Skip to main content

Giorno: 7 Marzo 2021

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia Romagna: 7 marzo 2021

 

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: su 25.888 tamponi effettuati, 3.056 nuovi positivi, di cui 1.399 asintomatici. 522 i guariti. Vaccinazioni: quasi 480mila dosi somministrate

Il 94% dei casi attivi è in isolamento a casa, senza sintomi o con sintomi lievi. Scende l’età media nei nuovi positivi: 41 anni. 31 i decessi

Bologna – Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 279.646 casi di positività, 3.056 in più rispetto a ieri, su un totale di 25.888 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 11,8%, non indicativa dell’andamento generale visto il numero di tamponi effettuati che la domenica è inferiore rispetto agli altri giorni. Inoltre, nei festivi soprattutto quelli molecolari vengono fatti soprattutto su casi per i quali spesso è atteso il risultato positivo.

Continua intanto la campagna vaccinale anti-Covid, che in questa fase riguarda il personale della sanità e delle Cra, compresi i degenti delle residenze per anziani, in maggioranza già immunizzati, poi gli ultraottantenni in assistenza domiciliare e i loro coniugi, se di 80 o più anni, e le persone dagli 85 anni in su; proseguono le prenotazioni per quelle dagli 80 agli 84 anni, iniziate il 1^ marzo. Poi il personale scolastico e le forze dell’ordine.

Il conteggio progressivo delle somministrazioni effettuate si può seguire in tempo reale sul portale della Regione Emilia-Romagna dedicato all’argomento: https://salute.regione.emilia-romagna.it/vaccino-anti-covid, che indica anche quante sono le seconde dosi somministrate.

Alle ore 14 sono state somministrate complessivamente 479.455 dosi; sul totale, 153.989 sono seconde dosi, e cioè le persone che hanno completato il ciclo vaccinale.

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei nuovi contagiati, 1.399 sono asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Complessivamente, tra i nuovi positivi 698 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone, 819 sono stati individuati all’interno di focolai già noti.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 41 anni.

Sui 1.399 asintomatici706 sono stati individuati grazie all’attività di contact tracing172 attraverso i test per le categorie a rischio introdotti dalla Regione, 23 con gli screening sierologici21 tramite i test pre-ricovero. Per 477 casi è ancora in corso l’indagine epidemiologica.

La situazione dei contagi nelle province vede Bologna con 916 nuovi casi e Modena con 460; poi Rimini (276), Ravenna (267), Reggio Emilia (258), Parma (206), Cesena (198), Ferrara (184). Seguono il territorio di Imola (129), il circondario di Forlì (117) e la provincia di Piacenza (45).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 16.491 tamponi molecolari, per un totale di 3.538.159. A questi si aggiungono anche 46 test sierologici e9.397 tamponi rapidi.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guaritesono 522 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 213.934.

casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 54.935 (+2.503 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 51.839 (+2.435), il 94,3 % del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 31 nuovi decessi: 15 in provincia di Bologna (7 donne, di 78,81,86,87, 88, 90, di cui una di 82 nell’imolese e 8 uomini, di 72, 80, 87, 90, 97 di cui 3 nell’imolese di 89,89,90 anni),  5 in provincia di Modena (5 uomini di 73,80,86,90,95 anni); 5 in provincia di Rimini (4 donne di 78,80,89,91 e un uomo di 88 anni), 3 in provincia di Forlì-Cesena (tutti uomini di 81,91,96), 2 in provincia di Reggio Emilia (una donna di 86 e un uomo di 91 anni) e 1 uomo di 70 anni in provincia di Ferrara. Nessun decesso nelle province di Piacenza, Parma e Ravenna.

