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Giorno: 7 Giugno 2021

8 giugno, conferenza online Slow Fish:
nvertiamo la rotta, il futuro degli oceani è in pericolo.

 

da Ufficio Stampa Slow Fish

invertiamo la rotta: gli oceani non sono un ecosistema infinito, vanno gestiti in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale

Invito alla conferenza internazionale Il futuro degli oceani

Martedì 8 giugno alle 11

Gratuita previa registrazione, necessaria per assistere al webinar usufruendo del servizio di interpretariato

Slow Fish celebra la Giornata mondiale degli oceani e il Decennio del mare delle Nazioni Unite con la prima delle conferenze internazionali in programma in questa edizione 2021: s’intitola Il futuro degli oceani, è in programma martedì 8 giugno alle 11 e vedrà quattro membri dell’advisory board di Slow Fish confrontarsi sulle principali tendenze che riguardano la biodiversità sommersa e le questioni chiave per invertirle.

Secondo l’ultimo rapporto della FAO sullo “Stato della Pesca e dell’Acquacoltura Mondiale”, nel 2030 la produzione ittica totale è destinata ad arrivare a 204 milioni di tonnellate con un incremento del 15% rispetto al 2018. Il consumo globale di pesce per scopi alimentari è aumentato con un tasso medio annuo del 3,1% dal 1961 al 2017, una percentuale quasi doppia rispetto a quella della crescita della popolazione mondiale (1,6%) per lo stesso periodo, e superiore a quello del consumo di tutti gli altri alimenti proteici di origine animale (carne, latticini, latte, ecc.), che è aumentato del 2,1%. Sempre a livello globale i mari in cui si pesca di più sono Mediterraneo e Mar Nero, con il 62,5% di stock sovrasfruttati, il Pacifico sudorientale con il 54,5% e l’Atlantico sudoccidentale con il 53,3%.

Slow Food vuole porre l’accento su questi processi che stanno portando velocemente a un impoverimento dei nostri mari. La perdita di biodiversità non è solo un problema ambientale. A livello globale, infatti, più di una persona su dieci dipende dalla pesca per guadagnarsi da vivere e nutrire le proprie famiglie. Le persone impiegate nel settore primario della pesca e dell’acquacoltura sono 59,5 milioni, il 14% delle quali sono donne.

Per questo motivo, secondo Slow Food, è importante invertire la rotta finché si è in tempo e pensare agli ecosistemi marini non come un contenitore di risorse infinite, ma come un sistema complesso da studiare, salvaguardare e gestire in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il mare, quindi, inteso come bene comune dove i pescatori, soprattutto quelli della piccola pesca artigianale, devono essere maggiormente coinvolti nella pianificazione degli strumenti di gestione della pesca e della costa.

Alla conferenza intervengono:

  • Didier Ranc, Francia: pescatore in pensione, coordina il Presidio della prud’homie del Mediterraneo ed è presidente dell’organizzazione di pescatori di piccola scala Union Intersyndacale
  • Antonio Garcia-Allut, Spagna: ha un dottorato in antropologia sociale, è professore associato presso l’Università di La Coruña, e detiene una cattedra Unesco in sviluppo costiero sostenibile presso l’Università di Vigo. Nel 2003 ha creato la Fondazione Lonxanet per la pesca sostenibile, una non profit per la difesa dei pescatori artigianali
  • Yassine Skandrine, Tunisia: docente e ricercatore presso l’Istituto superiore di pesca e acquacoltura di Bizerte. È stato coordinatore e consulente di diversi studi, progetti e organizzatore di seminari e workshop a livello nazionale, maghrebino, mediterraneo e africano nel campo della pesca artigianale.
  • Marco Dadamo, Italia: collabora con numerosi parchi naturali e istituti di ricerca realizzando interventi concreti finalizzati alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità, in ambiente sia marino sia terrestre, sviluppando modelli di cogestione della fascia costiera. Insieme ai pescatori di Ugento e in collaborazione con le amministrazioni locali ha creato la prima Oasi Blu della Regione Puglia.

