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Giorno: 22 Maggio 2021

COSA SIGNIFICA UNA CULTURA PER TUTTI.
Il documento del Gruppo di cittadine e cittadini a difesa della Biblioteche

Il Gruppo di cittadine e cittadini a difesa della Biblioteche dopo aver raccolto oltre 1.000 firme su un appello che chiedeva il rilancio del sistema bibliotecario ferrarese, ha promosso una manifestazione in piazza Castello, affollata di adulti e bambini. dove sono state esposte con chiarezza le criticità e le inadempienze sul tema biblioteche della Giunta che oggi governa la città. Si chiede l’assunzione di nuovi bibliotecari , il rilancio e il potenziamento delle biblioteche decentrate e lo sviluppo complessivo del sistema pubblico della biblioteche. Questo movimento spontaneo appare sempre più nutrito e dimostra di avere idee precise su come e su cosa si dovrebbe fare. Vi invitiamo a leggere il documento, frutto di una elaborazione collettiva, che qui riportiamo integralmente. La speranza è che l’Amministrazione Comunale dia finalmente risposte adeguate a un bisogno diffuso di una cultura pensata, proposta, fatta e fruita da tutti i cittadini.
(Effe Emme)

Il sistema comunale delle biblioteche di pubblica lettura della nostra città ha una lunga tradizione in termini di qualità dei servizi resi alla cittadinanza e di professionalità dei bibliotecari in essi impegnati. Siamo giunti ad un punto importante nelle vicende che guardano il suo futuro. Nella commissione consiliare dell’ 11 maggio scorso, finalmente, l’Amministrazione Comunale, per bocca dell’assessore Gulinelli, ha esplicitato le proprie intenzioni in proposito.

L’Amministrazione non ha un progetto per le biblioteche comunali, solo un’idea di ridimensionamento e disinvestimento sul servizio

Da quanto abbiamo ascoltato in sede di Commissione consiliare, emerge che l’Amministrazione comunale non intende svolgere alcun ragionamento per il rilancio del sistema bibliotecario ferrarese. L’unica idea prospettata è quella dell’esternalizzazione delle biblioteche di S.Giorgio, Porotto e Rodari, peraltro dentro una logica di puro risparmio e deresponsabilizzazione del ruolo del pubblico. L’ipotesi avanzata è stata quella dell’esternalizzazione delle biblioteche di S.Giorgio, Porotto e Rodari, prevedendo peraltro un impegno di spesa per 100.000 € in un anno. Una cifra che, di per sé, dimostra che siamo dentro una logica di risparmio e disimpegno, visto che la spesa per il personale attualmente impiegato in quelle biblioteche ammonta a circa 150.000 € ( 5 unità per 30.000 € annuo di costo), mentre per far funzionare ad un livello minimo quelle biblioteche sarebbero necessarie almeno 6 persone. La spesa prospettata significa utilizzare personale sottopagato rispetto ai dipendenti comunali e, comunque, con questi numeri, non in grado di garantire servizi aggiuntivi rispetto agli attuali, come sbandierato dall’Amministrazione, per giustificare l’esternalizzazione del servizio di quelle biblioteche. In più, non è previsto alcun intervento di potenziamento dell’offerta dell’attuale sistema bibliotecario e di miglioramento del servizio di quelle che rimarrebbero a gestione comunale diretta. Insomma, siamo in presenza di un’impostazione per cui le biblioteche esternalizzate avrebbero l’unico “pregio” di costare di meno rispetto ad oggi e le altre continuerebbero a vivacchiare, come peraltro succede da lungo tempo in qua: nessun investimento per il futuro, solo un progressivo disimpegno e declino del sistema bibliotecario comunale.

Si può prendere un’altra direzione: progettazione partecipata e informata, forte investimento nella cultura del territorio e delle biblioteche, valorizzazione del loro ruolo pubblico

La nostra riflessione, invece, porta da tutt’altra parte. Dopo anni in cui non si è guardato al sistema bibliotecario come risorsa per la città, invece è possibile e necessario invertire la tendenza e tornare a investire nel sistema bibliotecario cittadino, con un’idea adeguata delle trasformazioni in atto e pensando al ruolo che esso può svolgere nella città degli anni a venire.
In primo luogo, riteniamo necessaria una progettazione partecipata e informata perché gli obiettivi culturali ed educativi delle biblioteche non si possono sviluppare in modo astratto, ma sono strettamente legati alle aspirazioni delle comunità che intendono servire. Parlando di bisogni e aspirazioni ci pare importante un confronto pubblico non solo sulle biblioteche come istituzioni che ospitano e mettono a disposizione collezioni di libri/media e risorse informative, ma anche su come le biblioteche possano contribuire attivamente alla ripresa economica e sociale post pandemia.
A questo proposito, ovvero del possibile ruolo delle biblioteche nel fornire servizi ai cittadini finalizzati all’inclusione sociale, all’apprendimento permanente, alla citizen science, alla ricerca e innovazione e alla promozione di una cittadinanza attiva per una società democratica e sostenibile, stanno prendendo vita diverse linee di azione all’interno delle nuove politiche europee. Da questi strumenti politici (ed economici) ci giunge una visione della biblioteca futura adeguata a nuove sfide: sia in termini di innovazione tecnologica, che di inclusione sociale, che di supporto (con la messa a disposizione del patrimonio documentale custodito, delle strutture e delle risorse umane) alla ripartenza delle attività economiche legate al territorio e al turismo.
Ancora prima di valutare soluzioni organizzative definitive (quindi a prescindere dal rispondere all’emergenza delle aperture di alcune strutture con una soluzione temporanea) occorre scrivere in modo partecipato, Amministrazione e Cittadinanza, una Agenda per le biblioteche pubbliche che tenga conto, appunto dei bisogni della comunità della quale sono al servizio. Riteniamo che la scrittura di una nuova Agenda necessiti di un approfondimento che consenta ai portatori di interesse, attuali e potenziali, di avere una visione delle Biblioteche pubbliche come strumento attivo per tutte le azioni e le sfide che ci aspettano come comunità. EBLIDA European Bureau of Library, Information and Documentation Associations e AIB Associazione Italiana Biblioteche stanno producendo interessantissimi documenti su come le Biblioteche possono partecipare alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030. Pertanto chiediamo all’Amministrazione di mettere a punto anche un progetto informativo (che sia utile a cittadini, imprese, politici e tecnici) chiamando relatori da queste Associazioni che possano stimolare la collaborazione fattiva di tutte queste realtà alla redazione di un progetto di largo respiro per il rilancio del sistema bibliotecario, facendone un attore importante per le sfide che ci attendono in quanto comunità.
Per noi, poi, questo nuovo progetto deve basarsi su alcuni punti fermi di fondo, costituiti da:

La costruzione di un nuovo modello bibliotecario e dell’offerta culturale nella città.
Occorre pensare ad un’idea di promozione e di diffusione culturale, in cui le biblioteche siano sempre più luogo di incontro tra i cittadini, le Associazioni, i soggetti che sono attivi in questo campo e non semplicemente il punto in cui si effettuano i prestiti del patrimonio librario. In questi anni, già si sono fatti passi in questa direzione, ma essi vanno potenziati e, soprattutto, resi strutturali in un nuovo approccio del sistema culturale della città. Per noi il sistema bibliotecario significa un unico servizio offerto in varie sedi con caratteristiche specifiche per ogni sede legate alla collocazione territoriale. Il rapporto con le scuole è vitale per ogni struttura, almeno fino alle scuole dell’obbligo, come forma di educazione alla lettura ma anche alla cittadinanza: in questo senso ogni struttura bibliotecaria dovrebbe avere, in modo strutturale, personale in grado di gestire incontri con scolaresche, dal nido alla scuola secondaria di primo grado. In più, occorre mettere in campo flessibilità nell’adozione di pratiche richieste dal dialogo col territorio ( ad esempio, la possibilità di istituire laboratori o altre forme di proposte non necessariamente o non precipuamente legate al libro, pensando anche ad una “squadra” che gestisca le attività di tipo laboratoriale). In questo quadro, ovviamente, va prevista da subito la riapertura di tutte le biblioteche comunali con orari e modalità di fruizione analoghe a quelle esistenti prima della pandemia (misurandosi con la sua evoluzione) e, in prospettiva, anche con il loro ampliamento;

Il potenziamento della struttura bibliotecaria
Negli anni scorsi, si era progettato un nuovo investimento nelle Corti di Medoro, progetto abbandonato dall’attuale Amministrazione. La stessa poi si è pronunciata per la creazione di una nuova biblioteca pubblica nell’area Sud della città, peraltro in modo vago e con ipotesi non precise in proposito. E’ ora, invece, di dare gambe concrete a questo proposito, e, a questo fine, occorre un reale coinvolgimento dei soggetti e dei cittadini interessati a questa prospettiva, dando luogo ad un Tavolo partecipativo per la definizione e l’attuazione di questo progetto. In questo quadro, occorre anche sviluppare un’adeguata riflessione sulle sedi e sugli spazi per i magazzini per tutte le biblioteche. Alcune sedi risultano nettamente inadeguate, come per esempio la San Giorgio, o la Rodari che dovendo servire la zona sud della città ha bisogno di locali consoni ai servizi che dovrebbe offrire una struttura con quel bacino di utenza. Insomma, biblioteche accoglienti, con arredi adeguati e materiale librario nuovo e in buone condizioni: questo dovrebbe essere l’obiettivo che può essere raggiunto solo mettendo a disposizione depositi/magazzini capienti e sicuri dove collocare i volumi frutto dello svecchiamento delle raccolte. Dovrebbero inoltre essere messe in campo risorse adeguate per finanziare attività di promozione della lettura per tutte le biblioteche (presentazioni librarie, o altro che oggi avvengono su base volontaria) per ampliare e aumentare la qualità e l’appeal delle attività proposte;

L’assunzione di un numero congruo di bibliotecari comunali per dare continuità e realizzazione effettiva al rilancio del sistema bibliotecario pubblico.
Esso si è sempre configurato come rete che ha poggiato la sua forza sulla presenza di personale adeguato nel numero e nella professionalità potendo contare per lo più su un avvicendamento che ha consentito ai bibliotecari esperti di affiancare i nuovi ingressi provenienti da altri servizi comunali e ha garantito costantemente un assorbimento funzionale delle nuove professionalità arricchendo e valorizzando quelle esistenti. I periodici incontri di servizio e di autoaggiornamento hanno rafforzato la sinergia tra gli operatori delle diverse biblioteche e favorito lo scambio professionale, la circolazione delle informazioni e delle tecniche andando nella direzione della creazione di un gruppo di lavoro quanto più possibile omogeneo. Purtroppo negli ultimi anni il depauperamento delle unità lavorative con l’uscita dal lavoro proprio delle figure più esperte ha evidenziato tutte le fragilità di un corpus di addetti che, da una parte necessita di formazione e di confronto professionale continuo, dall’altra richiede come indispensabile e imprescindibile l’assunzione di personale qualificato in ambito bibliotecario sia attraverso concorsi ad hoc, sia utilizzando contratti di formazione lavoro. Oltre a questo sarebbe necessario ritornare agli incontri periodici tra i bibliotecari e gli addetti alle strutture bibliotecarie, magari da svolgere a rotazione tra le varie biblioteche: sarebbe questo un primo passo per mettere in circolo esperienze, dubbi, difficoltà in un dialogo costruttivo. Allo stesso modo, si tratta di pensare allo svolgimento di regolari conferenze di servizio per esporre/relazionare sulle esigenze territoriali delle singole sedi ed individuare linee di azione e risorse condivise (anche di personale). Il buon funzionamento delle biblioteche si basa molto sulla professionalità e sulla motivazione dei bibliotecari e delle bibliotecarie che, se non si sentono isolati, possono fornire il meglio di sé. Tutto ciò presuppone anche un’attività programmata e permanente di formazione del personale stesso.
Più in specifico, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un numero significativo di pensionamenti di personale, senza che esso sia stato adeguatamente sostituito. Mancano almeno 6-7 bibliotecari in organico, la cui assunzione va prevista nel corso di quest’anno, oltre ai 2 che sono contemplati nel piano occupazionale elaborato dal Comune di Ferrara. E’ un’operazione assolutamente fattibile rispetto alle possibilità occupazionali del Comune ( vedi scheda tecnica in allegato), al di là di quanto proclamato in modo distorto dall’Amministrazione, e che, peraltro, si sta percorrendo in altri Comuni, anche nella nostra Regione ( vedi il Comune di Bologna, che ha indetto un bando di concorso nel novembre 2020 per 23 posti nei servizi culturali per arrivare, nell’arco di 2 anni a 44 assunzioni nel settore);