In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 10.777.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 283 (+8 rispetto a ieri), 2.813 quelli negli altri reparti Covid (+60).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 10 a Piacenza (invariato rispetto a ieri), 14 a Parma (-1), 26 a Reggio Emilia (+2), 54 a Modena (+1), 84 a Bologna (+5), 23 a Imola (-1), 27 a Ferrara (+1), 11 a Ravenna (invariato), 5 a Forlì (-1), 7 a Cesena (invariato) e 22 a Rimini (+2).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 20.430 a Piacenza (+45 rispetto a ieri, di cui 23 sintomatici), 19.054 a Parma (+206, di cui 114 sintomatici), 35.130 a Reggio Emilia (+258, di cui 126 sintomatici), 48.772 a Modena (+460, di cui 238 sintomatici), 58.407 a Bologna (+916, di cui 528 sintomatici), 9.994 casi a Imola (+129, di cui 58 sintomatici), 16.140 a Ferrara (+184, di cui 29 sintomatici), 21.389 a Ravenna (+267, di cui 161 sintomatici), 10.661 a Forlì (+117, di cui 92 sintomatici), 13.283 a Cesena (+198, di cui 109 sintomatici) e 26.386 a Rimini (+276, di cui 179 sintomatici).

Marzo 2060

Suona il campanello della porta e Cosmo-111 va ad aprire. E’ Prisca, l’amica di Axilla, con Galassia-111 (detta G-111), il suo robot. Chissà perché i ragazzi chiamano i robot con nomi che “provengono dallo spazio” (Cosmo, Galassia, Giove, Tempesta, Asteroide …). In realtà i nostri Robot non provengono dallo spazio, li costruiamo noi. Noi, in quanto esseri umani.
I nostri, in particolare, vengono costruiti a Trescia, città che ha un centro di assemblaggio meccanico-elettronico d’eccellenza e una facoltà di ingegneria meccatronica, in cui si studiano tutte le evoluzioni possibili di queste straordinarie macchine. Chiamarli con nomi astrali è una moda nata su Tick-Out, l’evoluzione di quel Tick Tock con cui giocavo io quando ero una ragazzina e che faceva preoccupare mio fratello Enrico. “Valeria diventerai ceca” mi diceva.

Tra loro i nostri robot si conoscono e, essendo Cosmo-111 molto bravo ad imitare il modo di fare e di pensare di Axilla e G-111 quello di Prisca, si piacciono. Sono anche loro, a modo loro, amici. Cosmo-111 cerca continuamente di insegnare a Galassia-111 il gioco delle vocali, esattamente come fa Axilla con Prisca. Questa situazione sta diventando imbarazzante. Stanno invadendo il mondo umano con un nuovo modo di comunicare, con un linguaggio che, nato da un errore, finirà per  affrancarsi dallo stigma di “sbaglio” per diventare un modo di parlare alternativo che, dal “mondo di mezzo”, trasmigrerà all’umano. I codici comunicativi degli umani e dei robot, che i due mondi “vivente” e “mediano” si sono sempre accaparrati come esclusivi e che hanno contribuito ad un forte processo identitario in vista del riconoscimento dei confini di appartenenza dei soggetti che li abitano, si stanno mescolando e, così facendo, ibridando.

“ Casa daca Galassaa-111, mangama an galata?” (Cosa dici Galassia-111 Mangiamo un gelato?)
“Ma cosa stai dicendo Cosmo-111, ho capito che stai parlando con me, ma non hai imbroccato le parole giuste”.
“Ma dai G-111, perché non impari questo gioco?. Dì gelato usando solo la A. Anzi, ripeti: galata! (gelato!)”
“Galata!” ripete rassegnata G-111, più per mangiare il gelato che per assecondare Cosmo-111.
Primo o poi cederà definitivamente e si rassegnerà anche lei a parlare con una sola vocale per volta.

I robot riflettono i sentimenti umani e vivono di luce riflessa. Apprendono osservando il nostro comportamento e lo riproducono in maniera fedele cercando di adattarlo alle situazioni, alle persone che incontrano e a tutti gli imprevisti che possono capitare. E’ un procedere per prove ed errori che rinforza alcuni tipi di comportamento piuttosto che altri. I robot mangiano il gelato che poi il loro corpo meccanico trasforma in calore e quindi in energia che loro usano per funzionare.
Ma la cosa strana è che non a tutti piacciono gli stessi gusti. Come mai a Cosmo-111 piace il gusto Spagnola con le amarene sciroppate e a G-111 il Pistacchio?

