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Giorno: 7 Aprile 2021

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia Romagna: 7 aprile 2021.

 

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: su quasi 32mila tamponi effettuati, 576 nuovi positivi. 2.415 guariti, calano casi attivi (-1.896) e ricoveri (-55). Vaccinazioni: superato il milione di somministrazioni.

Il 95% dei casi attivi è in isolamento a casa, senza sintomi o con sintomi lievi. L’età media nei nuovi positivi è di 44,5 anni. 57 decessi.

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 345.753casi di positività, 576 in più rispetto a ieri, su un totale di 31.860 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è dell’1,8%.

Continua intanto la campagna vaccinale anti-Covid, che in questa fase riguarda il personale della sanità e delle Cra, compresi i degenti delle residenze per anziani, in maggioranza già immunizzati, gli ultraottantenni in assistenza domiciliare e i loro coniugi, se di 80 o più anni, e le persone dai 75 anni in su; proseguono le vaccinazioni anche per il personale scolastico e le forze dell’ordine.

Il conteggio progressivo delle somministrazioni effettuate si può seguire in tempo reale sul portale della Regione Emilia-Romagna dedicato all’argomento: https://salute.regione.emilia-romagna.it/vaccino-anti-covid, che indica anche quante sono le seconde dosi somministrate.

Alle ore 14 sono state somministrate complessivamente 1.003.754 dosi; sul totale, 320.363 sono seconde dosi, e cioè le persone che hanno completato il ciclo vaccinale.

Si precisa poi che a seguito di un riallineamento con l’anagrafe nazionale, al numero di vaccinazioni della giornata odierna vengono aggiunte – nel totale delle somministrazioni – anche alcune ulteriori somministrazioni regolarmente effettuate, ma non ancora indicate sul report online.

Tutte le informazioni sulla campagna vaccinale su: https://vaccinocovid.regione.emilia-romagna.it/

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei nuovi contagiati, 297 sono asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Complessivamente, tra i nuovi positivi 207 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone, 277 sono stati individuati all’interno di focolai già noti.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 44,5 anni.

Sui 297 asintomatici, 173 sono stati individuati grazie all’attività di contact tracing, 21 attraverso i test per le categorie a rischio introdotti dalla Regione, 11 con gli screening sierologici,11 tramite i test pre-ricovero. Per 81casi è ancora in corso l’indagine epidemiologica.

La situazione dei contagi nelle province vede Bologna con 120nuovi casi e Modena e Parma con 60; poi Piacenza(59), Cesena (58) e Reggio Emilia (57), quindi Forlì (50) e Ferrara (38); seguono Ravenna (34), il Circondario imolese (25) e, infine, Rimini (15).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 17.700 tamponi molecolari, per un totale di 4.084.264. A questi si aggiungono anche 2.368 test sierologici e 14.160 tamponi rapidi.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 2.415 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 264.532.

I casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 68.975 (-1.896 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 65.459 (-1.841), il 94,9% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 57 nuovi decessi: 3 nella provincia di Piacenza (tutti uomini, di 35, 82 e 88 anni); 9 in provincia di Parma (sei donne di 77, 79, 81, 83, 86 e 89 anni, e tre uomini di 67, 90 e 92 anni); 1 in provincia di Reggio Emilia (un uomo di 91 anni); 10 in provincia di Modena (cinque donne di 77, 82, 89, 91 e 93 anni e cinque uomini di 70, 74, 86, 89 e 91 anni); 13 nella provincia di Bologna (cinque donne di 69, 71, 74, 87 e 94 anni e otto uomini di 44, 66, 76, due di 81 – di cui uno deceduto a Imola e residente a Castel del Rio – poi 84, due di 86, uno dei quali deceduto a Imola ma residente a Medicina); 5 nella provincia di Ferrara (una donna di 89 anni e quattro uomini, rispettivamente di 86, 89, 90 e 98 anni); 4 nella provincia di Ravenna (una donna di 90 anni e tre uomini, di 71, 84 e 85 anni), 4 in quella di Forlì-Cesena (una donna di 83 e tre uomini di 62, 82 e 83 anni) e 8 nel riminese (quattro donne di 80, 81, 88 e 91 anni; quattro uomini di 71, 81, 91 e 93 anni).

In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 12.246.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 356 (-11 rispetto a ieri), 3.160 quelli negli altri reparti Covid (-44).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 10 a Piacenza (+1), 31 a Parma (-1), 33 a Reggio Emilia (numero invariato rispetto a ieri), 66 a Modena (+1), 90 a Bologna (-11), 19 a Imola (-1), 41 a Ferrara (invariato), 19 a Ravenna (+1), 13 a Forlì (+1), 5 a Cesena (-1) e 29 a Rimini (-1).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 22.057 a Piacenza (+59 rispetto a ieri, di cui 30 sintomatici), 24.073 a Parma(+60, di cui 33 sintomatici), 41.537 a Reggio Emilia (+57, di cui 38 sintomatici), 59.128 a Modena (+60, di cui 27 sintomatici), 74.557 a Bologna (+120, di cui 31 sintomatici), 11.803 casi a Imola (+25, di cui 10 sintomatici), 21.065 a Ferrara (+38, di cui 17 sintomatici), 27.111 a Ravenna (+34, di cui 11 sintomatici), 14.370 a Forlì (+50, di cui 34 sintomatici), 17.267 a Cesena (+58, di cui 35 sintomatici) e 32.785 a Rimini (+15, di cui 13 sintomatici).

Rispetto a quanto comunicato nei giorni scorsi, sono stati eliminati 19 casi, positivi a test antigenico ma non confermati dal tampone molecolare.

 

Nursing Up De Palma: «Un medico che rifiuta di intervenire su richiesta dell’infermiere, potrà essere chiamato a risponderne in giudizio».

 

Comunicato Stampa Nursing Up.

Sanita’ Nursing Up De Palma: «Un medico che rifiuta di intervenire su richiesta dell’infermiere, negandone le competenze, potrà essere chiamato a risponderne in giudizio, anche dal professionista interessato» 

La recente sentenza della Cassazione delinea finalmente nuovi orizzonti nel rapporto di corresponsabilità tra medico ed infermiere. Le competenze tecnico-scientifiche della nostra categoria sono oggi innegabili. 

ROMA 7 APR 2021 – «La recente sentenza della Cassazione 12806/202, sesta Sezione Penale, che ha condannato per rifiuto di atti d’ufficio un medico che, alla segnalazione prima di un infermiere, poi di altri due, sulla necessità di una sua visita a un paziente di 87 anni – poi deceduto – ricoverato al reparto di cardiologia invasiva, ha risposto negando le competenze dell’infermiere sul caso specifico, finalmente “accende la luce” sull’evidenza, ormai vergata anche in diritto dall’autorevole mano della suprema Corte, che i medici riconoscano una volta per tutte, e senza aprioristici arroccamenti o riserve, le conoscenze tecnico-scientifiche degli infermieri che lavorano al loro fianco nelle realtà ospedaliere. 

L’importante pronuncia, che arriva anche sulla scia di  precedenti decisioni che andavano nella stessa direzione, conferma il percorso di indispensabile sinergia tra medico ed infermiere, che rappresenta un obiettivo di svolta per un servizio sanitario sempre più tempestivo, efficiente e di qualità a vantaggio del cittadino italiano. 

