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Giorno: 8 Settembre 2021

“Il punto di dio”?
Spirito e ragione, da che parte pende la bilancia

 

Pare che abbiamo “il punto di dio”: non dimostrerebbe l’esistenza di un dio, ma spiegherebbe perché abbiamo la tendenza a porci le cosiddette “domande ultime”.

Secondo le ricerche condotte alla fine degli anni Novanta da un team dell’Università della California esisterebbe nel nostro cervello un “punto di dio”, una sorta di centro spirituale, incorporato tra le connessioni neurali nei lobi temporali del cervello. Il punto si attiva alla menzione di dio, ma le reazioni variano tra Occidente e Oriente, tra Cristiani, Buddisti e Musulmani a seconda dei simboli significativi per ciascuno.

Al punto di dio si aggrappano i sostenitori del SQ, il quoziente di intelligenza spirituale. Il secolo scorso si era aperto con la scala Binet-Simon [Qui] per misurare il QI, il quoziente di intelligenza. Da allora è stato tutto un misurare le intelligenze fino al blasonato Mensa [Qui].

Con la metà degli anni ’90, però, i neuroscienziati hanno complicato le cose, scoprendo che l’EQ, il quoziente di intelligenza emotiva, è altrettanto importante del QI. Anzi, secondo Daniel Goleman [Qui], autore di “L’intelligenza emotiva”, l’EQ è un requisito fondamentale per un uso efficace del QI. Insomma, non ci sarebbe ragione senza cuore, come scrive l’autore del Piccolo principe: “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.”

Già Howard Gardner [Qui] ci aveva spiegato che le intelligenze sono multiple, almeno sette, ma pare che non sia del tutto così. Ora un libro, che ha inaugurato il secolo nuovo, SQ.Spiritual Intelligence.The Ultimate Intelligence di Danah Zohar [Qui] e Ian Marshall ci spiega che c’è uno stato più alto di intelligenza che comprende sia il QI che l’EQ, si tratta dell’SQ: l’intelligenza spirituale.

L’intelligenza con cui collochiamo le nostre azioni e le nostre vite in un contesto più ampio, ricco, dotato di significato, l’intelligenza con cui attribuiamo valore al nostro agire. SQ è la base necessaria per il funzionamento efficace sia del QI che dell’EQ. È la nostra ultima intelligenza.

Il Dizionario Webster, quello di Noah Webster [Qui], considerato il padre dell’educazione e della scuola americana, definisce lo spirito come “il principio animatore o vitale; ciò che dà vita all’organismo fisico in contrasto con i suoi elementi materiali; il soffio della vita “. Gli esseri umani sono essenzialmente creature spirituali, perché sono spinti alla ricerca dei significati fondamentali della loro vita.

Alcuni antropologi e neurobiologi sostengono che è stata questa ansia di significato a premere sull’evoluzione, a spingere gli esseri umani a lasciare gli alberi circa due milioni di anni fa. Il bisogno di significato, dicono, ha dato origine all’immaginazione simbolica, all’evoluzione del linguaggio e alla straordinaria crescita del cervello umano.

L’intelligenza spirituale non ha nulla a che fare con la religione, ci sono atei con un SQ molto alto e religiosi con un SQ molto basso. Si può testare il proprio SQ. Un’intelligenza spirituale altamente sviluppata include la capacità di essere flessibili, attivamente e spontaneamente adattivi. Un alto grado di consapevolezza di sé. La capacità di affrontare e utilizzare la sofferenza, di affrontare e trascendere il dolore, essere ispiratiti da visioni e valori, insomma una sorta di ‘Giovanna d’Arco’.

C’è la riluttanza a causare danni inutili, che evidentemente non è una qualità spirituale particolarmente diffusa nella nostra epoca. Avere una visione olistica delle cose, essere in grado di creare connessioni. Possedere una marcata tendenza a porre domande ‘Perché?’ o ‘E se?’, a cercare risposte agli interrogativi fondamentali, lavorare contro le convenzioni.

Pare che una persona con un alto SQ sia anche un servant leader, custode di visioni e valori superiori, capace di mostrare agli altri come usarli, in altre parole una persona che ispira gli altri. Magari Gandhi, Martin Luther King, ma poi basta, il SQ deve essersi esaurito.

Uno si chiede come curare i suoi tre Quozienti. Passi per QI che puoi allenare con i giochini di logica e la Settimana Enigmistica, ma per gli altri due, quello Emotivo e Spirituale le cose si complicano.