La costruzione di un rapporto positivo tra gestione pubblica e altri soggetti operanti nel settore
Su questo piano, nel momento stesso in cui riaffermiamo il valore centrale dell’intervento pubblico nel sistema culturale e in quello bibliotecario nella sua offerta e promozione, riteniamo possa esistere un ruolo anche per altri soggetti, in particolare per quanto riguarda l’intervento in campi specialisti ( ad esempio, progetti specifici anche rivolti alle scuole e al coinvolgimento del territorio, fondi e catalogazione particolari, aperture extra orario serali e/o domenicali) e in termini aggiuntivi rispetto all’attività “normale” delle strutture bibliotecarie. La stessa situazione della Rodari , che ha bisogno di interventi e di un rilancio urgente, potrebbe essere interessata da una riflessione in questo contesto.
Ciò comporta, peraltro, anche il fatto imprescindibile che le lavoratrici/lavoratori di altri comparti usufruiscano degli stessi diritti contrattuale e salariali dei dipendenti pubblici.
Al termine di questo processo di confronto largo e partecipato, che, quindi, dovrà vedere coinvolti tutti i soggetti culturali, sociali e politici della città, compreso, ovviamente, il nostro gruppo di cittadine e cittadini, andrà ovviamente investito l’insieme del Consiglio comunale per approvare gli indirizzi politici fondamentali di questo nuovo progetto, che non può certamente essere lasciato a semplici atti amministrativi.

GRUPPO CITTADINE E CITTADINI A DIFESA DELLE BIBLIOTECHE

Associazione Piazza Verdi:
La Giunta Fabbri fa l’interesse della Citta?

 

Le recenti vicende, relative all’inceneritore di Hera e ai disegni del pittore settecentesco Giuseppe Antonio Ghedini, rendono necessaria una seria riflessione sull’opportunità di mantenere le deleghe agli  assessori all’Ambiente, Balboni, e alla Cultura, Gulinelli. A nostro avviso il Sindaco dovrebbe trarre le logiche conseguenze da questi due gravi episodi.

L’assessore Balboni, dopo aver accuratamente celato per mesi alla cittadinanza la discussione in corso in Conferenza dei Servizi sulla richiesta di Hera di aumentare in modo significativo la quantità di rifiuti da incenerire, nonostante l’assenza di una tale esigenza a livello territoriale, si è prodotto in fantasiose giravolte e imbarazzanti salti mortali nel tentativo di evitare la protesta dei cittadini. Alla richiesta di Hera il Comune di Ferrara ha dato parere ufficiale favorevole, proprio per questo non ha potuto ricorrere al Tar, e l’annuncio, oltre tutto tardivo, di un ricorso al Presidente della Repubblica è in questo quadro, francamente, ridicolo.

Balboni ha dimostrato di non essere in grado di proteggere né l’Ambiente né la cittadinanza e di avere idee molto personali sul concetto di “trasparenza”.

Ribadiamo che ora è indispensabile che la Regione fermi il progetto di Hera; che per le esigenze di un territorio i cui cittadini hanno raggiunto un’alta percentuale di raccolta differenziata è sufficiente far funzionare una sola linea dell’inceneritore, in previsione di una totale dismissione dell’impianto.

Il secondo, l’assessore Gulinelli, ha compiuto un atto se possibile ancora più grave, poiché sembra aver agevolato e favorito un privato a danno del Pubblico.

Egli, infatti, prima ha raccolto da alcune prestigiose associazioni ferraresi l’informazione della ricomparsa in una bottega antiquaria di Milano di quei trentun disegni del pittore del Settecento Ghedini, donati dall’artista alla Biblioteca della Pontificia Università di Ferrara, ma scomparsi dalla Biblioteca Ariostea non si sa quando; poi ha preso impegni per l’acquisto degli stessi, affinché tornassero a far parte del patrimonio della città; infine, dopo lunghi silenzi e sollecitazioni, ha informato le associazioni di aver avuto la brillante idea di farli acquistare ad una Fondazione privata che li avrebbe “donati” al Comune. Di quale Fondazione si trattasse, ovviamente la Cavallini – Sgarbi, è stato lo stesso Vittorio Sgarbi a rivelarlo, chiarendo che i disegni verranno “prestati” al Comune. Altro che “donati”. Gulinelli continua a confondere Pubblico e Privato. In questo caso, tuttavia, la vicenda è ancora più grave del solito.

L’assessore avrebbe potuto e dovuto procedere all’acquisto dei disegni per conto del Comune, e non venga a raccontare che ventimila euro avrebbero messo in difficoltà il Bilancio, che questa è una barzelletta. Ma se avesse preferito una Fondazione perché non una pubblica come Ferrara Arte? In questo modo i disegni sarebbero tornati alla città. Un paio di anni fa Ferrara Arte acquisì, ad esempio, un’incisione Goupil del 1883 tratta da un celebre dipinto di De Nittis e un pregiatissimo libro di Robert de Montesquiou, mecenate di Boldini. Ma di Ferrara Arte ora è Presidente proprio quel Vittorio Sgarbi che ha annunciato l’acquisto dei disegni – un’operazione “brillante” l’ha definita – da parte della Fondazione Cavallini – Sgarbi, che potrà  decidere ulteriori prestiti e trasferimenti di opere che l’autore voleva, invece, divenissero patrimonio della città di Ferrara.

Se il conflitto d’interessi era evidente da tempo, ora è divenuto intollerabile. Questo episodio mostra non solo l’inadeguatezza della condotta dell’assessore Gulinelli, ma anche che Vittorio Sgarbi non  sembra adatto a ricoprire il ruolo di Presidente di Ferrara Arte dal momento che parrebbe non riuscire ad anteporre l’interesse pubblico a quello privato.

Il Sindaco Fabbri dovrebbe rifletterci.

Associazione Piazza Verdi – Ferrara 

Il Montalcini partecipa a “Per un pugno di mozziconi”.

 

Ufficio Stampa IIS RL Montalcini.

Gli studenti del Montalcini partecipano all’iniziativa “Per un pugno di mozziconi”:

Sabato 22 maggio la classe 1 A Mat dell’Istituto Montalcini ha partecipato all’iniziativa “Un pugno di mozziconi” che ha previsto la raccolta per le vie di Argenta di mozziconi di sigaretta. 