Gli ingegneri del Centro-Trescia-111 non riescono a spiegarselo, hanno fatto diverse ipotesi ma nessuna li convince del tutto. E’ forse che i robot apprendono anche i gusti per imitazione degli umani che interagiscono con loro? Il fatto è che i conti non tornano.
Ad Axilla piace il gelato al limone e Prisca mangia solo il Pino-Pinguino, un gusto dal color azzurro intenso, dolcissimo  e nauseabondo che ricorda lo zucchero filato delle fiere a cui andavo quando ero piccola. Un vero rompicapo, perché i gusti preferiti dei robot e dei loro umani di riferimento-primario non corrispondono? Ad Axilla non piace il gelato che mangia Cosmo-111 e Prisca non vuole nemmeno vedere il gelato che mangia Galassia-111, dice che il verde del pistacchio le ricorda il vomito. Ma allora, da dove vengono i gusti dei due robot?.

Abbiamo chiesto una spiegazione agli ingegneri del Centro-Trescia-111 e da questa richiesta  sono nate le teorie più svariate. Ad esempio: il passaggio al calore e quindi la trasformazione del gelato in energia, è facilitato dalle componenti (ingredienti) di alcuni gelati invece che da altri, i robot hanno imparato a preferire gli alimenti più idonei al processo di trasformazione di questi in energia essenziale al loro funzionamento. Potrebbe essere anche quello un tipo di apprendimento per prove ed errori. Ma le loro componenti meccatroniche sono pressochè uguali, allora perché Cosmo-111 mangia la Spagnola e Galassia-111 il Pistacchio?
Una seconda spiegazione potrebbe essere che  i gusti vengono selezionati grazie a un meccanismo imitativo che non centra nulla con la trasformazione in energia ma che si basa su un processo imitativo-secondario, cioè non agito in relazione alla figura di riferimento primaria, ma ad un’altra figura umana che per qualche motivo è diventata un riferimento transitorio nel momento di definizione del gusto preferito.
Cioè, per qualche motivo che non è del tutto noto agli ingegneri di Trescia, Cosmo-111 imita, mangiando la Spagnola, un umano che è stato significativo per determinare quella specifica scelta, probabilmente solo quella. Ad esempio, potrebbe essere successo che Cosmo-111 sia entrato in gelateria e che un bambino con in mano la Spagnola, lo abbia salutato, accarezzato e gli abbia chiesto se la voleva assaggiare. Cosmo-111 l’ha assaggiata  e da qui è nata la sua preferenza. Nel suo cervello si è creata una rete neuronale del tipo: Bambino-buono-bello-Cosmo-111-buona-Spagnola. Stessa cosa deve essere successa a Galassia-111 col pistacchio.
Oppure ancora: è una scelta legata al colore del gelato. Potrebbe essere che a Galassia-111 piaccia il verde del pistacchio perché gli ricorda i prati verdi delle vacanze estive. La famiglia di Prisca va sempre in vacanza a San Martino di Castrozza e lei e Prisca vanno sempre a fare le passeggiate nei boschi. L’associazione col gusto del gelato potrebbe essere arrivata per via indiretta attraverso una catena neuronale dovuta prevalentemente alla similitudine del colore del gelato con quello dell’erba di San Martino di Castrozza. Però la Spagnola è gialla con striature bordeaux, a che località l’ha associata Cosmo-111?

A Pontalba zona con quei colori che possano piacergli particolarmente, non ci sono, a meno che ci sia una similitudine col colore del tramonto. Pontalba è un paese di pianura dove d’estate si vedono dei tramonti molto colorati e, a volte, il rosso del sole invade tutto il cielo rendendolo di fuoco, altre volte l’arancione del tramonto si specchia nelle nuvole e le rende di un colore e di una forma che ricorda quella del gelato. Ma la spiegazione mi sembra un po’ troppo fantasiosa, anche se molto romantica.  Quindi per quale processo imitativo Cosmo-111 ha imparato a preferire il gelato al gusto Spagnola? Non sappiamo, abbiamo anche smesso di interrogarci sulla questione. Esattamente come i bambini che preferiscono un gelato piuttosto che l’altro, così i robot hanno le loro preferenze, che probabilmente sono un mix tra necessità, processi imitativi e accidentalità fortunose della vita.

