Skip to main content

Giorno: 5 Dicembre 2021

Lewis Carroll: la poiesis di Alice, fino alla “Fantasmagoria e altri poemi”

 

 

 

“In su’ vespri giocondi, dolcemente
Sul lago tranquillissimo voghiamo,
Da delicate mani facilmente
Sono mossi i remi, e alla ventura andiamo.”

Siamo in un Meriggio Dorato, cullati dalla corrente dell’Isis (il Tamigi) che scorre placido. Un giovane professore di matematica è in gita con tre bambine: Edith, Alice e Lorina. Sono le figlie di Henry Liddell, eminente grecista, nonché rettore della Christ Church, la scuola in cui il professore, Lewis Caroll (Daresbury 1832 – Guildford1898) insegna, senza troppo entusiasmo.Lewis Carroll
Carroll, al secolo Charles Lutwidge Dodgson, preferisce seguire il suo ingegno che lo porta a occuparsi di una molteplicità di attività. È fotografo, logico, inventore, amante di tutte le arti, ma il grande pubblico lo conosce soprattutto come scrittore. E anche qui, la sua versatilità si conferma come nota distintiva, tra poesia e prosa. Alla base del suo scrivere c’è la Poesia, intesa nel senso stretto del termine (dal greco ποίησις, poises, con il significato di “creazione”).
Una poesia di cui ha ampia cognizione, in quanto genere letterario che presenta codifiche precise, in equilibrio tra forma e contenuto. Poesia che è emozione veicolata da un uso straordinario del linguaggio e da immagini geniali.

Meriggio Dorato” costituisce il proemio di Alice nel paese delle meraviglie (1865). Un ‘atto di poesia’ che è anche il racconto della genesi del romanzo che ha scardinato diverse ‘certezze letterarie’.

alice Liddell
Alice Liddell as the Beggar Maid [1858]

Il capolavoro carrolliano è nato durante una gita in barca, come narrazione rivolta alle sorelle Liddell. Nei mesi successivi viene sviluppato nella forma che conosciamo, con ipotesi di titolo diversi. Addirittura Carroll aveva pensato a un “Paese delle Fate”, ma forse non avrebbe reso il senso dell’assurdo che pervade il racconto, pur facendoci toccare con mano la magia. Magia che si esplica attraverso la febbrile creatività di Carroll.

Alice nel paese delle meraviglie è un grande gioco che rovescia le regole della Società vittoriana.
Non è un caso che, improvvisamente, Alice non riesca a declamare correttamente i poemetti edificanti che ha memorizzato a scuola. Carroll si burla della morale dell’epoca in cui vive, dando al lettore il compito di cogliere i significati più sottili dei suoi intenti.

Blue plaque, Lewis Carroll
Blue plaque, Lewis Carroll

Ogni parola è pervasa dalla poesia: è nelle scelte poetiche, nel rovesciare situazioni, nel senso dell’assurdo che confina con l’onirico.
C’è poesia persino nei numeri: Carroll ci fa capire che la poesia è come la matematica, in quanto dotata di una propria logica, anche laddove sembra non averla. Pensiamo a quando, nel secondo capitolo, Alice inizia a sbagliare i calcoli. In realtà Carroll reinventa la matematica dando un ritmo particolare alla situazione, una scansione che nasce dalla confusione della bambina.

Facciamo un salto in avanti e arriviamo ad Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò (1871), un seguito più introspettivo del precedente, basato su una partita a scacchi. Qui i significati diventano più complessi, insieme a situazioni piene di elementi simbolici in cui ravvisiamo la perdita di identità di Alice, di nuovo ricercatrice archetipica in un mondo rovesciato. La poesia raggiunge un alto apice nell’acrostico presente nel dodicesimo e ultimo capitolo.

A boat beneath a sunny sky,
Lingering onward dreamily
In an evening of July–

Children three that nestle near,
Eager eye and willing ear,
Pleased a simple tale to hear–

Long has paled that sunny sky:
Echoes fade and memories die.
Autumn frosts have slain July.

Still she haunts me, phantomwise,
Alice moving under skies
Never seen by waking eyes.

Children yet, the tale to hear,
Eager eye and willing ear,
Lovingly shall nestle near.