Gli studenti sono stati affiancati in tale attività  da Legambiente, Lida, Plastic Free, Scout, Gea, Agire Sociale, Avis, Auser e dai rappresentanti di partecipazione cittadina.

Un’iniziativa di sensibilizzazione che ha voluto coniugare l’amore per l’ambiente e per la comunità. 

L’appuntamento è stato per sabato mattina alle 8.30 in piazza Garibaldi ad Argenta, dove gli studenti del Montalcini sono partiti per andare a caccia di mozziconi nei punti sensibili del nostro Comune.

Un evento lodevole che rientra nei programmi di educazione civica dell’Istituto al fine di sensibilizzare i propri studenti in un’ottica di cittadinanza attiva e partecipata perché il contributo di ciascuno di noi può e deve servire a migliorare la società nella quale viviamo.

In contemporanea nei Comuni della provincia ferrarese si é svolta  una raccolta di massa dei mozziconi abbandonati per terra da parte di cittadini e associazioni con animo green. 

Dalla provincia i volontari hanno portato il loro “raccolto” in piazza Municipale a Ferrara dove si é proceduto ad una pesatura collettiva, in presenza delle autorità. Grazie alla generosità delle tre associazioni agricole della provincia, Cia, Coldiretti e Confagricoltura, il corrispondente peso dei mozziconi é stato convertito in frutta e verdura ed ecco che la classe 1 A mat si é portata a “casa” quasi 3 kg di fragole.

Memoria: 77esimo anniversario della Strage di Monchio (Mo).

 

Memoria. 77esimo anniversario della Strage di Monchio (Mo), il presidente Bonaccini con il ministro Guerini al memoriale della Buca di Susano per la dedica della nuova piazza a Aude Pacchioni, partigiana e donna coraggiosa: “Un riconoscimento a chi ha speso la propria vita per la libertà, i diritti e il bene comune. Per andare avanti mai dimenticare il passato”.

Questa sera in programma l’accensione delle 136 luci del nuovo monumento, una per ogni vittima della strage nazista.

Bologna – Uno spazio dedicato a una donna coraggiosa, partigiana, amministratrice eccellente, realizzato proprio davanti al memoriale della Buca di Susano, località in frazione di Palagano (Mo): qui, nel 1944, furono assassinate dai nazisti sei persone – una donna, tre bambini, una coppia di coniugi anziani -, azione omicida all’interno della più vasta rappresaglia nota come strage di Monchio che causò 136 vittime.

È piazza ‘Aude Pacchioni’, inaugurata ufficialmente questa mattina alla presenza del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, del presidente della Regione, Stefano Bonaccini, del sindaco di Palagano, Fabio Braglia. Con loro il procuratore generale militare, Marco De Paolis, il coordinatore dei Familiari delle Vittime, Roberto Tincani, Marina Orlandi Biagi, cittadina onoraria di Palagano, Fabio Freud, in rappresentanza dell’Ambasciata di Germian in Italia, oltre ai rappresentanti dell’Anpi provinciale.

“Dedicare ad Aude una piazza proprio in questo luogo consacrato alla memoria è una scelta piena di significato- ha sottolineato Bonaccini– e siamo grati al ministro Guerini di essere qui con noi, in questa giornata così importante per la nostra comunità. Aude ci ha lasciato pochi mesi fa, dopo una vita lunga e intensa, spesa per la libertà, i diritti delle persone e il bene pubblico. Questo spazio che porta il suo nome testimonia l’importanza della memoria e dell’impegno per costruire una società più giusta, inclusiva e solidale, unita nella lotta contro la violenza, il razzismo, l’intolleranza. Nella piena consapevolezza che pace e democrazia non sono mai conquistate una volta per tutte, ma vanno sempre protette e vigilate”.

“Sono molto felice perché, nonostante tutte le difficoltà legate alla pandemia e le regole che riguardano le cerimonie, oggi riusciamo ugualmente a commemorare il 77esimo anniversario della strage di Monchio, che per noi è un momento molto importante- ha affermato il sindaco Braglia-. È l’occasione per inaugurare il secondo stralcio del progetto, con la realizzazione della piazza, della stele e del monumento con le 136 luci, una per ogni vittima della strage di Monchio”.

Dopo la piazza, infatti, è stata la volta dello scoprimento e della benedizione della stele commemorativa realizzata dall’artista Dario Tazioli, con la deposizione della corona d’alloro. A seguire i saluti, gli interventi, e la messa in memoria delle vittime.

Questa sera è inoltre in programma l’accensione, accompagnata da uno storytelling, del nuovo monumento “Luci nel vento”, con le 136 luci montate su aste di carbonio.

 

Il memoriale della Buca di Susano e la strage di Monchio:

“Finalmente una luce si è accesa”: questo il nome del progetto del memoriale della Buca di Susano, ricostruzione fedele del piccolo casolare dove vivevano sei persone: Delia Albicini in Marastoni e i suoi figlioletti di otto e dieci anni, un orfano di circa tre anni e due anziani coniugi. Nessuno di loro scamperà alla furia nazista. Una carneficina nell’ambito della strage di Monchio, nella quale, nel marzo del 1944, furono trucidati complessivamente 136 abitanti della zona, tra Monchio, Susano, Costrignano e Savoniero. Il recupero del casolare della Buca di Susano (che fa parte del primo stralcio dell’intero progetto) è stato finanziato in parte dal ministero per i Beni culturali, in parte dal Governo tedesco nell’ambito del cosiddetto “Fondo per la memoria e il futuro”. Il secondo stralcio (con la piazza, la stele e il monumento “Luci nel vento”) è stato finanziato sempre dal ministero.

 

Aude Pacchioni:

Era la partigiana “Mimma”, ma anche un’amministratrice che ha contribuito a costruire il modello emiliano di welfare.

Modenese, Aude Pacchioni è deceduta lo scorso gennaio, all’età di 94 anni. Dopo aver preso parte attivamente alla Resistenza, è stata prima consigliera comunale e poi assessora, presidente dell’Udi e presidente provinciale dell’Anpi.

Ottimi risultati per il “Vergani” di Ferrara alla finale nazionale del Cooking Quiz Digital.

 

Comunicato stampa Cooking Quiz.

OTTIMI RISULTATI PER IL “VERGANI” DI FERRARA ALLA FINALE NAZIONALE DEL COOKING QUIZ DIGITAL: L’ISTITUTO ALBERGHIERO FERRARESE ALLA RIBALTA NAZIONALE.