La Cassazione con la propria sentenza, che ovviamente  “fa giurisprudenza ai massimi livelli”,  richiama il medico interessato al proprio dovere, così come con sentenze analoghe aveva fatto con gli stessi infermieri nel recente passato, partendo da un principio di estremo equilibrio, e cioè che le attuali competenze e conoscenze infermieristiche chiedono a tale professionista, e da oggi ancor più anche al medico, di promuovere un confronto professionale costante e diretto, finalizzato al benessere del cittadino, senza arroccamenti o posizioni precostituite o di casta».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Da oggi più che mai, quando capiterà che un infermiere, durante il turno di notte, fosse costretto a contattare il medico di guardia, di turno turno o quant’altro, per rappresentare una criticità e per chiedere il suo pronto intervento, nessuno potrà mettere in discussione l’opportunità di tale richiesta. Tutto questo dovrebbe risultare scontato, eppure l’esperienza ci insegna che gli infermieri che “svegliano” il medico di guardia “troppe volte”, in talune realtà vengono costretti a sentirsi in difficoltà per questa azione, quando in realtà in quel modo essi  esprimono le loro univoche competenze, conoscenze e capacità e le condividono con altri professionisti, nel rispetto degli specifici ruoli e per il bene dell’individuo.

Questa sentenza è molto importante, continua De Palma, perché, lo ripetiamo, sensibilizza le parti interessate ad un rapporto equilibrato. Troppo comodo considerare gli infermieri come collaboratori, ma essere pronti a celarsi “dietro il muro della competenza esclusiva” ogni volta che in qualche modo l’agire infermieristico chiede di assumere specifiche responsabilità. Niente più due pesi e due misure!

Conad Nord Ovest dona a Caritas Italiana per l’Emilia Romagna oltre 25.000 pasti per le famiglie in difficoltà.

 

Comunicato Stampa Conad Nord Ovest.

98.880 euro da Conad Nord Ovest a Caritas Italiana per l’Emilia Romagna.
Pari a oltre 25.000 pasti, un aiuto concreto per famiglie in difficoltà economica.

Pistoia, 7 aprile 2021 – Secondo l’ultimo report dell’Istat sull’anno appena passato, in Italia ci sono ulteriori 955mila famiglie numerose in stato di povertà rispetto al 2019, che non riescono a far fronte alle spese minime. Per far fronte a questa situazione, già a Natale scorso Conad Nord Ovest ha deciso di intervenire nelle regioni in cui la cooperativa è presente: ad oggi sono stati donati a Caritas Italiana complessivamente 632.500€, di cui 98.880€ sono stati destinati alle diocesi nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, e alla provincia di Mantova. L’iniziativa è un gesto solidale che ha caratterizzato tutte le attività collegate al 60° di Conad Nord Ovest. Un modo chiaro per dire “Grazie” alle comunità in cui i Soci della cooperativa sono presenti, e rinnovare l’impegno a sostenere i territori in cui operano.

“In Italia ci sono migliaia di famiglie in grande difficoltà, molte delle quali non più in grado di acquistare beni per sopravvivere. I dati drammatici che tutti abbiamo davanti agli occhi ci hanno spinto a intervenire concretamente aiutando più di 10.500 famiglie, con una donazione pari a 160.000 pasti – dichiara Valter Geri, presidente di Conad Nord Ovest. Celebrare i nostri primi 60 anni con azioni concrete per sostenere le comunità e ringraziare  per la fiducia che i nostri clienti  ci dimostrano quotidianamente, è stato del tutto naturale. 60 anni contraddistinti dai valori fondanti del nostro DNA: partecipazione e ascolto, solidarietà, responsabilità, impegno distintivo verso il cliente e la comunità. I nostri soci, ogni giorno si adoperano per una presenza attenta e partecipata; siamo quindi intervenuti con la speranza di aver portato sollievo in un momento tanto difficile”.

Commenta Mario Galasso, delegato regionale Caritas Emilia Romagna: “le Caritas in Emila Romagna stanno cercando di far fronte ad un incremento veramente importante di nuove persone che si rivolgono a noi, persone che si aggiungono a coloro che da tanto tempo necessitano dei nostri servizi per vivere. Spesso si tratta di persone che mai avremmo immaginato arrivassero a bussare alle nostre porte: lavoratori stagionali del turismo e del divertimento, partite IVA, qualche imprenditore o persone in attesa dell’arrivo degli aiuti pubblici. Tanti, moltissimi di giovane età, mostrano problemi psicologici.
Non ci siamo mai fermati e mai ci fermeremo e conosciamo un’unica strada da percorre ed è quella di camminare insieme costruendo comunità dove ognuno si sente responsabilizzato e protagonista del futuro di tutte e tutti.”

La rete capillare delle Caritas diocesane è garanzia di un mirato intervento sul territorio, grazie al loro impegno quotidiano in favore delle famiglie che si trovano in difficoltà economiche.  Nel corso del 2020, dai monitoraggi condotti da Caritas Italiana presso la propria rete di 218 organismi diocesani è emerso che quasi il 50% delle persone incontrate presso i servizi Caritas non aveva mai richiesto aiuto prima.

A fronte di ciò, le attività dei 118 Empori della solidarietà dislocati in tutta Italia – dove le famiglie in difficoltà possono reperire gratuitamente generi di prima necessità – sono state intensificate, e in 136 diocesi sono stati potenziati i fondi destinati a venire incontro a chi per la pandemia ha perso il lavoro o non lo può trovare.

 

Conad Nord Ovest:
Una delle maggiori imprese italiane della distribuzione associata, con un giro di affari di oltre 4 miliardi di euro. I territori in cui opera con 369 soci imprenditori e oltre 18 mila addetti sono Piemonte e Valle d’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna (province di Modena, Bologna e Ferrara), Toscana, Lazio (province di Roma, Viterbo), Lombardia (provincia di Mantova) e Sardegna. Conad Nord Ovest conta 600 punti di vendita, in cui sono presenti tutti gli attuali format distributivi.

Caritas Italiana:
Organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) per la promozione della carità. È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Fondamentale il collegamento e confronto con le 218 Caritas diocesane, impegnate sul territorio nell’animazione della comunità ecclesiale e civile, e nella promozione di strumenti pastorali e servizi: Centri di ascolto, Osservatori delle povertà e delle risorse, Caritas parrocchiali, Centri di accoglienza, ecc.

 

 

 

Hera, previsti oltre 120 milioni di euro di investimenti nel ferrarese.

 

Comunicato Stampa HERA.

Presentato il Piano industriale della multiutility, che conferma il trend di crescita e l’evoluzione verso un modello sostenibile, con investimenti e azioni per la transizione energetica verso la carbon neutrality e ambientale verso l’economia circolare, nonché per l’evoluzione tecnologica, in linea con le strategie europee e gli obiettivi dell’Agenda On.

Il Piano industriale al 2024 del Gruppo Hera è stato presentato oggi dal Presidente Esecutivo Tomaso Tommasi di Vignano ai Sindaci dei comuni ferraresi serviti.

Le strategie sono state disegnate su modelli di business sostenibili, con investimenti e azioni per la transizione energetica verso la carbon neutrality e ambientale verso l’economia circolare, nonché per l’evoluzione tecnologica, per favorire la creazione di valore condiviso e accompagnare i territori nella ripresa, in linea con le policy europee e gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030. Al 2024 il Gruppo prevede un MOL di 1,3 miliardi di euro, in aumento di 215 milioni rispetto ai 1.085 milioni di fine 2019, e si conferma l’attenzione alla generazione di valore per tutti gli stakeholder, a partire dagli azionisti e dalle Amministrazioni Locali, con dividendi in crescita fino a 13 centesimi per azione al 2024.