La società moderna in cui viviamo risulterebbe avere un SQ piuttosto basso, la nostra cultura sarebbe spiritualmente stupida. Secondo i sostenitori del SQ ad essere spiritualmente stupido è soprattutto il mondo occidentale.

A detta del drammaturgo americano John Guare [Qui] manchiamo di immaginazione, scrive nel suo Six Degrees of Separation: “Una delle grandi tragedie dei nostri tempi è la morte dell’immaginazione. Perché cos’altro è la paralisi? Credo che l’immaginazione sia il passaporto che creiamo per portarci nel mondo reale. È un altro modo di esprimere ciò che è più singolare in noi. Per affrontare noi stessi…. l’immaginazione è il luogo in cui stiamo tutti cercando di arrivare …”

Detta così l’intelligenza spirituale non sembra tutta questa novità. L’élan vital di Bergson [Qui] è qualcosa di simile, ritorna in auge con il New Age, il prana, il Ki, delle filosofie orientali, energie fondamentali dell’universo, energie residuali della creazione, che si trovano in ogni essere umano.

Tra i tre Quozienti quartum non datur. QI, EQ e SQ, non contemplano necessariamente il QR che non è quello del code. Il QR è il Quoziente Razionale, che è quello che pare mancarci più di tutti, la propensione al pensiero riflessivo, ovvero la capacità di fare un passo indietro rispetto al nostro modo di pensare usuale, per correggere le tendenze difettose.

Intelligenza e razionalità sono attributi cognitivi separati, con il vantaggio che la razionalità, se esercitata, si migliora e ci migliora, aiutandoci a non cadere nelle fallacie cognitive.

Per leggere gli altri articoli di Giovanni Fioravanti della sua rubrica La città della conoscenza clicca [Qui]

Festivaletteratura Mantova
Il programma di oggi 9 settembre 2021

Festivaletteratura Mantova | 25ª edizione
8 – 12 settembre 2021

Giovedì 9 settembre 2021

Tra gli ospiti della seconda giornata lo scrittore tedesco Bernard Schlink, la diplomatica costaricana e attivista ambientale Christiana Figueres,

l’economista Carlo Cottarelli, il magistrato Giuseppe Pignatone, la scrittrice britannica Bernardine Evaristo, l’autore tedesco per bambini Ole Könneke,

il filosofo politico Michael Sandel, gli scrittori e giornalisti Carlo Lucarelli, Marco Belpoliti, Michela Murgia e per la prima volta al festival

la scrittrice e attivista statunitense Premio Pulitzer Alice Walker

E ancora laboratori per bambini e ragazzi, il Furgone poetico e la Panchina epistolare, nuove trasmissioni radio, Piazza balcone,

percorsi alla scoperta dell’odonomastica cittadina, i vincitori del concorso europeo di fumetto My Life In Strips, un concerto di musiche nordiche e una parata dantesca per le strade della città!

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Parma brucia di Luca Ferrari ora pubblicato anche in versione digitale

da Booktribu

Esce anche in formato ebook Parma brucia, il romanzo di Luca Ferrari, inserito nella collana Blackout, curata da Gianluca Morozzi per BookTribu. Luca Ferrari, di professione avvocato, crea una storia “nera” ambientata a Parma. La vicenda di Carlo Malvisi, cronista di un giornale locale a cui viene offerta la possibilità di un’intervista esclusiva a Ernesto Guerra, un imprenditore parmigiano finito in carcere per il tentato omicidio di un ex deputato, si innesta nel contesto di una città cambiata molto nel giro di due decenni. Parma, infatti, dall’essere in cima alla classifica della qualità della vita nelle città italiane, è via via scivolata lontana dai primi posti. Parma è la città del più grave scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio commesso da una società privata a livello europeo. E poi il debito pubblico delle casse cittadine, le inchieste per corruzione e peculato sono il passato più recente di cui sono figli i personaggi di Parma brucia. La storia di Ernesto Guerra abbraccia oltre due decenni, da quando lui era un giovane iscritto alla facoltà di Giurisprudenza a quando si è trasformato in un assassino, passando per una rapida ascesa nei salotti buoni.
Il cronista Malvisi dovrà tracciare le fila di azioni criminali all’apparenza senza movente e comprendere cosa si nasconde dietro l’attentato all’onorevole Lotti.

L’ebook sarà disponibile da sabato 11 settembre sul sito di BookTribu (https://www.booktribu.com/)
e negli store online.

