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di Domenico Bedin

L’ottava porta si chiude dietro di me ed entro nell’area pedagogica dove durante l’anno scolastico si tengono le lezioni delle varie scuole. C’è un assembramento di detenuti inconsueto. Cerco di capire e riconosco gli alunni della scuola di agraria. Mi vengono incontro eccitati: stanno sostenendo l’esame orale per la maturità. Sono sorridenti, tutto sta andando bene. Mi chiamano dall’aula d’esame perché il commissario vuole congratularsi per l’attività dell’orto che ha permesso agli studenti di esercitarsi praticamente tutti i giorni. Gli insegnanti si congratulano per l’impegno e i buoni risultati ottenuti dai detenuti esaminati. Mi chiedono di parlare del “famoso” Galeorto.
L’idea è nata da una richiesta degli stessi detenuti che già in passato coltivavano un pezzo di terra all’interno del grande muro di cinta. Ma mancava l’acqua e il terreno era catalogato come area di riunione per le emergenze e perciò si smise di seminarlo.
Tre anni fa invece la direzione ha individuato un nuovo grande appezzamento di circa 6.000 mq. Un gruppo di amici ha offerto la possibilità di scavare un pozzo artesiano. E’ nata così l’idea del Galeorto. La Casa Circondariale ci mette il terreno, l’Associazione di volontariato sociale Viale K lo prende in comodato e realizza il pozzo e dissoda il terreno; procura le piantine, i semi, i concimi eccetera; e soprattutto associa i detenuti che desiderano coltivare l’orto. I detenuti-ortolani vengono assicurati come soci volontari di Viale K e producono gratuitamente gli ortaggi da mettere a disposizione delle varie sezioni del carcere.

Piantine, erbe infestanti e cappelli di paglia
Così una quindicina di ortolani dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 15 può dedicarsi a turno alla zappa. Subito c’è la richiesta di un secondo orto per una sezione speciale. Si parte subito e in poco tempo si ottiene una striscia coltivata con ordine e una buona professionalità. Gli ortolani-studenti scendono con il professore di agraria che indica loro metodologie e distinguono una parte di terreno che diventa sperimentale. Assisto a discussioni interessantissime sui diversi prodotti da seminare o trapiantare, sull’orientamento dei filari riguardo al sole. E sull’uso più corretto dell’acqua e dei concimi, sulle malattie e gli insetti o le erbe infestanti… procuro dei cappelli di paglia perché non si prendano un’insolazione.
Nascono contrasti tra i detenuti Rumeni e Magrebini circa le date della semina e della raccolta, gli uni vogliono le verze e i cavoli gli altri le spezie i peperoncini. I nostri meridionali supportati dagli agenti preferiscono le cime di rapa. Io opto per le fragole. Dalle discussioni nasce la consapevolezza che in ogni angolo del pianeta ci sono usi e tradizioni e tempi diversi per coltivare l’orto legati ai climi e ai gusti di ciascuno.
Alla fine ci troviamo tutti d’accordo sul piantare quello che una ditta di piante da orto ci regala! Gli insegnanti poi stabiliscono i tempi e gli usi legati al nostro territorio. Comunque è assodato che le verze, le rape e i cavoli li mangiano quelli del nordest Europa. Meno male che le patate e i pomodori mettono tutti d’accordo. L’anno passato è avvenuto un fatto strano. A grande richiesta ho procurato semi di peperoncino calabrese (anche questo amato dagli agenti). Seminati con grande attesa sono spuntate piantine strane che nessuno riconosceva, ciascuno faceva pronostici e riconosceva un tipo particolare di peperoncino. Un giorno mi chiamano e troviamo una campetto fiorito tra le zucche e le fragole; non erano peperoni ma fiori coloratissimi. Tutti hanno convenuto che ci stavano proprio bene e che i fiori sono molto belli anche in carcere.