Positivi anche i risultati al 31 dicembre 2020 della multiutility, approvati nei giorni scorsi: pur in un anno complesso per il Paese per l’emergenza Coronavirus, il Gruppo Hera ha chiuso l’esercizio con il MOL in crescita a 1.123 milioni (+3,5%), l’utile netto di pertinenza degli Azionisti a 302,7 milioni (+0,6%), la posizione finanziaria netta in miglioramento e la proposta di dividendo in rialzo a 11 centesimi per azione (+10% rispetto all’ultimo dividendo pagato); riuscendo al tempo stesso a garantire continuità dei servizi e sostegno ai propri stakeholder.

 

Investimenti in crescita per 3,2 miliardi, di cui oltre 120 milioni nell’area ferrarese:
Il nuovo Piano prevede investimenti in crescita pari a 3,2 miliardi di euro complessivi, in media 640 milioni all’anno. In particolare, il Gruppo investirà oltre 2 miliardi per l’estensione, l’ammodernamento e l’evoluzione della filiera reti: la tecnologia sarà alla base di tutti i progetti, per garantire resilienza, efficienza e business continuity, fino alla ricerca di soluzioni sostenibili nell’ambito “clean energy”, in cui il Gruppo può fare leva sulla propria competenza multibusiness. Nel ciclo idrico, ad esempio, sono previsti importanti investimenti sulle infrastrutture e verranno estesi i progetti di riuso delle acque depurate. A supporto della crescita del settore energy, si arricchirà il ventaglio di servizi a valore aggiunto per i clienti del Gruppo, come i pacchetti con forniture rinnovabili e le iniziative per il risparmio energetico. Previsto anche l’incremento delle attività per la riqualificazione energetica e degli impianti termici dei condomini e lo sviluppo di soluzioni rivolte a clienti industriali e Pubbliche Amministrazioni.

Nella filiera ambiente, Hera intende consolidare la propria leadership nazionale. Il know-how acquisito con l’impianto di Sant’Agata (BO) – che da rifiuti organici produce compost e biometano, alimentando la mobilità sostenibile – consentirà di dare vita a nuovi impianti a supporto della transizione verso l’economia circolare, con l’obiettivo di arrivare a produrre oltre 15,5 milioni di metri cubi all’anno di biometano, più che raddoppiando l’attuale quantitativo. Anche la raccolta differenziata del territorio servito è prevista in ulteriore incremento, per quantità (dal 65,3% del 2020 al 75% del 2024) e qualità.

 Anche per quel che concerne l’area ferrarese, il Piano prevede investimenti in crescita, per più di 120 milioni di euro (31 dei quali per l’anno in corso). In particolare, le risorse per il periodo 2021-2024, pari a più di 100 milioni, saranno così ripartite: 57 milioni per il servizio idrico, 28 milioni per la distribuzione gas, 9 milioni per il teleriscaldamento e 7 milioni per i servizi ambientali.

Di seguito i principali progetti a cui verranno destinati gli investimenti nel territorio:

Adeguamento dei sistemi fognari e sicurezza idraulica

Gli investimenti previsti nel territorio ferrarese sono in larga parte destinati al servizio idrico. Nel 2020 sono stati completati il collaudo e la messa in esercizio di 3 gruppi elettrogeni in grado di alimentare in caso di blackout elettrico le parti salienti dell’impianto di Pontelagoscuro e l’intero impianto di Stellata. L’intervento, dal costo di oltre 400 mila euro, rappresenta il più grande investimento mai fatto per la sicurezza elettrica di questi impianti. Inoltre, è stato progettato il revamping di 2 linee di generazione di ozono presso l’impianto di Pontelagoscuro al fine di ammodernare l’intera sezione di ozonizzazione che contribuisce in modo determinante all’abbattimento delle sostanze organiche e degli agenti patogeni presenti nell’acqua.

Beneficeranno di investimenti ingenti, complessivamente pari circa 5,7 milioni di euro, anche le reti fognarie di numerose frazioni del comune di Ferrara come Montalbano, Correggio, Corlo e Baura. Nello specifico, in tutte queste località verranno realizzati interventi di collettamento fognario, come previsto dalle disposizioni normative per gli agglomerati urbani da 200 a 2000 abitanti. E ancora, è previsto il rifacimento della linea di trattamento fanghi del depuratore di Gramicia, intervento che da solo impegnerà 4,5 milioni di euro.

Nuova illuminazione pubblica ed estensione del teleriscaldamento per una città sempre più smart

Il Gruppo Hera proseguirà con l’estensione della rete del teleriscaldamento di Ferrara, impegnando 4,5 milioni di euro, con nuovi tratti di infrastruttura sia nella zona di via Bentivoglio sia nella parte sud della città, lungo l’asse di via Bologna, dalle Corti di Medoro fino al Centro Commerciale Il Castello. Allo stesso tempo, attraverso Hera Luce, per il Comune di Ferrara il Gruppo Hera sta realizzando un nuovo impianto di illuminazione pubblica, che verrà reso più moderno, funzionale e rispettoso dell’ambiente. Per raggiungere questi obiettivi, sono previsti circa 28 milioni di euro di lavori di riqualificazione in arco Piano, che riguarderanno non solo oltre 23.000 punti luce stradali ma anche impianti semaforici, l’illuminazione artistica dei monumenti ferraresi, le telecamere e la regolazione del traffico. Il ricorso alla tecnologia LED consentirà un risparmio energetico del 71% rispetto ai consumi attuali, il 100% dell’energia che lo alimenterà sarà ottenuta da fonti rinnovabili.

Idrogeno verde dal termovalorizzatore per la sostenibilità del settore agricolo

Il Gruppo Hera inoltre continua ad investire nella ricerca di altre forme di energia pulita, quali ad esempio l’idrogeno. Coerentemente con il proprio impegno per una transizione verde, nei primi mesi del 2021, la multiutility ha firmato un memorandum con Yara Italia, leader nella produzione di fertilizzanti, e Sapio, primaria realtà nel campo dei gas tecnici e medicinali, per esplorare la possibilità di favorire la sostenibilità del settore agricolo impiegando l’idrogeno verde. In base all’accordo, Hera, Yara e Sapio, verificheranno la fattibilità tecnologica, economica e normativa di un concreto progetto di utilizzo delle energie rinnovabili e sviluppo della filiera dell’idrogeno verde. In particolare, l’impianto sperimentale deputato alla generazione di idrogeno utilizzerebbe l’energia rinnovabile prodotta dal termovalorizzatore ferrarese di Hera, per produrre idrogeno dall’acqua e alimentare il vicino insediamento industriale di Yara Italia dedicato alla produzione dei fertilizzanti.

Forte attenzione alla creazione di valore condiviso:
Prosegue inoltre la crescita del margine operativo lordo a “valore condiviso” (che misura il valore delle attività di business che, oltre a generare margini, rispondono ai driver dell’Agenda 2030), che arriverà a sfiorare il 50% del totale nel 2024, a quota 648 milioni di euro.