Modera:

  • Paula Barbeito, coordinatrice della campagna Slow Fish

La conferenza è gratuita previa registrazione, necessaria per assistere al webinar usufruendo del servizio di interpretariato.

Nota:
Slow Fish, la manifestazione biennale dedicata al mare e a tutti i suoi abitanti, ci aspetta anche in questo 2021 con un mese di appuntamenti digitali e iniziative diffuse su tutto il territorio ligure a partire dal 3 giugno, e con quattro giorni da vivere in presenza e in sicurezza nel centro storico di Genova dall’1 al 4 luglio. Giunta al traguardo della decima edizione, Slow Fish 2021 è stata fortemente voluta dagli organizzatori, Slow Food e Regione Liguria, e da tutti i partner istituzionali – Ministero della Transizione Ecologica, Comune di Genova e Camera di Commercio di Genova in primis – e privati – BBBell, FPT Industrial, Pastificio Di Martino, QBA, Reale Mutua e UniCredit – che hanno scommesso su una delle primissime manifestazioni in presenza a livello nazionale.

Città adriatiche all’avanguardia contro gli impatti dei cambiamenti climatici

Lanciata la piattaforma multilingue per l’adattamento ai cambiamenti climatici dell’area adriatica, che offre agli amministratori soluzioni per affrontare gli impatti attesi per l’area. Emilia Romagna e Friuli-Venezia Giulia in prima linea: l’Unione dei Comuni della Valle del Savio e le città di Cervia e di Udine si preparano con piani di adattamento ad affrontare inondazioni costiere e fluviali, erosione delle coste, subsidenza, salinizzazione delle falde acquifere, siccità e ondate di calore. L’8 giugno la conferenza “Knowledge for Local Resilience – Conoscenza per la resilienza locale” del progetto italo-croato Adriadapt, coordinato dalla Fondazione CMCC.

30 mesi di lavoro, 11 organizzazioni, 5 autorità locali, 2 Paesi, una sfida. Quella di sostenere le città dell’area adriatica nel prepararsi ai cambiamenti climatici, di aumentare la resilienza della regione agli impatti attesi nei prossimi decenni. Con la conferenza pubblica Knowledge for Local Resilience – Conoscenza per la resilienza locale si conclude l’8 giugno 2021 il progetto biennale Interreg Italia-Croazia Adriadapt, frutto della collaborazione tra enti di ricerca e istituzioni italiane e croate coordinate dalla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

Due i principali frutti del progetto. Il primo comprende lo sviluppo e l’aggiornamento di piani di adattamento ai cambiamenti climatici da parte degli enti locali coinvolti – l’Unione dei Comuni della Valle del Savio, le città di Udine e di Cervia, in Italia; la contea di Šibenik-Knin e la città di Vodice, in Croazia – che si posizionano così come città e regioni all’avanguardia nel panorama europeo. Il secondo è una piattaforma web multilingua, strumento di supporto d’ora in poi a disposizione di ogni municipalità dell’area adriatica che voglia allinearsi con gli obiettivi posti dalla nuova Strategia Europea di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, che chiede l’adozione di strategie di adattamento ad ogni livello geografico, basate sulle evidenze scientifiche più aggiornate.

Gli scenari climatici per la regione adriatica

Gli impatti attesi dei cambiamenti climatici nelle aree costiere adriatiche includono eventi meteorologici sempre più estremi, l’innalzamento del livello del mare che potrà minare la disponibilità di acqua dolce a causa della salinizzazione delle falde acquifere, l’aumentare di incendi legati alla siccità e alle ondate di calore. Le città costiere della zona, luoghi in cui si concentrano attività culturali, sociali, ricreative, turistiche ed economiche, devono prepararsi a inondazioni costiere e fluviali, all’erosione costiera e alla subsidenza per gestire e limitare tali impatti, che peseranno sulla popolazione, sulle città, sulle infrastrutture e sulle economie locali.