PER CERTI VERSI
8 Settembre

8 SETTEMBRE
Otto settembre
Tutte le volte
Con intonsa
Puntualità
Il rigurgito
Acido
Gastroesofageo
Si certo
L’apogeo
Della meschinità

Cover. Korfu, soldati italiani dopo l’8 settembre 1943 (Foto Cuno, licenza Wikimedia Commons)

Ogni domenica Ferraraitalia ospita ‘Per certi versi’, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca
[Qui]

… a Mantova … al Festivaletteratura!
Un’emozionante lezione en plen air

 

Apre oggi la 25° edizione del Festivaletteratura di Mantova [qui il programma completo]. Di festival è ormai piena l’Italia, ogni borgo e città si inventa una materia, un argomento, e chiama a raccolta scrittori, critici e professori di chiara fama. Il Festivaletteratura è qualcosa di più e di diverso. E non solo perché è il capostipite, il primo di tutti i festival sorti sulla scia del suo successo, o per l’inarrivabile ricchezza degli appuntamenti in programma, ma per quello che ci sta dietro. Non uno scaltro manager culturale, o un assessore in cerca di gloria riflessa, ma un gruppo di lavoro appassionato e competente. Da qui nasce un’offerta culturale – sociale e culturale – che riesce a parlare tante lingue per tanti pubblici diversi: lettori resistenti, appassionati di libri, bibliotecari, studenti, insegnanti, adolescenti, fino ai piccoli e piccolissimi.
Si va a Mantova per assistere a quel particolare incontro, evento, reading, per ascoltare dal vivo l’autore preferito, per partecipare a un’intrigante iniziativa collaterale. Ma si va, e si ritorna ogni anno, anche per respirare un’aria tutta particolare, un garbato profumo di cultura che sembrava scomparso, fagocitato dal divismo o dallo sciocchezzaio dei media.
Roberta Barbieri, assieme ad altri due redattori inviati di
Ferraraitalia, seguiranno il festival nei prossimi giorni. Ma Roberta è una veterana, per oltre 10 anni ha partecipato attivamente al Festivaletteratura, andando regolarmente a Mantova assieme ai suoi studenti del liceo. Ecco il suo racconto.
( Francesco Monini)

– Arrivati! Forza ragazzi, bisogna scendere.  L’ho detto per molti anni di seguito all’arrivo a Mantova, o l’ho sentito dire alla mia collega, ogni volta che siamo sbarcati dal treno alla stazione ferroviaria. Sempre di mercoledì, nella tarda mattinata del primo giorno del Festival.
– E’ lontana la palestra, profe?
– No, ci carica i bagagli un pulmino dell’accoglienza volontari che è già fuori dalla stazione. Noi lo seguiremo con le bici fino al Piazzale Gramsci, la palestra è lì vicino. Ci staremo poco, il tempo di sistemare le nostre borse; poi dobbiamo passare in Piazza Leon Battista Alberti a ritirare la lista dei nostri servizi per i cinque giorni e di corsa in mensa, che non è vicina. Qualcuno di noi potrebbe avere già il primo servizio oggi nel primo pomeriggio. Coraggio.
– Chi ci dirà cosa dobbiamo fare, profe?
– Il vostro capo squadra vi darà gli incarichi. In genere si accoglie il pubblico stando all’entrata, si  gestisce la cassa, oppure si rassetta la platea ogni volta e la si prepara per l’incontro seguente. Cose così. Chiamate pure se avete bisogno, ma vedrete che vi inserirete bene nella squadra a cui sarete assegnati.

Volontari Festivaletteratura
Mantova, settembre 2019: Foto ricordo di un gruppo di ragazzi volontari del Festivaletteratura