Il Galeorto si espande, evade, e arrivano le Zucche Violine
Ma il Galeorto si estende anche oltre il muro grande di cinta. E’ avvenuto proprio così. Una mattina passeggiavo col Direttore del carcere nel corridoio che dà verso l’esterno e stavamo valutando come estendere anche ai detenuti ‘semiliberi’ (o con l’art 21) che stanno nella parte esterna della Casa Circondariale una attività che li coinvolgesse e facesse loro guadagnare qualcosa. Alcuni detenuti ‘lavoranti’ stavano sfalciando il grande prato che come un anello circonda tutto il carcere. “ Facciamone un orto grande. Saranno almeno tre ettari”. Il Direttore mi ascolta, tace e sorride, poi con aria convinta mi dice di fare domanda al Prap. Nasce così la coltivazione di Zucche Violine nel terreno “inercinta” : tra la rete di confine del carcere e il l’ultimo grande muro. La Zucca Violina, sia detto per inciso, serve ai ferraresi per fare i famosi Cappellacci di Zucca. Gli Estensi ne andavano ghiotti e ne erano fieri.

Dentro e (appena) fuori: due orti per avviarsi verso una nuova vita
I lavori di dissodamento, di allacciamento al canale di irrigazione, di ‘paciamatura’ e trapianto di 3.000 piantine di zucca ci fa arrivare praticamente a Luglio. I più ottimisti ci dicono che sarà un fallimento: – troppo tardi e troppo caldo quest’anno! Ma le piantine “si tengono” e, anche se un po’ in ritardo, a settembre riusciamo a vendere zucche a mezza città. Le zucche del Galeorto. Ci hanno lavorato tre detenuti che ormai hanno finito di scontare la pena. Hanno guadagnato anche qualche soldo tramite un tirocinio formativo e uno di loro, rimasto senza famiglia, ormai vive presso una delle comunità gestite dalla associazione Viale K. Logicamente fa l’ortolano.
Per sostenere il Galeorto ho fatto il trattorista riscoprendo la mia ancestrale vocazione contadina, ma immediatamente, si sono aggiunti alcuni volontari che danno continuità a questo progetto che sta diventando sempre più strutturato.
All’interno del carcere si coltiva gratuitamente per stare impegnati e fornire di verdura fresca un po’ tutti i detenuti che lo desiderano, all’esterno invece si lavora per dare una possibilità economica e mettere alla prova quelle persone che si preparano ad uscire a breve dal carcere.
L’associazione Viale K svolge ormai da venti anni un lavoro di accoglienza dei detenuti che usufruiscono di misure alternative al carcere e spesso li ospita anche dopo la scarcerazione. Si tratta di un lavoro fatto di relazioni che si intessono partendo da colloqui e attività che si svolgono prima di tutto in carcere e che poi si estendono nelle varie comunità di accoglienza che Viale K gestisce nel territorio ferrarese.
La maggior parte di loro, dopo un periodo di permanenza in comunità, trova la propria strada e se ne va. Alcuni invece rimangono, impegnandosi nelle varie attività dell’associazione, secondo il bisogno e le capacità di ciascuno. Alcune volte qualcuno ricade nei vecchi errori, o più semplicemente torna in carcere per scontare reati vecchi, ma la relazione ed il contatto rimangono. Ci si occupa soprattutto dei più giovani senza possibilità famigliari.

Invece di andare avanti, si sta tornando indietro
Speravamo che queste esperienze che ormai in tante parti d’Italia si stanno realizzando in una bella collaborazione tra amministrazione carceraria e terzo settore trovassero finalmente conferma e nuovo slancio nella nuova legge che doveva regolare la materia del trattamento alternativo al carcere.
Tutto si è bloccato con il nuovo governo che purtroppo ha deciso di andare in tutt’altra direzione, verso una detenzione punitiva e chiusa. Si sta però andando contro la storia e soprattutto contro l’esperienza consolidata in questi anni che dimostra che la corresponsabilità di vari soggetti nel trattamento della pena e la valorizzazione delle misure alternative produce un grande risultato sia nel recupero, sia, di conseguenza, sul piano della sicurezza sociale.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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