Spesso le amministrazioni locali non possiedono le competenze per agire concretamente, o non sanno accedere alla conoscenza disponibile sul tema. E’ per questo che il progetto Adriadapt ha messo in rete partner scientifici e amministrazioni locali, creando un modello di sostegno per città e regioni nella pianificazione di strategie di adattamento valide e sostenibili basate sui risultati della ricerca scientifica.

“Molta della conoscenza disponibile ad oggi è focalizzata sul Nord Europa, e difficilmente applicabile ai bisogni del Mediterraneo” spiega Margaretha Breil, scienziata della Fondazione CMCC e coordinatrice del progetto. “Per guidare le città della costa adriatica in azioni mirate e misurate sulle effettive necessità locali, il progetto ha prodotto scenari climatici dettagliati e di alta risoluzione che descrivono il clima atteso nella regione per i prossimi decenni e fino a fine secolo, e fornito singoli indicatori climatici per ogni singola area coinvolta”. Gli scenari sono stati sviluppati dal CMCC assieme ad ARPAE (Agenzia Regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia dell´Emilia-Romagna), all’Istituto Meteorologico croato (Croatian Meteorological and Hydrological Service (DHMZ)) e all’Università IUAV di Venezia, occupatasi nello specifico delle analisi di vulnerabilità. Il lavoro svolto dai partner tecnici ha permesso di fornire indicazioni dettagliate per la stesura dei piani locali.

“Adriadapt è stato un bellissimo lavoro d’insieme grazie al partenariato che lo ha condotto, una stretta collaborazione tra partner scientifici e partner locali italiani e croati con l’intento comune di fornire alle città dell’area adriatica conoscenze e strumenti per adattarsi ai cambiamenti climatici”, afferma Breil. “I partner scientifici hanno lavorato a stretto contatto con i partner locali –  tecnici, responsabili politici, pianificatori –  per rispondere alle esigenze concrete degli utilizzatori finali della conoscenza prodotta nei centri di ricerca. Abbiamo lavorato il più possibile nelle lingue locali, testando questa conoscenza insieme ai nostri partner locali nella costruzione dei loro piani”.

I piani di adattamento locali

Sono cinque i casi studio di successo che emergono dal lavoro svolto.

L’Unione dei Comuni Valle del Savio comprende sei municipalità della regione Emilia Romagna, in un’area dall’alto valore naturalistico attraversata dal fiume Savio che connette l’intero territorio alla costa, vulnerabile ai cambiamenti climatici specialmente per l’instabilità idrogeologica legata all’aumento delle precipitazioni estreme. “Grazie al progetto Adriadapt e allo scambio con i partner, l’Unione Valle del Savio ha potuto sperimentare un nuovo modello di governance territoriale per affrontare soprattutto il tema del cambiamento climatico non più come una sfida o un problema ma come un’opportunità importante di sviluppo territoriale” ha affermato Roberto Zoffoli, responsabile del servizio pianificazione strategica, progetti  integrati comunali, nazionali ed europei del comune di Cesena. “L’output finale è stata la definizione e approvazione del PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima) che guarda a tutto il 2030 con una serie di azioni strategiche per la transizione energetica e l’adattamento. Le applicazioni concrete sul territorio proseguiranno anche dopo la fine di Adriadapt e hanno riguardato in particolare lo sviluppo di azioni per contrastare il fenomeno di dissesto idrogeologico, dunque strategie per la gestione forestale e agricola del territorio montano e azioni di greening, unitamente alla creazione di boschi urbani per valorizzare i corridoi ecologici sia nel comparto di Cesena che lungo tutto il territorio della vallata del Savio. Questo per combattere le ondate di calore e migliorare la qualità di vita dei cittadini”.