Il gruppo si muove, in media sono quindici tra ragazze e ragazzi del nostro Liceo, che anche quest’anno abbiamo scelto con fatica tra i tanti che si sono candidati, più noi due docenti che li accompagnamo. Lo dico meglio: ogni anno, almeno dal 2003, siamo diciassette appassionati di lettura, che vengono qui a fare i volontari, con la voglia di essere dentro agli ingranaggi del Festival:  incontrare autori già conosciuti tramite le letture, oppure autori nuovi e chiedere loro un contatto telefonico o una mail per invitarli a venire a scuola durante l’anno scolastico, fare la conoscenza di altri relatori e delle loro idee sul mondo e di altri giovani volontari, perché no.
C’era da dormire (poche ore) sui letti di cartone pressato nella palestra che ci veniva assegnata ogni anno; tutti insieme a esibire i nostri pigiamini leggeri per le prime notti fresche di settembre; a darci il cambio per le docce con spugne e biancheria di ricambio tra le mani. Non ricordo che ci fosse tutto questo imbarazzo: si parlava fitto fitto di eventi già avvenuti e di come era andata.
Chi aveva avuto incontri carismatici, o era rimasto folgorato da un autore nuovo non la finiva più di dare dettagli. L’anno in cui ci venne dato un buono acquisto per i libri esposti in piazza Castello, sotto il tendone della libreria del Festival, fu tutto un citare titoli o mostrare gli acquisti già fatti, anche se era la mezzanotte passata e alcuni crollavano per la stanchezza accumulata in dieci ore di servizio, più le lunghe corse in bici per spostarsi in città.

Non ricordo alcuna lamentela. L’unica, ma è successo di rado, quando la postazione assegnata a qualcuno di noi era un po’ defilata e non dava l’opportunità di fare grandi incontri. Una volta mi sono lamentata io perché mi era toccato il servizio all’evento delle 5.30 al Campo Canoa e la sveglia andava puntata alle 4.30. La sera, però, ho dovuto ritrattare il mio disappunto. Avevo visto sorgere il sole dietro le torri della città, una meraviglia, attraversando a piedi il ponte sul Mincio insieme al gruppo dei visitatori. Molti, in realtà, venuti in quella mattina di settembre del 2008 ad assistere a Sottosopra Mantova e a seguire la guida mirabile di Stefano Scansani.

Voglio ricordare così tutti i ragazzi che sono venuti a Mantova insieme a me, come dei lettori appassionati e adulti e voglio sperare che abbiano percepito noi docenti come delle giovani e appassionate lettrici.
Avevano sedici anni o poco più. Scavalcate le ansie delle famiglie, che prima di partire chiedevano dove dormirete, dove mangerete, starete insieme o sarete sparsi per la città; superate le enormi difficoltà del viaggio per ferrovia, neanche Mantova fosse di là da un oceano; trovate in loco o portate in qualche modo le bici da Ferrara, i cinque giorni del Festival, dal mercoledì alla domenica della prima o seconda settimana di settembre, erano un intenso tempo magico, uno spazio magnetico, in cui ad avere importanza erano prima di tutto gli eventi.

Qualcuno posso ricordarlo.
Per esempio quella volta al Blurandevù, di sera tardi. Tutti di corsa verso la Piazza Virgiliana sulle bici stanche come noi alla fine dei rispettivi servizi in diverse postazioni nella città.
C’è David Grossman [Qui] e due delle nostre ragazze sono nel gruppo che ha preparato l’intervista. Arriviamo e ci sediamo a terra, ai margini della siepe che il pubblico ha formato con le schiene accalcate. E comincia un dialogo intenso tra lui e i giovani che gli fanno domande, un dialogo che ascoltiamo nel silenzio totale che si è fatto.
Grossman estrae uno alla volta dei bigliettini da un’urna di vetro che i suoi intervistatori hanno preparato: ogni foglietto contiene una parola chiave, che diventa una domanda. Quando l’ospite risponde alla parola pace siamo tutti rapiti dalla profondità delle sue parole, dalla semplicità con cui si apre a noi.

Era forse l’edizione del 2006: ricordo a flash che parlando della situazione in cui si trovava l’area arabo palestinese si disse molto preoccupato per i suoi figli; che lo scrivere romanzi gli permetteva di allontanarsi dalla sua città, Gerusalemme, e dalla bruttezza del mondo circostante e di cercare nella dimensione dell’immaginario la propria identità. Ricordo la sua intensità nel dare le altre risposte su parole come amicizia, diritti e altre così. Alla fine fu un applauso liberatorio per tutti, lungo e bello. Che bravi i ragazzi a fare così l’intervista, continuavamo a dirci nel fresco della notte tornando più tardi del solito, tutti in fila indiana verso la palestra.