Comunque sia, ognuno a casa nostra mangia il gelato che preferisce e lo assapora con soddisfazione.“Buunu Buunu” (Buono Buono) dice Cosmo-111,
“Buunu Buunu” (Buono Buono) dice Axilla,
“Buunu Buunu (Buono Buono) si rassegnano a ripetere in coro Prisca e Galassia-111, e tutti e quattro, con visibile soddisfazione, mangiano il gelato parlando solo con la vocale U.

Lo raccontavo una sera a Luca che, essendo un ingegnere, fa parte della categoria di professionisti che propende di più per una spiegazione di natura meccanicistica. Ci ha pensato un attimo e poi ha commentato, da papà più che da tecnico,: “ L’importante è che siano contenti, non preoccuparti troppo della genesi dei loro gusti per il gelato. Ognuno di gusti ha i suoi, vale per gli umani, per gli animali, per i vegetali e anche per i “mezzani” (sono chiamati così gli abitanti del mondo di mezzo, cioè i robot)”.
E’ vero. Ognuno di gusti ha i suoi e cercare di spiegare proprio tutto in termini razionali/ingegneristici non è di certo la strada più emozionante. In questo  mondo che cambia stiamo cambiando tutti, ci sembrano normali cose che solo qualche decennio fa venivano definite “marziane”. “Saputo, saputo, aku aku, saputo saputo, aku totù!” a volte mi sorprendo a cantare, senza nemmeno sapere cosa significhino le parole di quella canzone che piace tanto a Cosmo-111.

N.d.A.
I protagonisti dei racconti hanno nomi di pura fantasia che non corrispondono a quelli delle persone che li hanno in parte ispirati. Anche i nomi dei luoghi sono il frutto della fantasia dell’autrice.

A partire da Gennaio 2060 (questa è la terza puntata) potrete seguirr le storie di Costanza Del Re tutti i mesi su Ferraraitalia. 

Didattica a distanza

di Riccardo Francaviglia

I protagonisti delle vignette sono sgargianti individui che non sembrano appartenere al nostro mondo, forse vivono in un mondo variopinto o più probabilmente i loro colori accesi spiccano in un mondo all-white; un avatar del nostro contesto quotidiano, dove ciascuno di loro assomiglia a tutti e non assomiglia a nessuno. In fondo diverte l’idea di identificarsi con sagome fluo col naso a pera, ma voglio credere che anche questo può contribuire a guardarsi “da fuori” per sorridere e riflettere su ciò che siamo e ciò che stiamo diventando.

Per visitare Il sito dell’autore clicca [Qui] 

Per vedere su Ferraraitalia tutte le vignette dei giorni precedenti clicca [Qui]

Inflazione: problema reale o suggestione?

 