Le principali vulnerabilità della città di Cervia sono state individuate nelle crescenti ondate di calore urbano, destinate a influenzare negativamente il settore balneare – che nella stagione estiva ospita fino a 3 milioni di villeggianti -, nell’innalzamento del livello del mare e nell’intrusione salina. “Il progetto Adriadapt è stato per il comune di Cervia un’eccezionale opportunità per approfondire le tematiche legate alla vulnerabilità del territorio rispetto ai cambiamenti climatici” ha affermato Daniele Capitani, responsabile del settore programmazione e gestione del territorio della municipalità di Cervia“Per noi questo progetto significherà aggiornare il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima, asse portante della pianificazione strategico-strutturale dell’ente, che se ne è dotato già nel 2017-2018 insieme ad un Piano Urbanistico Generale, adeguandosi a tutte quelle normative e sensibilità che mettono l’ambiente al primo posto rispetto allo sviluppo del territorio”.

“Anche il comune di Udine ha aderito a questa sfida concentrandosi in particolare su due studi: quello delle rogge, quindi dello stato conservativo della nostra risorsa idrica, e lo studio sulle aree allagabili della città, soggette a fenomeni temporaleschi che come ben sappiamo sono sempre più intensi e meno durevoli” afferma Giulia Manzan, assessore alla pianificazione territoriale, progetti europei e partecipazione del comune di Udine. “Il comune di Udine si è concentrato sul Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima attraverso una piattaforma multimediale a cui tutti i cittadini potranno contribuire. Intende infatti continuare a perseguire gli obiettivi del progetto Adriadapt e coinvolgere sempre di più i territori, in particolare i comuni limitrofi, gli stakeholders, i cittadini e raccogliere maggiori informazioni su questo tema così attuale”.

Nel caso di Vodice, città turistica di 10.000 abitanti sulla costa croata, le isole di calore urbano e le inondazioni sono state individuate come principali vulnerabilità, per affrontare le quali il piano predisposto prevede azioni legate rispettivamente all’integrazione di spazi verdi multifunzionali nell’area urbana e tecnologie per la gestione delle inondazioni.

La contea di Šibenik-Knin comprende 5 città e 15 municipalità. La vulnerabilità della regione è stata individuata nella concentrazione di attività e patrimonio culturale lungo la costa, e nell’interdipendenza tra l’ambiente costiero sempre più urbanizzato e quello marino: fenomeni di dilavamento causati da precipitazioni intense e inondazioni costiere da mareggiate rappresentano evidenti rischi per l’area urbana, ma possono anche contaminare il mare, impattando negativamente non solo sugli ecosistemi marini, ma di conseguenza anche sui settori del turismo e della pesca. Il piano di adattamento della regione, completato nel 2015 e vincitore, nel 2019, del Mediterranean Climate Change Adaptation Award, è stato aggiornato nel corso del progetto grazie ad un’analisi dello stato delle infrastrutture costiere per migliorare la gestione del rischio.

La nuova piattaforma AdriAdapt

Ad affiancare il successo dei casi studio locali, tra i principali risultati del progetto vi è la piattaforma di adattamento italo-croata AdriAdapt, uno strumento di supporto alle municipalità di entrambi i paesi nello sviluppo di piani di adattamento o nell’avanzamento del loro attuale lavoro sull’adattamento ai cambiamenti climatici. Sviluppata in tre lingue – inglese, italiano, croato – AdriAdapt è una piattaforma per l’adattamento specifica per l’area adriatica, che offre soluzioni per affrontare gli impatti attesi per questa zona, proponendosi come strumento di guida per la pianificazione e l’implementazione di piani di resilienza e adattamento. Nel navigare la piattaforma, gli amministratori e pianificatori locali dell’area costiera adriatica potranno conoscere le sfide e gli impatti attesi per la loro zona, esplorare casi studio e buone pratiche da usare come esempi per rispondere a queste sfide, individuare tecnologie e strategie concretamente applicabili e replicabili e trovare linee guida per gestire i processi che portano alla stesura e all’implementazione di piani di adattamento. La piattaforma è stata progettata da DOOR –  responsabile delle attività di comunicazione del progetto – e sviluppata da PAP/RAC (Priority Actions Programme/Regional Activity Centre), che l’ha popolata di contenuti.