In a Wonderland they lie,
Dreaming as the days go by,
Dreaming as the summers die:

Ever drifting down the stream
Lingering in the golden gleam
Life, what is it but a dream? *

Se si congiungono le iniziali dei versi verticalmente, leggiamo Alice Plesance Liddell.
Un omaggio alla musa ispiratrice? O qualcosa di più? Carroll non smette di stupirci.

I romanzi sono una fucina di poesia che Carroll ha espresso anche in successivi giochi di parole (metagrammi etc.) di cui è stato creatore brillante.
E’ autore anche di Phantasmagoria, un poema edito nel 1869, oggi poco conosciuto dal grande pubblico dei lettori. Strutturato in sette canti, tratta dall’incontro tra un certo Tibbet e un fantasma.
Dal dialogo tra i due, si scopre che i fantasmi non sono così diversi dagli esseri umani. Phantasmagoria non manca di una ritmica che conferisce una leggerezza un po’ fatata alla metrica, ben scandita da chi sa ‘maneggiare la materia’. A questo poema se ne aggiungono altri 17 che costituiscono la raccolta Phantasmagoria and other poems. Da qui troviamo altre edizioni dell’opera poetica carrolliana, illustrate e non.
Leggere questi componimenti può essere d’interesse per chi vuole approfondire la poiesis di Lewis Carroll che, ricordo, è anche autore di opere quali “La caccia allo Snark” (1876, poemetto epico di cui faccio notare il richiamo allo shark, squalo in inglese, qui identificato con una creatura bizzarra) e “Sylvie e Bruno” (1889).

* Nota 1
Una barca sotto un cielo soleggiato,
Indugiando sognante
In una sera di luglio…

Tre bambine che si annidano vicino,
occhio impaziente e orecchio volenteroso,
Sono contente di sentire una semplice storia…

A lungo ha impallidito quel cielo soleggiato:
Gli echi svaniscono e i ricordi muoiono.
Le gelate autunnali hanno ucciso luglio.

Ancora lei mi perseguita, come un fantasma,
Alice che si muove sotto i cieli
Mai visto da occhi svegli.

Bambine ancora, il racconto da ascoltare,
occhio impaziente e orecchio volenteroso,
amorevolmente si annideranno vicino.

In un paese delle meraviglie giacciono,
Sognando mentre i giorni passano,
Sognando mentre le estati muoiono:

Sempre alla deriva lungo la corrente
Indugiando nel bagliore dorato
La vita, cos’è se non un sogno?

(Trad. di Roberta De Tomi)

Cover: Inghilterra, particolare di una vetrata commemorativa di Lewis Carroll

“QUEI TERRORISTI DEI NO TAV”:
Le calunnie di Maurizio Molinari nella notte della stampa italiana

 

Ecco le parole indecenti (e memorabili) del direttore di Repubblica Maurizio Molinariospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su Rai 3 dello scorso 10 ottobre. “I no tav sono un’organizzazione violenta, quanto resta del terrorismo italiano degli anni settanta. Aggrediscono sistematicamente le istituzioni, la polizia, anche i giornali, minacciano giornalisti a Torino e la cosa forse più grave che sono in gran parte italiani che si nutrono anche di volontari che arrivano da Grecia, Germania e a volte dalla Francia…”.
Ma Molinari prosegue: “Per un torinese ‘No Tav’ significa sicuramente terrorista metropolitano, chiunque vive a Torino ha questa accezione…” [Qui l’estratto della trasmissione].

Dalla Val Susa la risposta non si è fatta attendere molto. Quei ‘terroristi’ dei No Tav hanno organizzato una simpatica iniziativa dal titolo “Una pioggia di Querele su Molinari”. Personalmente, spero che le querele vadano in porto. Frasi come quelle di Molinari si possono sopportare nella piazza del mercato o in qualche bar Sport: infatti la calunnia è spesso figlia dell’ignoranza. Un giornalista top, il direttore di un grande giornale, non ha però il diritto di essere ignorante.