Numerosi e significativi sono i risultati già conseguiti dal Gruppo Hera anche nel territorio ferrarese, in cui, nel solo 2020, la multiutility ha distribuito quasi 100 milioni di euro in favore dei propri stakeholder. A partire dalla rigenerazione delle risorse, con la raccolta differenziata che, nel Comune di Ferrara, è salita all’88%, in aumento di 35 punti percentuali rispetto al 2012, e il 93% di quanto raccolto in modo differenziato che viene recuperato. Grazie a questi risultati, Ferrara si è classificata per il secondo anno consecutivo al primo posto dei Comuni capoluogo per differenziata nella classifica del Sole 24 Ore e Legambiente. Inoltre, grazie ai progetti finalizzati alla riduzione dei rifiuti come Cambia il Finale, sono state immesse nel ciclo del riuso 27 tonnellate di ingombranti in buono stato. Sempre in tema di rigenerazione delle risorse, sul territorio servito da Hera il servizio di depurazione già copre il 100% dei nuclei urbani con popolazione superiore ai 2.000 abitanti, mentre per quanto riguarda l‘inclusione sociale sono state rateizzate bollette a 8.000 famiglie, per un valore di 8 milioni di euro. Infine, guardando alla carbon neutrality, il 24% dei clienti Hera ha già scelto di attivare soluzioni di efficienza energetica e servizi di analisi dei consumi; inoltre, il 21% dei clienti ha aderito all’offerta ‘Pacchetto Natura’ con energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili.

 

Stop alle sigarette: con il supporto di un Centro Antifumo triplicano le probabilità di riuscire a smettere.

 

Comunicato Stampa Pro Format Comunicazione.

Claudio Ranieri testimonial per la disassuefazione dal fumo:

L’allenatore italiano, star internazionale del calcio, Claudio Ranieri, protagonista della nuova campagna sulla disassuefazione dal fumo promossa da Cigaretteless, il sito web di Pfizer per le persone che vogliono smettere di fumare.
Un video online su  www.cigaretteless.it/Claudio-Ranieri e sui social che invita chi vuole dire stop alle sigarette a rivolgersi a uno degli oltre 290 Centri Antifumo sul territorio nazionale, dove personale medico e infermieristico specializzato affianca il fumatore nel difficile percorso di abbandono del fumo.

Roma, 7 aprile 2021 – Due squadre di ‘calciatori della domenica’ che rincorrono il pallone su un campetto di periferia. Una star del calcio internazionale, l’allenatore Claudio Ranieri, che interviene motivandoli e aiutandoli a dare il massimo, per giocare meglio e raggiungere l’obiettivo: fare goal. L’aiuto di un professionista può fare la differenza: è questo il messaggio della nuova campagna sulla disassuefazione dal fumo promossa in 11 Paesi da Pfizer attraverso il sito web Cigaretteless, che raccoglie informazioni e strumenti utili per smettere di fumare.

Il video con protagonista coach Claudio Ranieri, online su www.cigaretteless.it/Claudio-Ranieri e sui social, invita chi vuole smettere di fumare a rivolgersi a un Centro Antifumo, triplicando così le probabilità di riuscire a raggiungere l’obiettivo. Quello che tante persone decise a dire stop alle sigarette non sanno, infatti, è che possono contare sul supporto degli oltre 290 Centri Antifumo attivi in Italia, dove un’équipe formata da medici, psicologi, personale infermieristico e altre figure specializzate può seguire passo dopo passo il fumatore nel percorso di abbandono del fumo.

«Il principale obiettivo dei Centri Antifumo è quello di spezzare la solitudine del fumatore e di aiutarlo a sfrondarsi da una serie di scarse conoscenze, dalla disinformazione, o ancora peggio da fake news che contribuiscono a costruire alibi che impediscono di raggiungere l’obiettivo di smettere di fumare – dichiara Roberto Boffi, Responsabile Pneumologia e Centro Antifumo Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – è fondamentale invece ‘conoscere per decidere’, come recita uno slogan utilizzato qualche anno fa per una campagna nelle scuole dell’Istituto Nazionale dei Tumori, ma anche affiancare e motivare il fumatore nel percorso verso la non dipendenza, un percorso non sempre facile e che il fumatore normalmente affronta da solo. Un impegno ancora più importante in questa epoca di pandemia, dove l’isolamento sociale e gli altri fattori di stress legati alla situazione emergenziale contribuiscono ad allontanare ancor di più l’obiettivo di smettere di fumare».

In tempi di Covid-19 smettere di fumare assume un valore in termini di salute ancor più rilevante. Secondo i dati recentemente pubblicati sugli Annals of the American Thoracic Society, l’abitudine del fumo è infatti un importante fattore di rischio associato a conseguenze più gravi dell’infezione da SARS-CoV2: il rischio di decesso in ambiente ospedaliero per un fumatore sarebbe circa il doppio rispetto ad un non fumatore.

Rinunciare alle sigarette è un passo fondamentale soprattutto per chi è affetto da patologie che interessano il distretto toracico, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

«In pazienti con patologie come la BPCO o cardiopatie è fondamentale rinunciare al fumo per evitare complicazioni anche gravi – spiega Roberto Boffiin questi casi il difficile percorso della disassuefazione dal fumo può essere agevolato con il supporto di una terapia farmacologica antifumo; in Italia da settembre 2019 abbiamo una terapia antifumo efficace rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale per le persone con BPCO e in prevenzione secondaria di patologie cardiovascolari che hanno deciso di smettere di fumare».

In tutto il mondo ci sono circa un miliardo di fumatori, almeno 10 milioni in Italia: nonostante il calo degli ultimi anni, la prevalenza del tabagismo è ancora molto alta e il fumo di tabacco rappresenta a livello globale la più grande minaccia prevenibile per la salute e il primo fattore di rischio delle malattie croniche non trasmissibili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il consumo di tabacco sia la causa di 8 milioni di decessi ogni anno; in Italia sono attribuibili al fumo oltre 93.000 morti l’anno, con costi diretti e indiretti di oltre 26 miliardi di euro (Tobacco Atlas sesta edizione, 2016).

Smettere di fumare è un traguardo importante per la propria salute, che molti fumatori cercano di raggiungere, ma il più delle volte si trovano a fallire, perché il tabagismo è una vera e propria dipendenza. Più di 1 fumatore su 3 prova a smettere (37,9% nel 2018 – dati Sorveglianza PASSI), ma il tentativo fallisce nell’80% dei casi, e solo il 10% raggiunge l’obiettivo e riferisce di aver smesso di fumare da più di 6 mesi.

Il sito web www.cigaretteless.it rappresenta un aiuto concreto per tutte le persone motivate a smettere di fumare: al suo interno è possibile trovare tante informazioni sui benefici dello stop al fumo, con indicazioni su come smettere, test di autovalutazione, la mappa dei Centri Antifumo e altri strumenti e risorse utili al raggiungimento di questo obiettivo.


Riferimenti:

  • Ministero della Salute – Prevenzione e controllo del tabagismo (maggio 2020)
  • Istituto Superiore di Sanità – Guida ai servizi territoriali per la cessazione dal fumo di tabacco (aggiornamento maggio 2019)
  • West, R. and Papadakis, S. (2019) Stop smoking services: increased chances of quitting. London; National Centre for Smoking Cessation and Training
  • Annals of the American Thoracic Society – https://www.atsjournals.org/doi/pdf/10.1513/AnnalsATS.202012-1537PS

 

Le Olimpiadi d’informatica al Montalcini sono un successo.