In questo periodo l’attenzione degli italiani è tutta per il Covid 19 e i colori di Comuni, Province e Regioni ma la mia, inspiegabilmente, è stata catturata da un video che gira in rete, incentrato sui pericoli dell’inflazione e con relatore un noto onorevole ed economista, Luigi Marattin. Un video che per quanto mi riguarda ha già avuto successo, visto che mi ha ispirato le considerazioni che sto per condividere e che potrebbero servire come spunto di riflessione anche a chi mi sta leggendo.
Esistono le suggestioni, quelle che durano a lungo, decenni, persino secoli e per essere abbandonate, per lasciar spazio alla realtà e alla logica hanno bisogno di un trauma, di una condizione nuova, rivoluzionaria, che abbia la forza dirompente di risvegliare la nostra parte assopita, assente, perché le difficoltà della vita costringono alla delega delle decisioni, persino alla delega dei bisogni, nella speranza (suggestioni) che il nostro bisogno coincida con quello del delegato.
Jean-Baptiste Say (1767 – 1832) è stato il principale economista classico francese, il suo pensiero è stata la suggestione dell’800 e oltre, “l’offerta crea sempre la sua domanda”, dogma nelle università e nelle istituzioni (elitarie ovviamente) che riversò le sue conseguenze sui suggestionati fino al crollo di Wall Street e alla grande depressione. Trauma, conseguente fine della suggestione, e risveglio a base di ricette keynesiane.
Una crisi epocale l’abbiamo avuta anche noi e oggi, quando ancora non ci eravamo completamente risollevati a causa delle note ricette tecniche, siamo stati sorpresi da una ulteriore crisi portata da una incredibile e inaspettata pandemia che sta scoperchiando ancor di più tutti gli errori del passato prossimo. Ma, invece delle ricette keynesiane, da noi è arrivato Draghi e si profilano nuove ricette tecniche, miste ad un’operazione di assemblaggio di politici etichettati a priori come “i migliori”.
Intanto è un fatto, siamo in una crisi economica e servono soluzioni, e l’argomento di discussione dovrebbe essere sul come sostenere la ripresa economica nei prossimi mesi o anni. Deve essere la Bce a monetizzare il gap esistente tra domanda e offerta oppure bisogna chiedere prestiti finanziati dagli stessi stati che li chiederanno? In altri termini, la Bce dovrebbe mettere a disposizione soldi nuovi da utilizzare immediatamente nell’economia oppure dovrebbe attingere a quelli in circolazione e a disposizione di investitori internazionali (cioè attraverso mercati e finanza)? Dobbiamo stampare moneta oppure chiedere prestiti? Dobbiamo limitarci a pensare a come utilizzare i fondi del Next Generation Eu oppure si potrebbe andare oltre?
Tante possibili domande che cercano risposte e a cui il video in argomento contribuisce dicendo cosa assolutamente non deve essere fatto a prescindere: stampare moneta, lasciarsi catturare dalle sirene della sovranità monetaria. E se questo non si può fare l’alternativa è ovviamente chiedere prestiti, questo sì che è una cosa saggia, oltre che figlia di una suggestione che si avvicina anch’essa alle 100 candeline. Quando la Bce, o una qualsiasi altra banca centrale, crea moneta stampandola questa produce inflazione che, prima o poi, si trasforma in iperinflazione. L’unica soluzione possibile o consona è, quindi, chiedere prestiti o accettare programmi di aiuto.