Si è conclusa venerdì la FINALE NAZIONALE COOKING QUIZ DIGITAL 2021.

Dopo un tour “digitale” che ha raggiunto 91 Istituti Alberghieri in tutta Italia, coinvolgendo oltre 24.000 studenti, le classi finaliste si sono sfidate in tre eventi suddivisi in base agli indirizzi di studio: “Enogastronomia” per poi passare all’indirizzo “Sala-Vendita” ed infine “Pasticceria”.

Ottimo piazzamento in classifica per l’Istituto Alberghiero di Ferrara l’IPSSAR “O. Vergani” che si è distinto a livello nazionale ottenendo punteggi molto importanti.

I podi della Finale Nazionale:

Campioni d’Italia per l’indirizzo “Enogastronomia” i ragazzi della 4B dell’Istituto Alberghiero “Buontalenti” di Firenze, al 2^ posto l’IIS “Paolo Frisi” di Milano con la classe 4A e medaglia di bronzo all’IIS “Panzini” di Senigallia (AN) con la 4B.

Hanno ottenuto il gradino più alto del podio per “Pasticceria” il “Crocetti-Cerulli” di Giulianova (TE), argento per la 4AP del “Varnelli” di Cingoli (MC) e 3^ posto il “Piazza” di Palermo, classe 4AP.

Per l’indirizzo “Sala-Vendita” oro per i ragazzi dell’IIS “B. Lotti” di Massa Marittima classe 4F, secondo posto per la 4D del “Buontalenti” di Firenze e 3^ posto per il “Prever” di Pinerolo (TO) classe 4D.

Lo staff del Cooking Quiz ha riservato a tutti gli studenti finalisti molte sorprese facendo intervenire, durante gli eventi, chef stellati e personalità di spicco del mondo della Sala e della Pasticceria. Molti di loro hanno posto direttamente le domande ai ragazzi, creando forti ed inaspettate emozioni e facendo salire ancora di più l’adrenalina a tutti gli studenti.

Sono intervenuti lo chef Matteo Berti Direttore Didattico di ALMA, gli chef stellati Antonia Klugmann, Diego Rossi, Philippe Léveillé, il grande maestro pasticcere Ernst Knam, Mariella Organi Maître del ristorante “La Madonnina del Pescatore” e membro del Comitato Scientifico di ALMA ed il famoso maître e sommelier Vincenzo Donatiello. Gli eventi sono stati condotti dal presentatore ufficiale del Cooking Quiz, Alvin Crescini, bravissimo nel mantenere sempre alta l’attenzione dei ragazzi e a trasferire loro tutto l’entusiasmo e tutte le emozioni della gara e della sana competizione.

Un grandissimo successo la 5^ edizione del Cooking Quiz! Un tour iniziato con molte incertezze per via della pandemia, ma che PLAN Edizioni insieme agli esperti formatori di Peaktime, agenzia specializzata in progetti didattici e grazie alla collaborazione di ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, hanno fortemente voluto per dare la possibilità agli studenti, seppur in un momento difficile, di partecipare in modo innovativo, formativo e soprattutto coinvolgente ad una didattica originale, affiancandoli nella loro crescita professionale.

Ottimi i risultati ottenuti dai ragazzi per il focus dedicato alle buone norme di Raccolta Differenziata degli imballaggi in alluminio, plastica, vetro ed acciaio che vengono utilizzati ogni giorno in cucina, grazie alla collaborazione dei Consorzi Nazionali per la Raccolta, il Recupero ed il Riciclo degli Imballaggi, CIAL, COREPLA, COREVE e RICREA.

Cooking Quiz, per il suo valore didattico, formativo ed etico è patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ed è il progetto didattico adottato dalla Rete Nazionale degli Istituti Alberghieri di Italia Re.Na.I.A.

Un grande incoraggiamento ai ragazzi è arrivato anche da parte di tutti i partners del progetto:  cameo Professional, Cial Consorzio Imballaggi Alluminio, CNA Agroalimentare, Coal, Colli Euganei DOCG, CONFCOOPERATIVE FEDAGRIPESCA Piemonte,Consorzio del Prosciutto di Modena, Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP, Cooperlat, Corepla Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, Coreve Consorzio per il Riciclo del vetro, Gest Cooper Società Agricola Cooperativa, Granarolo, Igor Gorgonzola, Italia Zuccheri, Montasio – Consorzio per la Tutela del Formaggio Montasio, Oleificio ZucchiQui da noi Cooperative Agricole, Ricrea Consorzio Nazionale Riciclo e Recupero Imballaggi Acciaio, Salumificio Ciriaci, Unicam. Lo staff del Cooking Quiz ringrazia fortemente tutti i docenti che hanno collaborato alla realizzazione del progetto didattico: ”senza di loro non avremmo potuto raggiungere gli ottimi risultati ottenuti”.

CIA Ferrara: Quale futuro per il riso ferrarese se il problema è politico?

Comunicato stampa CIA – Agricoltori Italiani Ferrara.

I risicoltori di Cia Ferrara lanciano l’allarme: tra difficoltà per l’export, aumento di costi di produzione e normative sempre più restrittive le risaie rischiano di scomparire:

FERRARA, 22 maggio 2021 – Un calo di superfici drastico, che quest’anno vede solamente cinquemila ettari investiti – a fronte degli oltre undicimila di qualche anno fa – e che rischia di scendere ulteriormente l’anno prossimo. I risicoltori ferraresi riuniti nel GIE Cereali di Cia Ferrara, sono chiari: se la situazione rimane questa l’anno prossimo riconvertiamo le risaie e seminiamo soia. Ma quale è questa situazione e perché è diventata ancora più grave? A spiegarlo è Massimo Piva, vicepresidente di Cia Ferrara e capofila dei risicoltori associati.

“Ormai i problemi della nostra risicoltura sono noti e “strutturali: l’assenza di dazi per i principali paesi produttori come Cambogia e Myanmar che condiziona i prezzi di mercato; l’aumento continuo dei costi di produzione, dovuto nel ferrarese alla proliferazione delle nutrie che erodono le sponde delle risaie e si nutrono delle piante; la messa al bando di quelle molecole – anche l’autorizzazione del Cletodim, utile contro il Riso Crodo, rischia di non essere rinnovata –  fondamentali per una difesa efficace. In aggiunta ci sono le misure della Regione per la qualità dell’aria e in particolare il divieto di bruciare le stoppie delle paglie di riso che dovranno, invece, essere interrate, compromettendo la salubrità del sottosuolo e facendo lievitare i costi di produzione per le operazioni di interramento.

