il Padre, per farsi comprendere da noi, ha “abbreviato”, ristretto, riavvicinato a noi il suo Verbo (Verbum abbreviatum). Quella medesima Parola, che per la sua estensione riempie il cielo e la terra, nel suo farsi carne, la Parola indicibile del Padre, si è resa dicibile nelle nostre parole e voci umane: Gesù, la Parola “più breve” del Padre.

Come in ogni parola proferita abita lo spirito di colui che l’ha enunciata, così la brezza dello Spirito, la sua rugiada, che dimora tra le pagine del vangelo, trasforma la domenica mattina quelle parole scroscianti, balbettanti, quelle parole imperiture, vaganti per l’assemblea liturgica in una parola rivolta e risuonante in ognuno che ascolta: una parola anche per te.

E scopriamo così che anche Dio balbetta per amore nostro. Lo ricorda Gregorio Magno: «Egli ci viene incontro sempre nelle acque basse e in quelle profonde. Dio si è abbassato per elevarci e la Scrittura non ci innalza se non abbassandosi al nostro umile linguaggio. “La parola di Dio si proporziona alla nostra debolezza; come uno che parla al suo piccino e, per farsi capire, si adatta a balbettare come lui…Si può paragonare la Parola di Dio a un fiume, dalle acque basse e ora profonde: così basse che può attraversarle un agnello, così profonde che vi può nuotare un elefante»  (Commento a Giobbe A Leandro, 4 CCL 143,6). Scrive papa Francesco: «Servono persone che sappiano far emergere dagli sgrammaticati cuori odierni l’umile balbettare: «Parla, Signore» (1 Sam 3,9). Servono ancora di più coloro che sanno favorire il silenzio che rende questa parola ascoltabile» (Discorso, 16 settembre 2016).

E così anche tu, la domenica, ricominci a custodire il silenzio. E poi a balbettare quella parola ineffabile; parola inesprimibile, farfugliata, come quella dei bambini quando continuano a tartagliare cose incomprensibili, suoni indecifrabili, un “non so che”, e proseguono determinati e indefessi perché hanno intuito che in quel groviglio, nella inafferrabilità di quei suoni vi è una parola rivolta a loro, un seme di parola nascosto, una lontanissima e ancora invisibile stella, luce ancora in viaggio nello spazio siderale, che verrà presto come luce aurorale nella notte di Babele.

La notte non è vuota. Contiene il nostro desiderio che le parole vengano alla luce. Così la fede è quel balbettare notturno, in ascolto fiducioso del germinare della parola e del suo battito balbettante, del senso raccolto in essa: «nella notte del senso germina l’Aurora della parola» (Maria Zambrano). Prima della proclamazione del vangelo – che va ascoltata e non letta nel foglietto – mi rammento della preghiera di Anselmo di Aosta nel suo Proslogion (Colloquio): «Orsù dunque, Signore Dio mio, insegna al mio cuore dove e come cercarti, dove e come trovarti. Signore, se tu non sei qui, dove cercherò te assente? Se poi sei dappertutto, perché mai non ti vedo presente? Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti».

Poeti e mistici. Maria Zambrano si interroga sul balbettio: «Cos’è che chiamiamo balbettare? Cosa si intende per balbettio? Qualcosa che non arriva a dire nulla per insufficienza della parola, o qualcosa che dice tutto per l’immensità dell’amore e del timore, per la prossimità della presenza anche solo intravista? Ed esiste anche il balbettio che sbarra il passo al pianto, che ne interdice la nascita, che annuncia il pianto reprimendolo: allora è il singhiozzo. Il singhiozzo, il più profondo e ampio tra gli umani dire, quello che, nel migliore dei casi, li abbraccia tutti. Nell’interiorità più profonda del regno del singhiozzo, e del pianto, e del gemito, abita talvolta il nucleo, il seme indissolubile, della parola stessa… Il balbettio dell’appena nato si sofferma alla vista di questo che presentito già nello stato nascente, dentro lo stesso balbettare. Quel “un no se qué que quedan balbuciendo” (Giovanni della Croce). Quel “non so che” che resta sospeso, che si sprigiona tanto dai gemiti più profondi come dalle parole più nitide e trasparenti… L’Aurora stessa balbetta, come tutte le creature, un regno di luce e colore, di spazi non esistiti, di tempi popolati da non si sa cosa», (Dell’Aurora, 90-92).

Giovanni della Croce modulando il suo Cantico spirituale sul Cantico dei cantici pure lui allude a un «non so che», a un «balbettio». Sono le parole di coloro che parlano dell’Amato all’amata che lo cerca invano: «Dove ti sei nascosto, Amato? Sola qui, gemente, mi hai lasciata!». Ma queste parole risuonano come un presagio che accresce il suo soffrire; è un parlare che non fa capire: fa solo presentire e desiderare: «E quanti intorno a te vagando, di te infinite grazie raccontando, ravvivan così le mie ferite, e me spenta lascia non so cosa, ch’essi vanno appena balbettando», (strofa 7,9-10). L’amore resta così impaziente, desiderante e ferito per qualcosa che non c’è ancora. E non bastano certo quei frammenti incerti di parole per acquietare il cuore. È un “dire” che non è ancora un “dirsi”, faccia a faccia. Nel disvelarsi degli occhi e nell’udire il dischiudersi lieve delle labbra, solo allora sarà sanata la ferita dell’amata come da «fiamma che consuma, ma non da pena» (Strofa 38).

Di balbettio infine racconta pure Martin Buber in una storia: «Rabbi Levi Isacco arrivò un giorno a una locanda dove alloggiavano molti mercanti che andavano a un mercato. Il luogo era lontano da Berditschew e così nessuno conosceva lo zaddik. La mattina presto gli ospiti vollero pregare; ma poiché in tutta la casa si trovò un unico paio di tefillin, l’uno dopo l’altro se li cinsero e dissero in fretta la preghiera per passarli a un altro. Quando tutti ebbero finito, il Rabbi chiamò a sé due giovani; voleva chiedere loro qualcosa. Essi si avvicinarono, egli li guardò serio negli occhi e disse: “Ma, ma, ma, va, va, va”. “Che volete?” esclamarono i giovani, ma non ebbero altra risposta che i medesimi suoni confusi. Lo presero allora per un pazzo. Ma egli parlò loro: “Come, non capite questa lingua? Eppure poco fa avete parlato a Dio così”. Per un momento i giovani tacquero, turbati, poi uno disse: “Non avete visto un bambino nella culla, che ancora non sa articolare la voce? Non avete sentito come fa ogni genere di rumori con la bocca: Ma, ma, ma, va, va, va? Tutti i saggi e i dotti del mondo non lo possono comprendere. Ma quando arriva la sua mamma, essa sa subito che cosa vuoi dire”. Quando il Rabbi di Berditschew sentì questa risposa si mise a danzare dalla gioia. E quando negli anni seguenti, nei «Giorni terribili», in mezzo alla preghiera s’intratteneva, come era suo uso, con Dio, soleva raccontargli questa risposta» (I racconti dei Hassidim, 191 192).

 

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