“Ho un albero di mele e del terreno libero per piantare altri meli, ma siccome il raccolto potrebbe poi essere troppo abbondante e qualche mela potrebbe marcire, chiedo un po’ di mele in prestito al mio vicino promettendogli di restituirgli capitale e interessi oppure, se non riesco, di sistemargli le aiuole o di cedergli parte della mia casa.”
Affidarsi alla suggestione dell’inflazione come fenomeno esclusivamente “cattivo”, elevarlo al nemico dietro l’angolo, assolve dall’eventuale peccato di uscire dal pensiero comune, ma non tiene conto di ragione, analisi storica e comparazione degli eventi. La crisi del 2007 – 2008 e quella da Covid-19 hanno tolto moneta dal circuito economico e allora oggi ci sono più prodotti che soldi per acquistarli, quindi stampandoli si coprirebbe semplicemente un buco per poi ripartire senza debito e catene. I prestiti comportano (giustamente) una restituzione di capitale e interessi nonché sudditanza politica.
Bisognerebbe ricordare che quando si è affidato alle banche centrali la moneta, condividendo con essa il potere sovrano della sua creazione, le è stato consegnato la macchina per stamparli e il dovere del controllo che ne fossero stampati nella quantità giusta, né troppo né troppo pochi.
“Ho tante mele e una sola bocca per mangiarle, posso tagliare l’albero oppure potarne qualche ramo o utilizzare il surplus per farci barattoli di marmellata di mele e conservarli per il futuro.” Insomma c’è sempre una scelta da contrapporre all’impulso di distruggere la fonte di approvvigionamento o limitare la possibilità di un investimento.
Si aiutano le future generazioni, e noi stessi, conservando i mezzi di difesa e di attacco che l’economia, in senso lato, ci mette a disposizione. Affidarsi ai prestiti europei significa affidarsi a qualcosa che non possiamo controllare e questo creerà sicuri problemi. L’aumento delle risorse trovate in questo modo corrisponderà alla diminuzione della capacità di spesa futura perché se si accetta che il denaro sia una quantità prestabilita, allora bisogna essere pronti fin da subito all’idea che nel futuro prossimo bisognerà ribilanciare tale quantità. Quindi nel mondo che avremo si consoliderà l’idea che la moneta è merce ed è scarsa, che saremo costantemente in deflazione e che sempre più gente soffrirà la fame in nome di qualcosa che semplicemente non esiste.
Ma torniamo nello specifico dell’inflazione. Questa viene solo dopo aver coperto quel buco esistente tra la capacità di produzione e la quantità di moneta in circolazione. Se ho 10 mele e 10 soldi ogni mela mi costa 1 soldo, se poi stampo 100 soldi senza aumentare la produzione di mele allora la stessa mela mi costerà 10 soldi.
Milano Finanza ha pubblicato un articolo in queste settimane in cui si fanno i calcoli sull’aumento dell’offerta di denaro negli Usa. Ebbene, l’offerta di moneta M2, cioè quelle attività finanziarie che hanno elevata liquidità e valore certo in qualsiasi momento futuro (essenzialmente i depositi bancari e quelli postali), è aumentata di 4.000 miliardi di dollari nel 2020. Il tasso di inflazione a gennaio 2021 era 1,4%, cioè stampo moneta con un aumento del +26% rispetto all’anno precedente ma sorprendentemente non ottengo inflazione.
In Eurozona, e solo con le operazioni di Quantitative Easing, dal 2015 ad oggi si è fornito al sistema denaro per 3.066 miliardi di euro.