Problematiche note alla politica che secondo i risicoltori di Cia Ferrara ha una grande responsabilità nel determinare le sorti della filiera del riso ferrarese.

“Possiamo accettare – continua Piva – che un prodotto agricolo non sia premiato dal mercato e di affrontare i danni provocati da cambiamenti climatici e fitopatologie perché sono i rischi del nostro lavoro. Ma che un’itera coltura sparisca solo per decisioni politiche, non possiamo e vogliamo accettarlo. Sono politiche le dichiarazioni di Draghi che ha definito Erdogan un dittatore, senza considerare che ne avrebbe risentito l’export verso la Turchia dove noi esportiamo il riso Baldo-Cameo, l’unico sbocco rimasto per questa varietà. Frase sulla quale non esprimiamo giudizi, ma che ha provocato un danno oggettivo. Politica è la decisione europea di rimettere per tre anni i dazi per l’export del riso dal Myanmar e poi non sanzionare chi continua a importare senza dazi. Politiche, infine, sono le decisioni prese a tutti i livelli, dall’Europa fino alle amministrazioni locali, che ci tolgono molecole essenziali per la difesa senza dare alternative, ci fanno lavorare bersagliati da una fauna selvatica fuori controllo o attuare pratiche agricole dannose e onerose. A tutti loro – conclude Massimo Piva – voglio dire che se continueranno a “sabotare” la tenuta del sistema agricolo senza tenere conto delle giuste rivendicazioni degli agricoltori, finiranno per dover importare davvero tutti gli alimenti per sopperire al fabbisogno della popolazione, perché le aziende agricole chiuderanno. Un’eventualità che non è, purtroppo, così lontana”.

Consorzio di Bonifica: Un percorso partecipato per lo sviluppo del territorio.

 

Comunicato stampa Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara.

Appuntamento conclusivo del percorso strategico di condivisione degli obiettivi dell’Ente. Il presidente Stefano Calderoni e il direttore Mauro Monti hanno incontrato i rappresentanti politici:

FERRARA, 22 maggio 2021 – L’incontro con i parlamentari ferraresi e i consiglieri regionali, che si è tenuto il 21 maggio a palazzo Naselli‐Crispi, ha chiuso la serie di appuntamenti voluti dal Consorzio di Bonifica di Ferrara per dare vita al “Patto per la difesa idraulica ed idrogeologica del territorio ferrarese”. Un percorso partecipato che ha coinvolto anche tutti i Comuni del territorio, le associazioni di categoria, le organizzazioni professionali e le rappresentanze sindacali con i quali si è parlato di due temi chiave per una nuova “era” del Consorzio: il progetto Idropolis, la città dell’acqua e le linee guida del mandato della nuova amministrazione per i prossimi cinque anni. Presenti all’incontro, oltre al presidente Stefano Calderoni e al direttore generale del Consorzio, Mauro Monti, i consiglieri regionali Marcella Zappaterra, Marco Fabbri e i deputati Maura Tomasi e Vittorio Ferraresi.

“Con i rappresentanti della politica – spiega il presidente Calderoni – ho scelto di “dare i numeri”. In primo luogo quelli di Idropolis, la città dell’acqua, che prevede un investimento di circa 230 milioni di euro per 40 macro‐interventi legati alla sicurezza idraulica e allo sviluppo di infrastrutture più efficienti. Un progetto che potrebbe cambiare il futuro del nostro territorio e che vorremmo candidare al Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Poi i numeri che riguardano la manutenzione e la gestione di 4.200 km di canali e 160 impianti che richiedono un lavoro costante e tempestivo, visto che molti impianti sono datati e il nostro è un ambiente a elevata fragilità. Ai miei interlocutori ho poi spiegato che nelle linee guida di mandato di questa amministrazione c’è un punto essenziale: la mitigazione dei cambiamenti climatici, essenziale non solo per il settore agricolo. Il Consorzio svolge, infatti, una funzione di salvaguardia ecosistemica, grazie a strutture per il sollevamento a terra che impediscano al mare di prendere il sopravvento e facendo un uso sostenibile della risorsa idrica per renderla disponibile nei momenti di necessità.” Il presidente ha concluso l’incontro affermando: “Siamo di fronte a un bivio: o si lavora insieme per proteggere la fragilità del territorio e trasformarlo in una risorsa, anche sviluppando il suo enorme potenziale di turismo ambientale, oppure ci troveremo a lottare separati contro forze, in particolare quelle climatiche, che prenderanno sicuramente il sopravvento.”

Anche il direttore Mauro Monti ha rimarcato la necessità di più risorse destinate a rendere il Consorzio ancora più attivo ed efficiente.
“In passato le Bonifiche sono state etichettate come “enti inutili”, tanto che qualcuno è arrivato a chiederne l’abolizione – spiega il direttore –. Naturalmente non c’è nulla di più falso, ma probabilmente chi vive nelle città non riesce a comprendere pienamente l’impatto della nostra azione per la salvaguardia idrogeologica e i servizi che diamo al settore agricolo. Per questo stiamo facendo, anche con il supporto di ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche Italiane), un lavoro di comunicazione capillare per far comprendere la nostra importanza come enti strategici per lo sviluppo dei territori. Ma – continua Monti – l’utilità del Consorzio può essere garantita pienamente solo se investiamo per rendere più efficienti i nostri impianti. Per questo abbiamo chiesto ai parlamentari presenti oggi di ascoltare e accogliere le nostre istanze, una tra tutte: più risorse per rispondere ai bisogni dei cittadini di vivere in un territorio sicuro e alle richieste delle aziende agricole che fronteggiano ogni giorno i cambiamenti climatici. Più risorse significa migliore gestione delle strutture, risparmio energetico e più tempestività per dare un servizio sempre più di qualità”.