Per esempio quella volta che ritrovai nel ruolo di capi squadra, nonché responsabili della postazione al teatro Ariston, due ragazzi che erano venuti inizialmente col nostro gruppo dell’Ariosto, poi avevano ‘fatto carriera’ e ora da universitari continuavano ogni anno a esserci. Che bei ricordi abbiamo rispolverato insieme, ricordando gli aneddoti della loro prima volta al Festival.
Poi non posso non ricordare in parata le esperienze del mio servizio presso il Cortile della Cavallerizza, quando era ancora agibile, e in seguito a Palazzo San Sebastiano. Lì ho conosciuto e ascoltato tanti intellettuali, scrittrici e scrittori, economisti, giornalisti, attori e interpreti bravissimi, che hanno non solo fatto la traduzione simultanea in italiano, ma hanno animato il dialogo tra ospite e pubblico.
E un compositore, che mi avevano tanto invidiato i ragazzi; avevo l’incarico di raccontare come si era svolto l’evento per filo e per segno, al rientro in palestra. Era Giovanni Allevi [Qui], di cui poi ho ascoltato quasi tutto.

Festivaletteratura volontari
Mantova, settembre 2019: Foto ricordo di un gruppo di ragazzi volontari del Festivaletteratura

Non posso tacere dei pranzetti alla mensa, e perché no delle cene. Quando si arrivava alla spicciolata e ci si cercava con lo sguardo se i posti liberi erano sparsi tra i tavoloni che occupavano il cortile della scuola alberghiera. Quando si mise al tavolo accanto al nostro Stefano Rodotà [Qui], che aveva appena finito di parlare in Piazza Castello. Fu un momento: ci vide preparare le mani per applaudirlo e con un cenno ci fece no, continuate a mangiare. Vengo a pranzo dove pranzate voi. E i ragazzi per primi lo lasciarono essere uno di noi, che mangiava alla mensa del Festival.
Devo chiudere con due ricordi personali, ai quali tengo particolarmente. Del primo non so dire la data: finisco il mio ultimo servizio la domenica mattina e mi precipito a sentire Gianni Clerici [Qui], che parla della sua carriera di commentatore sportivo e di scrittore. Trovo anche posto a sedere ed è da lì che verso la fine, quando la parola passa al pubblico, mi vedo alzare la mano e mi sento dire che leggo da talmente tanti anni i suoi articoli sul tennis nella pagina sportiva di Repubblica da avere assorbito alcuni suoi modi di dire. Il che fa di lui nella mia carriera di lettrice un compagno di viaggio, e di questo vorrei ringraziarlo. Si alza e si mette la mano sul cuore guardando nella mia direzione. La gente applaude. Mi alzo e sul cuore metto la mia. Quando viene portato il microfono a Beppe Severgnini, che si è prenotato dopo di me, non sento quello che dice e non sentirò nient’altro fino alla fine dell’incontro.

Dell’ultimo ricordo dico invece luogo, data e ora esatta: Teatro Bibiena, ore 11.30 di sabato 6 settembre 2008. Una delle sue allieve, Elia Malagò [Qui], dialoga con Ezio Raimondi [Qui] “della sua avventura di insegnante e dell’ininterrotta pratica della lettura”, così recita il programma. Che dice anche: “Ezio Raimondi è uno dei pochi intellettuali italiani di respiro davvero europeo”.

Sono cose che so dal primo giorno in cui ho seguito la sua lezione delle 9.00 alla Facoltà di Lettere di Bologna, all’aula 2 del primo piano. Erano gli ultimi anni Settanta e io per due anni accademici mi sono seduta in prima fila: arrivavo con grande anticipo, dopo avere preso un treno all’alba e riguardavo gli appunti della lezione precedente mentre aspettavo.

Mentre ci parlava e ci affascinava (e ci dava saggi su saggi da leggere, tanto da venire soprannominato il libridinoso) le lunghe mani del professore si muovevano davanti a me. Gliele ho anche strette: il giorno della laurea quando ha proclamato il mio voto e una volta per strada a Ferrara, molti anni dopo. Era venuto per una Lectura Dantis alla Biblioteca Ariostea, nell’incontro casuale che ne era seguito lungo la Via Mazzini mi aveva riconosciuta e salutata. E ora ero qui, seduta ad applaudirlo nel teatro gremito di suoi ex allievi, in una atmosfera così struggente da essere elettrica. Durante l’applauso finale che non finiva mi sono scese due belle lacrime e le ho lasciate scorrere.

Di mercoledì, quest’anno il giorno 8 settembre, comincia l’edizione n.25 del Festivaletteratura e io, anche se da un anno non insegno più e non posso portarci i ragazzi, non posso nemmeno mancare.

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari della rubrica di Roberta Barbieri clicca [Qui]