L’eredità del progetto

Alla conferenza finale di Adriadapt si discuterà di come garantire che la conoscenza prodotta possa alimentare un miglioramento continuo e duraturo in termini di resilienza delle città adriatiche ai cambiamenti climatici. Afferma Breil: “I dati climatici prodotti rappresentano un’importante base per creare le condizioni affinché nuove città possano lavorare al proprio piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Accanto alla piattaforma multilingua, che resterà a disposizione nel tempo, vorremmo che si definissero delle strutture permanenti di supporto per i comuni nella progettazione dei piani di adattamento. Le autorità croate ci stanno già pensando, ci auguriamo che anche in Italia questa tendenza prenda piede”.

7 giugno 2021: Erdogan bombarda i curdi

Pubblichiamo questo breve articolo appena inviatoci da Hazal Koyuncer, rappresentante della comunità curda di Milano, che denuncia la ripresa dell’aggressione armata dell’esercito turco contro le libere comunità curde. Nei prossimi giorni, affrontando i gravi rischi che è possibile immaginare, Hazal Koyuncer si recherà nelle zone di guerra insieme ad un gruppo di osservatori internazionali. Come Ferraraitalia cercheremo di mantenere i contatti con lei, informando i nostri lettori e sostenendo la resistenza del popolo curdo.
[Francesco Monini]
di Shorsh Surme
Kurdistan, 7 giugno 2021 – Mentre la comunità internazionale celebra la giornata dell’Ambiente, l’esercito turco continua a tagliare gli alberi e distruggere i boschi nel Kurdistan dell’Iraq, nel silenzio totale dei media.
Con questo comportamento la Turchia del “sultano – presidente” Recep Tayyp Erdogan ha violato per l’ennesima volta il diritto internazionale oltrepassando i confini della Regione Federale del Kurdistan Iracheno.
La cosa più grave è che l’esercito turco ha costruito delle fortezze sulle montagne nella provincia di Dohuk e nella zona di Barzan, nella provincia di Erbil: il governo di Ankara vorrebbe creare un’altra Cipro, ed ormai occupa da anni molti villaggi curdi sono stati evacuati e la popolazione costretta a lasciare le loro case.
Proprio oggi tre persone hanno perso la vita a causa di un attacco aereo turco vicino al campo di Makhmour, ed infatti mercoledì scorso Erdogan aveva dichiarato alla TRT statale che il prossimo obiettivo dopo Qandil è Makhmour.
Il campo di Makhmour ospita più di 12mila rifugiati curdi fuggiti dalla persecuzione dello stato turco, principalmente negli anni ’90. Si trova in aree contese tra Erbil e Baghdad. Il piano di Erdogan è molto chiaro, e cioè di occupare la città curda di Kirkuk, ricca di giacimenti di petrolio. Così facendo realizzerebbe il suo sogno di ricostruire una sorta di Impero Ottomano.

La deriva dei cattolici americani:
l’ultimo libro di Massimo Faggioli presentato all’Ariostea

 

massimo faggioli  Joe Biden e il cattolicesimo negli Stati Uniti è il titolo dell’ultimo libro scritto da Massimo Faggioli (2021), presentato in Biblioteca Ariostea lo scorso 28 maggio su iniziativa dell’ Istituto Gramsci e di Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara.
Un libro pensato e scritto per il pubblico italiano – ha detto l’autore – ma che nel frattempo ha avuto richieste in corso di traduzione in inglese e francese.
Nella riflessione dello studioso ferrarese che insegna alla Villanova University negli Usa (Philadelphia), si intersecano diversi piani di analisi: Biden, cattolicesimo e Chiesa statunitensi; Biden-papa Francesco e Vaticano; e infine papa-Santa sede e cattolicesimo-Chiesa Usa.
Temi fortemente intrecciati, ma che vanno anche presi singolarmente perché ciascuno rappresenta una variabile sulla complicata scacchiera del mondo cattolico oltreoceano, per il quale è difficile fare previsioni sulle mosse future e sui relativi esiti.
Il motivo per il quale è utile mettere a fuoco la scena cattolica statunitense è perché si tratta della Chiesa più grande e influente e destinata, quindi, ad avere un ruolo ancora trainante su scala globale.

