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L’impulso primario è certamente quello di riferire sulla conferenza dantesca intitolata “Narrare l’indicibile. Vedere l’invisibile. Dante e la funzione della memoria “, che ho tenuto venerdì 15 ottobre 2021 presso la sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara.
Il luogo era totalmente fruibile e m’immaginavo una presenza media. Lo stupore è stato sommo quando la sala si è praticamente riempita e si contavano 72 ascoltatori.

E che ascoltatori! I ‘giovani’ allievi ora importanti studiosi della scuola fiorentina di Mario Vayra a Claudio Cazzola, l’affermatissimo critico Stefano Prandi dell’Università di Lugano, i miei ‘ragionieri’ da Fiorenzo Baratelli a Roberto Cassoli a Marcello Folletti che mi presentava. E ancora il ‘primo amico’ Ranieri Varese, Luisella Genta che mi aprì le porte della mente e della casa a Lipari, Cristina Felloni, amica di una vita e compagna fedele nella mia esperienza nell’Associazione Amici dei Musei e tanti altri amici, tra cui commovente la presenza di Alessandra Chiappini ed Enrico Grandi che nonostante un importantissimo avvenimento non hanno rinunciato a presenziare almeno ad una parte della conferenza. E con loro tanti altri amici incuriositi dall’argomento. Una prova e conferma dei valori dell’amicizia? Certamente sì!

Sono naturalmente orgoglioso del commento che Marco Ariani mi ha spedito dopo la lettura della mia conferenza e che qui riporto integralmente non perché sia ‘laudabile’ ma per il coinvolgimento intellettuale che ne deriva:
“Caro Gianni, mi hai veramente commosso per il mysterium simplicitatis con il quale hai mediato ad un pubblico certo non esperto una materia così complicata. Davvero efficace, emozionante, perfettamente adeguata all’occasione e precisa scientificamente nella sostanza. Belle le suggestioni fotografiche e la rievocazione di tante auctoritates dimenticate (l’immenso Curtius!). Lettura limpidissima di quei canti, profonda pur senza vezzi di elucubrazioni accademiche. Capisco davvero il grande successo. Grazie per le lodi, anche se un po’ esagerate. Ribadisco che la retorica medievale non faceva tutte queste differenze tra similitudini e metafore (che si fanno oggi per un’eredità sostanzialmente romantica), perché si sapeva che la metafora altro non è che una similitudine raccourci e, viceversa, la similitudine altro non è che una metafora in extenso. Complimenti. Un abbraccio, Marco.”.

Ma la complessità della parola ‘amicizia’ diventa palpabile allorché per cognizione di causa continuo a consultare i programmi televisivi dove la parola ‘amici’ assume le più diverse (e stravaganti) interpretazioni.
Dai vecchi compagni di un mondo musicale degli anni’80 del secolo scorso alla seriosa compresenza in tante reti di amici che ad una più attenta disamina non sembra lo siano del tutto.

Si vedano i programmi che analizzano la sconfitta nelle amministrative dei rappresentanti del centro destra: Salvini, Meloni, Berlusconi e le loro dichiarazioni a proposito dei fatti che hanno portato ai gravissimi incidenti dell’assalto alla sede nazionale della CGL. Alla cautela con cui appoggiano o negano la possibilità di sciogliere un associazionismo di marca prettamente ‘fascista’.

Al proposito va pienamente condivisa l’analisi di Fiorenzo Baratelli di cui riporto parte del suo ottimo commento: “La destra ha subito una disfatta, ma il suo popolo non è scomparso. L’astensione ha colpito soprattutto la sua parte. La confusione è grande tra i suoi leader, ma le elezioni politiche sono cosa ben diversa da elezioni parziali amministrative, per altro svoltesi in un contesto particolare. 3) L’astensione è un problema drammatico, anche se non è una sorpresa. Sono decenni che la talpa della crisi della rappresentanza scava: rischiamo una democrazia senza popolo.”.
Nelle nostre quotidiane telefonate, Baratelli tenta, non sempre raggiungendo lo scopo, di leggermi le vicende politiche in chiave pragmatica. Anche questo è un segno di amicizia e di responsabilità, ma a volte il mio pensiero sfugge alla comprensione della prassi.

Altri amici in quella giornata commemoravano all’Istituto di cultura parigino Giorgio Bassani. Ero dispiaciuto di non poter essere con loro ma la ricompensa sarà quella di poter parlare del grande volume sulle poesie di Bassani il cui commento è affidato alla carissima amica Anna Dolfi. La possibilità che mi è stata data di una recensione al volume e la conduzione della presentazione ferrarese al Centro studi bassaniani mi rendono orgoglioso di questo incarico.

Allora. Viva l’amicizia, viva la cultura e le sue forme. Naturalmente pensando che una grandissima prova di amicizia è quella di vaccinarci. Tutti e senza se e senza ma.

Per leggere tutti gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

 

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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