PRESTO DI MATTINA
Pentecoste, la Pasqua delle rose

 

“Una rosa, solo una rosa”: questo chiese Belinda al padre che partiva per un viaggio in pieno inverno, nella fiaba scritta da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont (1711-1780) [Qui] e poi inserita, nella sua versione toscana, da Italo Calvino nella raccolta di fiabe italiane. Anziché un gioiello o una veste splendente, come reclamarono le sorelle, Belinda, la Bella, domandò il folle dono di un’unica rosa, un dono all’apparenza impossibile, fuori tempo, fuori stagione, fuori di questo mondo. Chiese non già qualcosa che la migliorasse dall’esterno, ma un dono per la sua interiorità: un aiuto a vedere in profondità, quello che fa percepire, oltre la facciata, l’intimo di ogni cosa, lo spirito di attenzione: unzione penetrante. Una rosa appunto, una e molteplice, intima e manifesta, una pluralità unita, inscindibile nei suoi petali e nell’unzione del suo profumo, integra nel suo centro che è recondito e dovunque. L’interiorità, come la rosa, è custode del multiforme mistero della gioia, quello che scaturisce dall’esperienza dell’amicizia e della comunione.

Così lo spirito è l’ospite che ci ospita, e l’interiorità è la dimora in cui accade una metamorfosi non diversa da quella che si sviluppa nella fiaba di Belinda. Una metamorfosi dall’insipienza, dall’inconsapevolezza, dall’insensibilità ai sensi spirituali, che diviene passaggio dall’oscurità al chiarore, dalla chiusura all’ospitalità: il riconoscimento e l’accoglienza dell’altro, del quale scoprire, al di là delle apparenze, il dono nascosto. Restituita alla chiaroveggenza dello spirito che svela in profondità il vero, il bene e il bello che apparirà solo alla fine, Belinda esclamerà «non mi sembra più un Mostro e se anche lo fosse lo sposerei lo stesso perché è perfettamente buono e io non potrei amare che lui». È la metamorfosi così giunta a compimento, rotto l’incantesimo che oscurava la visione.

Scrive acutamente Cristina Campo «La metamorfosi del Mostro è in realtà quella di Belinda ed è soltanto ragionevole che a questo punto anche il Mostro diventi Principe. Ragionevole perché non più necessario. Ora che non sono più due occhi di carne a vedere, la leggiadria del Principe è puro soprammercato, è la gioia sovrabbondante promessa a chi ricercò per prima cosa il regno dei cieli. Per condurre a tale trionfo Belinda, il Mostro sfiorò la morte e la disperazione, lavorò con la pervicacia della perfetta follia notte dopo notte, apparendo alla fanciulla reclusa, rassegnata ed impavida nell’ora cerimoniale: l’ora della cena, della musica. Chiuso nell’egida dell’orrore e del ridicolo («oltre che brutto purtroppo sono anche stupido») rischiò l’odio e l’esecrazione di quella che gli era cara: discese agli Inferi e ve la fece discendere. Non meno – e non meno follemente – fa [lo Spirito di] Dio per noi: notte dopo notte, giorno dopo giorno».

Come ogni fiaba ‒ ha osservato Cristina Campo ‒ anche questa «ci narra l’amorosa rieducazione di un’anima affinché dalla vista si sollevi alla percezione, per riconoscere ciò che soltanto merita di essere apprezzato. Percepire è riconoscere ciò che soltanto ha valore, ciò che soltanto esiste veramente. E che altro veramente esiste in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo? L’amicizia del Mostro per Belinda è una lunga, una tenera, una crudelissima lotta contro il terrore, la superstizione, il giudizio secondo la carne, le vane nostalgie», (Imperdonabili, 11-13).

Belinda ‒ ho pensato tra me e me ‒ chiedendo quell’unica rosa, non ha forse domandato la chiaroveggenza, il dono dello Spirito “il dolce ospite dell’interiorità”, “la beatissima, luce che invade nell’intimo”? È così che lo invoca l’inno liturgico nella festa di Pentecoste. Dono dell’attenzione profonda, quella generata dal desiderio dell’incontro con l’altro; dell’intimità aperta, capace di sviluppare l’esercizio della contemplazione senza la quale ‒ direbbe Simone Weil ‒ la bellezza invocata e ricercata non può rinascere. Dono che unisce differenziando, che scruta le profondità dell’umano in cui ospitare l’altro; unzione che fa splendere e porta in piena luce i volti; rugiada che impreziosisce e rinnova la faccia della terra: “Emitte spiritum tuum et creabuntur et renovabis faciem terrae”.

Invocare la venuta dello Spirito è chiedere di poter riconoscere e accogliere uno spirito di sapienza e di intelligenza, di conoscenza e di pietà, uno spirito di tenerezza e di resilienza, spirito fiducioso che crede invincibilmente all’amore e così genera speranza. È domandare di vedere con gli occhi interiori la potenza e la bellezza spirituale della Materia, del bene e del vero imprigionati nella sostanza informe o deforme, inanimata e spenta, per accorgersi dello sprigionarsi in essa del fuoco. È dello spirito sconcertare, scompigliare rimescolare, riplasmare, perché è forza e movimento di trasformazione e trasfigurazione. Egli “irriga ciò che è arido”, “sana ciò che sanguina”, “lava ciò che è sordido”, “piega ciò che è rigido”, “scalda ciò che è gelido”, raddrizza ciò che è sviato”.

«Spirito ardente, Fuoco fondamentale e personale, Termine reale di un’unione mille volte più bella e desiderabile della fusione distruttrice ideata da un qualsiasi panteismo, degnaTi di scendere, ancora questa volta, sulla fragile pellicola di materia nuova in cui oggi si avvolgerà il Mondo, per darle un’interiorità. Ancora una volta, il Fuoco ha compenetrato la Terra. Non è caduto fragorosamente sulle cime, come il fulmine nella sua violenza. Ha forse bisogno di sfondare la porta il Maestro che vuole entrare nella propria casa? Senza scossa, senza tuono, la fiamma ha illuminato tutto dall’interno. Dal cuore dell’atomo più infimo all’energia delle leggi più universali, essa ha invaso, uno dopo l’altro e nel loro insieme, ogni elemento, ogni meccanismo, ogni legame del nostro Cosmo in modo così naturale che questo, potremmo credere, si è spontaneamente incendiato», (Teilhard de Chardin, Inno dell’Universo, Milano Brescia 1992, 11; 13).