Ma perché Molinari, che non né stupido né ignorante, calunnia i No Tav? Perché arriva ad arruolarli nelle Brigate Rosse? Eppure ha lavorato a Torino per parecchi anni. Sa bene che i No Tav sono un movimento popolare e democratico, con decine di migliaia di aderenti e militanti, con un grande radicamento sul territorio. E sa perfettamente che è un vasto movimento che da 30 anni oppone a una Grande Opera costosissima, basata su un progetto antiquato, criticata da più parti (e con pareri autorevoli) come inutile e dannosa, con un sicuro quanto tragico impatto ambientale ed antropico. Che cos’hanno mai di tanto pericoloso i militanti contro l’Alta Velocità? 

Per capire meglio questo accanimento, questo marchio d’infamia, non solo della Repubblica di Molinari ma di tutta tutta l’informazione mainstream del nostro Paese, occorre andare indietro di un paio d’anni.

Breve storia di un giornale che cambia padrone

Il 23 aprile 2020, John Elkann, tramite una società della famiglia Agnelli, diventa proprietario del 60,9% de La Repubblica, numero 2 dei quotidiani italiani. Lo stesso 23 aprile, la nuova proprietà – passando sulla testa dei giornalisti e collaboratori, compresi i rappresentanti sindacali – dà il benservito al vecchio direttore e nomina direttore Maurizio Molinari. Il quale è da tempo in rampa di lancio, essendo già in forza alla premiata ditta, in qualità di direttore de La Stampa (numero 3 dei quotidiani italiani) da sempre proprietà della famiglia. Proprio come la Juventus.

Fatto sta che in questi due anni la linea di Repubblica è cambiata radicalmente: siamo ormai lontanissimi dal giornale fondato da Eugenio Scalfari. Ora la “voce del padrone” deve farsi sentire, forte e chiaro.
Solo un particolare, ma molto rilevatore: fino all’ultimo cambio di proprietà, alla domenica, in prima pagina, c’era solo l’editoriale di Eugenio Scalfari, solo lui, anche se il vegliardo era ormai perso nel suo monologo narcisistico. Per i giornalisti che, da Ezio De Mauro in avanti, gli erano succeduti alla direzione, la prima pagina domenicale rimaneva off limits: il loro editoriale appariva il lunedì.
L’era Agnelli/Molinari ha imposto un nuovo stile. L’editoriale di Maurizio Molinari ha subito conquistato la prima pagina. Rimarcando una precisa linea editoriale, schierato senza se e senza ma con il falco Bonomi, l’infallibile Super Mario, il primato delle Grandi Opere, l’odio contro i no tav, la demonizzazione dei 6 milioni di no green pass, l’endorsement sul ritorno al nucleare proposto da Cingolani.

Italia maglia nera

Ma l’operazione lampo di John Elkann, e la conseguente eclissi di Repubblica, è stato tutt’altro che un fulmine a ciel sereno. È invece l’ultimo, definitivo tassello che porta a compimento un processo di concentrazione editoriale italiana, che non ha paragoni in qualsiasi paese occidentale.
Basta fare il conto. Famiglia Agnelli: La Stampa e La Repubblica, Gazzetta dello Sport (numero 4 tra i giornali Italiani). Urbano Cairo: Corriere della sera (numero 1 dei quotidiani italiani), Rcs Media Group e i 3 canali di La 7. Silvio Berlusconi: Mediaset (con ascolti superiori alla Rai), Mondadori e il quotidiano di famiglia Il Giornale. Infine Andrea Riffeser Monti, attualmente presidente presidente della Fieg (la Confindustria dei giornali, ndr), proprietario de Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno.

Questi 4 moschettieri hanno oggi in mano l’informazione. Quella scritta: bisogna infatti aggiungere almeno un centinaio di periodici settimanali (da L’Espresso, a Panorama, fino ad arrivare a Gioia, Gente, Di Più, Donna Moderna, Sorrisi e canzoni Tv…). E quella televisiva: 9 canali su 9, più una bella presenza nelle gerarchie Rai. Non mancano naturalmente i network radiofonici. E una costellazione di case editrici, più meno illustri, Einaudi in primis.

Ci sarebbe un altro grande giornale in Italia, un quotidiano molto ben fatto, ma si chiama Il Sole 24 ore, ed è proprietà di Confindustria. Quindi suona la medesima musica. Anzi, il più delle volte dirige il coro di tutta la stampa mainstream. Cioè governativa. Cioè padronale. Cioè senza libertà: libertà di informazione, libertà d’inchiesta, libertà di opinione.

