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Célia è una ragazza francese di vent’anni, con la sindrome di Asperger. Si tratta di un disturbo pervasivo dello sviluppo, comunemente connesso allo spettro autistico. Ancora non se ne conosce l’eziologia. Compromette le interazioni sociali, produce comportamenti ripetitivi e stereotipati, attività e interessi sono molto ristretti. Ma la sindrome di Asperger non è una malattia, è invece un modo di essere, un modo di pensare ‘diverso’.
Ricordate Cristopher, genio della matematica, protagonista di “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”? Leggendo le pagine scritte da Mark Haddon, ci si può facilmente rendere conto del dramma personale e famigliare di quanti soffrono di questa sindrome.
Apprendo la notizia dall’articolo che, su Le Monde, Pascal Krémer ha dedicato a Célia il 23 dicembre scorso, “La meilleure de la classe est autiste”. Perché Célia è risultata la migliore tra gli studenti dell’ultimo anno del liceo Lakanal di Sceaux, nell’Alta Senna.
Una rinascita per questa ragazza che per lungo tempo ha patito senza che la medicina desse un nome alla sua sofferenza: la sindrome di Asperger.
Per anni, a partire dalla scuola elementare, è stata isolata dai compagni, considerata folle e bizzarra, curata con ansiolitici, sonniferi, antidepressivi e antipsicotici, fino a quando incontra il dottor David Gourion, uno psichiatra che a lungo ha esercitato nell’America del Nord.
Un incontro che apre le porte del mondo a Célia, che le permette di scoprire la sua umanità, che il suo essere è la normalità per tante altre persone come lei, nella sola Francia almeno 650.000, di cui 150.000 bambini. I dati mondiali della sanità ci dicono che l’autismo è in aumento e che entro il 2020 un bambino su dieci soffrirà di questa patologia.
Célia è dotata di un quoziente intellettuale insolito, come spesso accade per i portatori della sindrome di Asperger. Ed è questo quoziente intellettuale del tutto eccezionale che le consente di compensare il deficit di interazione sociale per tentare di assecondare “i nostri comportamenti irrazionali”, osserva il dottor David Gurion, con un costo psichico enorme.
Ora che la sofferenza di Célia ha finalmente un nome, non più schizofrenia o altro, è curata con un solo farmaco regolatore dell’umore, frequenta un gruppo di abilità sociale che l’aiuta ad adattare i suoi comportamenti ai nostri e soprattutto le permette l’incontro con la sua famiglia.
Célia non vive più sola, non è più condannata all’isolamento nella sua alterità. Incontra altri giovani Asperger come lei, con i quali intrattiene conversazioni profonde, senza doversi preoccupare di riflettere correttamente i sentimenti o dell’intonazione giusta per ogni frase che pronuncia.
Ha preparato la maturità in due anni, appassionandosi alla filosofia delle religioni e alla teologia. Gli insegnanti sono entusiasti di questa studentessa rara, che beve le loro parole, che ha una memoria prodigiosa. Ha imparato a memoria cinquantaquattro poesie di Eluard, possiede una finezza di ragionamento unica, una straordinaria capacità di costruire relazioni tra i diversi autori.
C’è davvero dell’eccezionale nei progressi compiuti dalla scienza nella diagnosi dell’autismo e della sindrome di Asperger. L’eccezionalità è però data dal contributo che diverse personalità affette da autismo hanno fornito alla ricerca e alla conoscenza di questa patologia.
È il caso di Josef Schovanec, trentatré anni, laureato in scienze politiche e filosofia, autistico con la sindrome di Asperger. Per anni ha trascorso le sue giornate chiuso in una stanza, senza uscirne per mesi. Per cinque anni, etichettato come schizofrenico, sedato con una camicia di forza chimica, una batteria di psicofarmaci di quelli più pesanti per l’organismo e, nello stesso tempo, più discussi nella pratica psichiatrica.
Da allora Josef Schovanec ha imparato a comunicare con i neurotipici, a introiettare tutti i codici della ‘commedia sociale’, a viaggiare e a parlare di autismo in giro per il mondo. È diventato lui stesso ambasciatore di chi soffre come ha sofferto lui, dell’incapacità di accettare la propria differenza. Come ha osservato il genetista Thomas Bourgeron dell’Istituto Pasteur, è importante che le persone con autismo possano comunicare la loro visione di questa sindrome complessa e spiegare tutte le difficoltà che incontrano nella nostra società.
Com’è il cervello autistico e soprattutto come funziona? Molti libri scritti da medici e ricercatori cercano di fornire una risposta a questa domanda.
Temple Grandin, una professoressa associata della Colorado State University, una delle più famose personalità affette da autismo, nel suo ultimo libro, “Il cervello autistico”, propone una visione che intreccia i risultati della ricerca scientifica con la propria esperienza personale. Già con “Pensare in immagini ed altre testimonianze della mia vita d’autistica”, pubblicato dall’Erickson, ci ha offerto uno spaccato unico e affascinante del vissuto interiore, della cognizione e delle emozioni delle persone con questa sindrome. Una lettura preziosissima e ricca di spunti per genitori, insegnanti, psicologi, educatori e per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sono a contatto con l’autismo e con le sue zone d’ombra.
La sua nuova testimonianza è ancora più emozionante. Non senza una buona dose di umorismo, Temple Grandin ripercorre le principali tappe dell’evoluzione della concezione dell’autismo nel succedersi delle varie edizioni del Dsm, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la classificazione americana tanto criticata della malattia mentale. “Una collezione di diagnosi burocratiche” per la studiosa statunitense che si ribella alla pratica di etichettare i pazienti.
Secondo lei è necessario lavorare sui sintomi, non sulle diagnosi, non disprezzare le testimonianze, ma incominciare a studiarle con molta attenzione. Troppo poco è il lavoro condotto per conoscere l’ipersensibilità sensoriale, onnipresente in ogni forma di autismo e molto invalidante.
Temple Grandin richiama gli specialisti, i genitori e quanti sono interessati a conoscere l’autismo, non solo a vederne le difficoltà, ma a comprendere i punti di forza che scaturiscono dal modo singolare di funzionare del cervello autistico, utili a tutti noi. Ma soprattutto ad essere particolarmente prezioso è l’apporto dei singoli pazienti, perché possono diventare loro stessi esperti nella conoscenza di sé e insostituibili partner dei ricercatori.

Ferraraitalia ha pubblicato un articolo interamente dedicato a Temple Grandin, in occasione della Giornata mondiale dell’autismo [vedi].

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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