 

Grande successo per gli studenti del Montalcini alle Olimpiadi di informatica.

Si é da poco svolta la gara di selezione scolastica della 21° edizione delle Olimpiadi di Informatica. 

Alla sua prima partecipazione, l’Istituto “R. L. Montalcini” ha visto classificarsi alla selezione successiva gli studenti Alberto Argentesi, del Liceo Scientifico di Argenta e Samuele Pannitteri dell’Istituto Tecnico Tecnologico di Portomaggiore; stesso indirizzo si studi di Vizzarro Luca, che si è classificato al terzo posto.

Alla gara on line, consistente nella risoluzione di esercizi di carattere logico-matematico, algoritmico e di programmazione, si sono iscritti 10740 studenti; di questi solo i primi due classificati nel proprio Istituto parteciperanno alla prossima selezione territoriale.

Complimenti a tutti i partecipanti alle Olimpiadi di Informatica e ai nostri studenti, che non hanno perso la loro voglia di cimentarsi in queste “gare” avvincenti.

Fials: Mancato accesso cure è cartina al tornasole delle disuguaglianze, urge gestirlo come emergenza nell’emergenza.

 

Comunicato Stampa FIALS.

Sono gravi le ripercussioni sui sistemi sanitari di tutto il mondo dopo un anno di pandemia. Enormi, per quanto riguarda l’accesso alle cure.
In occasione della Giornata mondiale della Salute, il cui slogan è “un mondo più giusto e più sano”, ricordiamo che in Italia è aumentata del 40% la rinuncia alle cure dei pazienti non Covid, con oltre 2 milioni di screening oncologici in meno e 13mila diagnosi mancate, stando al recente report Salutequità.

“I mancati accessi alle prestazioni sanitarie si sono approfonditi sempre di più e sono la cartina al tornasole della disuguaglianza economica di cui soffre una cospicua parte del Paese. Aldilà degli slogan del giorno, urge rendere pubblici i numeri: quante sono le prestazione in attesa e gli interventi chirurgici inevasi? Il cumulo di prestazioni sanitarie non Covid inevase è un’emergenza che va gestita come tale, con risorse e strutture dedicate. Nel frattempo occorre riprogettare un modello sanitario basato su un’efficienza che sia subordinata a qualità e sicurezza, e non definita come mero aumento di output per unità di tempo”. Così Giuseppe Carbone, segretario generale Fials, in un messaggio per la Giornata mondiale della salute 2021.

“Non è difficile immaginare – prosegue – come questa montagna di prestazioni sanitarie non fruite abbia già superato le dimensioni per cui sia possibile mettersi in pari. Non vorremmo mai che questo disastro ricadesse sui professionisti sanitari ormai allo stremo delle forze, vessati da contratti scaduti, eroi dimenticati a seconda del momento”. “Mai vorremmo che una tale situazione – ribadisce Carbone – finisca per gravare sulle spalle degli operatori sanitari sotto organico già prima dell’emergenza e ormai allo stremo delle forze, richiedendo loro una maggior efficienza proprio mentre uno studio del King’s College London sul personale delle terapie intensive ha evidenziato che il 45% soffre di almeno una delle seguenti problematiche: sindrome da stress post-traumatico (40%), ansia severa (11%), depressione grave (6%) o abuso di alcol (7%)”.

La Fials difende il principio dell’equità nell’accesso alle cure e aderisce alla campagna globale dell’Organizzazione mondiale della sanità, il cui scopo è far sì che tutti nel mondo abbiano diritto alla salute. Il World Health Day mira a diffondere la consapevolezza sul raggiungimento di uno stile di vita migliore e una vita senza malattie. La pandemia ha esasperato le diseguaglianze di salute, assistenza sanitaria e welfare. Per questo l’Oms indica 5 punti su cui è necessario intervenire urgentemente. Primo, accelerare un equo accesso agli strumenti per la lotta al Covid-19. Il secondo è investire in assistenza sanitaria di base. Terzo, mettere in atto schemi di protezione sociale per contrastare gli effetti socio-economici del Covid, come la perdita di posti di lavoro e l’aumento della povertà. Quarto punto, costruire quartieri sicuri, sani e inclusivi. E infine, raccogliere e rendere disponibili dati e sistemi di informazione sanitaria.

FANTASMI
Chi guarda Chi

 

Hanno chiuso i Musei di nuovo. E io soffro. Soffro molto. Ma poi la mia mente, incapace di sostenere tutto questo, comincia a tracciare dei percorsi e a pescare quadri rimasti imbrigliati nella rete succosa di sinapsi che hanno ancora da dirmi qualcosa. E allora cammino su e giù per la cucina, l’ingresso il salotto e poi l’ingresso e il corridoio lo studio e la camera da letto e poi di nuovo l’ingresso con gli occhi assetati di sgranchirsi e allungarsi oltre le limitanti pareti, oltre la finestra con i palazzi di fronte, oltre… fino a salire quelle scale abbaglianti tra guardiane fiere dormienti varcare l’ingresso ed entrare. Guardo tutto quel che è lì apposta per lasciarsi guardare, sala dopo sala; quando a un tratto qualcosa cambia, il ritmo cambia, il suono dei miei passi rallenta. Non sono più io a guidare il gioco. Abbasso lo sguardo e ascolto. Ascolto e avverto qualcosa, un calore alle mie spalle. Una figura serena e determinata seduta sulla panchina mi guarda. Una figura dipinta mi guarda. Sono guardata. Lei è all’aperto seduta sulla panchina e sembra avere tutto il tempo di questo mondo per guardare me chiusa in una scatola. Sono io l’oggetto immobile. E allora socchiudo gli occhi e ascolto la vita raccontata da quelle pennellate.

Era con le mani in mano, nessuna commissione. Chiese a mio padre se poteva farmi un ritratto. Lui gli rispose “Chiedi a lei… se le va”. Si volse e io ero già lì. Non servì parlarne. Andai subito a prendere dei libri a caso. Non avevo mai avuto questa esperienza e immaginavo fosse piuttosto noiosa. E non sapevo quanto tempo ci avrebbe messo. Avevo sentito parlare di reggimento in metallo, imbracature per tenere il busto fermo, o roba simile. Tutta roba “invisibile” che non è mai comparsa dipinta nei quadri ovviamente, ma che permette al soggetto di stare lunghe ore immobile. Perciò ero ancora più curiosa dei retroscena. Curiosa di vedere e toccare gli “arnesi segreti” del mestiere. Presi anche l’ombrellino, visto che il pittore si stava dirigendo con il cavalletto all’esterno, per evitare di bruciare la pelle al sole.
E invece accadde qualcosa che mai mi sarei aspettata. Quel suo scrutare ogni mio dettaglio da riprodurre su tela, era più interessante di qualsiasi altra cosa. Il tempo mi volò contemplandolo. Chi guarda chi. Mai ci rivolgemmo parola ognuno protetto nella propria bolla di sogno. Il mio sguardo esagerò e lui lo riprodusse fedelmente. Ciò mi condannò allo scandalo. Sparì ogni mio pretendente ritenendo che quei miei occhi, velati da lune insonni, rivelassero una certa intimità con Corcos, il pittore amico di mio padre. Mai i miei pensieri furono rivolti a lui come uomo ma alle sue mani d’artista, al suo occhio agitato, al sopracciglio fremente. Fu il mio stupore per lo spettacolo pirotecnico di un uomo immerso nella sua passione. Nulla di più. Avevo ventitré anni e lui trentasette con una giovane raffinata colta sensibile moglie; e con figli. Io scalpitavo una vita emancipata e imprevista che voleva decollare anzi “librarsi” da una vita già scritta e racchiusa in mere e antiquate pagine di inchiostro. Lui era al culmine della sua carriera mentre io rimasi inchiodata a quello sguardo. Il mio volo si schiantò dentro quella tela.