Non c’è quindi da stupirsi se l’Italia risulta a livello mondiale al 41° posto per la Libertà di Stampa [Vedi qui]. Dietro Norvegia e Finlandia (1 e 2 posto), dietro a Portogallo (12), Germania (13), Irlanda (15). Ma anche dietro Uruguay (19), Namibia (23), Lettonia (24), Ghana (27), Sud Africa (31), Burkina Faso (36)…

Dare spazio a ogni voce, coltivare il dubbio

Dentro la grande gabbia di una informazione controllata da poche e potenti mani vivono e lavorano diverse centinaia di giornalisti. E molti sono bravi giornalisti. Possono scrivere liberamente del Festival del Cinema di Venezia, dell’ultimo libro di Bruno Vespa o Fabio Volo, dar conto delle parole del Papa, indignarsi per l’ennesimo femminicidio.
Possono scrivere di tante cose. Non di tutto. Possono intervistare e dare la parola a tanti. Non a tutti. Possono dar spazio a tante opinioni. Non a tutte. Su alcuni argomenti esiste una narrazione ufficiale a cui attenersi. Non c’entra con il segreto di stato. Semplicemente: di alcune cose non si parla. Non si chiama censura, basta e avanza l’autocensura. 

Da tempo, ad esempio, la nostra piccola testata denuncia la generale disinformazione sulle ragioni e gli obiettivi del movimento No Tav. Nella narrazione dei grandi giornali e dei canali televisivi chi si oppone alle Grandi Opere e ai suoi effetti devastanti sul tessuto sociale e sull’ambiente è dipinto come un anarchico, un violento, un estremista, un terrorista.
Poco importa se questo movimento – in Val Susa come in tante parti d’Italia – interessi decine di migliaia di persone, intere comunità con Sindaci in testa, e tecnici, geologi, urbanisti, economisti, professori universitari. Poco importa che il movimento No Tav abbia molte volte dimostrato non solo il devastante impatto ambientale e antropico delle Grandi Opere, ma anche la loro inutilità e il loro costo folle, buono solo a saziare gli appetiti dei soliti grandi player economici. Non basta che il movimento stesso abbia prodotto studi scientifici e progetti alternativi, ispirati al rispetto e non alla rapina del territorio e delle comunità che lo abitano.

Per il governo – ora più che mai che, assieme alla pandemia, è arrivata la prima pioggia di miliardi del PNNR – il primo grande obbiettivo è ‘riaprire i cantieri’, e riaprirli in fretta. Accelerare, assegnare gli appalti eliminando i lacci e lacciuoli delle norme anticorruzione.
In questo quadro, il movimento No Tav rappresenta una fastidiosa pietruzza, un intralcio da levare dal sentiero, con le buone o con le cattive… E per cattive, leggasi: le cariche, le botte, gli arresti. Di cui, seguendo il copione stabilito, si parla e si scrive pochissimo.
Che il governo Draghi, un inedito incrocio tra un governo di Unità Nazionale e un governo dell’Alta finanza, si muova secondo questa direttrice è abbastanza scontato. Meno scontata è che i media italiani si siano piegati a questa direttiva senza un lamento. Ripetendo il mantra delle Grandi Opere fattore di progresso e soprattutto oscurando completamente la voce dei movimenti antagonisti.

Può anche darsi che i No Tav non abbiano tutte le ragioni dalla loro parte. Ma una informazione (e un giornalista) può dirsi libera solo se sceglie il dubbio come stella polare. Solo se ascolta la voce e le ragioni di tutti. Solo se ricerca e riporta le fonti e non si basa sui sentito dire o sulle veline dei padroni dei giornali o delle segreterie di partito.
Altrimenti rimangono gli insulti e le calunnie come quelle del direttore Maurizio Molinari. Ma Molinari non è un giornalista.

