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Che succede nel mondo dell’arte? Scorro con preoccupazione le notizie che arrivano sull’uso e la fruizione dei beni artistici. Leggo con stupore che nella città ‘artistica’ per eccellenza, Firenze, si procede con disinvoltura alla gestione del patrimonio culturale.

Si veda la lettera di Tomaso Montanari [Qui] apparsa su Emergenze culturali del 13 gennaio e dal titolo assai indicativo: Uffizi, monarchia assoluta del sovrano Eike Schmidt: «Secondo lo Statuto, il Comitato scientifico degli Uffizi è riunito dal direttore del museo con “cadenza almeno semestrale”. Ma in tutto il 2021 il Comitato non è stato convocato nemmeno una volta: così che per l’anno appena finito non esiste “la relazione annuale di valutazione annuale delle Gallerie”, e nessuno ha verificato e approvato “le politiche di prestito e di pianificazione delle mostre”: alcuni dei compiti che spettano al Comitato stesso».

A rendere ancora più problematica la situazione ecco l’altra querelle sull’uso delle scritte ‘sparate’ sui monumenti col nome dello sponsor. Sembra ormai che la diffusione della cultura non possa prescindere dalle tecniche sempre più invadenti e l’esempio fiorentino è stato anticipato dai ferraresi con le immagini proiettate sul Castello, dopo la proibizione dell’incendio del monumento.

Frattanto la politica culturale della nostra città sembra affidarsi alle iniziative del “segretario” del Cavaliere, Vittorio Sgarbi, che accumula presidenze di Musei in ogni parte d’Italia, e un sorriso viene strappato dalla lettura di un servizio di Stefano Lolli, che analizza sul Carlino Ferrara le operazioni di ‘Sgarbiland’.[Qui]

Si leggano queste righe dell’ultimo intervento del giornalista dal titolo Capre e scoiattoli: «E Ferrara? È ovvio che in caso di elezione di Berlusconi presidente, la prima visita di stato sarebbe al Teatro Comunale, in occasione di uno spettacolo già in allestimento, e di cui l’assessore Gulinelli ha già spoilerato il titolo. ‘Hasta Victorio siempre’, bipartisan e parmisan come piovesse».

Sicuramente il disagio che personalmente condivido con tanti amici ormai ‘semimuti’ delle associazioni culturali è evidente. Mai si è assistito a una più problematica indicazione (per essere generosi) di un nome per la elezione del presidente della Repubblica. E quello proposto dalle destre mi sembra veramente improponibile. Esprimo in questo caso il mio personale giudizio.

La malinconia della forzata clausura passata tra svogliate letture e ricerca affannosa di qualche film degno di essere rivisto si acuisce osservando i costumi degli italioti. Possibile che nel mondo delle canzonette ci si vesta in quel modo spaventoso di cui starlettine e starlettini danno esempi visivi sempre più terrificanti?

E quella vecchietta dai capelli blu, che da labbra enormemente gonfiate esprime giudizi e nello stesso tempo non esita a rivelare gambotte vecchie senza pudore o stile? Oppure la triste teoria di gente qualsiasi, il cui unico scopo è imitare i cosiddetti famosi? Puro orrore.

Non parliamo poi della pubblicità, che un famoso calciatore elargisce giornalmente e dove l’unico elemento gradevole rimane il peloso che gli sta a fianco. O la protagonista di una fortunata serie televisiva, che si esibirà al Festival di Sanremo, la cui fortuna va attribuita almeno per la metà dalla presenza di una magnifica cagnolona.

In altre parole, meglio le bestie che gli umani. Ma questo si sapeva da sempre!

Per leggere tutti gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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