Le elezioni presidenziali del novembre 2020 hanno visto prevalere il candidato democratico Joe Biden, secondo presidente cattolico dopo John Kennedy, sul repubblicano Donald Trump. Per tanti aspetti non è stata una tornata elettorale qualunque. A cominciare dal fatto che Trump fino all’ultimo ha cercato di contestare l’esito del voto, affermando ripetutamente che l’elezione era stata rubata dai democratici.
Una tensione crescente, culminata il 6 gennaio con la protesta inscenata dai sostenitori del presidente uscente a Washington, dove nel palazzo del Campidoglio era prevista una seduta congiunta di Camera e Senato per ratificare l’elezione di Joe Biden.
Il bilancio di cinque morti e centoquaranta feriti la dice lunga se sia stata una farsa o qualcosa di molto peggio. Ne parla diffusamente il direttore de Il Mulino. Mario Ricciardi, nell’ultimo numero del trimestrale da lui diretto (1/2021), il cui titolo, Guarire le nostre democrazie, ha tutta l’aria di essere un autorevole e inquietante campanello d’allarme.

Ma è sulle caratteristiche del voto cattolico che si concentra l’attenzione di Massimo Faggioli.
Un voto spaccato in due – fra democratici e repubblicani – indice di una radicalizzazione che è in primo luogo culturale e teologica.
Una polarizzazione tra posizioni, la cui sponda Trump ha ripetutamente cercato e alimentato per alzare il livello di scontro, a sua volta funzionale alla sua azione politica.
La narrazione del complottismo e del cospirazionismo ha contribuito a dare un volto ai nemici del popolo americano e, allo stesso tempo, a rafforzare il programma di America first. Una sorta di reazione alla fine del secolo americano, facendo leva sull’orgoglio nazionalista, suprematista e nativista e sul mito di una nazione la cui missione globale è intimamente sentita come iscritta nel piano divino.
Così The Donald è stato visto come il nuovo Costantino, o Ciro di Persia che permise il ritorno del popolo ebraico nella terra promessa.
Un disegno in cui motivi politici (con forti tinte illiberali) e religiosi si cercano e si alimentano a vicenda in un tempo scosso dalle paure, nel quale schiere consistenti di consenso – specie le più fragili e indebolite – trovano rifugio nella nostalgica e securitaria riproposizione di un prestigio minacciato dal complotto di un presente e futuro ricchi d’incognite.

Un celebre saggio de La Civiltà Cattolica (14/2017) puntò il dito sull’ “ecumenismo”, inteso come congiunzione tra fondamentalismo evangelicale e tradizionalismo cattolico.
Se, come dice Faggioli, quel disegno può dirsi fallito su scala globale (l’attivismo in terreno europeo dell’ex capo della strategia della Casa Bianca, Steve Bannon), con la vittoria del cattolico Biden l’analogo tentativo può dirsi stoppato sulla scena statunitense, ma non definitivamente sconfitto.
I motivi sono profondi e fanno leva su un lungo tragitto teologico e pastorale interno alla Chiesa Cattolica, in un arco di tempo che percorre i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (1978-2013).
Le nomine dei vescovi, molti dei quali ancora al loro posto, e la prolungata insistenza di un magistero sui temi etici e sulle questioni pro-life (aborto, principi non negoziabili, omosessualità), hanno di fatto favorito il transito di Chiesa e cattolicesimo statunitensi da posizioni conservatrici verso un vero e proprio tradizionalismo. Il risultato è la radicalizzazione di uno scontro che progressivamente toglie spazio all’area più dialogante, statisticamente sempre più occupato da chi cerca di proposito gli spigoli e gli argomenti della sfida.