PER CERTI VERSI
Alba rosa

ALBA ROSA

Arcipelago delle rose
Petali
Petali
La più bella sciarpa
Di tutte le donne
La più bella bocca
Dove nascono
Le vostre parole
Il vostro tono
Che piace ai gatti
Siete della stessa
Misteriosa specie
L’arcipelago delle rose
Divampa la mattina
Fiorita
Noi guardiamo
Crescere

Un palpito
La vita
La vita

Ogni domenica Ferraraitalia ospita ‘Per certi versi’, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca
[Qui]

Una “bandiera rossa” nel Collettivo Ultimo Rosso:
Cristiano Mazzoni ha presentato il suo libro

 

Perché si scrive poesia? È una delle domande ricorrenti che faccio a chi la scrive e la legge. La stessa domanda è stata posta a Cristiano Mazzoni, che il 3 dicembre ha presentato il suo ultimo libro presso la Galleria Carbone.
Senza troppi giri di parole, Cristiano risponde a Pier Luigi Guerrini che ha moderato l’incontro “scrivo per necessità, se non scrivessi e non ricevessi un riscontro da chi (anche per sbaglio) mi legge, forse non sarei qui”. La poesia quindi come necessità, come forma d’espressione e d’arte salvifica. Un libro come diario di vita e un modo per incontrare l’altro per ricevere da lui conforto, e perché no, anche per fortificare la propria autostima.

Non a caso la raccolta di Cristiano, circa duecento pagine, è la somma di dieci anni di vita. Poesie che raccontano il mito rivoluzionario di Che Guevara, quasi un ‘maestro di vita’ per il nostro. Non a caso la bandiera rossa continua a sventolare, metaforicamente e non solo, dall’inizio alla fine della raccolta “Sventola bandiera, ricordati di essere vera,/ tu rappresenti tutti noi,/le tue righe abbracciano due secoli,/la tua memoria sta nella storia,/mai più scolorita, mai più abbandonata,/ ogni gradino del tuo curvone,/porta la tua gente, oltre il tempo presente”.

band statale 16

Le note musicali della Band Statale 16, che per la presentazione de I pensieri del Comandante hanno proposto diverse canzoni da Sergio Endrigo alla cantante anarchica Lalli (fra le tante), hanno ben incorniciato le poesie sociali imperniate sul lavoro in fabbrica di cui Mazzoni conosce tutti gli aspetti più alienanti. Il mondo delle battaglie sindacali e sociali per il bene della comunità dei lavoratori di cui sente parte attiva e rivoluzionaria, ma di cui soprattutto ne condivide la parte più umana e sensibile.
Perché sono i lavoratori i veri eroi: “Metalmeccanico, tu nasci dalla rivoluzione industriale,/flange, dadi, bulloni e tiranti,/serraggio e sflangiatura dei tempi moderni”. In questo mondo che tende a sopraffarli, a dividerli, a comprarli, a disgregarli e a sfruttarli “dove siete compagni,/non vi trovo, vi ho perso, mi sono perso,/combattete nemici creati da altri […] perché sognate con le parole dei vostri oppressori,/al vento si disperde la vostra rabbia,/indirizzata male e mai capita”.

La nostalgia e la malinconia sono i tasti toccati sulle corde delle poesie legate soprattutto ai ricordi dei genitori e delle persone care perdute: “papà siamo coetanei,/oramai è ufficiale, quasi non credo,/quasi non mi vedo,/il tempo soffia, sotto la cenere o anche auguri mamma,/oggi è il tuo compleanno,/hai smesso di invecchiare tre anni fa,/ed io non ho più tolto la testa dalla sabbia”.
D’altronde i ricordi migliori vengono descritti come foto e proprio nelle foto sfogliate alle volte si trova la vera occasione per scrivere

Vecchie foto di mondi antichi,
scatole da scarpe piene di ricordi,
contorni frastagliati, immagini ingiallite.
Mio padre giovane, nella miseria della borgata,
mia madre bella e sorridente, felice, nel lungo dopo guerra.

E poi c’è il calcio (quello giocato) nelle borgate di periferia che è metafora di vita come fa notare Pier Luigi Guerrini prendendo a prestito le parole di Pier Paolo Pasolini e Valerio Magrelli che del calcio ne hanno parlato con passione, analizzandone tutte le sfaccettature più vere e umane. Così è anche per Cristiano che in più di una poesia né parla con il filtro dell’infanzia: “sogno di un bambino, i ragazzi entrano in campo dal tunnel degli spogliatoi,/sembra di sentire il rimbombo dei loro tacchetti,/il campo è verde come il tappeto di un biliardo,/si schierano a centrocampo, con quella maglia di una/bellezza che toglie il fiato”.