Note
• Tela di Vittorio Matteo Corcos “Sogni”, 1896. Esposta oggi alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea a Roma. La ragazza ritratta è Elena Vecchi, figlia di Jack La Bolina. un amico del pittore.
• Questo Scritto è a metà tra sogno dell’autrice e realtà.

Per leggere tutti gli interventi di Fantasmi, la rubrica curata da Sergio Kraisky e Francesco Monini, clicca [Qui] 

Vite di carta /
Giovani scrittrici del disagio

Vite di carta. Giovani scrittrici del disagio

Quanto disagio nella loro scrittura. Penso che potrebbero essere mie figlie, penso che sono giovani  e hanno il privilegio di scrivere. Di pubblicare quello che scrivono, romanzi per lo più. Eppure raccontano come per seguire una sorta di terapia e nel raccontare esplorano il loro disagio. Mi riferisco a due autrici pressoché coetanee di cui ho letto in questi giorni. Ho letto un libro per ciascuna: Come il mare in un bicchiere di Chiara Gamberale e La più amata di Teresa Ciabatti.

Come sono arrivata a Chiara Gamberale? L’ho vista in tv, proprio mentre finiva la sua intervista e la presentatrice ricordava il titolo del suo ultimo libro uscito qualche mese fa. Ho controllato nella mia libreria ritrovando di lei solo la fiaba Qualcosa e Le luci nelle case degli altri e ho pensato che vorrei rileggerli, soprattutto il secondo col suo titolo bellissimo. Sono sicura di avere letto almeno altri due suoi libri, ma non li ho rintracciati, forse provenivano dalla biblioteca scolastica e là sono ritornati.

Come sono approdata a Teresa Ciabatti. Ho letto una recente recensione sul suo Sembrava bellezza, uscito da pochissimo e finalista al premio Strega 2021. A parlarne bene sulle pagine di Repubblica Michela Marzano, che ho conosciuto di persona un paio di anni fa: una scrittrice profonda, generosa nell’incontrare i ragazzi dei Licei cittadini che gremivano la Sala Estense e molto aperta, sia alla conversazione che al dialogo. Poi, sedute davanti a un piatto di cappellacci ferraresi a uno dei tavolini del Brindisi, così piccolo da non farle sentire la mancanza dei locali parigini, ci siamo confrontate sul nostro mestiere di insegnanti. Lei professoressa ordinaria di filosofia morale all’Université Paris Descartes, io docente di lettere al Liceo Classico cittadino. Era presente anche Nadia Terranova, che ci ascoltava e ci incalzava con nomi e titoli di autrici italiane da leggere assolutamente, perché andavamo mescolando al resto i discorsi sul nostro ruolo di lettrici, sempre.

Dunque Marzano consiglia di leggere l’ultimo libro di Ciabatti. Dopo, succede tutto molto in fretta: non posso uscire dal mio paese perché la nostra regione è zona rossa e alla biblioteca di Poggio Renatico trovo il romanzo precedente, La più amata, che è uscito nel 2017.
Trovo invece il “quaderno”, lei lo definisce così, di Gamberale: Come il mare in un bicchiere. Porto a casa entrambi e comincio da quest’ultimo. Strano libro. Senza filtri che separino la scrittura dalla biografia minuta; un quaderno che diventa anche diario delle lunghe settimane vissute in lockdown lo scorso inverno. Alcune pagine sono davvero intense, sono piene di spunti per guardare la vita dentro le nostre case e dentro le persone. Per fare un bilancio su quello che sta cambiando, sulla fragilità di tutti. Sulla forza di tutti, che si fa strada nell’autrice come donna e come madre. Mi ricorda l’urgenza di racconto che ha ispirato tanta narrativa della Resistenza alla metà del secolo scorso. Siamo di nuovo in guerra e la scrittura tende a ricalcare la vita vissuta con le parole. Come durante la Resistenza l’esperienza individuale si pone come paradigmatica, rivelando la vita di tutti.

Quando passo al romanzo di Ciabatti bastano le prime pagine a farmi sospirare “Ecco un’altra autobiografia”, con la storia personale e della famiglia. Eppure un passo dopo l’altro vengo  inglobata nello spessore delle pagine, dove i ricordi della autrice scorrono talmente vivi da essere dentro il suo presente, dentro il garbuglio della sua psicologia. Ne parla in modo così scoperto. Ecco la cifra del Novecento, la biografia di sé che ricalca l’impianto della psicanalisi: Teresa e il suo rapporto col padre, adorato. Teresa e la difficile convivenza con la madre. La distanza che aumenta tra lei e il fratello gemello mentre diventano adulti.
Rispetto al “quaderno di Gamberale la storia di questa bambina privilegiata, nata in una famiglia ricchissima, che i genitori hanno amato, ma senza darle sicurezza, è la storia di un isolamento. Che a tratti scade in solipsismo. La bambina diventa adulta senza vivere il proprio romanzo di formazione, senza fasi di crescita che disegnino per lei una identità dotata di una qualche armonia, di un equilibrio. Il suo raccontare si muove su piani temporali che variano continuamente e il cursore del tempo passa dall’infanzia al presente e alla adolescenza per ritrovare sempre le stesse inquietudini e la donna che a quarantaquattro anni ancora si sente incompiuta, “qualcosa meno di un adulto”.

Cosa hanno in comune le due scrittrici, mi chiedo. Ho in mente  una  risposta ma mi occorre rivedere il genere letterario della autobiografia a cui i due libri fanno riferimento.

E’ un volume  ponderoso, il numero cinque della Letteratura Italiana Einaudi che staziona dal 1986 sulla mensola a sinistra della mia scrivania; il titolo è Questioni e fa al caso mio. Trovo il saggio di Marziano Guglielminetti dedicato a Biografia e Autobiografia e ripercorro, paragrafo dopo paragrafo, lo sviluppo tutto al maschile che la scrittura di sé ha disegnato nei secoli, dalla agiografia medievale alla letteratura di consumo del XX secolo, dove spesso parlano della propria vita non solo letterati e artisti, ma anche attori, sportivi e politici.

Mi confermo che il primo tratto in comune, banalmente ma non troppo, è che sono davanti a una scrittura di genere: a parlare di sé e del proprio paesaggio interiore sono due donne. Entrambe  mettono a nudo con determinazione l’osmosi difficile tra l’io e il mondo. Sono donne che affrontano i dilemmi della complessità di cui è fatto il nostro tempo, sorrette da un uso raffinato del linguaggio, che usano come strumento di chiarificazione interiore.
Un secondo elemento comune è che sono figlie della tradizione del romanzo psicologico e questa loro radice le spinge a scardinare dall’interno almeno un aspetto costitutivo del genere autobiografico, ovvero la concezione del tempo. Entrambe selezionano con nettezza i fatti e i momenti salienti da raccontare, ma rinunciano a collocarli in ordine cronologico secondo la sequenza codificata di infanzia, adolescenza, età matura. I nodi emotivi, le gioie e le sofferenze del passato sono recuperate attraverso frequenti flash back e riesplodono vivi nel presente della narrazione, contaminando tra loro i diversi piani temporali. Sono figlie del paradigma instaurato all’inizio del Novecento dalla narrativa di giganti come Svevo e Pirandello, i cui protagonisti ci mostrano il loro io che si frantuma perplesso e smarrito in un mondo senza riferimenti assoluti, figli a loro volta della nuova epistemologia del relativismo.