Domani è Pentecoste; la beata Pentecoste. Le celebrazioni dell’anno liturgico si sono sviluppate gradualmente secondo le esigenze delle comunità cristiane che all’inizio, la domenica, celebravano il giorno del Signore, la sua Pasqua. La celebrazione annuale della Pasqua era considerata la “grande domenica”, perché si allargava, moltiplicava i giorni come fossero un unico giorno. Essa incluse così i giorni del triduo pasquale e la settimana dell’ottava di Pasqua, per poi allargarsi in una cinquantina di giorni fino al culmine della Pentecoste: la grande domenica del Cristo risorto asceso al cielo e datore con il Padre dello Spirito. Da questa “domenica distesa” inizia il «giorno nuovo», che i Padri della Chiesa han chiamato «l’ottavo giorno» perché in esso confluiscono e trovano compimento i sette giorni della creazione e tutti i giorni del mondo a venire.

Come ricorda Alfredo Cattabiani in due suoi testi (Calendario, Milano 1993; Florario, Milano 1997) Pentecoste è chiamata anche “Pasqua delle rose”. Per questo, volendosi rappresentare visivamente la discesa dell’unico Spirito in multiformi fiammelle sui discepoli radunati con Maria nel cenacolo, in molte chiese durante la messa di Pentecoste si facevano piovere rose, fiori e talora addirittura batuffoli di stoppa accesa dal soffitto al canto della sequenza Veni, Sancte Spíritus,  emítte cǽlitus lucis tuæ rádium. Così le rose diventavano raggi di luce, simboli della discesa dello Spirito che, come narra l’evangelista Luca, quel giorno si manifestò sui discepoli come lingue di fuoco che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro: tanto che, pieni di Spirito santo, essi cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Doveva essere uno spettacolo unico la Pentecoste celebrata nel Pantheon a Roma nel rione Pigna durante il medioevo. Costruito come tempio dedicato a tutte le divinità pagane dell’impero, fu trasformato in chiesa cristiana con il titolo di Sancta Maria ad Martyres. Mentre il papa benediceva la gente raccolta in preghiera, dal lucernario della cupola cadevano sui fedeli una pioggia scrosciante di petali di rose.

La rosa è classificata da Cattabiani tra i “fiori dell’assoluto”: tant’è che insieme al fuoco ben si presta a simboleggiare lo spirito e la sua audacia che spera contro ogni speranza. Non diversamente dal fuoco infatti, sensibile a ogni cosa, anche lo Spirito tutto attraversa senza mescolarvisi, tutto abbraccia senza che nulla lo possa comprendere. Ma non meno pregnante è l’analogia dello Spirito con la rosa, in cui tutto converge verso il centro, un’unità che, a sua volta, si irradia ed è irradiante di una pluralità differenziata e multiforme, delicata, odorosa, dipinta nei suoi petali che sprigionano, affrettandosi lentamente, da essa come ad intenerire perfino le spine dello stelo che la sorregge.

Lo Spirito a Pentecoste è audace, coraggioso, osa l’impossibile, ardisce là dove tutto sembra perduto. Si spinge fin dentro la morte di acque putride; riapre i giochi e le sorti che erano stati decretati chiusi con sentenza definitiva: quale illusione, mi viene da pensare al cartiglio (il titulus crucis) fatto scrivere in più lingue da Ponzio Pilato e appuntato alla sommità della croce.

Non viene meno lo Spirito alla sua missione, quella di inoltrarsi intrepido e consegnarsi all’oscurità muta e ambigua dell’Avvenire, penetrando in esso «con olio di letizia invece che con l’abito del lutto, con un canto di lode al posto di un lamento» (Is 61, 1-9). Non indietreggia in questo esodo cosmico. Precorritore e ‘cursore’ nell’infinitamente piccolo, ‘vettore’ nell’infinitamente grande, ‘errante’ nell’infinitamente complesso. Egli avanza, indicando sempre la posizione di inserimento o quella del raccordo, il punto di incontro, l’arrivo e la partenza, l’orientamento e le prospettive che si irradiano da essi. Questo lo fa e rifà anche con noi, come un vasaio al tornio che non getta l’argilla deformata, ma la riplasma sempre di nuovo, con la stessa determinazione ardente con cui spinse Mosè ed il popolo ad attraversare il Mare Rosso e ad abitare per quarant’anni il deserto prima di approdare alla terra promessa; con la stessa risolutezza con cui spinse Gesù nel deserto per poi discendere su di lui come dono di consolazione, di liberazione, di perdono, di gioia trasformandolo nel Vangelo del Regno, buona notizia per le genti.

E così, è ancora lui che genera l’audacia della nostra fede, di quella fede che opera come libertà che si affida, resa capace di praticare l’abisso dell’alterità per scoprivi anche Dio: «Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede», (1Gv 4,20). Scrive ancora quel “pellegrino dell’Assoluto” che fu Teilhard de Chardin: «La Fede cristiana vi sembra lavorare nell’irreale, costruire nelle nubi? È perché, precisamente, non avete tentato di ‘lanciarvi’, sorretti da essa, nello spazio in cui, sola, essa vi permette di ‘vedere avanzando’. Il legame misterioso che correla, nella nostra anima, le facoltà di vedere e di agire, è questo: la realtà si rivela solo a coloro che sono abbastanza audaci per ‘deciderla vera’ e mettersi a edificarla in se stessi. Il Cristo ‘si sperimenta’ come tutti gli altri oggetti con l’operazione della Fede, è il Cristo stesso che appare, che nasce, senza nulla violare, nel cuore del Mondo… Ma ripetiamolo ancora una volta: “In verità, in verità vi dico, soltanto gli audaci accedono al Regno di Dio nascosto, sin d’ora, nel cuore del Mondo. Colui che, senza porre la mano all’aratro, penserà di averle intese, è un illuso. Bisogna tentare. Di fronte all’incertezza concreta del domani, bisogna esserSI abbandonati alla Provvidenza. Nella penombra della Morte, bisogna essersi costretti a non volgere gli occhi verso il Passato, ma a cercare, in piene tenebre, l’aurora di Dio: “più ci sentiamo affondare nell’Avvenire infido e oscuro, e più penetriamo in Dio, (La fede che opera, in La vita Cosmica, Milano, 423; 425).

Domani quando pregherò con le parole del nuovo messale sul pane e sul vino dicendo «Padre santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito» cercherò di ricordare questo frammento poetico di Th. S. Eliot: «E tutto sarà bene, e/ tutte le cose saranno compiute./ Quando le lingue di fiamma si avvolgeranno/ nel coronato sviluppo di fuoco/ E il fuoco e le rose saranno uno», (Quattro Quartetti, Book ed. Ferrara 2002, 76).

 

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