E infine molte, molte poesie legate a figure storiche della politica, della letteratura e dello sport che hanno influenzato la vita e l’immaginario di Cristiano, come quelle di Don Gallo, Pasolini, Enrico Berlinguer, Sandro Pertini, Pietro Mennea, ma anche molti personaggi che sono solo i suoi eroi personali portati all’attenzione del lettore ignaro, che tramite la sua scrittura appassionata, vi riesce a scorgere la commozione e l’affetto sincero dell’autore.

Cristiano Mazzoni

Il libro dalla copertina rossa (di quale altro colore poteva essere?) non è solo la somma di dieci anni di vita di Cristiano, ma anche la descrizione di un’immaginario storico politico di un’Italia altra, un po’ sognata ma anche vissuta, e che a volte ha deluso, ma che continua incessantemente e sinceramente a lottare con i mezzi che ha a disposizione che – permettetemi di dire – non sono solo la famiglia, la voglia di democrazia, l’utopia dell’uguaglianza sociale, il lavoro, ma anche la poesia e la letteratura, perché la cultura quella del dialogo e perché no, anche dello scontro civile, può rendere liberi e migliori, come è venuto fuori dal dibattito scaturito subito dopo la presentazione tra il pubblico che era seduto nella saletta. Ma cos’è la poesia per Cristiano?

Poesia

La poesia non si impara, né si insegna,
non si trova, né si crea,
e infatti, io la cerco,
inutilmente,
tra le lettere, di questa stupida,
tastiera.

 

Cover e foto nel testo di Valerio Pazzi

Da oggi, sabato 4 dicembre, la Biblioteca comunale Giorgio Bassani di Codigoro diventa social

Da oggi, sabato 4 dicembre, la Biblioteca comunale Giorgio Bassani di Codigoro è anche social. La chisura temporanea del Palazzo del Vescovo, per lavori di efficientamento impiantistico, è stata l’occasione per lavorare attorno ad un nuovo progetto culturale, finalizzato a mantenere un contatto costante con i lettori ‘vecchi’ e nuovi attraverso la creazione del profilo Facebook: https://www.facebook.com/Biblioteca-comunale-Giorgio-Bassani-di-Codigoro-105399831987409.

Ben presto, affiancheranno il profilo FB anche le pagine Twitter ed Instagram del Palazzo del Vescovo. Grazie ai propri canali social la Biblioteca Comunale Giorgio Bassani divulgherà le iniziative, gli eventi culturali, i corsi che si terranno tanto al Palazzo del Vescovo, quanto nella sede comunale.
Un sentito ringraziamento per il lavoro preparatorio è rivolto al Dott. Marco Ronconi, responsabile del Servizio Informatico e a Francesca Poltronieri della Cooperativa Le Pagine.
Da giovedì 9 dicembre la biblioteca rispalancherà le porte al pubblico con centinaia di novità per adulti (narrativa e saggistica) e per ragazzi. Tanti nuovi romanzi sono arrivati e altri sono in arrivo, grazie al contributo del Mibac di quasi 9.500 euro, contributo che consentirà di arricchire di ben 651 libri il patrimonio librario della biblioteca comunale.
Lo staff della Biblioteca continuerà ad essere disponibile per informazioni al recapito telefonico 0533-729585, all’indirizzo di posta elettronica biblioteca@comune.codigoro.fe.it , sul profilo Facebook e da giovedì 9 dicembre p.v., anche in presenza. Si ricorda che il D.L. 172/2021 stabilisce che l’accesso ai luoghi della cultura, biblioteche comprese, è consentito solo in possesso di Green Pass.