Infatti nelle due autrici non rilevo alcuna nota agiografica, nessuna esaltazione di sé; semmai qualche spunto di ironico abbassamento verso “l’inettitudine”, come è stata immortalata da Svevo nella Coscienza di Zeno. Nel libro di Gamberale, ogni volta che il vivere quotidiano sembra sopraffarla con la complessità dei compiti e dei doveri. Nella narrazione di Ciabatti quando il resoconto di sé assume un vago sapore scandalistico, si direbbe per la voglia di punirsi per i vizi e gli errori commessi.

Eppure c’è qualcos’altro che le determina. Non sono solo figlie ma anche madri. E’ passato un  secolo dall’ “involontario soggiorno sulla terra” di Pirandello e l’istanza narrativa degli autori e delle autrici che sono venuti dopo ha attraversato altre stagioni. Passata la fase pigra e sfiduciata della letteratura postmoderna, in questi primi vent’anni del nuovo millennio pare tornata la voglia di racconto. Anche del racconto di sé, andando oltre la disgregazione della identità del personaggio, oltre anche la sopraffazione del “Là fuori”, come lo definisce Gamberale. Più marcati in lei, ma soffusi anche nelle pagine finali di Ciabatti, trovo i tratti di una resilienza, che credo caratterizzi l’eroe degli anni Duemila. Come accettazione dei capricci della Fortuna, direbbe Machiavelli, passata attraverso i capricci anche del modello consumistico e le montagne russe della nostra vita globalizzata. Una sorta di pars construens del nostro io, che sa di non poter modellare il mondo, ma gli resiste e può riprogrammare il suo percorso dopo che un ostacolo lo ha fatto deviare. Ne è un campione Marco Carrera, il protagonista del libro che ha vinto l’ultimo Strega: Il colibrì di Sandro Veronesi.
Uno scrittore doveva esserci, no?

Nel testo faccio riferimento ai seguenti libri:

  • Chiara Gamberale, Come il mare in un bicchiere, Feltrinelli, 2020
  • Teresa Ciabatti, La più amata, Mondadori, 2017
  • Sandro Veronesi, Il colibrì, La nave di Teseo, 2019

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari della rubrica di Roberta Barbieri clicca [Qui]

Un concorso aperto a tutte/i per festeggiare insieme a Unife i 250 anni dell’Orto Botanico.

 

Comunicato Stampa Università di Ferrara.

C’è tempo fino al 30 aprile per festeggiare insieme a Unife i 250 anni dell’Orto Botanico partecipando al concorso gratuito e aperto a tutte/i senza limiti di età “1771-2021 Orto Botanico di Ferrara in festa. Partecipo anch’io”.

Aderire al concorso è molto semplice, basta presentare un elaborato creativo che racconti cosa rappresenti l’Orto Botanico per le/i partecipanti attraverso una foto, un disegno, un racconto, un video o qualsiasi altra forma espressiva culturale, artistica e scientifica: poesie, musiche, canzoni, immagini, poster, presentazioni power point, ecc. Le opere possono essere realizzate sia manualmente che in formato digitale.

Il concorso è rivolto a singole persone, scuole, associazioni di volontariato, case di riposo/famiglia e saranno premiate le opere, che dopo essere state valutate da un’apposita Commissione di esperti in materia (entro il 15 maggio 2021), saranno state considerate le più originali.

Per ogni categoria sarà attribuito un premio. Per le singole persone sono tre i vincitori previsti, che potranno trascorrere una giornata all’Orto Botanico, in cui sarà possibile partecipare ad attività, scoprire le collezioni e le curiosità e anche parlare con le ricercatrici e i ricercatori.

Per la categoria Scuole (quattro le premiate) è prevista una visita guidata all’Orto Botanico o una lezione di Botanica a scuola su un tema condiviso con il personale docente anche per l’anno scolastico 2021/22 e buoni acquisto per libri/cancelleria.

Anche per l’ultima categoria (associazioni di volontariato, case di riposo/famiglia) è prevista una visita guidata o una lezione di Botanica presso la sede dell’Ente.

Tutti i dettagli nel Regolamento del concorso pubblicato nel sito dell’Orto Botanico

Per ulteriori informazioni: ortobotanico@unife.it

 

 

 

Nirvana

 

Nirvana: nel buddhismo, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore.

Quando lo ascoltai per la prima volta, ebbi una sensazione mai provata prima ascoltando un disco. La sensazione che lui fosse davvero deluso, disperato, che la sua rabbia fosse sincera, che il grumo di amarezza che urlava non avesse nulla di artefatto. Che non ci fosse alcuna distanza o distinzione tra lui e il suo personaggio artistico, come spesso fanno gli artisti: mettere la loro verità dentro un personaggio, per trovare il coraggio di dirla. Mentre le urla di un cantante heavy o hardcore mi sembravano manieriste e caricaturali, le sue grida mi turbavano.

Ebbi l’ingenuità di credere che il talento ed il successo lo avrebbero salvato dai suoi demoni. Invece non c’è peggior solitudine dell’essere considerato un portavoce generazionale, quando non hai nemmeno la forza di alzarti dal letto, di lavarti. Tu sai chi sei, ma vieni continuamente frainteso, e messo su un piedistallo. Non sai nemmeno cosa stai dicendo, ma quello che dici viene trasformato in qualcosa di messianico. Feci in tempo a vederlo dal vivo, a febbraio, un paio di mesi prima che decidesse di averne abbastanza, quel 5 aprile. Sento ancora in bocca il sapore fumoso di quella sera, una rappresentazione di camicie di flanella a quadri di cui sentiva l’assurda responsabilità. Mi conforterebbe averlo ancora tra noi, invecchiato. Per me è stata come la morte del più caro, indocile animale domestico.

Non ho il tempo di tradurre ciò che comprendo nella forma di una conversazione. Ho esaurito la maggior parte delle conversazioni entro i nove anni. Riesco a sentire solo attraverso grugniti, grida e intonazioni di voce, oltre che con i gesti delle mani e del corpo. Sono sordo di spirito.”
Kurt Cobain

Il VAMPIRO E NON SOLO
La stampa universitaria ferrarese nel dopoguerra

 

Giuseppe Scandurra in Ibridi Ferraresi. L’Antropologia in una città senza antropologi presenta una ricerca su “una rete di intellettuali a Ferrara tra l’inizio degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Ottanta”. Potrei muovere un appunto: numerose e qualificate presenze di studiosi della materia a Ferrara ci sono state anche prima dell’insegnamento a cura di Giuseppe Scandurra, grazie alla mia antropologa preferita, Laura Lepore, da anni qui attiva. Ma Scandurra e Lepore si conoscono e si stimano. Inoltre il piacere che mi ha dato la lettura non mi fa soffermare su questo aspetto. L’inquadramento offerto dall’autore, il ricordo e la diretta testimonianza di cari amici mi sono stati particolarmente graditi e mi stimolerebbero piuttosto a qualche aggiunta.
Una generosa citazione di Ranieri Varese, riportata da Scandurra, mi include nella “rete di intellettuali” dei quali si interessa l’autore. “Poi c’è questo volume di Lugli su un allievo di Capitini – mi mostra il libro pubblicato da Lugli (2017), [n.d.a.] – che dà uno spaccato di Ferrara dal Dopoguerra fino agli anni Cinquanta, poi non ci sono altre cose di questo tipo”.

