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Il suo viaggio è la musica. Contemporanea, libera da pentagramma e tonalità, ma supportata dalla tecnica. E’ con questo spirito che il compositore e musicista Mauro Rolfini, ha sposato la ricerca proponendo tre concerti organizzati in collaborazione con l’Associazione Olimpia Morata, nella sala della Musica di via Boccaleone 19. L’ultimo degli appuntamenti autoprodotti e legati tra loro da un percorso storico che va dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri, è per sabato, 9 maggio, alle 21.

sextetLa minirassegna chiude con il sestetto Cercando il Caso di cui fanno parte oltre a Rolfini (sax), Silvia Bolognesi (contrabbasso), Natalie Peters (voce), Simone Sferruzza (batteria), Walter Prati (violoncello) e Giancarlo Schiaffini (trombone/conduction). “Al pari delle altre l’esibizione sarà registrata e sarà prodotto un cd, che chi desidera può acquistare da Pistelli e Bartolucci”, spiega. “Non credo nell’e-commerce, il rapporto diretto con il cliente finisce con l’arricchire solo il gestore del servizio on line, nelle cui tasche va una percentuale troppo alta”, dice. Il giudizio è definitivo, ma fa parte del personaggio insofferente ai troppi lacci di un mercato, che ritiene irrispettoso degli artisti. Rolfini fa un altro mestiere, è un commerciante, proprio per questo quando non lavora cura con passione la musica, mantenendola al di fuori e al di là della scena musicale.

“Non avere committenti significa non subire le esigenze altrui e poter proseguire in una ricerca personale che, passando per la conoscenza di differenti artisti, mi porta ad apprezzare l’improvvisazione, il dialogo paritario tra musicisti – spiega – non sto parlando di suonare da autodidatti, ma di farlo insieme, senza sostenere alcun leader. Nessuno suona sopra gli altri, tutti lo facciamo disponendo della tecnica, ma senza tener conto delle regole imposte da mille anni di storia, laddove la musica è stata codificata nel pentagramma da Guidone d’Arezzo”. Nessun leader, niente vincoli né simboli, anarchia dunque? “Direi democrazia in musica. Cultura e tecnica restano nel dna di chi cerca nuove proposte, non stiamo parlando di spontaneismo, bensì di piccoli gruppi consapevoli e desiderosi di dare un’idea sonora diversa. E’ un po’ come sottrarsi a una dittatura di simboli sopravvissuti nei secoli, tra l’altro a dirla tutta, le persone hanno sempre fatto musica anche prima della comparsa pentagramma”.

La prende da lontano, ma a interessarlo maggiormente sono gli artisti internazionali poco frequentati dal grande pubblico, che dalla fine degli anni ’60 hanno esplorato linguaggi e panorami sonori inusuali. Lo dimostrano i precedenti appuntamenti della minirassegna, intitolati rispettivamente Ballet for Anthony Braxton e To be Ornette dedicati a due maestri del free jazz. Ed è comunque un’espressione riduttiva per definire dei giganti: “Possono piacere o meno, ma restano dei ricercatori a cui si deve molto, hanno aperto la strada anche alla musica contemporanea – conclude – Chi parla di musica d’elite, omette di pensare alla cultura musicale nella sua interezza, nel mio piccolo cerco di produrre qualcosa che vi rientri. Certo lo stimolo dovrebbe arrivare anche da chi è deputato politicamente a sostenere la cultura, si dovrebbe avere il coraggio di favorire la sperimentazione oltre che il business”. Per info

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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