Parte significativa di vescovi e clero – sulla scorta delle culture wars e delle wafer wars (ossia la negazione dell’ostia eucaristica ai democratici Kerry e Biden per le loro posizioni sull’aborto) – se da un lato non hanno nascosto le loro simpatie per Trump, sul versante ecclesiale da tempo manifestano apertamente la loro irritazione verso l’attuale pontefice, che di fronte all’urgenza dei tempi si presenta con le armi spuntate della misericordia, del dialogo e della tenerezza.
Questa contrapposizione tra due opposti, afferma Faggioli, “è entrata nell’anima del cattolicesimo Usa”, al punto che sono usate con frequenza espressioni come “scisma morbido” e “nuova vandea”.
E così, in terreno religioso il partito di Dio resta quello repubblicano, mentre in quello specifico cattolico si rafforzano le posizioni che, in nome della Tradizione, arrivano a mettere in discussione persino la legittimità di papa Francesco (l’accusa di sedevacantismo), per un successore di Pietro che finisce per mettere in discussione l’identità cattolica. Un pontificato, quello dell’argentino Bergoglio, colpevole di decentrare l’asse geopolitico e pastorale della Chiesa dall’anglosfera e dall’Occidente, verso le periferie del mondo. Il tutto sulla lunghezza d’onda del concilio Vaticano II, parimenti messo sul banco degli imputati dal fronte tradizionalista, che per la prima volta arriva a contestarne non solo interpretazioni e aperture, ma gli stessi documenti.
Nella tregua rappresentata dalla vittoria del settantottenne Biden (l’ultimo dei cattolici adulti, lo definisce Faggioli) rispetto al clima da culture wars, è però ancora difficile dire cosa ci si può aspettare nel rapporto con papa Francesco.
Se per un verso la Casa Bianca potrà trarre ragionevole vantaggio da un raffreddamento della temperatura sulle questioni etico-sessuali sulla sponda vaticana, su questo stesso fronte papa Francesco dovrà continuare a usare la massima prudenza per salvaguardare gli equilibri interni ecclesiali sempre più delicati.
D’altro canto, permangono non pochi punti di incertezza nel rapporto Chiesa di Roma-Biden sul versante del magistero sociale (le encicliche Laudato sì e Fratelli tutti), se si considera che papa Francesco sta mettendo nel mirino nella sua essenza un modello di sviluppo (per sette volte definito irresponsabile nella Laudato sì), che tuttora rappresenta il principio organizzativo del modello geopolitico americano per antonomasia di libertà, ricchezza, sviluppo e benessere.

DA PAVIA A VENEZIA SUL FIUME PO
reportage della gara motonautica più lunga al mondo

 

Quest’anno, dopo 10 anni di assenza, abbiamo potuto assistere al passaggio sul Po della prestigiosa gara di motonautica, Raid Pavia Venezia.
Dalle prime edizioni degli anni ’20, è la gara di motonautica più lunga al mondo per quanto riguarda le acque interne400 chilometri sul Fiume Po da Pavia a Venezia. Personalmente la definirei la mille miglia fluviale, per le bellissime e storiche barche che partecipano in questa rinata edizione.
Organizzata dall’Associazione Motonautica Pavia e Associazione Motonautica Venezia, la Pavia Venezia nella sua 69° edizione ha raggruppato diversi settori e categorie di imbarcazioni comprese le imbarcazioni storiche, moto d’acqua e da diporto, offshore e tante altre categorie di barche.