Il vampiro, rivista universitaria ferrarese, particolare

In un’intervista Franco Cazzola ricorda la modestia dell’apporto culturale dato alla città dagli studenti universitari. Poco viene dagli studenti cattolici e di sinistra. I goliardi dell’Afu pubblicano ogni tanto Il Vampiro. Franco non aggiunge altro. Nei primi anni Sessanta frequenta a Bologna, anche se lo ricordo ben attivo, con me Ranieri ed altri, a costruire l’Unione Goliardica Ferrarese, laica e di sinistra.
Nel 1961 su invito di Massimo Felisatti, che ne cura la redazione, scrivo su Ferrara. Rivista del Comune una Panoramica sulla stampa universitaria, che è, proprio sul tema in questione, “uno spaccato di Ferrara dal Dopoguerra fino agli anni Cinquanta”. Il Vampiro ricordato da Cazzola si definisce un semisatirico ed esce come numero unico. Non è stato sempre così. Il 1° settembre 1945 esce Il Vampiro, promosso da un gruppetto di studenti desiderosi di discussione e di rinnovamento della vita universitaria. È un quindicinale, che ha un buon successo e diviene settimanale. La sua esperienza è di poco più di un anno. Termina infatti il 28 ottobre 1946. Presenta più motivi di interesse. L’orientamento del periodico è lontano dalla sinistra politica e sindacale prevalente a Ferrara, ma non nell’Università. L’affermata “solidarietà tra i lavoratori del braccio e della mente” non trova un riscontro adeguato nella pubblicazione. Un periodico satirico, Uranio 235, sostenitore della prospettiva fusionista tra socialisti e comunisti lo attacca in più occasioni. Polemiche ci sono pure con La Nuova Scintilla della Federazione del PCI.
Non mancano interventi interessanti sulla vita politica, sulle iniziative e sui problemi del tempo. Redattori ne sono, con altri che non ho conosciuto, Giorgio Bissi – socialdemocratico e poi a lungo Presidente della Cassa di Risparmio –,  i miei cari amici Gianluigi Magoni – custode dell’intera collezione de Il Vampiro, all’epoca direttore con Giorgio Franceschini de Il Popolo Libero, combattivo settimanale della DC, e Carlo Bassi – cattolico, buon amico degli antifascisti Balboni, Devoto e Savonuzzi – studente partecipa alle proposte per il piano regolatore di Ferrara nel ’45, collabora pure alla rivista culturale Quartiere, fondata da Claudio Varese. Il settimanale mostra, 10 novembre ’45, apprezzamento per i Corsi della Scuola del lavoratore, nella cui realizzazione Balboni è fortemente impegnato. Oltre a una valenza professionalizzante, hanno lo scopo di rendere capaci i lavoratori di dirigere i Consigli di fabbrica e le cooperative.

Un anno dopo il periodico qualunquista Il torchio, 29 dicembre 1946, censura questo impegno: “Alla Scuola del lavoratore (sezione femminile della Camera del lavoro – fondo della solidarietà nazionale) si esibisce periodicamente il compagno Balboni Silvano, studente di medicina. Cosa insegna questo signore alle lavoratrici (tra cui ragazze di 14 e 15 anni)? L’igiene della casa? Il modo di curare l’influenza o di evitare i contagi morbosi? Ohibò! Neanche per sogno! Il nostro compagno insegna psicanalisi. Ed è notevole la disinvoltura con cui il compagno Balboni volgarizza le più spinose questioni sessuali al lume delle teorie freudiane… Non potrebbe il compagno Balboni dedicarsi ad altro insegnamento più proficuo, tenendo presente che Freud è ancora ai margini della vera scienza e soprattutto che non è ancora arrivato il momento di insegnare le porcherie a scuola. Le porcherie di Freud naturalmente!”.

Il linguaggio del settimanale universitario è diverso ma non gli risparmia l’accusa di qualunquismo. La risposta è nella domanda rivolta a diversi esponenti politici cittadini: “Dato, ma non concesso, il nostro qualunquismo, è legittimo identificarlo col fascismo?”. Vale ancora la pena leggere l’intervento di Giangi Devoto. Ma le risposte complessive scavano un solco maggiore tra questi universitari e la sinistra. Non sono mancati, soprattutto nel primo periodo, ritratti di esponenti particolarmente impegnati, azionisti, socialisti, come, sempre nel ’45, 27 ottobre “Viva Savonuzzi”, 1 dicembre “Viva Devoto”, nel ritratto fa capolino Silvano Balboni, 24 dicembre “Viva Cappelletti”, sindacalista socialista, combattente antifranchista e antifascista. Ancora il 20 aprile del ’46 vi è un ricordo dell’antifascista Francesco Viviani.
La Festa della matricola promossa nel maggio, per modalità e contenuti, provoca però una dura reazione sindacale e politica che ne impedisce il proseguimento. Ancora un mese prima della chiusura pubblica una vera e propria inchiesta, a cura di Bissi e Bolognesi, “Mortara 70, dicono che là dentro sono tutti comunisti, ma sbagliano perché non c’è che un colore: ed è quello grigio e senza vita della miseria, che soffoca come una cappa di piombo…”,

Coetaneo al Vampiro è Ercolino d’Este, promosso dall’Unione Studenti Italiani di orientamento democratico, ma di brevissima durata. Il Fronte della gioventù ha un periodico, Gioventù in lotta, diretto da Vittorio Passerini, comunista, con il vice Valentino Galeotti, cattolico di sinistra. Su questo preferiscono scrivere universitari e giovani intellettuali, comunisti e azionisti, meno i socialisti.
Un fratello minore del Vampiro, sopravvissuto come saltuario numero unico è, negli anni ’50, il Cuchino, promosso da universitari o nostalgici goliardi a Copparo. Una sorta di foglio di servizio è Il Fucino, che ricordo presente negli stessi anni Cinquanta. Dal ’48 fino al ’57 direi, studenti universitari di sinistra (Passerini, Pittorru, Felisatti?) fanno circolare un bollettino ciclostilato di irregolare frequenza, Università Libera. Ricordo di averne visto qualche copia in occasione del mio vecchio articolo sulla stampa universitaria.

Zona rossa

Riccardo Francaviglia

Vagavo per casa con un mal di testa insopportabile dovuto al famigerato virus contratto non si sa come nonostante le precauzioni seguite con estrema ubbidienza. Non riuscivo a leggere né disegnare, figuriamoci! A stento qualche puntata di una serie tv a caso. Non ero abituato a stare senza fare nulla, a rotolare dal letto al divano e dal divano alla sedia della cucina, senza realizzare qualcosa, senza progettare. La condizione di malato mi preoccupava al punto da temere che quell’annullamento dello stimolo creativo perisse del tutto e per sempre rosicchiato dal virus. Sapete, noi inventori di storie nati nel ventesimo secolo, in fondo temiamo che anche questa capacità possa essere a tempo determinato; che un giorno si presenti uno con un impermeabile blu e un cappello e ti revochi la licenza di creare e ciao…

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