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Giorno: 16 Maggio 2022

Manipolare le parole per manipolare il pensiero

 

È da tempo che mi occupo della crisi di linguaggio che stiamo vivendo.
Una crisi archetipale perché la lingua è lingua madre, è parola incarnata che  viene da lontano, ed è legata ai corpi delle donne, alla terra in cui nasciamo, alle vibrazioni dei pensieri e delle parole che hanno accompagnato il nostro sviluppo da embrione a feto, fino alla nascita e che accompagnano, poi il nostro viaggio qui sulla Terra ( anche lei madre).

Dunque una crisi che segna quanto malato, non solo fisicamente, sia il tempo che stiamo vivendo!
Questa crisi del linguaggio mi è apparsa chiara molti anni fa quando ho cominciato a interessarmi della pratica aberrante della maternità surrogata.
Allora mi ero resa conto quanto fossimo immersi, in modo del tutto inconsapevole, in un linguaggio distopico, disconnesso dalla realtà viva e palpabile. Noi che avevamo chiaro quanto fosse aberrante questa pratica, cosa per altro evidente, è infatti lampante che è una pratica commerciale, anche quella “altruistica” remunerata con rimborsi spese – dove il giro di affari non riguarda solo la donna madre surrogata, ma avvocati, assicurazioni, cliniche mediche, laboratori etc. –  ci trovavamo a dover contrastare una narrazione che la dipingeva come uno dei più grandi atti di amore e di gratuità.

Per descriverla, le parole venivano e vengono ancora oggi manipolate, staccate dalla loro reale incarnazione, staccate dalla realtà e restituiscono alla opinione pubblica questa pratica come una battaglia progressista e di nuovi diritti.  Le forze progressiste, oggi, ne hanno fatto una bandiera di libertà e di diritti.

Dare dei figli a chi non può averli è il gesto più altruistico che si possa fare, i figli diventano un diritto di tutti e i diritti sono sacri inviolabili.  Questi gli slogan delle democrazie occidentali, il così detto mondo “primo” ! E questa narrazione ha funzionato ed è diventata fondamentale per portare avanti quella idea di libertà fallace che in tanti  denunciamo  da tempo, e che oggi è la bandiera del pensiero transumanista che ci governa.

Le parole che ci hanno accompagnato in questi due anni di emergenza sono uguali a quelle che hanno accompagnato la narrazione della maternità surrogata. “Più vaccinati più liberi“, eccola li la libertà nuovamente immessa sul mercato!
E di nuovo, come per la maternità surrogata, la maggioranza della gente non ha avuto moti di indignazione. I pochi che hanno osato farsi delle domande sono stati dileggiati, diffamati e poi  perseguitati.

Il Green Pass e il super Green pass sono un altro lampante esempio di distorsione delle parole.
Cosa ha di green la tessera verde? 
La parola green ce l’hanno spalmata ovunque, ma non c’è un’azione politica che sembra corrisponda al suo vero e profondo significato. Quando è comparso all’orizzonte questo nome che serviva a definire appunto una tessera che apriva le porte alla vita sociale, alla vita lavorativa, agli studi agli sport , la maggioranza delle persone non si è accorta dell’uso manipolatorio di questa parola.

E la domanda è sempre la stessa: “quanto è diventata accettabile questa tessera legandola alla parola green?”  Sappiamo bene che il super green pass non era una misura sanitaria, e anche se lo fosse stato, mai avremmo pensato anni fa che avremmo accettato supinamente una misura che obbligava surrettiziamente le persone a fare delle cose sul proprio corpo contro la loro stessa volontà per potere accedere al lavoro, alla scuola alla università, agli sport etc.

Chi per ragioni proprie, di salute o di libera scelta, ha legittimamente esercitato il suo sacrosanto diritto alla autodeterminazione facendo  una scelta contraria al pensiero dominante, si è visto togliere addirittura il diritto al lavoro, il diritto allo studio, il diritto allo sport!

Siamo giunti ad accettare che minoranze, perché di queste si parla, venissero progressivamente escluse dalla vita sociale fino a rendergli quasi impossibile vivere e sopravvivere.  Siamo giunti ad accettare che giovanissimi potessero essere esclusi dallo sport. La famosa autodeterminazione, per noi femministe tema alla radice di ogni nostro ragionamento filosofico e pratico, nella emergenza è diventata carta straccia.