Le imbarcazioni si sono confrontate da Pavia a Brondolo di Chioggia e arrivo a Venezia in un percorso di oltre 400 km. Abbiamo visto sfrecciare a velocità anche superiori ai 200 km orari, oltre 60 equipaggi. tra cui nomi noti e campioni di fama internazionale della motonautica Italiana come Maurizio Bullieri, 8 volte campione Italiano, campione Europeo endurance, e Campione mondiale Powerboat P1 nel 2005, e ancora, il campione Guido Cappellini con alle spalle diverse vittorie e 10 titoli mondiali in F1 da Pilota. Il Campione mondiale Endurance in carica, Tullio Abbate Jr con diversi titoli e vittorie ottenute in gara. Lo abbiamo visto in questa edizione, in coppia con  con il Conte Marco Massazza D’Aresi  a bordo della Sea Star uno tra i primi scafi in vetroresina costruiti dal padre Tullio Abbate, una barca che fu costruita nel 1969 per Sir Jackie Stuard.
Nella categoria moto d’acqua, Michele Cadei 6 volte campione Italiano. E ancora il Pilota Inglese Drew Langdon, tra i molteplici titoli e vittorie lo ricordiamo in 5 volte campione del mondo.
E da non dimenticare un veterano ferrarese della Pavia-Venezia Alessandro Andreotti e da quest’anno al suo fianco l’argentano David Maiani, della Società Canottieri Ferrara.
La premiazione è avvenuta all’Arsenale di Venezia
Per i dati tecnici riportati, ringrazio gli amministratori del gruppo FB Raid Pavia Venezia [Vedi qui] 


La foto in copertina e quelle del reportage che illustrano il testo, sono state scattate durante la manifestazione da Valerio Pazzi e ritraggono alcuni momenti del passaggio delle imbarcazione sul Po in località tra Stellata di Ferrara e Ficarolo di Rovigo.
(clicca su ogni foto per ingrandirla)

Il suggeritore automatico della pianola

Come se il mondo non avesse già abbastanza problemi: ce ne voleva giusto un altro, il giochetto virale sui social del maledetto [suggeritore automatico della tastiera].
Imperversa ormai da settimane, ha radici ancora più antiche e – proprio per restare in tema di radici – mette a rischio quelle dei denti di tutti perché a leggere le robe che scrive chi lo pratica si rischia veramente la carie.
Non nominerò il tipo che se l’è inventato, giusto per non fargli un favore perché è evidente, siamo di fronte a una cosa mefistofelica come lo fu quel film francese del piffero con protagonista quella ragazza con la frangia.
L’ennesima badilata di buoni sentimenti da discount rovesciata dentro a una betoniera regolata a velocità di crociera. A quel punto la badilata la chiedo io sulla fronte e per pietà ma va bene anche sui denti, preferisco perderli direttamente così.
Alternativamente si potrebbe aumentare la velocità della betoniera così da poter rovesciare quella fuffa direttamente in faccia a chi ha il coraggio di scaraventarla su internet a gente indifesa e ignara di quest’ennesima minaccia alla propria salute mentale.

Spero che questo giochetto venga presto soppiantato da un nuovo trend, uno a caso, va bene tutto perché inizio a sentire male al fegato per colpa di ‘sta roba.
Qualcuno potrebbe dire che potrei evitare di bazzicare i social ma: per un motivo o per l’altro – £$€ – sono costretto a farlo.
Ad ogni modo avevo anche fatto in modo da evitare cose del genere lavorando su un complicato sistema di protezioni da fenomeni del genere ma niente, c’è sempre una falla nel sistema e c’è sempre qualche contatto che casca in ‘sta roba, un po’ come succedeva a certi amici un tempo con altre cose orribili.
Intendo cose come: le canzoni di Calcutta qualche anno fa o il disco di Iosonouncane che attualmente tanto sta facendo sognare grandi e piccini.
Ma vabbè, cerchiamo di essere ottimisti, sicuramente questa settimana saremo travolti da qualcosa di diverso, qualcosa di meglio di sicuro.
Buona settimana a tutti con un grande inno alla positività, all’ottimismo e alla bellezza.

Bucky Skank (Lee “Scratch” Perry, The Upsetters, 2004)