RISTORANTI CONTRO LA FAME: A BOLOGNA UNA “CENA A 6 MANI” IN NOME DELLA SOLIDARIETÀ

 

RISTORANTI CONTRO LA FAME: A BOLOGNA UNA “CENA A 6 MANI”
CON VENTURELLI, SADLER E BATTISTI IN NOME DELLA SOLIDARIETÀ

Nella cornice della settima edizione dell’iniziativa di Azione contro la Fame, una serata per raccogliere fondi a sostegno di chi non ha la possibilità di mettere in tavola nemmeno un pasto intero al giorno, in Italia e nel mondo

Bologna, 6 dicembre 2021 – La ristorazione di qualità incontra, a Bologna, il mondo della solidarietà in una serata in cui gusto e attenzione per i più vulnerabili sono strettamente collegati. Sarà una vera e propria cena contro la fame l’evento – promosso in collaborazione con Azione contro la Fame, organizzazione umanitaria leader della lotta alla fame e alla malnutrizione infantile – che si terrà la sera di lunedì 6 dicembre al La Porta Restaurant. Saranno protagonisti di una vera e propria “maratona ai fornelli” quattro grandi chef italiani, che daranno vita ad una “cena a sei mani” per raccogliere fondi a sostegno di chi non ha la possibilità di mettere in tavola nemmeno un pasto intero al giorno: si tratta di Lorenzo Venturelli, Claudio Sadler e Cesare Battisti. L’evento fa parte del programma 2021 di Ristoranti contro la Fame, la rassegna promossa da Azione contro la Fame in oltre 170 locali in tutta Italia e che, quest’anno, propone anche un ricco calendario di eventi territoriali: dei veri e propri “road trip” promossi da chef e ristoratori su tutta la penisola. La prossima tappa
sarà, appunto, Bologna con il mondo della ristorazione che scenderà ancora in campo per sensibilizzare sul tema della lotta alla fame e della diffusa malnutrizione infantile in diverse parti del mondo.
Nel corso di questa edizione di Ristoranti contro la Fame, che rientra nell’ambito dell’iniziativa di sensibilizzazione “Mai più Fame”, i clienti, all’interno dei ristoranti, potranno donare, fino al 31 dicembre, due euro con l’acquisto di un “piatto solidale”, 50 centesimi scegliendo una “pizza solidale” e altrettanti consumando una bottiglia d’acqua. Sono quattro le attività sul campo che saranno sostenute attraverso Ristoranti contro la Fame. In Sahel l’organizzazione sosterrà ancora l’intelligenza artificiale per contrastare i cambiamenti climatici con un progetto innovativo che combina le immagini satellitari e i dati raccolti dai pastori per monitorare la siccità e guidare gli allevatori verso pascoli migliori; in India, Azione contro la Fame
darà seguito alla realizzazione degli “orti giardino”, pensati per liberare i più vulnerabili dall’insicurezza alimentare, proiettandoli verso l’autosufficienza; in Libano, il network si occuperà del sostentamento delle comunità di rifugiati con l’obiettivo di migliorare le loro condizioni socioeconomiche con l’accesso ai beni di prima necessità.
Ma non solo: l’iniziativa sosterrà anche il primo intervento di Azione contro la Fame nel nostro Paese. Il progetto promosso in Italia, “Dall’emergenza all’autonomia”, consiste in una attività “pilota” che, in un momento di emergenza economica e sociale, mira a contrastare l’insicurezza alimentare nel nostro Paese. L’intervento, nella sua prima fase, coinvolgerà 50 famiglie vulnerabili della periferia di Milano, per un totale di 250 persone, già nel 2022. Anche in Italia, pur con forme diverse, molte persone vivono una condizione di insicurezza alimentare (5,6 milioni nel in povertà assoluta, Istat).
Tre i cardini del progetto: un contributo alla spesa settimanale, per fornire un supporto nutrizionale immediato; la promozione di un’educazione alimentare allo scopo di favorire tra i beneficiari l’adozione di una dieta sana ed equilibrata; la formazione per migliorare le capacità personali, sociali e professionali utili per favorire l’autonomia e, così, la sicurezza alimentare a lungo termine. Il programma riserverà una particolare attenzione alle famiglie con due o più figli (soprattutto con bambini con età inferiore ai 5 anni), con donne in gravidanza o neomamme, con genitori disoccupati o impegnati in lavori occasionali.

Ufficio stampa e comunicazione Azione contro la Fame