Il tasso di inflazione nella stessa area a gennaio 2021 è arrivato allo 0,90%.
Ma perché a Weimar e nello Zimbawe, in Argentina e in Venezuela c’è stata o c’è inflazione, addirittura iperinflazione e a noi niente? Forse c’è qualcosa da rivedere, che a mio modesto avviso potrebbe non essere stato considerato, qualche connessione di natura storica e strutturale forse è saltata.
Partiamo da una differenza di fondo, la differenza tra inflazione e iperinflazione per arrivare a quando o come la prima si trasforma nella sua patologia.

Come si può notare per calcolare l’iperinflazione si guarda al tempo necessario per il raddoppio dei prezzi che nel caso dell’Ungheria del 1946 avveniva ogni 15 ore, a Weimar ogni 3,7 giorni mentre nello Zimbawe il raddoppio era giornaliero e il tasso di inflazione, sempre giornaliero, era del 98%. Normalmente noi ci occupiamo e siamo coinvolti in aumenti annuali e anche quando sono a due cifre, come nell’Italia degli anni ’80 in cui si arrivò al 20%, non necessariamente si assiste a casi di suicidi, chiusure aziende e licenziamenti a catena come succede nei casi di deflazione tipo quella della crisi del 2008 fino ai giorni nostri.
A Weimar ci si arrivò come conseguenza di una guerra mondiale, di un trattato di pace sbagliato e di un’occupazione dei territori maggiormente produttivi da parte dei paesi vincitori. Allo Zimbawe dopo una rivoluzione che portò improvvisamente al governo persone non preparate nella gestione della macchina amministrativa e produttiva, la scelta di investimenti in armi e una guerra al Congo per impossessarsi delle sue risorse. All’Argentina per scelte populiste di politica economica e sociali che portarono alla necessità di agganciare la propria moneta ad una moneta estera (cosa che si fa quando la situazione monetaria interna è già molto compromessa). Al Venezuela per incapacità gestionale delle ricchezze petrolifere e per il tentativo di volersi distaccare dall’influenza geopolitica americana.
Cioè oggi non bisogna stampare moneta perché: “Ho un albero di mele che mi potrebbe sfamare, ma come dimenticare che in Karponistan nel 1967 il raccolto andò a male, meglio chiedere un Recovery”
In una realtà di paesi occidentali normalmente produttivi il problema serio e da tenere sotto controllo risulta essere la deflazione, cioè la mancanza di denaro, e non il suo contrario che è appunto l’inflazione, cioè l’abbondanza di moneta.
In paesi dove c’è alta capacità produttiva e mancanza di tensioni significative con l’estero, il problema è l’incapacità di alimentare il sistema economico con la giusta quantità di moneta. Solitamente è necessario aggiungere e non togliere, ma questo sarebbe troppo democratico e toglierebbe potere a chi poi la moneta la controlla. Se tutti possono utilizzare l’acqua del fiume che scorre in abbondanza, questa non ha valore, ma se costruisco una diga e comincio a razionarla, questa acquista un grande valore per chi deve bere e un grande guadagno per chi controlla la diga.
Il denaro, pur avendo una storia millenaria che meriterebbe approfondimenti, è disarmante nella sua semplicità di funzionamento pratico. Riflette beni e servizi prodotti e quindi se viene a mancare impedisce gli scambi e, di conseguenza, manda in crisi l’economia perché l’economia è scambio e il pil si calcola proprio su questi. Il denaro, però, è un po’ più complicato dal punto di vista politico e del potere che rappresenta, ma questa è un’altra storia.
Che tipo di problema abbiamo dunque oggi in Italia e in Europa? Siamo tutti bloccati in casa. Le aziende sono aperte a sprazzi e i lavoratori restano a casa con la preoccupazione del futuro. Sono semi-chiusi i bar, i ristoranti e i negozi in centro, mentre misteriosamente continuano ad aprire nuovi centri commerciali, almeno a Ferrara (nota polemica). Quindi i bar, i ristoranti e chi si occupa di turismo ma anche gli studi professionali e i parrucchieri, dovranno ricevere dilazioni nei pagamenti delle tasse e prestiti a tassi vantaggiosi dalle banche oppure sarebbe il caso di dar loro soldi senza condizioni e a fondo perduto al solo scopo di coprire un buco tra un lockdown e l’altro, tra una zona gialla e una rossa?
In fondo è come chiedersi se sia più importante avere 1.000 euro oppure un respiratore che salva la vita a nostro nonno, padre o fratello o addirittura figlio. A cosa servono mille euro se non a rappresentare un bene o un servizio immediato che preservi la vita o la dignità di un essere umano?
L’inflazione sarà pure un fenomeno monetario ma non è neutro ne nelle origini né nelle conseguenze. La scelta di stampare moneta in un paese avanzato e produttivo è politica, cioè qualcuno decide di farlo e di conseguenza è politica anche la scelta della deflazione, cioè qualcuno decide di non farlo. Le conseguenze non sono monetarie ma politiche, cioè chi decide di stampare cerca di far riprendere gli scambi e le attività commerciali e quindi sta aiutando i cittadini, mentre chi vuole chiedere prestiti o aiuti sta creando deflazione, cioè continua a mettere merci/servizi e denaro sullo stesso piano di importanza.
Chi sceglie tra stampare o chiedere prestiti a prima vista sta scegliendo tra inflazione e deflazione, cioè sta scegliendo quale fenomeno monetario causare. Da un esame più attento si potrebbe però scoprire che sta scegliendo come utilizzare il proprio potere e chi favorire, sta quindi scegliendo quale fenomeno sociale creare, povertà o benessere.

PER CERTI VERSI
Il nostro tempo

Ogni domenica Ferraraitalia ospita ‘Per certi versi’, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca
[Qui]

IL NOSTRO TEMPO

Se fosse
Una questione di testa
Io direi
Che il nostro tempo
Non fa mai festa
Si nasconde
Con la natura
Delle cose belle
Ama
I nascondigli
E le questioni di pelle
Il cielo
Le nuvole
Le stelle