Questo tipo di manipolazione delle parole proviene da lontano.  E’ stata costruita a tavolino con astuzia, appartiene alla storia del potere da sempre  e noi donne dovremmo conoscerla bene, eppure mai sembra abbia raggiunto vette così distopiche. L’esercizio del più banale ragionamento logico difronte ad aberrazioni di senso è stato  bandito dalle scuole, dalle aule, dalla vita.  In questi due anni il mainstream si è fatto portavoce del distorcimento delle parole. Più paradossale è l’incongruenza tra il significato autentico della parola e il suo uso e più diviene utile al mercato e al potere di cui il mercato è il padrone.  Ed è questo che è sconvolgente. Sembra che la gente abbia completamente perso il senso critico, quello semplicemente dato dal “ buon senso” !

Foto della scatola da 10 pz in vendita

Oggi ho ricevuto da una cara amica, con la quale spesso ci confrontiamo su questa crisi  delle parole, una foto illuminante. Alla Coop di Busalla erano esposti in bella vista i pacchi da 10 di ffp2 imballate in una bella scatola di cartone rosa e bianca dove campeggia al centro l’immagine di un mascherina, con su scritto “RESPIRATORE”.
Se con questo ultimo esempio non vi viene un sussulto dal profondo,  non avete un moto di rabbia, quella sana, che vi possa finalmente muovere  in direzione opposta e ostinata, beh credo che la vostra lingua madre ormai sia finita nei meandri più reconditi del vostro inconscio con il danno conseguente che siete  irrimediabilmente disconnessi da voi stessi e dal mondo che vi circonda.

L’enorme successo di NBA JAM, il videogioco che penalizza i Chicago Bulls

A quasi trent’anni dalla sua pubblicazione, NBA JAM è tutt’oggi uno dei videogiochi sportivi più apprezzati dal pubblico statunitense: in tre decadi è passato dalla popolarissima versione arcade di inizio anni ’90 all’attuale gioco per smartphone, attraversando con successo almeno tre generazioni di console.

Il gioco è piuttosto semplice: si sceglie una delle 30 squadre NBA e si sfida il computer o l’avversario in un classico “due contro due”. Ogni squadra, infatti, ha a disposizione soltanto i due giocatori più rappresentativi. Ciò che caratterizza NBA JAM è da sempre l’esagerata e irrealistica spettacolarità delle giocate, che, sulla scia di picchiaduro quali Street Fighter o Mortal Kombat, dà la possibilità ai personaggi di effettuare le cosiddette combo o di aumentare la propria potenza attraverso una serie di mosse.

Tra l’altro, nel descrivere l’assurdità di quelle giocate, la voce narrante del telecronista Tim Kitzrow ha introdotto nel gergo sportivo statunitense delle espressioni che col tempo sono diventate di uso comune: da “he’s on fire!” a “razzle dazzle!”. Tutto ciò contribuì all’enorme successo che il videogioco ebbe negli anni ’90, inducendo la casa editrice Midway a replicare tale formula.

L’ideatore di NBA JAM si chiama Mark Turmell, ed è stato uno dei programmatori di punta della suddetta Midway per vent’anni (1989-2009), contribuendo poi al revival del suo videogioco presso EA Sports. Attualmente lavora per Zynga, società californiana che negli ultimi anni si è fatta notare per aver rilanciato il gioco FarmVille. Ebbene, di recente lo stesso Turmell ha confessato che la versione arcade di NBA JAM conteneva una specie di trucco [Qui].

Tifosissimo degli irriducibili Detroit Pistons di fine anni ‘80, Turmell non vedeva di buon occhio la squadra che all’epoca stava per spodestare i Pistons, ossia i Chicago Bulls di Michael Jordan. Infatti, a partire dal 1991 il dominio della squadra del Michigan – finalista nell’88, campione nell’89 e nel ’90 – lasciò spazio all’ascesa dei Bulls. Così, in NBA JAM Turmell inserì un codice in grado di alterare l’esito delle gare tra Bulls e Pistons: un eventuale buzzer beater dei Bulls, cioè il canestro che decide l’incontro allo scadere, aveva lo 0% di successo.

Insomma, seppur minima e virtuale, la ripicca del tifoso Mark Turmell dette comunque i suoi frutti: i giocatori più assidui di NBA JAM fiutarono l’inghippo e iniziarono a scegliere i Pistons al posto degli amatissimi Bulls di Jordan e Pippen.